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Autore: Mirella__    19/02/2016    2 recensioni
E se Goku fosse scomparso misteriosamente durante lo scontro con Baby?
Cosa sarebbe successo se lo Tsufuru avesse vinto?
In un mondo in cui tutti sono diventati dei burattini, Pan e Mr. Satan sono gli unici a non essere infetti.
Ma, ormai, per il campione dei campioni l'età si sta facendo sentire ed è costretto a lasciar scappare Pan per evitare la sua eliminazione.
La ragazza dovrà vivere nascosta alla luce, cercando ogni giorno di diventare più forte per poter far ritornare il mondo alla normalità.
Ce la farà?
Genere: Avventura, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Lotta per la libertà

Capitolo 5

Essere un androide

 

C-17 adorava in particolar modo fare la parte del cattivo.

Gli riusciva bene, perché, in fin dei conti, gli dava modo di esprimere la parte drammatica che c'era in lui. Come il più bravo degli attori, gli piaceva celare le emozioni, apparire agli occhi degli uomini una macchina, per poi dare mostra delle sensazioni più forti.

Sapeva perfettamente di non essere davvero un robot, i circuiti li aveva solo nel cervello, e lo potenziavano oltre ogni limite umano. C-17 era indubbiamente una forza della meccanica. Tuttavia erano qualità di cui avrebbe fatto a meno, specie ricordando a costo di cosa le aveva avute.

Una volta mandato all'altro mondo il proprio creatore si era sentito bene, in pace con se stesso e aveva trovato il modo di conciliare la sua nuova natura con la sua controparte umana e il risultato... beh, il risultato non era stato affatto male.

 

Di tutte le tappe che doveva percorrere per sperimentare la cura, quella era la sua preferita. Selezionare il campione dalla popolazione, poi prelevarlo. C'era un motivo, era la parte che includeva la dimostrazione del suo sé creativo. Gli piaceva da matti recitare quel ruolo, era divertente, uno strappo alla routine della sua immortalità, che poi chiamare routine una cosa simile...

“Tienilo fermo, sorellina”. Disse a C-18, che era decisamente intenta a fare altro. Dosare le lozioni di quella sostanza adamantina che era diventata il cancro del parassita che si celava dentro ogni essere umano.

“Sto controllando le dosi, non mettermi fretta”. Rispose lei gelidamente, voltandosi e mettendo la fiala colma di quel liquido contro la luce. Poi prese una siringa e la ficcò nel collo del malcapitato tsufuru senza tanti preamboli, ma con una precisione millimetrica.

L'uomo fu percorso da convulsioni e i due androidi si preoccuparono di tenerlo fermo. I tremori del corpo cessarono all'improvviso e dagli occhi e dalla bocca iniziò a colare del liquido argenteo che non prese vita, ma restò fermo, lì, sul pavimento.

“C-17 metti via quell'immondizia”. Ordinò C-18.

Il gemello alzò gli occhi al cielo; quella era la fase finale della sperimentazione. Il soggetto sopravviveva e a lui toccava buttare la spazzatura.
“Lo condurrai nella riserva?”

La bionda fece un cenno col capo alla sua domanda, “ma prima dobbiamo fare altri test, adesso che è svenuto misuriamo battito e pressione. Non tutti reagiscono bene...”
“Lo so, lo so”. Disse il ragazzo, collegando le apparecchiature al corpo dell'uomo.

Molti umani non sopravvivevano al trattamento. C-18 e C-17 avevano perfezionato la cura di anno in anno, poi, dalla falsa morte di lei, avevano raggiunto risultati incredibili. Ormai la morte di un paziente era rara, ma non impossibile. A volte era uno choc separarsi dallo tsufuru, di conseguenza sopravveniva un attacco cardiaco.

