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Autore: Marilia__88    18/02/2016    7 recensioni
Abbiamo lasciato Sherlock ad affrontare il presunto ritorno di Moriarty. Ecco cosa immagino possa accadere dopo essere sceso dall'aereo.
Dalla storia:
“Sherlock, aspetta, spiegami… Moriarty è vivo allora?” disse John mentre cercava di tenere il passo dell’amico.
“Non ho detto che è vivo, ho detto che è tornato” rispose Sherlock fermandosi e voltandosi verso di lui.
“Quindi è morto?” intervenne Mary per cercare di capirci qualcosa.
“Certo che è morto! Gli è esploso il cervello, nessuno sopravvivrebbe!”
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart'
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                 Ti brucerò il cuore




                                                Amore fraterno





… Fu allora che il consulente investigativo lo vide. Il puntino rosso di un mirino di precisione sulla testa di John. E in quel momento capì che lo scopo non era semplicemente quello di fare del male al suo amico, ma era quello di ucciderlo davanti ai suoi occhi. Si rese conto, però, di essere troppo lontano da lui per evitare che venisse colpito.
“Joooohn…” gridò il detective con tutto il fiato che aveva.
Purtroppo il dottore non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo, che il colpo partì diretto verso il suo bersaglio.





John si ritrovò a terra. Non era morto, ne era sicuro. Eppure il proiettile doveva averlo colpito da qualche parte, ma non sentiva niente. Solo poco dopo si rese conto di avere qualcuno addosso e capì subito che quel qualcuno doveva avergli fatto da scudo. Tra tutte le persone che avrebbero potuto salvargli la vita, lui era l’ultimo che si sarebbe mai aspettato.
“Mycroft!?” esclamò incredulo.
Il politico sembrava non reagire agli stimoli. Sherlock, intanto, era accorso verso di loro terrorizzato. Appena si rese conto di quello che era successo, aiutò John ad adagiare il fratello sull’asfalto, cercando di non danneggiare ulteriormente la ferita che aveva all’altezza del petto. Era avvenuto tutto così in fretta da non riuscire a metabolizzare ciò che aveva davanti agli occhi.
Il dottore, con fare professionale, si mise subito a valutare i danni, cercando di fermare l’emorragia premendo sulla ferita e chiamandolo per farlo rimanere cosciente.
“Greg, chiama subito un ambulanza!” urlò il medico con urgenza.
Sherlock intanto era in ginocchio vicino al fratello, dall’altro lato rispetto al medico. Era immobile, pietrificato sul posto con lo sguardo perso. Era decisamente sotto shock.
All'improvviso Mycroft aprì gli occhi, incontrando quelli azzurri del detective e sorrise, trattenendo una smorfia di dolore.
“Sherlock…” disse con fatica, porgendo la mano al fratello.
Il consulente investigativo sembrò ridestarsi da quello stato di trans e prese subito la sua mano, stringendola tra le sue. Si accorse che stava tremando in modo incontrollabile mentre cercava di reprimere alcune lacrime che gli inumidivano gli occhi.
“Sono qui…” rispose il detective, accentuando la stretta.
“Hai visto? Ci sono riuscito finalmente… ho mantenuto la promessa… John è salvo!” esclamò Mycroft, ansimando e iniziando a contorcersi dal dolore.
“Si, l’hai mantenuta…” rispose Sherlock sorridendo, mentre una lacrima gli rigava il volto.
“Io volevo…” il politico cercò di parlare, ma venne interrotto dal detective.
“Shh… Non parlare, non devi sforzarti” gli disse dolcemente.
“Ti prego, lasciami parlare…” esclamò Mycroft, cercando di regolarizzare il proprio respiro “…volevo chiederti scusa... per Barbarossa, per i nostri genitori. Io ho sempre voluto proteggerti e invece sono riuscito solo a farti del male!” continuò con gli occhi lucidi.
Sherlock non aveva mai visto il fratello aprirsi così nei suoi confronti. Sentire quelle parole e vedere nel suo sguardo tutto il dolore e il rimpianto che provava in quel momento, fu come una coltellata dritta nel cuore. Tutte le lacrime che fino ad allora aveva cercato di trattenere, uscirono prepotentemente, bagnandogli completamente il volto.
“Non devi scusarti di niente! Sono io che devo scusarmi per come ti ho trattato. Non avevo capito niente, sono stato uno stupido…” rispose Sherlock tra le lacrime, reprimendo un singhiozzo.
John, intanto, continuava a mantenere le mani salde sulla ferita. Era rimasto senza parole. Da quando conosceva i due fratelli, non avrebbe mai pensato di poter assistere ad una scena del genere.
“Oh, Sherlock, non piangere!” esclamò Mycroft con tristezza “…c’è un’altra cosa che ho sempre voluto dirti, ma non ne sono mai stato capace…ho provato a dimostrartelo, ma non sono riuscito neanche in quello…” continuò con la voce tremante “…ti voglio bene, fratellino. Tu non immagini quanto! Ti ho sempre detto che i sentimenti non sono un vantaggio, ma mi sbagliavo. Sono così orgoglioso di te! Al contrario mio, tu hai trovato degli amici che farebbero di tutto per te e posso andarmene sapendo che sei in buone mani” concluse, lanciando un breve sguardo a John e ritornando poi sul fratello. Una fitta improvvisa lo travolse e iniziò a tossire, cercando di resistere a tutto quel dolore. Si sentiva debole e tenere gli occhi aperti era diventato uno sforzo sovraumano.
Sherlock assisteva a quella sofferenza sentendosi impotente. Sperava solo che i soccorsi arrivassero in tempo. “Perché ci mettono tanto?” pensò disperato tra sé e sé. Vedendo che il fratello stava chiudendo gli occhi, lo scosse leggermente.
“Mycroft! Mi senti? Ti prego, rimani sveglio. Resta con me, per favore! Non puoi lasciarmi! E’ vero, ho degli amici che farebbero di tutto per me, ma tu sei mio fratello! Sei la mia famiglia, sei tutto ciò che mi è rimasto! Ho sempre avuto bisogno di te e avrò sempre bisogno di te!” esclamò disperato il detective. Non era mai riuscito a dirgli quelle cose, ma le pensava davvero, le aveva sempre pensate nel profondo del suo cuore.
Mycroft sorrise dolcemente al fratello e, per la prima volta, una lacrima rigò anche il suo viso. Poi chiuse gli occhi e non li riaprì più.
In quel momento l’ambulanza arrivò. Caricarono a bordo il politico, sfrecciando verso l’ospedale. Sherlock rimase in ginocchio sull’asfalto, piangendo e singhiozzando come non avrebbe mai immaginato. Improvvisamente si sentì di nuovo quel bambino indifeso che tutti i giorni tornava a casa in lacrime e, proprio come allora, sentiva un disperato bisogno del suo fratello maggiore: del suo conforto, del suo affetto e della forza che solo lui riusciva a dargli per rimettersi in piedi ed affrontare il mondo.
John, vedendo il dolore dell’amico, si avvicinò a lui e lo abbracciò con tutta la forza di cui era capace.
“Andrà tutto bene. Ce la farà, vedrai” gli disse, cercando di consolarlo. Sperava davvero che le cose andassero bene, ma era un medico e sapeva che le probabilità non erano di certo dalla sua parte “…vieni! Greg ci porterà in ospedale da lui” continuò, facendolo alzare e accompagnandolo verso l’auto dell’ispettore.

