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Autore: Arbiter Ex    22/02/2016    2 recensioni
Il regno di Boletaria, governato da Re Allant XII, fa fronte alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. L'Antico si è risvegliato, e una densa Nebbia incolore è scesa sulla terra. Da essa, terribili Demoni emergono, rubando le anime degli uomini, e facendole proprie. Chi perde la propria anima perde il senno, e i folli attaccano i sani, mentre imperversa il caos. Presto o tardi la Nebbia ammanterà ogni terra, e l'umanità è soggetta ad una lenta estinzione. Ma Boletaria ha ancora una speranza: un prode guerriero, che ha attraversato la Nebbia. Nella sua lotta non sarà da solo, e di lui verrà raccontata la sua storia, narrata da chi lo ha seguito nella speranza che portasse la fine della Piaga e ristabilisse l'ordine del mondo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Nota dell'autore: Il capitolo di oggi...non è ambietato nella Valle di Corruzione. Siete sorpresi? Lo sono anch'io. Piuttosto che mozzare due capitoli, ho preferito rispettarli entrambi. Spero non rimaniate scontenti. Buona lettura!



Demon’s Souls:
Le cronache dell’uccisore di Demoni
Capitolo 15
 
“…Il mio rapporto con Firion si è stretto ancora: quest’oggi mi sono data a lui. E’ stata un’esperienza come nessun altra, un po’ strana a dire il vero, ma non mi ha spaventato. Lui è stato gentile, come sempre. In tutta la mia vita fino ad ora, non ho mai creduto che avrei provato i sentimenti che adesso provo per lui, nati nel silenzio, come lo schiudersi di un bocciolo. Ora lo amo, ed insieme a lui sembra essersi aperta una prospettiva tutta nuova per la mia vita futura. Prima riuscivo a scorgere solo grigiore, un’indistinta accozzaglia di possibilità, una meno invitante dell’altra, nessuna veramente preferibile alle altre e nessuna in cui Serah ed io potessimo essere sinceramente felici. Forse con lui, quando la Nebbia si sarà ritirata ed i Demoni saranno solo un brutto ricordo, riuscirò a vincere qualcosa di più per me e mia sorella della semplice sopravvivenza. E’ ciò che voglio credere.
Però, prima di poter vedere la luce di quel domani, per ognuno di noi sarà necessario affrontare ogni giorno fino alla fine della Piaga le proprie paure nel rischioso tentativo di fidarci l’un dell’altro, ma qui al Nexus quasi tutti danno segni di cedimento. Perdiamo membri del nostro gruppo, chi in preda alla follia, chi in cerca di una guida; il nostro morale è a pezzi, nonostante le vittorie che continuiamo a collezionare, soppiantate da pochi ma gravi fallimenti e dalla crescente diffidenza; la tensione è palpabile, la paura della morte ed il confinamento incidono sulle nostre menti e ci fanno vedere nemici dove prima avremmo visto dei sopravvissuti timorosi. Queste persone hanno bisogno di assaggiare di nuovo il sapore delle loro libertà, prima che per la mancanza di essa perdano il senno. Tutto ciò che li tiene ancora consapevoli è un ottimismo stanco ed incerto, che li aiuta ad esorcizzare in piccola parte la loro angoscia. Ed è per questo che non posso permettermi di smettere di lottare. Non so quanto ancora dovrò combattere al fianco del mio Cacciatore per veder morire l’ultimo Demone rimasto, ma so che non mi fermerò finché avrò fiato e finché Serah non sarà di nuovo libera di poter vivere serenamente la sua vita, speranzosamente io accanto a lei e Firion accanto a me…”
Claire scrisse diverse altre righe. Quando si sentì soddisfatta, pose un ultimo punto alle sue parole e chiuse il suo incompleto manoscritto. Non aveva pensato a quanto ancora avrebbe dovuto riportare in quelle pagine: generalmente si limitava a descrivere, dal suo punto di vista, la lotta di Firion, il suo stato d’animo e quello delle persone vicine, aggiungendo opportunamente qualcuna delle figure letterarie che aveva conosciuto grazie gli scritti di Freke, per rendere la lettura quantomeno appetibile. Però, non aveva ancora capito che tipo di contenuto avrebbe dovuto produrre: scriveva soprattutto per rilassarsi, distrarsi dalle incombenze future e passare il tempo, di certo non lo considerava un’attività d’importanza rilevante. Fu in quel modo che finì per scrivere una sorta di diario. Non le piaceva l’idea, perché il suo lavoro sarebbe finito per essere accomunato ai diari frivoli di ragazzette infatuate, ma non era disposta ad impegnarsi più di tanto in quell’esercizio, e si accontentò di scrivere un libro dalla media elaborazione. Rifletté con ironia sul fatto che pensava a quel suo scritto in relazione alla loro vecchia società, dove avrebbe dovuto sforzarsi di affermarsi per poter rendere noto il suo testo. Invece, ridimensionò le sue aspettative e si convinse che, in fondo, l’importante era che riportasse con fedeltà la sua testimonianza della Piaga e dell’operato del Cacciatore di Demoni, non di certo che il suo nome diventasse riconosciuto per averlo fatto. Mise da parte il libro, la penna e la boccetta d’inchiostro mezza vuota. Si massaggiò le palpebre e diede uno sguardo lento intorno: Boldwin e Thomas ai rispettivi posti, Serah e Yuria alla sua sinistra, Ostrava presso i monoliti, i chierici e Freke nel profondo dei rispettivi spazi, la Fanciulla in Nero persa chissà dove. Tutti erano silenziosi, dai volti scocciati o distratti. In qualunque momento avrebbero preferito che un po’ di allegria risollevasse i loro spiriti abbattuti, ma semplicemente nessuno di loro aveva la forza necessaria per farlo di propria iniziativa. Per un secondo Claire ebbe l’idea d’ingegnarsi qualcosa pur di ravvivare un minimo l’atmosfera, ma la dimenticò un secondo dopo, dicendosi quanto sarebbe stato sciocco da parte sua anche solo pensarlo. Quasi incontrollabilmente, tornò a rimuginare su Firion. Passò gli occhi cercandolo tra le nicchie silenziose del salone, ma non lo vide. Non lo vedeva da quando era sparito al piano di sopra; qualunque cosa fosse andato a fare, per qualche motivo non era ancora tornato. Alzò il capo tentando di vederlo dove priva non era riuscita, un po’ delusa nel constatare che non vi era segno di lui. Si distrasse in quel modo finché Serah non la svegliò da quel sonno ad occhi aperti.
