Nella vita è meglio
seguire il tuo cuore o quello che le
persone a cui vuoi bene pensano sia meglio per te?
Questa domanda mi perseguita da quando Charles mi ha
chiesto si sposarlo e io ho detto di sì, sentendomi addosso
la pressione dei
miei genitori.
Mi chiamo Emily Ritchie e sono la sorella minore di John
Simon Ritchie, meglio conosciuto al mondo come Sid Vicious.
Esatto, il bassista dei Sex Pistols. Quello che è morto
per overdose dopo aver ucciso la sua ragazza Nancy.
Non so se Sid sia colpevole, ma se lo fosse – per quanto
l’omicidio sia una cosa deprecabile da ogni punto di vista
– è stata l’unica
azione sensata che abbia mai fatto in vita sua.
Odio Nancy, perché per causa sua ho perso mio fratello.
È
stata lei a fargli provare la maledetta eroina e a rovinargli la vita,
ammazzarla è stato l’unico modo per liberarsi di
lei, peccato sia successo
troppo tardi.
Mi guardo le mani con le unghie dipinte di un casto
bianco e penso che quella zoccola è riuscita a far scordare
a mio fratello
l’unica promessa che mi abbia mai fatto: stare lontano
dall’eroina.
Mamma è una tossica, sapevamo entrambi cosa comportasse
la tossicodipendenza: la rota, le urla quando era in astinenza, la
ricerca
spasmodica di soldi, le siringhe, trovarla in bagno mezza morta, le
overdosi.
Un inferno praticamente e lui ci è caduto dentro lo
stesso, ignorando me, ignorando Johnny.
Johnny Rotten era il suo migliore amico, un angelo
custode nella forma più improbabile del mondo, ed
è l’unico ragazzo che abbia
mai amato.
Magro, nervoso, con due occhi castani sempre velati di
ironia e capelli arancioni irti in testa, questo è Johnny.
Lui era la mente dei
Sex Pistols, intelligente abbastanza da capire che con quelli avrebbe
ottenuto
la fama, ma non così furbo da non farsi manovrare da Malcom
Mclaren e da
Vivienne Westwood e soprattutto era buono.
Aiutava Sid come poteva, evitava che si ubriacasse troppo
o quando succedeva lo portava a casa ubriaco facendosi mezza Londra a
piedi con
mio fratello come peso morto, lo difendeva dalle risse e lo mise in
guardia
fino all’ultimo giorno da Nancy.
Ricordo litigi in cui gli intimava di smettere di
frequentare quella drogata se non voleva finire come sua madre, ma Sid
era
troppo preso da lei: quella vacca americana era il primo amore di mio
fratello.
Mi sembra che tutto questo sia successo una vita fa, Sid
è morto e a Johnny non è più permesso
stare nella mia vita, eppure è tutto così
vivido.
Mi prendo la testa tra le mani e guardo l’abito bianco
appeso al mio armadio, sa di prigionia e vita controllata, sa di
catene, sa di
tutto quello che odio.
Mi alzo piano e apro il mio armadio, in un angolo
c’è una
minigonna a fantasia scozzese piena di spille da balia, un paio di
calze a rete
nere, una maglia piena di tagli, un maglione anche quello pieno di
tagli, un chiodo
di pelle e un paio di anfibi.
Senza fare rumore li indosso e poi vado davanti alla
finestra, assalita all’improvviso da una pioggia di ricordi.
{“Emily,
Emily!”
Cerca di urlare una
voce smorzata, una voce acuta che conosco abbastanza bene.
Io mi affaccio alla
finestra, già pronta per una serata da trascorrere con mio
fratello e i suoi
amici, solo che Sid è già uscito, io non ho tutta
questa libertà.
Alzo un pollice per
fare segno a Johnny che l’ho visto e apro la finestra, poi mi
allungo fino a
raggiungere un ramo e con molta cautela mi ci appendo prima con le mani
e poi
con i piedi. Quando sono totalmente sul ramo, do un piccolo calcio alla
finestra per chiuderla e scendo. Scavalco anche il cancello e poi
finalmente mi
ritrovo tra le braccia della mia testa rossa preferita. È
magro, ma non mi
importa molto, per me è sexy lo stesso. Ci baciamo con foga,
sotto lo sguardo
dei nostri amici che evitano di scoppiare a ridere e di fare battute
idiote
solo per non farci scoprire dai miei.