C-17 lasciò la stanza e la sorella restò da sola a pensare e a controllare i parametri vitali dell'uomo. Anche quella volta tutto era andato bene. Si sedette alla scrivania e portò le dita tra i capelli biondi, tirandoli indietro, mentre gli occhi si posavano sui valori che il computer traduceva. Visto lo stato di salute ottimale del loro “paziente”, stava ponderando seriamente l'idea di metterlo immediatamente con gli altri sopravvissuti.

L'androide chiuse gli occhi, cercando di figurarsi una mappa mentale della zona. Vivevano nella foresta oltre il confine, lì dove i rami di alcuni alberi si intrecciavano tra loro in un modo così fitto che era possibile scavare al loro interno. Non erano alberi paragonabili a quelli terrestri.

In questo modo avevano potuto creare un villaggio costituito da non più di una trentina di persone. Lei e C-17 si davano da fare per creare da quelli che erano piccoli e semplici componenti, dei sistemi elettronici, che li avvisavano di chi era nelle vicinanze. In questo modo erano fuggiti ai controlli di Baby e avevano agevolato con piccole tecnologie coloro che avevano salvato dagli tsufuru.

Sceglievano attentamente chi salvare. Erano per lo più vecchi, uomini che sarebbero potuti sparire per un po', poiché in parte dimenticati dalla società.
Per gli tsufuru era così: lavoravi, fino a quando ti era possibile, poi finivi in un istituto. Era impossibile non prelevare il campione senza un aiuto interno. Una società tanto perfetta qual era quella degli tsufuru, non poteva certo permettersi di smarrire alcuni dei suoi cittadini, per quanto ormai inutilizzabili, e per questi motivi i due gemelli utilizzavano degli infiltrati.
Uomini e donne che sapevano mettere le cose a posto in modo impeccabile, volontari che vivevano clandestinamente in una società che non era più loro.

C-18 e C-17 non stavano creando un esercito, non era quello il loro intento, stavano semplicemente sperimentando. Non era utile salvare tutti i terrestri, uno per uno. Dovevano tagliare la testa al toro. I loro obiettivi erano i Saiyan-Tsufuru. Se non fossero riusciti a guarire loro, ogni sforzo sarebbe stato vano.

Le spalle della donna si appoggiarono allo schienale e lo sguardo si spostò, dal computer, al vecchio che ancora dormiva ignaro e inconsapevole. Era stato usato come una cavia, ma sarebbe stato loro grato.

Coloro che venivano liberati dalla prigionia di un corpo estraneo erano felici, e nei loro occhi si accendeva una luce, la speranza.
La postura di C-18 si incurvò, una lacrima scese sul volto perlaceo. Chissà se avrebbe visto la stessa luce negli occhi di sua figlia e di suo marito.

 

C-17 camminava per la foresta, trasportando una pala appoggiata sulla spalla e, sotto il braccio, un contenitore d'acciaio contenente i resti del cancro di Baby. Dopo aver guarito gli tsufuru, le scorie finivano sottoterra, ad una certa distanza dal villaggio, giusto per non rischiare.

Oh... come amava restare in compagnia della sua stessa presenza e di nessun altro.

A volte la propria voce che rimbombava all'interno del suo stesso cervello era talmente bella che gli faceva dimenticare tutta la merda che gli era piombata addosso negli ultimi anni.

Prese la pala e iniziò a scavare. A lavoro finito buttò tutto dentro la fossa. All'improvviso sentì un suono estraneo. C'era qualcosa... lì vicino. Si guardò attorno cercando di tenere sotto controllo l'ansia e la paura. Poteva solo sperare che non fosse un Saiyan.

“Ghiro ghiro!” E nel mentre il piccolo robottino diceva queste parole risuonò l'allarme del piccolo dispositivo che C-17 teneva allacciato alla cintura: avrebbe dovuto avvertirlo per tempo, però, se ci fosse stato un pericolo. Bene, quel coso doveva essere aggiustato, se fosse stato qualcosa di più grave che quella specie di robottino non se ne sarebbe accorto abbastanza in fretta.