“Tutto bene, Claire?” chiese lei, sempre attenta alla sorella.
Claire si girò sorpresa. Scosse leggermente la testa, come per riprendersi dalla sua ipnosi sbadata, e le rispose con le prime parole che le vennero, senza nascondere un certo velo di stanchezza in esse.
“Sì, tutto bene.”
“La tua faccia dice un’altra storia…”
“Ero solo sovrappensiero” rispose sviando lo sguardo ed appoggiandosi alla parete. Chiuse gli occhi ed inspirò a fondo, sperando che bastasse a far riposare la mente sempre in preda a pensieri confusi, che mai smettevano di rincorrersi.
“A cosa pensavi?”
“Un po’ di tutto: la nostra situazione qui, cosa ci aspetta fuori, il nostro futuro…”
“Pensavi anche a Firion?” chiese lei con un sorriso.
Claire girò quel poco che bastava la testa per poterle dare un’occhiata annoiata che diceva quanto ormai quell’insistenza la stesse stufando.
“Certo che quando afferri un osso tu non lo molli più, eh?”
“Sono tua sorella minore: sono qui per questo” disse sorridendo.
Claire non poté fare a meno di ricambiarle il sorriso e diede una piccola risata a denti stretti. Senza staccare il capo dalla parete, riportò gli occhi nell’aria indefinita davanti a sé.
“Comunque, hai ragione: pensavo anche a lui. Ho un po’ di paura per quello che lo aspetta, ma è molto forte, e sono sicura che troverà un modo. Pensavo che, quando questa storia sarà finita, potremmo cercare tutti insieme una vita diversa da quella che abbiamo conosciuto. Una che ci permetta di essere quello che vogliamo…”
Serah ascoltò le parole con attenzione esausta. Il suo sorriso divenne triste, ed anche lei portò lo sguardo via dal viso della sorella.
“Una in cui potrei non esserci…”
Claire dimenticò molta della sua spossatezza e la fissò confusa, spinta da una fitta al petto che bruciò al sentire quelle parole.
“Che sciocchezze stai dicendo?...” chiese in un sussurro. Serah sbuffò, mantenendo la sua espressione a metà tra un sorriso ed una maschera di debolezza.
“Supponiamo anche che oltre queste mura ci sia ancora un mondo da poter abitare: credi davvero, che una volta usciti di qui, io, te e Firion potremmo stare sotto lo stesso tetto? Credi davvero, che dopo tutto quello che tu hai ottenuto, io possa accettare di vivere ancora sulle tue spalle?”
Serah riportò gli occhi su quelli spaventati di Claire, a corto di fiato ed impreparata ad un argomento come quello.
“Claire, se tutto tornerà alla normalità, io me ne andrò. Devo trovare la mia strada. La tua è con Firion: non puoi condividerla con me…”
Claire provò a dire qualcosa, ma Serah si era alzata, negandole la possibilità di far sentire la propria. La vide scambiare qualche parola silenziosa con Thomas. Tornò da lei con una sottile coperta tra le mani: le s’inginocchiò davanti e la coprì con il telo, rimboccandola al meglio. Claire non badò a quello che stava facendo, tanto era colpita dalla sorpresa.
“Serah, sei stata condizionata da questo luogo e dalla prigionia del Boia, non sai quello che dici. Devi aspettare poco, Firion ormai ha quasi-”
“So esattamente quello che dico. So che ai tuoi occhi io sarò sempre la piccola ed ingenua sorellina in bisogno d’aiuto che sono sempre stata, e non immagini neanche quanto possa farmi male anche solo l’idea di lasciarti. Però, non posso accettare di vivere ancora nella protezione della tua ombra. Tu hai rischiato tutto per me: non è riparandomi dietro di te che potrò ripagarti. Vivrò la mia vita, facendo i miei errori ed ottenendo le mie vittorie, e quando potrò parlarti finalmente da tua pari, tornerò da te.”
Finì con la coperta e baciò Claire sulla fronte, dal viso incredulo ed atterrito.
“Riposa un po’, adesso. Sei molto stanca.”