Arrivati in ospedale chiesero subito informazioni. Vennero a sapere che Mycroft era stato portato d’urgenza in sala operatoria. I medici non si pronunciarono molto a riguardo, ma il detective poté leggere dai loro volti quanto fosse grave la situazione. Bisognava solo aspettare.
Sherlock, sopraffatto da tutto quello che era successo, si poggiò con la schiena alla parete della sala d’aspetto e si lasciò scivolare a terra, piegando le ginocchia al petto e prendendosi il volto tra le mani. Non ce la faceva più a sopportare tutto quel dolore. Non aveva mai creduto in Dio, ma in quel momento si mise a pregare verso una qualsiasi entità esistente pur di riavere suo fratello sano e salvo.

Mary e Greg si erano abbandonati, sfiniti anche loro, sulle scomode sedute della sala d’aspetto. John, invece, si avvicinò al suo amico e si inginocchiò accanto a lui.
“Sherlock…” cercò di chiamarlo dolcemente “…hai bisogno di qualcosa? Vuoi andare fuori a prendere un po’ d’aria?” continuò premuroso.
Il detective, rimanendo nella stessa posizione, negò con il capo. Il medico, allora, si sedette a terra accanto a lui, cercando di fargli sentire tutta la sua vicinanza.

Dopo molte ore di attesa, finalmente, un chirurgo arrivò con delle notizie. Il consulente investigativo prese le ultime forze che aveva e si alzò, andandogli incontro.
“Signor Holmes, l’intervento è andato benissimo. Suo fratello ce l’ha fatta. Con il tempo necessario si riprenderà del tutto. Se vuole può vederlo. E’ sveglio, ma è ancora sotto l’effetto della morfina, quindi non lo faccia sforzare molto” disse il chirurgo, sorridendo.
Sherlock ringraziò e corse nella stanza del fratello. Entrò velocemente e lo vide. Era sveglio e stava bene. I loro sguardi si incontrarono con un’intensità e un affetto che non avevano mai pensato di provare nuovamente. Sembravano ritornati alla loro infanzia, quando il loro rapporto era unico e speciale. In un attimo erano spariti tutti i rancori, i rimpianti e il dolore degli anni trascorsi.
Il detective si avvicinò al letto del fratello con cautela. Appena fu abbastanza vicino gli sorrise e lo abbracciò con forza.
Il fratello maggiore ricambiò semplicemente la stretta. Finalmente negli occhi di Sherlock riusciva a vedere di nuovo il suo dolce fratellino, quello che era scomparso molti anni prima e che credeva di non poter più rivedere.
“Mi sei mancato…” disse Mycroft, sorridendo.
“Anche tu…” rispose Sherlock.