Ce ne andiamo e
raggiungiamo uno dei pub di Londra, Johnny mi bacia ancora e poi mi
dà in mano
una pila di cassette.
“Vendile tutte,
baby.”
“Va bene, Rotten, ma voglio essere ricompensata.”
“Dopo il concerto, c’è sempre una certa
tensione che va sciolta.”
Mi fa l’occhiolino e Sid gli dà
un’amichevole botta sulla nuca.
“Smettila di fare
il malato di sesso con mia sorella.”
Il suo tono comunque è divertito, a lui va bene la nostra
relazione, ma se ci
beccassero i miei sarebbero capaci di far cadere la casa a suon di
urla, non
tanto mia madre, ma il mio patrigno. È un sacerdote e
già ci rammarica di non
essere riuscito a portare Sid sulla retta via e non vuole fallire con
me.
I ragazzi salgono
sul palco e io dispongo le poche cassette su un tavolino che ci ha
concesso il
proprietario, che li osserva montare le loro attrezzature scettico,
anche
perché è arrivata gente che lui di sicuro
considera strana. Non appena iniziano
a suonare la prima canzone storce le labbra e si rifugia disperato
dietro il
bancone.
I ragazzi suonano
per un’ora davanti a una folla che salta e fa un casino
impressionante e che va
in delirio quando Sid molla il suo basso – che tanto non
è collegato alle casse
– e si butta su di loro.
Alla fine qualcuno
viene da me e compra le cassette e sbircia senza pudore nella mia
scollatura,
io stringo i denti, ma alla fine vendiamo tutto.
I ragazzi escono
dal backstage e il proprietario offre loro un boccale di birra ciascuno
come
concordato e il mio me lo devo pagare da sola.
“Ok, ragazzi.
Sgombrate la vostra roba.”
Dice spiccio il
proprietario.
“Non può aspettare
ancora un attimo e darci un’altra birra, magari?”
Gli chiede sfrontato Johnny.
“Solo se me la
pagate.”
Sbuffano tutti e iniziano a caricare la roba nel vecchio furgone del
padre di
Steve Jones, è lì che tengono la loro
attrezzatura: nel garage del loro
chitarrista.
Sid e Paul se ne
vanno e lasciano solo me e Johnny nel freddo della strada londinese, ma
lui mi
abbraccia e il freddo non lo sento più.
“Cosa ne dici di
riscuotere la tua ricompensa?”
Mi sussurra nell’orecchio dandomi i brividi.
“Mi chiedevo quando
me l’avresti chiesto.”
Ci incamminiamo mano nella mano verso l’appartamento del
rosso, pronti per una
notte di sesso, se lo sapesse il reverendo mi farebbe probabilmente un
esorcismo.}
Allungo la mano e apro la
finestra, come facevo solo
qualche anno fa per andare dalla uniche persone che mi accettassero
davvero,
afferro la borsa e mi afferro al ramo, spingo e arrivano anche i piedi.
Sogghignando come farebbe Johnny chiudo la finestra con un calcio e
scendo fino
a terra, poi scavalco il cancello e mi dirigo a una fermata della metro.
Tra poche ore dovei sposarmi, ma Johnny è l’unico
che
abbia mai amato davvero e non posso davvero farmi chiudere in gabbia,
non di
nuovo.
L’ho già permesso una volta al reverendo e non
intendo
concedere il bis, Charles non mi avrà.
Io voglio la libertà.
{“Fammi
capire,
Emily… Con tutta la fatica che ho fatto per farti studiare
ed evitare che
finissi nel giro di tuo fratello, tu frequenti quel teppista?”
“Non è un teppista!”
Urlo al reverendo.
“Ha più cervello di
te!”
Lui mi dà una
sberla.
“Basta! Non tollero
più queste cose, tu non lo frequenterai più se
vuoi vivere in questa casa.”
“Bene, me ne vado.”
Lui ghigna e in questo momento più che un prete sembra uno
dei diavoli che si impegna
tanto a combattere.
“E lasciare da sola
tua madre distrutta per la morte di Johnny?”
Io apro la bocca per dire qualcosa e stringo i pugni, vorrei dargliene
uno su
quella faccia da bastardo che si ritrova: ha toccato un tasto dolente.
Non posso abbandonare
mia madre, non adesso che si sente così in colpa per la
morte di Sid.
“Ti odio.”
Gli sputo in
faccia.
