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Autore: bradbury    19/02/2016    4 recensioni
L'Oscurità è stata sconfitta e Castiel non è più il tramite di Lucifero, lui e Dean però hanno ancora alcune questioni in sospeso. [possibili spoiler della 11x14]
Dean era quasi ad un passo fuori dalla porta quando fece marcia indietro e andò a sedersi sul bordo del letto. “Siediti, Cas. Dobbiamo parlare.”
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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 ******************************************** NOTE *********************************************
Purtroppo sono riemersa dal vortice del blocco dello scrittore e sono tornata a tediarvi con le mie opere di elevata letteratura (si percepisce il sarcasmo?) che mi distraggono dai mali del mondo. Ho scritto questa roba circa una decina di giorni fa e mi sono decisa a pubblicarla semplicemente perchè questo mi è sembrato il momento giusto. Non è vero, l'ho fatto solo per trascinarvi insieme a me nel vortice del dolore. Vi voglio bene.







“We assume that others show their love in the same way that we do
and if they don’t follow that equation, we worry that the love is not there.”
 
 
Dean osservò Castiel scrutare il proprio riflesso nel piccolo specchio della sua camera. Era arrivato abbastanza in silenzio da riuscire ad non essere notato, e adesso se ne stava a braccia incrociate con la spalla poggiata sul battente della porta. Avrebbe potuto continuare a guardarlo per ore, ipnotizzato da ogni singolo tratto e movimento del suo volto. Gli era sempre piaciuta la curva delle sue labbra o il modo in cui allargava gli occhi quando gli parlava, sempre così vicino, sempre così onestamente. Dean non aveva più paura ad ammetterlo, non dopo tutto ciò che era successo.

Era appena trascorsa una settimana da quando Lucifero era stato finalmente scacciato dal corpo dell’angelo, e tutti erano ancora molto scossi. Probabilmente Dean non sarebbe riuscito a chiudere occhio per il mese successivo al ricordo di Castiel riverso per terra, con i vestiti insanguinati e le palpebre spalancate. Era morto. Per pochi brevi istanti il corpo che aveva abitato per tutti quegli anni era rimasto vuoto, immobile, freddo. Il dolore che l’aveva assalito mentre stringeva Castiel contro il suo petto era stato così intenso da sopraffarlo senza che lui potesse opporsi. Non aveva pianto così forte da anni.
Poi c’era stata un’intensa luce azzurra che aveva avvolto entrambi e alla fine, quando si era diradata, Castiel aveva sbattuto le ciglia più volte prima di mormorare con la poca forza che era stato in grado di accumulare, “D-Dean. Cosa è successo?” e lui aveva tirato un sospiro di sollievo. Ora Castiel stava bene, non proprio in forma, ma perlomeno era sano e salvo, e per Dean al momento contava solo quello.

Attraverso lo specchio vide l’immagine riflessa di Castiel corrugare la fronte e distogliere improvvisamente lo sguardo. Teneva le braccia lungo i fianchi e i pugni serrati in una morsa d’acciaio.

“Ehi” chiamò Dean gentilmente, attirando la sua attenzione, “qualcosa non va?”

Castiel ebbe un lieve sussulto e si voltò verso di lui. Dean pensò che ci fosse qualcosa di terribilmente triste nella sua espressione. “Sto bene” disse Castiel, sforzandosi di sorridere, “sono solo un po’ stanco, credo che andrò a riposare.” Fece un cenno della testa verso il letto al centro della camera e non aggiunse altro.

Castiel era definitivamente diventato un essere umano, la sua grazia era stata consumata da Lucifero e non gli era stata più restituita una volta riportato indietro. Dean doveva ancora abituarsi all’idea del suo migliore amico che mangiava, dormiva e impiegava troppo tempo per recuperare le forze. Inoltre, essere umano in quel particolare momento della sua vita non doveva per niente essere piacevole.