Serah si rialzò e le diede le spalle, portandosi verso il centro del salone. Claire tese la mano, solo per ritirarla un attimo dopo. Come aveva fatto Serah a pensare ad un tale progetto? Erano insieme da tutta la vita, e lei credeva di potersene andare così? Come avrebbe dovuto tirare avanti senza di lei? Col cuore spezzato e nuove paure all’orizzonte, Claire si ritrovò suo malgrado a socchiudere le palpebre pesanti. Si sforzò di tenersi sveglia, ma sopraffatta dai nuovi dubbi e dall’apprensione, cadde nel sonno, fatto di silenzio ed oscurità.

Firion riprese conoscenza. La prima cosa che vide con la sua vista sfocata fu il pavimento nero dalla superficie fredda. Era sdraiato malamente prono a terra, la mano estesa verso l’elsa della sua lama. Lo spadone era conficcato in un grosso cratere nella parete: dove prima stava l’ultimo Monumentale rimasto, ora vi erano solo macerie scomposte ed irriconoscibili. Si tirò faticosamente in ginocchia, osservando con mestizia la sua opera. Incerto su ciò che aveva fatto, concluse che aveva agito impulsivamente, sotto l’effetto di un istinto violento che generalmente non lo avrebbe mai governato. Ma era lui il responsabile della scomparsa del Monumentale, era troppo tardi per pentirsene; evitare di accettarlo avrebbe degradato il suo carattere e lo avrebbe sfigurato per sempre. Si accorse di sentirsi diverso, la scomparsa dell’entità padrona del Nexus gli aveva conferito una nuova consapevolezza. Si sentiva parte delle mura e delle statue, sentiva un forte legame ai monoliti in fondo ed alle Arcipietre, la rottura tra le terre del mondo, i suoi sopravvissuti ed i Demoni che vagavano su di esso. Infine, sotto il Nexus, avvertiva un lamento incontrollabile, una cupidigia insaziabile che minacciava di erompere e di riversarsi violenta su di lui.
“Adesso sei tu il maestro del Nexus” disse la Fanciulla in Nero, comparendo alle sue spalle.
“La tua esistenza è legata indissolubilmente a questo luogo: qualora dovessi perire, ogni accesso al Nexus cesserà di esistere. Tuttavia, devi concludere la tua missione in quanto Cacciatore di Demoni. Uccidi gli ultimi Demoni, Cacciatore: allora, e soltanto allora, potremo aprire la via per l’Antico ed io potrò adempiere al mio compito, cullandolo di nuovo al sonno. Sono nelle tue mani…”
Firion si rialzò ed estrasse il suo spadone. Con un rapido movimento, scrollò la polvere delle macerie rimasta sul taglio dell’arma e la ripose sulla schiena. Diede un ultimo sguardo alla depressione che aveva causato, si voltò, ed imboccò il passaggio per i piani inferiori, sfiorando la Fanciulla.
“E sia. Accompagnami in questo ultimo atto della nostra vita. Io spezzerò per sempre i nostri vincoli…”
Mancava poco perché Firion completasse la sua missione: avrebbe abbattuto qualunque ostacolo e chiunque fosse stato abbastanza pazzo da interporsi tra lui ed il suo obiettivo.

Serah era ferma sui gradini al centro del salone, i gomiti sulle ginocchia e le mani a coppa per ospitare il capo annoiato. Dopo aver visto la sorella addormentarsi, pensò di ingannare il tempo parlando un po’ con i chierici ed Ostrava, con i quali non legò in modo rilevante. Nessuno dei tre offrì argomenti interessanti o riuscì a tenere un dialogo a lungo. Tuttavia emerse dai devoti, allontanatosi dalle orecchie di Urbain, un vistoso malcontento nei confronti del loro maestro, comportatosi molto diversamente dalle occasioni ufficiali che ricordavano. Le divenne chiaro che la circospezione dei suoi compagni di disavventura stata ascendendo ad un livello tale che, presto, anche la più piccola delle azioni sarebbe potuta essere vista nel modo sbagliato. Era necessario rinsaldare in qualunque modo i legami che erano andati persi dopo la follia di Logan. Stava pensando a come avrebbe potuto agire per distendere i nervi di tutti quanti, quando alla base dei gradini le sembrò di vedere il tipico convergere di luce azzurra che accoglieva chi arrivava al Nexus. Quando, però, la luce si spense, nessuno apparve.
Serah rimase in posizione, incerta sul da farsi. Diede un’occhiata intorno: né Boldwin né Thomas se ne erano accorti. Intravide Claire ancora addormentata, e non vi era traccia di Firion. Combattendo un cattivo presentimento che sentì nascere nel retro della sua mente, si avvicinò lentamente al punto in cui vide manifestarsi il fenomeno.
Saggio Freke era impegnato nel suo laborioso studio sulle Anime Demoniache, sul loro potere e sulle potenzialità che poteva avere per il genere umano. Gli era servito molto tempo, ma finalmente credeva di essere arrivato ad un punto di svolta nella sua ricerca, uno che lo avrebbe illuminato sulla relazione tra anime umane e demoniache, ben più stretta di quanto si pensasse. Di colpo, avvertì una dissonanza nella magia, l’intromissione di un incantesimo oscuro e non appartenente a nessuno dei presenti nel Nexus. Ne capì la natura mortale: un incantesimo di occultamento. Forzò le sue vecchie gambe a portarlo il più in fretta possibile alla sorgente di quell’energia oscura, affannandosi per prevenire una tragedia. Anche Yuria, in posizione opposta, si accorse di una nuova, pericolosa presenza. Presa d’apprensione, affidò il bambino che aveva tra le braccia a Boldwin, che le rivolse parole di confusione, e si portò in vista di Serah. Poi sopraggiunse Freke, il volto storpiato dallo sgomento.