“Non ti illudere,
anche se indossi questa veste da prete finirai all’inferno,
Christopher
Beverley.”
Lui mi dà un’altra sberla.
“Ti ho anche trovato
un ragazzo, è il figlio di un mio amico.”
Io salgo in camera
mia e piango tutte le mie lacrime, verso sera qualcuno chiama il mio
nome, io
scendo dall’albero in pigiama. Johnny mi guarda incredulo.
“Cosa è successo?”
“Io e te non
possiamo più vederci, il bastardo l’ha scoperto e
se continuiamo la nostra
relazione mi butterà fuori di casa. Non posso lasciare mia
madre da sola, non
adesso che si sente così in colpa per Sid.
Mi dispiace,
Johnny.”
Lui stringe i pugni e i suoi occhi mandano un’occhiata di
puro disprezzo verso
la porta di casa mia.
“Va tutto bene,
Emily.
Solo, ricordati una
cosa: quando avrai bisogno di me io ci sarò sempre per
te.”
Poi si allontana a passi ciondolanti sconfitto e consapevole di avere
fatto la
cosa giusta per me, io piango di nuovo.
Odio il reverendo.}
Entro nella fermata della metro e
aspetto il primo
convoglio che mi porti in direzione della casa di Rotten, dei ragazzi
mi
fischiano e schiamazzano. Io alzo il medio, senza nemmeno guardarli con
il
volto deformato da una strana smorfia.
Quei piccoletti non lo sanno nemmeno, ma è così
che è
iniziata tra me e Johnny e, Cristo, lui sarà
l’unico ad avere avuto il piacere
di abbordarmi in metro.
{Sono le
dieci di
sera, sono stata a studiare fino a ora da una mia compagna di classe,
antipatica
come la merda, ma secchia.
Scendo dal
convoglio e un gruppo di ubriachi si avvicina a me: sono tutti giovani
e io mi
metto in posizione di difesa.
Il primo ad
avvicinarsi è uno con i capelli irti in testa di un
arancione innaturale.
“Ehi, bella! Vuoi
uscire con noi?”
“No, non ci penso nemmeno.”
“Eddai!”
Mi punta addosso i
suoi occhi castani e, anche se è carino, non mi faccio
abbordare da degli
sconosciuti in metropolitana.
“Rotten, fermati,
coglione!
È mia sorella
Emily.”
Io guardo stupita Sid.
“Oh, scusami,
bellezza.
Ehi, ma puoi uscire
con noi dopo, il tuo fratellone ti farà da guardia del
corpo.”
Io guardo dubbiosa Sid, magro come è le prende sempre in
tutte le risse, ma
alla fine annuisco stregata dagli occhi di questo Rotten.
Mi allontano da loro
e arrivo finalmente a casa mia, lì mi invento la classica
scusa che ho
dimenticato qualcosa dalla mia compagna di classe e raggiungo Sid e i
suoi
amici giù nella metro.
Con loro mi faccio
trascinare nei quartiere più brutti di Londra, bevendo
troppa birra per una
principiante in fatto di alcolici e fumando la mia prima sigaretta.
Ridono
tutti quando sputo il fumo e rischio di strozzarmi.
Bastardi!
Se il reverendo
sapesse cosa sto facendo darebbe di matto, sa che ha perso la sua
battaglia con
Sid, ma con me non vuole perdere e picchia se vede che mi ribello.
Mia madre?
Sempre troppo fatta
per intervenire, ma comunque è una di quelle che crede che
ogni tanto sia
giusto per una donna prenderle dal proprio uomo.
Stronzate.
Uno che ti ama non
ti picchia, si può demolire la casa a forza di urla,
gridarsi addosso di tutto:
che ci si odia, che si maledice il giorno in cui ci si è
incontrati, che è una
testa di cazzo che non capisce niente.
Ecco quello si può
fare, ma mai picchiarsi.
Sono così immersa
nei miei pensieri che non mi accorgo che gli altri mi hanno lasciato
indietro e
con me c’è solo Johnny Rotten.
“Cosa c’è,
piccoletta?”
“Dove sono gli
altri?”
“Qualche metro davanti a noi, tu ti sei come
incantata.”
I suoi ironici occhi castani mi fanno arrossire.
“Stavo pensando a
cose mie.”
“Del tipo? A quanto sia buono il reverendo?”
Io lo guardo con
gli occhi sgranati, come ha fatto a capirlo?
