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Autore: terrastoria    23/03/2009    8 recensioni
«E’ successa una cosa»
Le iridi azzurre ti si dilatano; stringi il lembo della giacca con forza.
«La giustizia ha avanzato un annuncio, senza nemmeno stare ad ascoltarmi. Quei bastardi della difesa mi hanno giocato un brutto tiro».
Non avresti mai voluto dover pronunciare quella frase che sta per uscire da te per echeggiare in quella landa pacifica ma a tratti desolata, eppure ecco che prendi un profondo respiro e lo dici, schiarendo bene ogni termine:
«Vogliono condannare a morte Sasuke».
[Team7] [Cenni Sasu-Saku]
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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15 Giugno 2006

«Itachi era il finto capo. Aveva un debito nei confronti dell’innominabile».

La mano di Sasuke tremò, mentre caricava la pistola.

«Non è vero»

«L’innominabile aveva deciso di risparmiare la vita a suo fratello, in cambio del lavoro sporco».

Sasuke sbarrò gli occhi.

«Avresti dovuto morire assieme a quei fottuti piedipiatti dei tuoi genitori,esattamente dodici anni fa».

Le gambe per poco non gli ressero.

«Dodici anni fa…»

«E ora da l’addio alla tua amichetta»

«Maledetti…»

Sparò.

L’uomo sparò.

«Sa---»

L’ultima cosa che vide fu il corpo di Sakura sobbalzare, per poi rimanere rigido, insanguinato e non vendicato al centro della strada.

Esattamente affianco a Itachi.

Esattamente davanti ai suoi occhi terrorizzati.



Sogni intensi



«In fondo noi non moriremo mai, come anime intendo»

La ragazza lo fissò coi suoi grandi occhi verdi.

«Devo continuare a crederti, Sakura?».

Lo implorava, con quel suo sguardo.

«Se questo non è troppo, fallo, te ne prego».

Allora le sorrise e le prese le mani fra le sue.

«Va bene, ti crederò»

La vide alzarsi sulle punte dei piedi.

La sentì stampargli un bacio sulla fronte.

«Grazie, Naruto»

Avrebbe ricordato per sempre la sensazione delle sue labbra su di sé.

15 Marzo 2007

La lapide è sempre la stessa: marmo bianco illuminato giorno e notte da un lumino rosso.

I movimenti sono sempre gli stessi: ti chini, leggi l’incisione che tu stesso hai voluto far scrivere, cambi i fiori con quelli nuovi, accendi il lume se spento, congiungi le mani per pregare qualche tempo, e te ne vai.

Le prime volte era quasi insopportabile recarsi in quel luogo che mai avresti voluto visitare per qualcun altro dopo la morte di tuo padre; ma poi, con il passare dei giorni e il realizzarsi del dolore, ci hai fatto come l’abitudine, una triste abitudine di tutti i pomeriggi. Perché tu vuoi così. Ti senti in colpa se non ti rechi in cimitero, è quasi come se la colpa della morte della tua migliore amica fosse diventata tua.

«Ci credo, lo sai Sakura? Non moriremo…mai»

Parli sempre, con lei.

Non ti vergogni affatto a parlare con una lapide; sai benissimo che non ci stai parlando veramente e che da Sakura, presenza invisibile affianco a te, non potrai udire risposta.

«Tu hai voluto così»

Le parole sono sempre le stesse, i ricordi pure: la monotonia prende il sopravvento pure nella sofferenza, se non di più in quest’ultima, visto che le sole cose che puoi fare sono tentare invano di rassegnarti occupando il tempo nel modo più corretto possibile, per non doverci rimettere in rimorsi.

«Oggi…»

Apri gli occhi e li porti attorno a te, diffidente, a voler constatare di essere davvero solo.

«Sono venuto da te per un’altra cosa, non solo per sfogarmi».

Alla fine succede che tu, essere che ancora vivi e ricordi, ti sfoghi con colui che è morto perché, nella realtà dei fatti, non hai nessun altro disposto a lasciare la tranquilla quotidianità per ascoltare il riassunto della tua penosa vita.

Ma stavolta hai dell’altro da dichiarare, dell’altro che ti preme dentro e che non ce la fai più a tenere a bada.

«E’ successa una cosa»

Le iridi azzurre ti si dilatano; stringi il lembo della giacca con forza.