“Uhm, giusto, tolgo il disturbo” si affrettò a dire Dean, anche se non erano quelle le sue intenzioni. Doveva parlare con Castiel, voleva parlargli, c’erano troppe cose in sospeso fra di loro. Eppure avrebbe dovuto aspettare e mettere da parte le sue necessità per rispettare quelle di Castiel. Ah, fanculo. Se era successo ciò che era successo, la colpa era solo sua e della sua stupida abitudine di sottovalutare la situazione, di pretendere che non ci fosse nulla che non andasse e di girare intorno al problema. Avrebbe dovuto parlare con Castiel molto tempo prima, quando aveva cominciato a notare i primi segnali d’allarme. Perché c’erano stati ed erano anche piuttosto evidenti. Avrebbe dovuto chiedergli scusa in maniera decente, fargli capire che lo considerava davvero parte della sua famiglia e come tale, mai e poi mai l’avrebbe lasciato da parte o mandato a morire per salvare loro il culo. Non più, ormai.

Dean era quasi ad un passo fuori dalla porta quando fece marcia indietro e andò a sedersi sul bordo del letto. “Siediti, Cas. Dobbiamo parlare” disse, irremovibile mentre lo guardava dritto negli occhi. Castiel ricambiò il suo sguardo, un misto di curiosità e diffidenza.

“Di cosa vuoi parlarmi?” domandò, cautamente, ignorando il colpetto che Dean diede al materasso per invitarlo a sedersi accanto a lui.

“Di te. Voglio parlare di te. Che ti sta succedendo?”

“Niente.”

Dean non era mai stato un uomo paziente ma spesso stringeva i denti e faceva del suo meglio per essere comprensivo. Quel giorno non era dell’umore per mostrare condiscendenza. “Maledizione Cas” sbottò, “per una volta nella tua vita smettila di comportarti da criptico figlio di puttana.”

Castiel fece una smorfia e inarcò un sopracciglio, ma quando parlò la sua voce era calma. “Credevo volessi parlare di me, non di te.”

“Cosa vuoi che ti dica? Hai ragione, sono un idiota, ma almeno io sto provando a rimediare. Tu invece continui a rimanere in silenzio come se niente fosse. Hai avuto letteralmente il diavolo in corpo per tre mesi e non hai niente da dire a riguardo. Come è possibile?”

“Perché tutto quello che avevo da dire te l’ha già detto Lucifero, trovo sia inutile ribadire sempre gli stessi concetti” Castiel fece una pausa, prima di voltare le spalle a Dean e aggiungere ulteriore distanza fra loro. Erano entrambi distrutti per motivi diversi eppure allo stesso tempo uguali, e nessuno dei due aveva idea di come fare a rimettere insieme i pezzi. “Per quanto possa valere, mi dispiace, Dean” mormorò.

“No, non è vero.”

Castiel sollevò la testa e incrociò i suoi occhi con quelli del cacciatore attraverso il riflesso dello specchio. Ora che Castiel era umano, notò Dean, non riusciva più a nascondere ciò che pensava dietro una maschera d’impassibilità. Adesso, la collera sul suo volto era evidente anche se si stava disperatamente impegnando a contenerla, a differenza di Dean.

“Tu non mi credi mai quando ti chiedo scusa, Dean, non m’importa se non lo farai nemmeno questa volta. Quello che ho detto lo intendo sul serio, spero che con il tempo capirai che la mia coscienza è pulita.”

“Sei un fottuto bugiardo” sbraitò Dean, alzandosi in piedi di scatto e avventandosi contro Castiel. Lo afferrò per una spalla e lo costrinse a girarsi mentre lo spingeva bruscamente contro il muro. Ricacciò indietro una fitta di senso di colpa quando l’altro si lasciò sfuggire un lamento di dolore causato dall’impatto.

“Dean– ”

Dean gli diede uno strattone, deciso a fargli sputare il rospo a tutti i costi. “Guardami dritto negli occhi, Cas, e dimmi che se potessi tornare in dietro non diresti di sì a Lucifero. Dillo e crederò alle tue scuse.”

“Che differenza farebbe?” chiese Castiel, in segno di sfida provando a divincolarsi dalla stretta in cui era chiuso.

Che differenza farebbe?” ripeté Dean incredulo e poi esplose. “Perché…” cominciò, a voce così alta che probabilmente entro qualche minuto Sam sarebbe andato a controllare cosa stesse succedendo, “mi sento in colpa, Cas. Se fossi stato in grado di respingere il legame con Amara non ci sarebbe stato bisogno dell’intervento di Lucifero, avrei potuto occuparmene io. Invece non ho fatto niente!” si fermò un istante a riprendere fiato, “Cas, sono rimasto a guardare finché ormai non era troppo tardi. Ho rischiato di perderti a causa della mia debolezza e non riesco proprio a capire perché continui a sacrificare la tua vita come se non valesse niente. Non so come aiutarti.” Castiel spalancò gli occhi e smise di agitarsi.