“Non so leggere
nella mente, ma Sid da ubriaco parla e parla tanto. Dice che il
reverendo ti
picchia e tua madre non fa un cazzo per fermarlo. Lui vorrebbe fare
qualcosa,
ma sa che con il suo fisico non otterrebbe altro che botte.”
Io abbasso gli occhi.
“Sì, più o meno
stavo pensando a queste cose.”
Lui si avvicina a
me e mi alza il volto, senza dire nulla mi bacia e poi infila di
prepotenza la
lingua.
Potrei fermarlo, ma
non voglio questo bacio mi piace davvero troppo, anche se immagino che
per lui
non significhi nulla.
Sid ci raggiunge e
ci osserva un po’corrucciato.
“Io e Emily
dobbiamo andare a casa.”
“Sta bene, Vicious. Vedete di rimanere vivi.”
Io e mio fratello lo salutiamo e percorriamo in silenzio la strada cha
porta a
casa nostra, nel cielo si stanno ammassando delle nuvole scure e tira
un’aria
fredda anche se siamo ad agosto.
Entriamo in casa e
non c’è nessuno che ci aspetta, la predica la
riceverò domani.
“Buonanotte, Sid.
Io vado a letto.”
Entro in camera mia e mi metto in pigiama, poco dopo un tuono si
abbatte con
forza su Londra, come a volerla distruggere, come se la natura fosse
arrabbiata
con quest’abominio umano e lo volesse cancellare, poi
c’è il bianco di un
lampo.
Pochi secondi dopo
qualcuno bussa delicatamente alla mia porta: è Sid in
mutande.
“Posso dormire con
te?”
Non gli sono mai piaciuti i temporali, c’era un temporale
della madonna quando
mio padre se ne è andato di casa dicendo che non sopportava
più una madre
tossica che non sapeva badare a due bambini demoniaci.
“Certo.”
Ci infiliamo sotto le coperte e lui si accuccia sul mio petto, io gli
accarezzo
i capelli ispidi.
“Grazie, Emily.”
“Di niente.”
“Grazie di aver voluto conoscere i miei amici, per me vuol
dire tanto.”
“Sono simpatici.”
“Ti piace Johnny?”
“Ci siamo baciati.”
“A me va bene, lui è a posto.”
Borbotta prima di mettersi a dormire.
Non saprei
esprimere a parole l’amore che provo per questo fratellone un
po’disastrato,
per lui ammazzerei se fosse necessario.}
E forse avrei dovuto ammazzare
Nancy quando l’ho vista la
prima volta, forse a quest’ora avrei ancora mio fratello e
Johnny. Adesso però
Johnny me lo sto andando a riprendere perché pochi sanno che
davvero lui è una
persona a posto.
Sono seduta in un vagone mezzo vuoto, c’è solo un
gruppo
di ragazzi che mi guarda, io stringo con forza il coltello a
serramanico che mi
ha regalato Rotten. Lui voleva che la sua piccolina viaggiasse al
sicuro sulla
metro e davvero non esiterei a tirarlo fuori se uno di questi
stronzetti si
avvicinasse troppo.
Sono solo figli di papà che giocano a fare i punk, la
povertà vera non l’hanno mai conosciuta, non sanno
cosa voglia dire rinunciare
a mangiare quando hai fame perché di soldi non ce ne sono o
indossare un capo
di seconda mano che arriva da qualche parente finto caritatevole.
Non sanno cosa si prova quando la rabbia bruciante e la
voglia di rivalsa ti divorano, perché vorresti un vestito di
marca o un posto
nel mondo, ma sai che con le tue umili origini non puoi pretendere
troppo, che
l’unico mare che vedrai sarà quello di Brighton
fuori stagione per non spendere
troppo, ammesso che tua madre non abbia usato i soldi per le vacanze
per la
droga.
Loro comprano i vestiti sdruciti, tagliuzzati e
sapientemente logorati nel negozio di Vivienne, vanno ai concerti,
bevono e poi
studiano diligentemente pensando di essere veri punk.
Sono solo il frutto di una moda, gente che Johnny odia e
Dio solo sa se è vero e di come si sia sentito fregato
quando ha capito che era
solo un ingranaggio in piani più grandi di lui e Rotten odia
essere sfruttato.
Johnny Rotten vuole essere libero.
Libero di vestire come gli pare senza dettare mode.