“Scappa!”
Serah si girò spaventata. Prima che potesse capire cosa stesse succedendo, avvertì una forte presa alla spalla. La forza invisibile la spinse indietro. Sentì lo sguaino di una lama, e l’attimo dopo una ferita ed un dolore lancinante si aprirono sull’addome. Le mancò il fiato per la sorpresa, la paura e l’orrenda sensazione che avvertiva nel sentire il sangue fluire lentamente via.
“Ti avevo immaginato più combattiva…”
Serah sgranò gli occhi mentre davanti a sé compariva dal nulla una tremenda figura nera, la cui mano era sul pugnale che l’aveva trafitta. L’assassino tirò via l’arma e lasciò Serah accasciarsi al suolo.
“Serah!” gridò Yuria.
Sentendo quell’urlo, l’attenzione di tutti si focalizzò su di loro. I chierici accorsero spediti, paralizzandosi alla vista dell’aggressore omicida, un ignaro e scocciato Urbain alle loro spalle.
“Dannato! Affronterai le fiamme dell’inferno!”
Freke evocò roventi lingue di fuoco e le scagliò verso l’uomo in armatura nera, che le evitò con incredibile agilità. Il Saggio continuò con una raffica impetuosa, i dardi esplodevano dalle sue dita cercando d’incenerire il sicario, imbrunendo le pareti intorno e mancando sfortunatamente il bersaglio.
“Saggio Freke, sei un mago potente, ma sei vecchio…Quanto ancora puoi resistere?”
L’assassino vide un’apertura nell’assalto di Freke e scagliò un pugnale da lancio, centrando il palmo proteso dell’incantatore. Freke indietreggiò dolorante e scoperto. L’assalitore scattò verso di lui per dare il colpo di grazia, ma un proiettile di fuoco lo prese alla spalla e lo fermò, l’armatura l’unica cosa che lo protesse dalla potente ustione. Quando l’uomo si voltò per capire cosa l’avesse colpito, vide Yuria, con le mani tremanti ed il volto impaurito.
“Oh, anche la strega è capace di coraggio, dopotutto…non sono bastate le torture a spezzare il tuo spirito? Lascia che vi ponga rimedio…”
L’uomo rotolò veloce e sfuggì ai colpi disperati della strega. Con un solo movimento della mano, scagliò diverse stelle da lancio, tutte mirate su di lei. Yuria tentò di evitarle, ma venne presa da tre di quelle punte, due nel braccio ed una al fianco. Gemette ed indietreggiò fino a ritrovarsi con le spalle ad uno dei pilastri del salone, scivolando a terra. Guardava in preda al panico mentre vedeva il sicario avvicinarsi per finire il lavoro.
“Affronta me, codardo!”
Ostrava caricò selvaggiamente la figura oscura, sfoderò la lama e menò un fendente cieco di rabbia. L’uomo in nero evitò senza sforzo l’attacco e sfruttò l’impeto maldestro del cavaliere, facendolo inciampare. Con rapidità esperta, estrasse la sua spada ricurva ed infilzò la punta nella spalla del giovane a terra, trapassando l’armatura.
“Non avere fretta, mio principe…” disse estraendo la lama e godendosi i lamenti della sua vittima.
“Tornerò da te non appena avrò finito con-”
Una violenta fiammata lo colpì sulla schiena, buttandolo a terra e bruciandogli la pelle sotto l’armatura. Rotolò e fissò lo sguardo su Freke, ostinato a combatterlo nonostante la mano sanguinante. Avendo esaurito la pazienza verso il vecchio, scattò verso di lui, scansando le sue lingue infuocate. Gli arrivò davanti e piantò il pugnale nel petto dell’incantatore, uccidendolo in pochi secondi.
“Non temere vecchio, non rimarrai da solo. Urbain!”
Il sicario guardò attraverso la fessura buia del suo elmo cornuto verso l’uomo santo, il cui dorso venne percorso da un brivido freddo, e si avvicinò a passo svelto.
“Dovete proteggere l’insegna di Dio!” esclamò Urbain prima di spingere l’Accolito e l’Adoratrice contro l’assassino e di scappare per le scale. Il dispensatore di morte tagliò la gola al devoto incredulo e ferì al braccio la donna, superandoli con sufficienza concentrato com’era su Urbain. Lanciò la sua falce, che si piantò nel dorso del santo prima che potesse salire i gradini per il piano superiore, facendolo cadere ai suoi piedi. L’assalitore tirò via l’arma dalla carne con veemenza e calciò Urbain sulla schiena, che lo implorava di risparmiarlo.
“Ho sempre odiato la tua falsità…Ti libererò da queste vili catene…”
La ghigliottina del boia venne abbassata una seconda volta, il sangue schizzò ovunque ed Urbain non si mosse più.
