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Autore: Sofia Bellanca    22/02/2016    0 recensioni
Daphne ha conosciuto Aaron, con il quale si è sposata in seguito e sono andati in luna di miele in un'isola pressoché sconosciuta. Da quel giorno Aaron cambia comportamento, diventando sempre più violento e aggressivo, finché il giorno della sua morte Daphne finalmente crede di poter finalmente stare in pace. Eppure non è così. Nell'attuale 2015 sente delle presenza, come se lui fosse ancora lì, per portarla via con lui. E perché il suo cane Dark abbaia di continuo?
Cosa nascondeva quell'isola maledetta? Cosa era realmente successo? Che il passato sia tornato a saldare i conti?
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Neanche oggi hai voglia di parlare?" Daphne guardò il grande orologio sopra la scrivania. Le lancette si muovevano piano piano, facendo un piccolo rumorio. Tic, Tac. Mancavano dieci minuti. La sedia su cui stava le trasmetteva tranquillità, perché era molto comoda, ma il dottor Faller no. Stava lì, dietro la scrivania, fissandola costantemente, come se fosse ad un'interrogazione. Le ricordava la scuola, i quattro a latino, cose brutte, insomma. Inoltre il suo sguardo sembrava spogliarla, volerle leggere il pensiero, non riusciva a parlare con lui, era più forte di lei. Forse un giorno ci sarebbe riuscita, allora sarebbe potuta tornare ad avere una vita normale, chissà. Lei lo sperava, eppure dentro di sé sapeva che non sarebbe mai successo, non avrebbe mai potuto riavere la vita di una volta. "Allora se ne può andare." Esordì Faller, con il tono di chi parla con qualcuno che ti fa perdere tempo. Daphne guardò ancora una volta il ritratto di una nave appeso alla parete. Sembra stesse affondando in mezzo alle impetuose onde, come si sentiva lei in quel momento. Poi ne osservò un altro: era ritratto un bambino, che guardava l'orizzonte, oltre le montagne. Una volta le sarebbe sembrato un viso di un bambino felice, pronto a scoprire nuove cose. Invece ora semplicemente una persona malinconica, che non riesce ad andare oltre. Poi osservò la barba del dottor Faller, era ricresciuta parecchio, avrebbe dovuto tagliarsela. Non si sentiva in grado nemmeno di dargli quel piccolo consiglio. Si alzò, portandosi via la borsetta, e salutò la segretaria che incontrò durante la camminata verso l'uscita dall'edificio. C'erano altri pazienti seduti, che aspettavano il loro turno. Chissà qual era il loro problema, chissà. Vorrebbe tanto ritornare indietro nel tempo, non essere andata al solito locale quel giorno. Eppure ci è andata, ora ne deve conseguire le conseguenze. Prima o poi riprenderà in mano la sua vita, ne è consapevole, Deve solo aspettare, avere calma e aspettare. Molly la sta chiamando: "Daphne! E' da tanto che non ci sentiamo!" Gridò Molly, che in quel momento si trovava  a Parigi, per trovare sua madre. Era da mesi che non rivedeva Daphne, ne sentiva la mancanza. "Ciao Molly, come va a Parigi?" Ormai era troppo tardi, Daphne le aveva chiesto la fatidica domanda, ora Molly ne avrebbe parlato per ore e non sarebbe riuscita a scrollarsela di dosso. Daphne sospirò, per fortuna Molly non parve sentirla. "Oh, benissimo, sai, qui vicino c'è un locale stupendo, si beve benissimo...mia madre sta bene e l'altro giorno stava nella piazza quando...dovresti vedere i cinema! Sono qualcosa di stupendo e..." Oh no, Daphne aveva fin troppi problemi per pensare alla felicità altrui, anzi, ne era particolarmente gelosa. Molly in questo momento era su una panchina, pensando che se raccontasse tutto ciò che le capitava alla sua amica avrebbe potuto distrarla. Povera illusa. Daphne si fermò nella sala reception dell'edificio, non aveva voglia di mettersi a camminare con questo tempaccio, stava piovendo a dirotto. Molly ancora parlava e parlava, peggio di una macchinetta. Daphne ebbe un'idea, forse poteva simulare la linea che stava cadendo, perfetto. "Scusa Molly... ma non ti sento bene... ci sei? Pronto? Pronto?" Spense il nokia con un semplice click, almeno avrebbe evitato di richiamarla. La pioggia stava finendo, bene, perché la segretaria la stava guardando male. Ora poteva tornare a casa, per una nuova monotona e vuota giornata.
   
 
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