Libero di fare la musica che gli pare senza doverci
mettere il marchio “Sex Pistols”.
Libero e basta.
Scendo alla mia fermata e salgo le scale deserte, le mani
strette a pugno su quel coltello che i miei nemmeno sanno che esiste.
Sona in periferia, ci sono alti casermoni e un’aria di
sconfitta. Lui non ha voluto cambiare casa, non ancora, da
ciò che ho sentito
dire dice che vuole rimanere lì per ricordarsi ancora per un
po’ chi è per
poter andare avanti e fare nuove cose. Si sta leccando le ferite della
morte di
Sid esattamente come me.
In questa notte
due cuori distrutti torneranno a essere uno che funziona,
se lui vorrà.
{Sto
uscendo da
scuola e sono piuttosto in ritardo a dire il vero, quindi non mi
accorgo subito
della figura mollemente appoggiata a un albero. Magro, nervoso, con un
chiodo
di pelle, jeans che vanno in pezzi, anfibi e capelli arancioni irti in
testa:
Johnny Rotten.
“Ehi, Emily!”
Esce dal suo nascondiglio dietro l’albero e io faccio cadere
i libri che stavo
tentando di infilare in borsa. Cosa ci fa qui?
Cosa vuole da me?
“Rotten?”
Lo guardo sorpresa, poi mi chino a prendere i libri e lui mi
dà una mano.
“Sono io.”
Eccolo il suo sorriso storto, quello da cinico che se ne sbatte di
chiunque.
“Come mai sei
venuto qui?”
“Io e te abbiamo qualcosa in sospeso.”
Io alzo un sopracciglio.
“Ci siamo baciati,
dolcezza o te lo sei dimenticato?”
“Non me lo sono dimenticata, ma non pensavo che per te
significasse qualcosa.
Quante ne hai baciate dopo di me?”
“Nessuna, la maggior parte delle donne sono cagne, ma tu
sembri diversa.”
“Come cagne?”
Gli chiedo istantaneamente furiosa.
“Le donne che
frequentano i posti dove vado vogliono solo una cosa.”
Si tocca la patta dei jeans, scandalizzando un gruppetto di ragazzine
più
piccole di me.
“Non fare il porco
qui, spaventi le bambine.”
Lui ride.
“Ecco, vedi? Sei
diversa, le donne dei posti dove vado se ne sbattono se mi tocco il
cazzo.”
“Che gente frequenti?”
Lui scrolla le spalle, come a dire che non è molto
importante.
“E che vuoi fare?”
“Voglio portarti a un appuntamento.”
“E se io non fossi d’accordo?”
Lui mi guarda con
la sua aria da impunito, io alzo gli occhi al cielo. Non voglio
arrendermi
subito.
“E dai, piccola
Vicious! Non fare la stronza!”
Questa volta ha uno sguardo da cane bastonato e non riesco a dire di no
a
questo sguardo.
“Sta bene, ma io mi
chiamo Emily.”
“Va bene, Ly.”
“Ly?”
“Mi piace più di Amy e poi c’entra con
il mio cognome, mi chiamo Lydon.”
“Ah, marchi il territorio ancora prima di
conquistarlo?”
“Ho questa brutta abitudine.”
Io alzo gli occhi
al cielo e lo seguo, si infila in un bar e ordina una birra, io una
cioccolata.
“Come mai hai
deciso di uscire con me?”
So di non essere un
gran bellezza, con i miei capelli neri lisci come spaghetti e gli occhi
scuri,
comunissimi.
“Te l’ho detto sei
diversa dalle altre e non farmi ripetere i concetti che non mi
piace.”
Beve la sua birra, i miei occhi si fermano sulle freccette e lui se ne
accorge.
“Vuoi giocare a
freccette?”
“Non so giocare.”
“Ti insegno io.”
“Come mai tu e Sid siete amici?”
“Gli ho salvato il culo in una rissa e mi sembrava il tipo
che avesse sempre
bisogno di qualcuno attaccato al culo per toglierlo dai guai.
È come un
bambino, non si sa regolare e poi abbiamo iniziato a frequentare il Sex
e
uscire con il resto della compagnia.
Il resto è storia,
io sono uno di quei cattivi ragazzi da cui il reverendo ti ha messa in
guardia.”
Io lo guardo con aria di sfida.
“Me ne sbatto di
quello che dice il reverendo, lui non è mio padre e non lo
perdonerò mai per
picchiarci.”
