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Autore: Hagumi    23/03/2009    1 recensioni
Tutta dedicata alle mosche bianche, a cui raccomando di leggerla solo con una buona dose di insulina a portata di mano: questo é miele allo stato puro, può provocare diabete, maneggiare con cautela! ;)
[Dal quarto capitolo] Cenammo chiacchierando amabilmente. No anzi, rettifico: tu parlavi di tutto ciò che ti passava per la testa, e io rispondevo quel tanto che bastava a farti sentire soddisfatta, o comunque nelle poche pause che mi concedevi per dire qualcosa, mentre riprendevi fiato o buttavi giù un boccone di questo o quell’altro.
Eri radiosa, e potevo intuirlo da quanta voglia avessi di chiacchierare e raccontare tutto ciò che ti passava per la testa, anche le più assurde frivolezze. Sei sempre stata così, fin da bambina, quando eri felice non davi un attimo di tregua al tuo interlocutore. E a me andava bene così. Non sono mai stato uno dalle molte parole, però ero un ottimo ascoltatore e sentirti dire tutte quelle cose, mentre ti aprivi e mi raccontavi tutti i tuoi più intimi segreti e desideri, mi lasciava estremamente soddisfatto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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First meeting

La prima volta che t’ho incontrata, avevamo appena sei anni. Io ero esattamente come adesso, un bimbo pigro, apatico ed estremamente saccente. E anche tu eri uguale ad ora: radiosa come il sole.

Eravamo in un campo, una di quelle distese floreali che ami tanto. Io mi trovavo lì per caso, cercavo semplicemente un posto per fuggire dagli altri bambini che volevano giocare, e io non ne avevo nessuna voglia. Tu invece eri lì con tua madre e stavate raccogliendo dei fiori di campo per il vostro negozio.

In effetti, una persona pura e delicata come te poteva essere solo figlia di fiorai, forse.

Comunque ricordo perfettamente il nostro primo contatto. Ero disteso tra i fiori e l’erba ed osservavo il cielo immenso con estremo interesse. Amavo già le nuvole, ero solo un bambino eppure le trovavo interessanti, forse perché mai ripetitive. Come te. Anche tu eri sempre una sorpresa, forse è per questo che uno come me, che trova noiosa qualsiasi cosa, avrebbe potuto innamorarsi solo di te.

Udii una risata argentina e squillante, un suono che alle mie orecchie era come il più piacevole di questo mondo, mai sentito niente di altrettanto delizioso.

Mi alzai a sedere e notai una bambina bionda che correva inseguendo una farfalla. Eri tu, ovviamente, quella bambina. Tua madre ti guardava da lontano, di tanto in tanto alzava la voce per farsi sentire da te e raccomandarsi che non ti allontanassi troppo. Tu le rispondevi sempre con un immenso sorriso sdentato, quindi riprendevi i tuoi giochi.

Improvvisamente ti fermasti e lasciasti che la farfalla andasse via. Mi avevi visto e con la tua curiosità innata ti avvicinasti a me e ti inginocchiasti al mio fianco.

“Ciao. Io sono Ino. Tu come ti chiami?” pensai che la tua vocina fosse sublime.

“Shikamaru” risposi solo, con il mio solito fare annoiato. Non sapevo comportarmi in altri modi al di fuori di questo, ma tu non ti facesti intimorire. Ti sedesti al mio fianco ed iniziasti a raccogliere alcuni fiori per fare una bella corolla.

“Ti piacciono i fiori, Shikamaru-chan?”

Io feci spallucce. “Non mi dispiacciono.”

Ti voltasti a guardarmi, fermando un attimo le manine dall’azione di intrecciarli e mi sorridesti mostrandomi la buffa finestrella che portavi con orgoglio tra i dentini da latte. “Capisco.”

Rimanemmo in silenzio per un po’. Tu intrecciavi i fiori, canticchiando un motivetto che non avevo mai sentito, ma era qualcosa di frizzante che mi trasmetteva il buon’umore. Tutto, di te, mi dava il buon’umore.

“Cosa vuoi fare da grande?” mi chiedesti improvvisamente, attirando la mia attenzione, fino a quel momento rapita dal movimento rapido e preciso delle tue piccole manine latee, ancora un po’ paffute a causa della giovane età

 “Non so. Qualcosa di interessante.”

“Non hai le idee molto chiare, Shika-chan” mi dicesti in tono scontato. “Ho finito” dicesti poi all’improvviso, voltandoti verso di me e lasciando scivolare la corolla di fiori bianchi dalle tue manine, facendo passare la mia testa tra gli intrecci e abbandonandomela intorno al collo.

“Ti piace?”

Io scrollai le spalle, come poco prima “Sei brava.” dissi senza troppo entusiasmo.

“E’ perché io da grande vorrei diventare fioraia come la mia mamma” mi spiegasti, mentre i tuoi occhietti si illuminavano di gioia. Finalmente feci anche io un sorriso, per quanto piccolo

“Diventerai una brava fioraia.”

Credo che ti fece parecchio piacere quella mia frase, perché battesti le manine, pigolando uno “Speriamo” davvero fiducioso.

“Io forse potrei diventare ninja.” Mi venne da dire improvvisamente, quando poi non mi era mai passato neanche per l’anticamera del cervello di provare l’esame d’ammissione all’accademia.

Mi guardasti con un che di ammirazione. “Davvero?” eri seriamente colpita. E io ero un bambino furbo, dato che volevo proprio fare colpo su di te.

“Beh, allora magari potrei diventare ninja anche io.”

Ora ero io quello colpito, e preso in contropiede.

“Ma fare il ninja è una cosa da maschi!” borbottai non troppo sicuro però delle mie parole.

Tu sbuffasti. “Maschilista. Diventerò una grande ninja fioraia, ho deciso!”

“Ma non esistono i ninja fiorai!” mi venne solo da contraddirti.

“Beh, allora sarò la prima ninja fioraia della storia.”

 Ridacchiasti, e io invece rimasi in silenzio, ipnotizzato.

Mi avevi già rapito il cuore, anche se ero troppo piccolo per rendermene conto.

  
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