Nella confusione fatale che si scatenò, Thomas non seppe fare altro che correre da Claire e svegliarla. La scosse con forza finché non riemerse dal sonno profondo in cui era caduta. La ragazza non capì molto di quello che il Collezionista tentò di spiegarle con parole frenetiche ed inorridite, ma appena le venne detto che Serah era rimasta ferita, scattò in piedi in cerca della sorella. Quando la vide a terra, ferita e sanguinante, non riuscì a trattenersi e corse da lei disperata.
“Serah!”
L’assassino, chino sul cadavere di Urbain, si voltò verso la nuova voce. La giovane donna somigliava molto alla ragazza che aveva trafitto, ma era più alta e all’apparenza più forte. Entrambe rispondevano alla descrizione che gli era stata fornita, ma lui sapeva di una sola di loro. Intuì che erano sorelle, ma quando notò il bracciale nero al polso della maggiore, capì con angoscia che lei era il suo contratto, non la giovane che aveva pugnalato. Nella foga di concludere il suo lavoro, aveva colpito la persona sbagliata.
“No!...Erano in due…”
Sentì un sibilo sopra la sua testa; alzò il capo per vedere cosa fosse stato. Firion piombò su di lui con tale violenza che non seppe contare quante ossa si fossero rotte per l’impatto. Gli occhi del Cacciatore ruggivano di rabbia e lo trapassavano furenti, soggiogandolo spietatamente. Firion afferrò il corpo sotto di sé e lo alzò da terra, sbattendolo ad uno dei pilastri vicini e piegando le lastre dell’armatura.
“Chi ti ha mandato?! Rispondi!” proruppe sferrando un pugno che deformò l’elmo dell’uomo in nero. L’altro tentò di reagire a quella morsa pescando da sotto la corazza un coltello nascosto e conficcandolo nel ventre del Cacciatore, ma quest’ultimo parve non sentirlo affatto. Invece, percosse ancora il sicario per costringerlo a parlare.
“Rispondi ho detto!”
“E’ stata quella peste del predatore di tombe! Vi ha traditi prima che m’implorasse di risparmiarlo e che io gli tagliassi la testa!”
“Non mentire a me!” urlò Firion assestandogli un altro colpo devastante.
“Se devi uccidermi, Cacciatore, fallo adesso: il giorno in cui Yurt, il Capo Silenzioso, sbaglia il suo bersaglio è il giorno in cui merita la morte!”
Firion lo colpì di nuovo, per dare sfogo all’ intensa rabbia che provava e tentando ancora di strappargli anche la più piccola informazione.
“Ti accontenterò quando mi avrai dato un nome!”
“Al di fuori di queste mura, qualcuno ti vuole morto, Cacciatore… La fine di questo mondo è vicina, non fa differenza il nome che porta. Io vi offro la salvezza, con una morte umana…”
Yurt esplose in una risata malvagia che derideva Firion ed i suoi sforzi inutili e faceva cadere un velo funereo su chi ancora respirava dentro il Nexus. Continuò ad oltranza, dando fondo ai suoi polmoni e a tutto il fiato che contenevano. Firion non poté sopportarlo oltre e decise di finirlo: prese la testa tra le mani e la torse con uno scatto furioso, agghiacciante il suono delle ossa spezzate. Il corpo di Yurt ondeggiò alcuni attimi prima di cadere immobile, privo di vita. Echeggiando contro il pavimento, l’ultimo cadavere sanciva la fine della mattanza e riportava al silenzio. Solo un suono persisteva ancora: un pianto, un dolore incontenibile. Firion si girò e vide Claire in ginocchia singhiozzare mentre cullava la piccola forma di Serah, immota tra le sue braccia e con gli occhi chiusi. La stringeva forte al petto, poggiando le labbra sulla fronte fredda tra un singulto e l’altro. Una piccola sfera di luce si sollevò dal corpo: Claire la prese in mano e la portò al seno, dove sparì, accrescendo la sua afflizione.
Caddero i pensieri e caddero le parole. Firion si avvicinò lentamente tendendo le mani, l’angoscia cresceva ad ogni passo. Mise accidentalmente la punta del piede sulla pozza rossa che si estendeva dalla ragazza. La tolse immediatamente, non permettendosi di calpestarla. Giunto alle spalle di Claire, esitò un momento: si abbassò e la cinse tra le braccia, unendosi alla sua sofferenza. I sopravvissuti fecero un cerchio intorno a loro, chi ferito e chi non, tutti osservavano con mestizia ciò che era rimasto di loro. Solo altre lacrime, solo altro dolore.