“Hai carattere, Ly. Mi piace.”
Finisce la birra in un sorso e poi si alza in piedi, chiede le
freccette al
titolare e poi mi spiega come giocare, io inizio a tirare quegli
aggeggi, ma
non sono molto brava. È la mira che mi manca, i miei lanci
arrivano sempre
nella parte più lontana dal centro.
Lui ride e io alzo
un sopracciglio.
“Non sapere giocare
a freccette è una cosa di famiglia, anche Sid fa
schifo.”
Io sbuffo e continuo la mia partita, inutile dire che mi straccia e il
centro
del cerchio rimane solo un miraggio. Lui paga per tutti e due e poi
usciamo, il
proprietario del locale mi lancia un’occhiata di biasimo,
immagino si stia
chiedendo perché una ragazzina vestita ancora con
l’uniforme esca con un tale
tipaccio, io alzo un medio. Johnny ride accanto a me e mi prende per
mano.
Di solito a questo
punto iniziano le mie colorite proteste, ma non con lui, mi va bene che
mi
prenda per mano e che abbia segnato il territorio ancora prima di
conoscermi.
Visto che nessuno
dei due ha molti soldi passeggiamo lungo il Tamigi fino al tramonto,
parlando
della nostra vita e delle conoscenze in comune. Mi sento a mio agio con
lui,
non mi fa paura come dovrebbe fare a una scolaretta. Non è
così cattivo come
sembra.
Quando il sole
sparisce nel Tamigi lo guardo con aria dispiaciuta.
“Devo andare a
casa.”
“Va bene.”
Senza aggiungere altro appoggia le mani sulle mie guance e mi bacia con
avidità, come se avesse sete di me e io lo contraccambio,
perché mi
sono accorta che questo cattivo ragazzo lo
voglio nella mia vita e fanculo al reverendo e alle sue prediche.
Quando si stacca si
fruga le tasche del giubbotto e mi porge qualcosa: un coltello a
serramanico.
“Se qualcuno ti
infastidisse tiralo fuori, di solito vedendolo scappano.”
Io lo guardo, faccio scattare la lama affascinata e poi gli sorrido.
“Grazie.”
Gli do un bacio sulla guancia e me ne vado.}
Sono arrivata sotto casa sua,
cerco il nome “John Lydon”
sui vari campanelli e lo trovo, lo suono e dopo un po’
qualcuno fa scattare la
porta elettrica del condominio senza nemmeno chiedere chi ci sia
dall’altra
parte del campanello.
Entro nel condominio e salgo fino all’ultimo piano, i
passi decisi, le spille che tintinnano e che accompagnano il rumore
sordo dei
Doc Martens. Arrivata alla porta sul cui campanello è
scribacchiato “Johnny
Rotten” suono. Lui mi apre poco dopo in mutande e con uno
sguardo stupito, come
se fossi l’ultima persona che si aspettasse di vedere.
“Ly?”
“Sono io, Johnny. Fammi entrare.”
Lui si sposta e si mette almeno una maglietta.
“Cosa ci fai qui? Pensavo che avessi deciso che non
potessimo più avere una relazione.”
“Lo so quello che ti ho detto e mi dispiace di averlo fatto,
ho fatto uno
sbaglio, mi sei mancato tutto il tempo.”
“Anche quando stavi con quell’ameba?”
Io lo guardo stupita.
“Paul me l’ha detto.”
“Sì, anche quando stavo con quello. I miei
vogliono che io domani lo sposi, ma
io non posso, capisci?
Io non voglio chiudermi definitivamente in gabbia, io
voglio vivere e anche Sid vorrebbe che vivessi a modo mio e non come
vuole il
reverendo. E poi…
Davvero, Johnny, non so come dirtelo. Non mi sei mai
uscito dalla testa, stavo con lui e pensavo a te, baciavo lui e pensavo
di
baciare te e quando voleva fottermi gliel’ho sempre impedito
perché questo
corpo è tuo se lo vuoi.
Non sarà facile, domani verrà lui e
proverà a strapparmi
via da te, mi difenderai?
Starai dalla mia parte?”
Prendo fiato.
“Mi amerai anche domani o stasera?”
“Anche dopo e dopo e dopo.
Ly, mi sei mancata.”