Intanto Sherrinford nel suo quartier generale urlava e imprecava contro i fratelli. Era furioso.
“Dannazione! Perché quell’idiota di Mycroft era lì?! Stava andando tutto alla perfezione e invece di riuscire a separarli, ho permesso che si riavvicinassero!” urlò verso Moran con tutta la rabbia che provava in quel momento. Prese un bicchiere che si trovava sul tavolo vicino e lo scaraventò con forza contro il muro.
“Sherrinford, metteremo in atto un altro piano. Quei due saranno anche insieme adesso, ma noi siamo più forti! Li distruggeremo!” rispose Moran con convinzione.
“Hai ragione. Questa volta, però, il piano deve essere perfetto ed elaborato in tutti i suoi dettagli. Daremo loro un po’ di pace e quando colpiremo non saranno ammessi errori!” esclamò l’altro, riprendendo il controllo e sorridendo in modo malvagio.

Mycroft venne dimesso dopo quasi un mese. Sherlock aveva trascorso gran parte delle sue giornate a fargli visita, intrattenendolo spesso con qualche suonata di violino.
John era davvero felice nel vedere i due fratelli così affiatati. Era la prima volta da quando li conosceva. Tra i due, quello che ne aveva tratto più benefici era Sherlock. Sembrava ritornato se stesso: era più calmo, più lucido e sembrava aver ripreso il controllo sulla sua mente geniale. Aveva anche accantonato il desiderio di drogarsi.
Naturalmente John venne a sapere che, il giorno in cui venne salvato, il detective aveva ceduto a quella dannata tentazione. Lo scoprì quando tornarono a casa dopo aver saputo che il politico era fuori pericolo, perché vide tutti “gli attrezzi” che l’amico aveva lasciato sul tavolino in soggiorno. Quel giorno, infatti, Sherlock era uscito così di fretta per salvare il dottore, da dimenticarsi di occultare le prove della sua debolezza. Si può benissimo immaginare la gigantesca sfuriata di John nel vedere quella roba in bella vista. Dopo molte urla e una violenta scazzottata tra i due, però, la pace era ritornata anche a Baker Street.

Mary, intanto, il giorno delle dimissioni di Mycroft, andò in ospedale per l’ultima visita prima della scadenza del termine. Il ginecologo informò i coniugi che la bambina stava bene, ma che bisognava intervenire tramite parto cesareo. Venne programmato per il 27 di quel mese: esattamente una settimana dopo. L’euforia di John e Mary portò quel tocco di allegria di cui tutti, chi più e chi meno, avevano bisogno. L’idea di una nuova vita che stava per nascere era un pensiero capace di rallegrare i cuori.
Naturalmente, in cuor loro, tutti sapevano che si trattava di una tregua momentanea e che presto Sherrinford avrebbe fatto la sua mossa, ma intanto erano decisi a godersi, almeno per il momento, quel periodo di pace.










Angolo dell'autrice:
Salve! Eccoci con l'undicesimo capitolo! In questi tre giorni mi sono accorta di aver pubblicato un capitolo al giorno...wow! Ho cercato di scrivere questo capitolo il prima possibile, anche per farmi perdonare di aver creato un'ondata di panico per il futuro di John! Ho capito che non sono la sola che ci tiene a non farlo morire (anche se credo che Sherrinford ci riproverà! Mah!).
Questo capitolo è quasi interamente dedicato ai due fratelli Holmes. Questo tipo di riavvicinamento è proprio il "sogno" che ho per quarta stagione. Forse un pò troppo sentimentale, ma mi piacerebbe vederli finalmente complici e amorevoli l'un l'altro. Mi piace pensare che prima che si allontanassero, il loro rapporto fosse speciale (così come ho descritto nel capitolo di Barbarossa) e mi piacerebbe che si ritrovassero a vivere di nuovo la complicità di una volta senza rancori e rimpianti.
Devo dirlo... inizialmente l'idea prevedeva la morte di Mycroft. Nello speciale la frase di raccomandazione che fa a John con gli occhi lucidi, mi ha messo un pallino in testa. Aleggia nella mia mente una brutta sensazione che nella quarta stagione possa morire, perchè quel "please" sembra detto come se sapesse che lui non potrà più badare al fratello. Io mi auguro che il presentimento sia sbagliato... in ogni caso questa volta sono andata contro le mie teorie, perchè sinceramente non ce l'ho fatta proprio ad ucciderlo... mi piace troppo come personaggio!
Questa volta il finale ve l'ho lasciato più sereno... spero vi sia paciuto! Grazie sempre a chi vuole commentare e grazie di seguire la storia! Al prossimo capitolo! ;)
   
 
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