Le ore successive passarono rapidamente per Claire, spese in uno stato di catalessi inerte alternata a brevi momenti di lucidità. Dopo la tragedia, i sopravvissuti, curatisi dalle ferite, dovettero a malincuore prendersi cura dei morti e dare loro l’estremo saluto. I corpi di Saggio Freke, Sant’Urbain e dell’Accolito, vennero seppelliti nel campo di esecuzione che precedeva il Castello di Boletaria, non prima che Firion prendesse in custodia le loro anime: fu una scelta sofferta, ma l’unica fattibile. Boldwin propose di gettare il corpo di Yurt nel fiume sottostante, e nessuno si sentì di dissentire. Per quanto riguardava Serah, Claire, distrutta e con voce rotta, fece la richiesta a Firion di aiutarla per tornare al suo villaggio: lì, avrebbe seppellito la sorella vicino alle tombe dei genitori. Firion accettò senza esitazione o ripensamenti, nonostante avrebbero dovuto attraversare la Nebbia e, possibilmente, anche i Demoni che conteneva. Avvolsero Serah in un telo e partirono al tramonto. Il viaggio li vide scendere il pendio dove era allogato il Castello, verso la capitale. Ne varcarono le porte, superando abitazioni abbandonate, incendi inestinguibili, macerie sconquassate e morti ovunque. Coperta l’intera estensione della città, s’immersero nella pianura che la precedeva, completamente avviluppata dalla Nebbia inesorabile. S’inoltrarono in quei fitti vapori malefici, ed il sole della sera divenne presto un ricordo lontano. Non fosse stato per il sentiero su cui marciavano, Firion e Claire avrebbero facilmente smarrito la strada per le campagne. La traversata richiese loro una dozzina buona di ore, passate senza soste a seguire il terreno spianato da carri e persone, ed illuminato solo dalle pietre luminose di Firion e dai deboli raggi lunari che trafiggevano la bruma. Continuarono finché Claire non riconobbe finalmente i segni della sua casa decrepita: erbacce alte, recinsioni di legno marcio, baracche che nella fitta Nebbia sfoggiavano portici abbattuti e malfermi. Nonostante il suo stato emotivo, Claire non poté fare a meno di avvertire, per un istante, un ironico stupore nel vedere che i Demoni, malgrado tutto il loro potere, non erano comunque riusciti a rendere il suo villaggio troppo più squallido di quel che era. Passarono il confine, controllarono che non ci fossero belve assetate di anime o uomini folli, e si ritrovarono nella via maestra del borgo. Quando il cielo sopra i banchi nebbiosi si rischiarò delle prime luci dell’alba, i due viaggiatori misero via le pietre e si lasciarono guidare dalla modesta luminosità del giorno nascente. Giunsero infine nei pressi del confine meridionale, dove la casa di Claire stava tristemente isolata dalle altre: dietro di essa, un alto albero rinsecchito e senza foglie. Claire si fermò per dei lunghi minuti a guardarla. Non aveva niente di speciale, se non che era stato suo padre a costruirla pezzo per pezzo. Ospitò la loro famiglia da quando i suoi genitori si erano sposati, aveva un aspetto curato benché comune. Da quando la casa passò nelle sue mani, si ripromise di tenerla sempre in ottimo stato in onore di suo padre, ma come spesso capita, i figli difficilmente riescono a mantenere il lavoro dei padri con la medesima cura, ed il casolare finì per fondersi perfettamente con il resto del villaggio. Soppresse i ricordi dolorosi, costeggiò la stamberga e si portò vicino all’albero sul retro, Firion con Serah dietro di lei. Ai piedi del tronco stavano due vecchie lapidi, delle incisioni un po’ sbiadite riportavano i nomi del padre e della madre. Claire si distanziò qualche passo da quelle e cominciò a scavare una fossa con la sua spada, in mancanza di una pala. Firion si propose di aiutarla, ma lei insistette che avrebbe dovuto farlo da sola. L’altro rispettò la decisione con riluttanza. Claire impiegò diverse ore per ottenere un risultato che la soddisfacesse, il sole era alto oltre il muro grigiastro attorno a loro quando finì. Sporca, sudata, stanca, e con le lacrime che le velavano gli occhi, Claire diede finalmente il permesso al Cacciatore di adagiare sua sorella nel terreno. Richiusero insieme la tomba e Firion, con un duro coltello che aveva con sé, incise il nome di Serah sotto quello della madre, sulla lapide accanto. Claire passò lo sguardo sulle persone che aveva perso: pianse sconfortata, sopraffatta da una nuova ondata di dolore. Senza aspettare il Cacciatore, usò il proprio Marchio per svanire nel nulla. Firion si trattenne alcuni attimi ancora, fissando i nomi sulla pietra come per figurarsi i volti dei genitori e di Serah ed un passato in cui potevano essere ancora felici. Poi si concentrò sul Nexus, ed anch’egli scomparve, sottraendosi a quelle ferite tristi.
Tornato tra le mura grigie del limbo divenuto sua dimora, Firion sentì dei passi veloci per le scale sopra di sé. Girò la testa per guardare, sebbene sapesse a chi appartenevano.
“Dice di voler stare da sola…”
L’Adoratrice si avvicinò con un sorriso sfigurato da crudeltà e violenza che velava a malapena le atrocità viste dai suoi occhi, la sua veste sporca di rosso secco lacerata sul braccio esposto.
“Come stai? Non dovresti sforzarti nelle tue condizioni…”
“Dopo il tuo intervento, mi sono ripresa completamente. Sono ben altre le ferite che richiedono medicazione…” sussurrò lei, indicando con un cenno Claire.
“Anche tu hai perso qualcuno…Mi dispiace per Urbain e tuo fratello.”
L’Adoratrice sogghignò amaramente, scuotendo la testa come ridendo ad un’idea stupida.
“Non eravamo fratelli, non siamo mai stati una famiglia. Non con uomini come Urbain a capo del nostro ordine. I nostri principi sono un falso, la nostra fede è un falso. Tutto questo tempo io ho voluto credere…Sembra che sia stata sciocca anche solo a pensarlo…”
Firion la fissò in silenzio con espressione vagamente amareggiata, mentre lei cadeva in pezzi e con occhi turgidi e voce tremante ammetteva di essersi fidata di una menzogna.