«La giustizia ha avanzato un annuncio, senza nemmeno stare ad ascoltarmi. Quei bastardi della difesa mi hanno giocato un brutto tiro».

Non avresti mai voluto dover pronunciare quella frase che sta per uscire da te per echeggiare in quella landa pacifica ma a tratti desolata, eppure ecco che prendi un profondo respiro e lo dici, schiarendo bene ogni termine:

«Vogliono condannare a morte Sasuke».

Su quell’ultimo nome apponi un’inflessione accentuata e poi ti chiudi nel silenzio, atterrito dalle tue stesse parole, e attendi immobile quegli attimi che pensi bastino a Sakura per realizzare; indi ti alzi, porti lo sguardo buio davanti a te e ti dirigi all’uscita, ma non prima di esserti voltato indietro almeno una volta per vedere se la figura della tua migliore amica, ora che te ne stai andando, sia diventata riconoscibile.

Sorpassi con un’espressione dolorosa la tomba di Uchiha Itachi – l’inizio di ogni cosa - e sei fuori.

Nonostante tutto non smetti mai di credere sempre che un giorno ti sarà permesso rivederla, Naruto.

E per l’ennesima volta io, seduto affianco a lei, la tengo stretta per un braccio affinchè non commetta l’errore di correre da te.

Gli ribadisco sottovoce che, non fosse stato per quelle parole che ti ha rivolto quel giorno tra i tanti al sapore di eternità, a quest’ora in te non ci sarebbe più motivazione alcuna di appoggio alla vita.

E per questo, io, non finirò mai d’essergli devoto.



***

«Dieci minuti, non di più»

La guardia ti spinge dentro la cella, vorresti girarti a darle un cazzotto in piena faccia- come d’altronde vorresti mettere a ferro e fuoco l’intero mondo- eppure ti limiti a morderti le labbra e a farti piano strada all’interno di quel luogo buio e piccolo.

Il cuore ti batte a mille. Come ogni volta che ti rechi lì.

«Ancora qui?».

Nonostante tu conosca bene quella timbrica di voce, sobbalzi leggermente e porti spaesato lo sguardo davanti a te: ti eri quasi dimenticato del per chi sei lì.

«Sono stato da lei».

Avanzi ancora un po’, e finalmente l’hai di fronte.

«Quando mai non ci vai, Naruto?».

Sei abituato alle sue risposte fredde ed insofferenti, ma oggi ti innervosiscono più del solito; a fatica fai finta di non averlo sentito, e lo guardi quasi implorante.

Basta nascondersi dietro delle frasi.

«Hai mangiato?».

Sul tavolo noti una cena ancora intatta e fai una smorfia.

«Devi mangiare».

«Chi sei tu per dire cosa deve fare un assassino?».

Sai benissimo che continuando così potreste andare avanti all’infinito a ribattervi a vicenda, senza mai arrivare al nocciolo della questione: sai che le tue visite lì si concludono quasi sempre in un nulla di fatto.

Però oggi non lo vuoi, e ti aggrappi con tutta la forza a ciò che vuoi dire, per non lasciartelo sfuggire.

«Smettila di vestire i panni dell’assassino, Sasuke!».

I suoi occhi mandano un bagliore, uno dei rari, e le sue labbra, sottili, si schiudono.

Non sopporteresti dell’altra nera ironia.

«E tu smettila di vestire quelli di genitori. Li ho già avuti e già sono morti. E non li ha mica uccisi Itachi, no, li ho uccisi io, la pecora nera della famiglia».

Conficchi le unghie nel palmo della mano chiusa; il dolore fisico dona meno spessore alle parole di Sasuke e ti sembra di poter sopportarle.

«Non fare la vittima».

Sai bene che non è vero.

Per l’ennesima volta ti pare di vivere in un mondo assurdo dove le parti si sono invertite: mai avresti fatto l’incubo di dover dare della vittima all’Uchiha. Mai. Nemmeno per scherzo.

«…vattene da qui».

Sta andando tutto esattamente come sempre, le stesse dinamiche, lo stesso strazio.

Sasuke non si fa quasi mai vedere il volto; per tutta la maledetta conversazione se ne sta sempre a capo basso, le spalle curve.

Puoi vedere il suo corpo muoversi per via del respiro, per il resto, è come pietrificato.