“Gil, dannazione, mi hai fatto prendere un colpo”. Si abbassò a controllare il piccoletto e notò che era tutto graffiato, pieno di foglie impigliate tra i circuiti stessi. “Mister Satan mi aveva avvisato che saresti venuto a cercarci, ma mi aveva detto anche che saresti venuto con Pan”.

“Pan-sparita”. Rispose l'altro con voce meccanica.

“Che significa sparita?” Chiese C-17 sconvolto.

Il piccolo robottino si reclinò all'improvviso all'indietro e dall'unico occhio rosso si creò un ologramma, era il video, sapientemente registrato dal robottino, di Pan che veniva risucchiata da una strana luce.

“Maledizione!” Sibilò C-17 calciando la terra. “Questo va contro... contro tutti i nostri piani! Devo avvertire C-18. Dov'è Majin Buu?”
Gil chiuse la registrazione e scosse la testa. “Non-conosco-gli-avvenimenti-accaduti-prima-della-mia-riattivazione”.

C-17 si passò la mano sulla faccia e alzò gli occhi al cielo. “Bene, andiamo ad avvertire mia sorella delle ultime fantastiche notizie”.

 

Ma torniamo da Pan...

 

“Ti prendo, ti prendo, ti prendo!” Urlai, seguendo Bubble e Gregory avanti e indietro lungo tutto il serpentone. Avevo perso il conto di quante volte lo avevo percorso nel tentativo di prendere quelle due teste calde. Avevo gambe e braccia cinte da pesi che all'inizio mi parevano insostenibili, ma che dopo due settimane di allenamento intensivo gestivo come se niente fosse. Mi ero ritrovata ad aumentare la mia forza in maniera esponenziale e mi sentivo come se avessi potuto sconfiggere Baby con le mie stesse mani. La vittoria non mi era mai sembrata così vicina!
Fu con un movimento secco della mano che riuscii a colpire Bubble e Gregory in un colpo.

Bubble si grattò la testa, facendo versi scimmieschi mentre Gregory scalciava e si copriva il capo con le mani. “Mi hai fatto male, cattiva!”
Ignorai la linguaccia che mi fece e mi voltai verso Re Kaio. “Allora, allora, allora? Sono pronta, vero?” Chiesi tutta allegra, un'allegria che però si allontanò dal mi viso quando lo vidi scuotere la testa.

“Devi allenarti molto a lungo ancora, ma io qui non ho più niente da insegnarti”.

“Ma... ma che sta dicendo!? A mio nonno ha insegnato ben due tecniche differenti!”
L'insetto gigante scosse la testa. “Tuo nonno era molto più responsabile di te”.

Restai ferita dalle sue parole e mi sentii come una bambina. “Questo non è vero. Sto attraversando momenti orribili”.

“Questo non fa di te una persona responsabile”. Replicò Re Kaio, iniziando a scaldarsi. “Fidati di me, se ti dico che non sei pronta, non sei pronta! Punto. Non siamo in una democrazia qui, decido io e basta”.

Incrociai le braccia al petto e sbuffai. “Bene, visto che mi ha insegnato tutto, dove vorrebbe mandarmi? Di nuovo su Plant?”

Lui ghignò e nascose quell'espressione malvagia sotto la manica nera della tunica. “Su Plant ti attendono un po' di sorprese, mia giovane Pan. Non sei l'unica sopravvissuta. Tante piccole menti hanno disegnato un fato che fa pendere la bilancia dalla parte del bene, dopo tanti anni”.

Mi sentii improvvisamente strana, leggera. Stavo già andando via? Di nuovo? Così velocemente?

Avrei voluto dire a tutti loro almeno un ciao, qualcosa per ringraziarli davvero di cuore, ma la voce del dio mi giunse all'orecchio in modo ovattato, quasi come se fosse di nuovo lontana nel tempo e nello spazio.

“Vi seguirò come si segue una serie TV, cara”. E lo sentii sghignazzare.

Sorrisi tra me e me, quella doveva essere un'altra delle sue battute squallide.

  
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