“Persino tra le bugie, gli uomini sono capaci di bene. Tu sei uno splendido esempio di umanità. Voglio che te ne renda conto” disse il Cacciatore posando la mano sulla sua spalla.
L’altra diede un sorriso triste e riconoscente. Lo lasciò per tornare al suo posto vicino Yuria, ai piedi della parete davanti il pilastro di Thomas e Boldwin, dove anche Ostrava sedeva silenziosamente. Sembravano tutti statue, assorti in una stasi innaturale e disarmante. Firion si avvicinò con passi gravi e pesanti. Solo quando fu sopra di loro, riuscì a tirarli fuori dai loro fitti pensieri. Ognuno lo guardò con occhi persi, stanchi, senza dire una parola. Firion restituì un viso freddo, privo di molto del calore che effondeva una volta.
“Io vi ho delusi tutti. Non sono riuscito a proteggervi, e queste sono state le conseguenze. Siete liberi di andare, se doveste pensare di non essere al sicuro qui. Chiunque abbia mandato Yurt, vuole disfarsi di me e di coloro con cui entro in contatto, anche se non posso carpirne la ragione. Ho intenzione di cercarlo: chiunque sia, conosce i miei movimenti, cosa che mi fa pensare che mi osservi da molto vicino. Se esco allo scoperto, sono sicuro che farà la sua mossa, e questa volta sarò pronto. Nel frattempo, andrò in cerca di altre provviste, che stanno scarseggiando. Yuria: non pretendo che tu rimanga, ma se intendi restare, devo chiederti di occuparti tu della nostra disponibilità di acqua. Saresti disposta a farlo?” concluse il Cacciatore, rivolgendosi alla strega. L’altra annuì senza pensare.
Firion diede un deciso cenno affermativo e passò lo sguardo su tutti loro.
“Allora è deciso.”
Si voltò e si mosse in direzione dei monoliti al centro del salone, ma la voce fragile di Thomas gli chiese di fermarsi.
“Aspetta solo un momento, Firion.”
 L’altro si limitò a dargli un’occhiata da oltre la sua spalla.
“Claire non viene con te?”
“Non è in condizioni di venire.”
Il tono distaccato del giovane sorprese il Collezionista a tal punto che, per un istante, si chiese se stesse parlando con la stessa persona.
“Forse dovresti stare con lei, invece di tornare fuori…”
Cadde il silenzio. Firion riportò lo sguardo davanti a sé, ignorando il consiglio dell’amico.
“Non ancora. Io non merito di starle accanto. Non ho il coraggio di guardarla negli occhi, dopo aver permesso che sua sorella morisse davanti ai miei.”
Thomas provò a dire qualcosa, ma non gli venne niente. Firion non aggiunse altro e se ne andò, nonostante fosse tornato da pochissimo, ancora più lontano di quanto già non fosse.

Passarono diversi giorni, tutti insipidi e spesi in preda ad una paralisi folle che scalfiva sempre più in profondità la mente ed i suoi pensieri. Se gli ultimi sopravvissuti del Nexus faticavano a tenersi sani nutrendosi ed interagendo tra loro, benché in modo minimo, Claire si negava anche quelli. Si era rintanata in una nicchia nel profondo dell’ala sinistra al primo piano, la testa perennemente nascosta tra le gambe abbracciate al petto. Non mangiava e non beveva, dormiva solo quando l’esaurimento aveva la meglio su di lei, e non parlava con nessuno. Thomas la visitava spesso, nonostante venisse sempre respinto dal suo silenzio, portandole cibo e acqua. Lei continuò a digiunare, ma accettava di bere dalla borraccia quando la sete diveniva insopportabile. Oltre quello, non faceva molto altro per tenersi viva. Qualche volta la visitava Firion, lui le stava vicino e la consolava. Riusciva ad essere così gentile con lei, persino con delle mani dure e ruvide come le sue, abituate ad uccidere. Le ripeteva che non era colpa sua, ma dei Demoni: lei ascoltava senza parlare. Se c’era qualcuno da odiare, sicuramente quei mostri meritavano tutto l’odio che le correva dentro. Purtroppo lui si tratteneva poco, tornava alla sua missione o qualcosa del genere. Claire continuò così, in una spirale sempre più vorticosa di apatia, finché non venne vinta dalla fame e cadde nel sonno. Per la prima volta in più tempo di quanto ricordasse, ebbe un sogno. Si ritrovò davanti la sua casa, avulsa dal suo villaggio, immersa nella luce di un sole splendido e nel verde di un erba soffice, mossa da un vento benevolo. L’albero dietro di essa sfoggiava fronde meravigliose, di quelle che non ebbe mai, tendendo orgogliosamente al cielo azzurro. Improvvisamente, l’uscio di casa si aprì, invitandola ad entrare. Lei, curiosa, varcò la porta e si ritrovò nel soggiorno, una stanza umilmente arredata, ma accogliente e calda come nessun altra. Lì, due figure l’aspettavano: erano suo padre e sua madre. Erano esattamente come li ricordava, il papà forte ed affascinante e la mamma bellissima ed amabile.
“Mamma! Papà! Siete qui con me!”
Corse da loro e li abbracciò allargando le braccia più che poteva. I genitori l’accolsero tra le loro ridendo, divertiti dall’ingenuità della figlia.
“Tesoro mio…” cominciò il padre.
“Lo siamo sempre stati…con te e tua sorella…” concluse la madre.