«Ti prego…vienimi incontro».

Conficchi più forte le unghie nella pelle. Ormai le cicatrici sono diventate numerose.

«Vattene. Non devi aver niente a che fare con uno che ti ha sconvolto l’esistenza».

Fai una smorfia indescrivibile, quasi fosse un sorriso di bambino un po’ folle ed un po’offeso.

«Ma non lo capisci che a questo punto non posso più fare a meno di te?!» urli a voce straziata e ti scagli contro di lui, piombandogli addosso.

Perché deve rendere sempre tutto più difficile?

«…vai via…».

Lo prendi per le spalle magre e lo costringi a levare gli occhi; lui oppone una lieve resistenza, ma poi subito esausto si abbandona alla tua forza, come mai sarebbe avvenuto in passato.

«Smettila di complicare le cose, smettila, smettila!»urli ancora e le tue grida risuonano a lungo in quella prigione silenziosa, ripiombandoti addosso col riverbero.

E quasi non ti riconosci.

Da quand’è che ti sei fatto tanto disperato?

«Io ho ucciso, Naruto, io ho u c c i s o. E non potrai mai capire come ci si senta».

I suoi occhi non sono più di quel nero intenso che tanto ti ipnotizzava, invece hanno assunto una tonalità di nero opaca e s’è possibile più oscura.

Sono spenti.

Ti mettono tristezza e rabbia.

«E’ stato il fottuto destino, non tu. Ti sei solo ritrovato in mezzo ad una vita di merda, e non hai potuto fare altro che difenderti».

Sai che le tue parole sono quelle vere, che non ci può essere un’altra versione dei fatti, tuttavia non ti danno conforto, ti suonano leggere ed instabili.

La verità senti di saperla solo tu, e anche lui [pur negandola]. Ma non ti basta.

Non basta.

Ancora una volta vorresti spaccare tutto, aprire un varco nel muro e nella vita, e portarlo via di lì.

«Visita finita, Uzumaki».

Ti distacchi bruscamente e te ne esci.

Sasuke non ti saluta, sai che è rimasto nella posizione in cui l’hai lasciato, di nuovo a capo basso, che non mangerà né la colazione né il pranzo, e che l’indomani lo ritroverai esattamente come l’avevi lasciato, seduto rigidamente a bordo letto.

Una figura sbiadita, all’opposto di quella nitida che tanto ti attirava.

Allora non dici più una parola, ti lasci spingere via dalla guardia malevola e ti ritrovi fuori, sotto ad un cielo denso di pioggia.

Ti stringi nelle spalle ti incammini verso la macchina, meccanicamente.

Alla fine non sei riuscito a parlare.

Ciò che hai detto a Sakura poco prima rimane fra te e lei.

Non sei capace di dirglielo.

«Lo puoi vedere, Sakura? Ti prego, va’da lui, un’ultima volta lui …ha bisogno di te».

Perché, nel momento in cui glielo dirai, sai che dovrai per forza rendertene conto.

Che Sasuke è destinato a morire.

Per una colpa che non ha.

Fottuto da un destino con il quale, forse, è stato troppo rigido.

Senza poter fare nulla.

Perché la legge vuole così.

Però sai che il Sasuke di un tempo è già morto da un pezzo.

«Non sono capace di dirti addio, Sasuke»



15 Luglio 2008

Per l’ennesima volta io, Minato, la guardo dalle sbarre, mentre accarezza i capelli di Sasuke piangendo silenziosamente.

La lascio per l’ultima volta sola con l’uomo, e vado da mio figlio.

Per tenerti invisibilmente compagnia, seduto affianco a te sulla solita panchina; a meno fino a che non spunterà l’alba e vedrò i tuoi occhi riassumere l’originario bagliore.



Ora le nuvole sopra la mia prigione
Si muovono lentamente attraverso il cielo
Sta arrivando un nuovo giorno
E i miei sogni sono intensi stanotte.

DEAD MAN WALKIN' (B. Springsteen)





Questa shot da per risaputo tutto il rapporto che c’è stato prima tra Naruto, Sasuke e Sakura. E ciò che a fatto a vuoto Sasuke.

E’ una AU, ma può leggersi anche come non tale.

Che non ci siano più “Dead man walking”.

terrastoria

   
 
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