Mi bacia come la prima volta che ci siamo incontrati, famelico come un
lupo. Le
sue mani mi tolgono il giubbotto e piano tutti i vestiti, accarezzando
e
baciando il mio corpo, imprimendoselo nella memoria, io faccio lo
stesso. Tolgo
la maglia e accarezzo quel torace magro e pallido, poi gli stringo le
gambe
attorno al busto, sentendo la sua erezione pulsare contro le mie calze
a rete.
Siamo una sinfonia di gemiti e sospiri, di mani che accarezzano, di
baci.
Mi stende sul letto e io lo tiro su di me dall’elastico
delle mutande, faccio per infilarci un mano, ma lui mi blocca. Strano,
pensavo
fosse troppo impegnato a baciare, succhiare e mordere le mie tette.
Mi toglie le calze e le mutandine e infila un dito dentro
di me, lo toglie subito soddisfatto, io vorrei chiedergli
perché, ma sento il
suo membro entrare in me con una spinta decisa che mi fa urlare.
“Sei mia, Ly. Mia.”
Continua a spingere mentre io gli graffio la schiena e
ripeto il suo nome come una nenia, una preghiera. Arriviamo
all’orgasmo
insieme, travolti da una marea di sensazioni che credevo di non poter
provare
più: piacere, senso di possesso, amore, felicità.
Rimane sdraiato su di me per quella che mi sembra una
perfetta eternità, poi si toglie e mi fa cenno di andare tra
le sue braccia. Io
mi ci fiondo e vengo chiusa in un abbraccio possessivo.
“Sei mia, ti amo.”
“Sei mio, ti amo.”
Rispondo prima di crollare addormentata.
Il giorno dopo veniamo svegliati da un bussare insistente
alla porta, lui si mette mutande e pantaloni, io le mutande e la sua
maglietta.
Lui apre solo il chiavistello e uno spiraglio della faccia arrabbiata
del
reverendo fa capolino.
“Brutta puttana, vieni! Devi sposare Charles!”
“Non ci penso nemmeno, io ho scelto e ho scelto
Johnny.”
“Io adesso entro e ti porto via.”
Senza farsi alcun scrupolo butta giù la porta e mi rpende
con violenza per un
braccio e inizia a tirare, Johnny si mette di mezzo e mi porta dietro
di lui.
Iniziano a prendersi a botte, ma il bastardo è
più
pesante del mio ragazzo e lo sta pestando senza pietà. Senza
starci a pensare
troppo, prendo il coltello dalla tasca del mio giubbotto e lo faccio
scattare
per poi puntarlo su di lui.
“Vattene da qui o ti ammazzo!”
“Non oserai!”
Alza una mano su di me, ma io lo infilzo con il coltello,
la sua faccia è una maschera di rabbia mista a stupore.
Lentamente lo tolgo dalla sua mano, il sangue fresco luccicante
che lo macchia.
“Vattene. Vattene da questa casa e dalla mia vita. Se non
lo fai ti finisco a coltellate e te la farò pagare per
quello che hai fatto
alla mia famiglia.”
Lui arretra.
“Bravo, e non farti rivedere o non mi faccio scrupoli a
piantartelo nel cuore.”
Lui se ne va correndo come un matto, la mano che sanguina copiosamente.
Io
prendo la porta scardinata e la rimetto a posto in qualche modo, poi mi
occupo
di Johnny che si sta rialzando.
“Brava, baby! Hai fatto quello che avrei fatto io e non
credo ci sia complimento migliore.”
“Il solito egocentrico.”
Rispondo con un sorriso, poi lo medico.
Quando ho finito lo guardo dritto negli occhi, arde la
stessa febbre che c’è nei miei e iniziamo a
baciarci. Famelici, un po’ bestie,
un po’umani.
E in questo momento sento la felicità scorrermi nelle
vene come una droga benefica.
Ce l’ho fatta.
Ho aperto la gabbia e sono libera.
Niente più interferenze, niente più matrimonio
combinato.
Vedi, Sid, che ce l’ho fatta?
Torniamo in camera sua ansanti, pronti a rifare quello
che è successo stanotte.
Qualcuno dirà che è peccato, che
finirò all’inferno, ma
per me sa di paradiso.
Il mio paradiso è stare con quel piccolo – grande
–
teppista di John Lydon e accompagnarlo nella sua vita, qualunque essa
sarà.
I due Ly hanno messe le ali e stanno volando e – tutto
sommato – non se la stanno cavando male.