“Ora, anche lei ci aiuta a badare a te…”
La porta sul retro si spalancò, lasciando entrare altra luce ed il vento affettuoso. Oltre di essa, Serah guardava verso di lei, attendendola con pazienza ai piedi del grande albero.
“Serah!” chiamò Claire correndo da lei.
“Alla fine non ho saputo starti lontano…” disse l’altra mentre si abbracciavano.
“Mi dispiace! E’ tutta colpa mia. Io-”
“Smetti di mortificarti. Concentrati su cosa devi fare adesso. Continua a vivere.”
“Non voglio vivere una vita senza di te…”
“Claire…Io sarò sempre con te…”
Claire vide Serah ed i suoi genitori trasformarsi in sfere di luce che convogliarono nel suo petto. Li sentì permeare nel suo cuore, riscaldato dal loro amore. V’incrociò sopra le mani, chiudendo gli occhi ed ascoltando le loro voci.
“Noi veglieremo sempre su di te…veglia su Firion: lui ha solo i suoi Demoni a vegliare su di lui. Una grande oscurità attanaglia il suo cuore ed ottenebra la sua mente…Non abbandonarlo…”
La luce crebbe sempre più, finché Claire non si svegliò. Distesa sul pavimento, si chiese se quello che aveva appena vissuto fosse reale oppure no. Comunque, aveva capito che sua sorella era riuscita parlarle dal profondo della sua anima, e non aveva intenzione d’ignorarla. Si alzò e scese le scale, camminando debolmente dai suoi compagni. Li trovò tutti vicini e muti. Alzarono il capo vedendola arrivare, ma nessuno disse niente. Quando fu davanti a loro, Claire si fermò, evitando di guardarli troppo.
“Dov’è Firion?”
“Saranno passate ore da quando se ne è andato…” disse Ostrava, alzando le spalle.
Nessuno aggiunse altro, ed un silenzio goffo scese sulle loro teste.
“Ho un po’ di fame…” sussurrò Claire massaggiandosi il braccio.
La prima risposta fu una lenta esitazione. Poi Thomas, come svegliatosi di soprassalto, scattò in piedi verso il suo piccolo deposito, facendosi largo tra decine di casse e fagotti di stoffa.
“Ma certo! Attendi solo qualche attimo…”
Thomas tornò con un piccolo involto contenente grossi bocconi nutrienti e gustosi. Claire lo ringraziò e si sedette tra Yuria e l’Adoratrice, tentando di essere il meno invasiva possibile e consumando voracemente il suo pasto. Il suo sguardo si posò, come magnetizzato, sul pargolo che Yuria aveva con sé: non aveva mai smesso di prendersene cura, con la stessa intensità che avrebbe avuto Serah.
“Mi fa piacere rivederti tra noi…” disse la strega, azzardando un’occhiata nella sua direzione. Claire non reagì, fingendo di essere troppo impegnata a masticare.
Improvvisamente, il piccolo prese a vagire. Yuria lo cullò sperando che bastasse a calmarlo, ma non fu sufficiente.
“Io non capisco sempre cosa voglia. Non sono brava come lei, in queste cose…”
Claire deglutì il suo ultimo morso, contrariata dalla menzione, anche se indiretta, della sorella.
“Mi avrà visto mangiare. Forse ha fame…” tirò ad indovinare, scrollandosi via una risposta peggiore.
“In tal caso non posso fare niente. Ultimamente ho tentato, ma io non sono in grado si soddisfarlo…Potresti provare tu.”
“Non ne ho voglia.”
“Serah lo avrebbe fat-”
“Non parlare di lei. Non farlo.”
“Mi dispiace. Ma ho ragione, e lo sai.”
Yuria consegnò il bambino tra le braccia di Claire, che la guardò allibita. Si alzò, e la puntò con occhi severi.
“Non sei l’unica ad aver perso qualcuno. Mia madre, mia zia, e ora lei. Nel poco tempo che l’ho conosciuta, Serah è diventata l’amica che non ho mai avuto. Soffriamo tutti Claire, ma non possiamo fermarci, o il ricordo che abbiamo dei nostri cari si spegnerebbe con noi. Dobbiamo reagire ed andare avanti, anche per loro…”
Yuria si nascose dietro il pilastro per non tradire il suo cuore preso dalle palpitazioni, sottraendosi alla vista di Claire ed attirando l’attenzione di Ostrava. Anche l’Adoratrice la lasciò sola, sentendosi a disagio vicino la ragazza in lutto. Claire si ritrovò con il bambino ancora piangente a riflettere sulle parole di Yuria. Il piccolo la pregava di dargli attenzione; lei si sforzò di ignorarlo finché non cedette alla lamentela e fece del suo meglio per venire incontro alle sue esigenze. Impacciata ed imbarazzata, fece quel che andava fatto. Sussultò leggermente per il dolore.
“Certo che ti piace mordere, piccolino…”
Claire aspettò Firion pazientemente. Il Cacciatore si mostrò di nuovo solo numerose ore più tardi. Il debole entusiasmo che i pochi amici rimasti provarono nel rivederlo tornare, venne spazzato via dal sangue sulle vesti e sulle mani, dalla pelle cinerea e dalle vene nere pulsanti che correvano lungo il suo corpo. La vista atterrì tutti: era divenuto fin troppo chiaro quanto la corruzione si stesse impadronendo del loro eroe.
   
 
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