Dean proseguì, incapace di fermare il flusso di parole. “Quando Lucifero ha detto tutte quelle cose, di esserti offerto di fargli da tramite perché pensi di essere sacrificabile, di non contare niente, di essere solo lo strumento per un fine, non volevo credergli. Ho pensato che stesse mentendo, che mi stesse incasinando la testa. Non potevo credergli, Cas.” Dean si rese conto di apparire disperato, ma purtroppo era ciò che era.

“Dean, non è stata colpa tua…”

“E’ quello che ho continuato a ripetermi per tutti e tre i dannati mesi in cui non c’eri. Deve esserci una spiegazione logica se Castiel è stato così stupido, magari ha un piano, non è colpa tua Dean, ecco cosa mi dicevo per riuscire ad alzarmi ogni mattina dal letto” Dean fece una risata impregnata di asprezza, “immagina cosa ho provato quando alla fine ho scoperto che la tua era davvero una missione suicida.”

Dean riusciva a sentire il petto di Castiel sollevarsi e abbassarsi rapidamente sotto il suo braccio e il suo respiro caldo contro la pelle. “Non volevi essere salvato. Ti ho pregato, supplicato di combattere Lucifero, di tornare da me.”

“Ti ho…mh” cominciò Castiel ma gli si spezzò la voce e dovette riprendere fiato, “ti ho sentito.”

“Mi hai sentito e mi hai ignorato.”

“Lo so” Castiel sollevò le mani e le portò al viso di Dean, il quale istintivamente ci si abbandonò contro. Dio, quanto gli era mancato quel contatto. “Non potevo fare ciò che mi hai chiesto, anche se lo volevo disperatamente. Amara voleva distruggere l'umanità Dean, ti teneva legato al suo volere e io non riuscivo a sopportarlo. Rinunciare proprio quando eravamo ad un passo dalla vittoria sarebbe stata una follia.” Dean corrugò la fronte in segno di disapprovazione ma lasciò che Castiel continuasse. “Sono consapevole di tutto il dolore che ti ho inflitto” disse immediatamente, lasciando una lacrima ribelle scorrergli lungo la guancia ispida che Dean spazzò via con il polpastrello del pollice “e ammetto che ci sono stati momenti in cui ho pensato che tu…” Castiel distolse gli occhi dal volto di Dean ed assunse un’espressione addolorata.

“Cosa?” incitò Dean, il cuore iniziò a battergli freneticamente contro la cassa toracica, allarmato. Sapeva cosa stava per dirgli.

“Niente.”

“Cas…”

Castiel sospirò e continuò a tenere gli occhi puntati verso il pavimento. “A Lucifero piaceva parlare. Deformava i miei dubbi e li usava contro di me quando percepiva che stavo per cedere, ha giocato con le mie insicurezze e per un po’ è riuscito nel suo intento.”

Non ci fu bisogno di entrare nello specifico affinchè Dean ricevesse il messaggio. Trascorsero alcuni minuti in cui il silenzio fece da padrone e durante i quali la sua mente lavorava frenetica per trovare qualcosa con cui rispondere. Non poteva negare di sentirsi un po' ferito da quell'insinuazione, ma d'altronde non poteva biasimarlo. Non era certo una campione nell'esternare i propri sentimenti quindi era lecito che Castiel non avesse ben chiaro cosa provasse per lui. Alla fine la soluzione salì in superficie, e Dean seppe che quella era la cosa più giusta da fare.

“Lo sai, vero, che Lucifero dice solo un mucchio di stronzate?” disse, dopodiché afferrò il mento di Castiel fra le dita in modo tale da sollevargli la testa, e premette le labbra contro le sue, senza esitazione. Castiel emise un verso soffocato di stupore ma non si sottrasse, lasciando che Dean gli confermasse ciò che nonostante tutto entrambi avevano sempre saputo.  


 
 
   
 
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