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Autore: erik3090    22/02/2016    1 recensioni
Sequel di Lonely Souls: Le streghe di New Orleans
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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 Appena arrivati a casa Tiffany si sedette sul divano a fissare il vuoto. Sulle mani era piena di graffi e ferite, anche serie. Cercai di pulire il sangue con un fazzoletto pulito per vedere meglio, con delicatezza per non farle male, ma lei era rimasta impassibile tutto il tempo.

Le disinfettai e fasciai le ferite, poi mi sedetti accanto a lei.

Fece un profondo respiro - Ho ucciso un'altra persona. Una ragazza innocente è morta per colpa mia. Ho tolto la vita a qualcuno... - sussurrò.

- Tu non avevi scelta. Avrebbe ucciso altri innocenti, tu non hai colpa, Tifa. - le accarezzai il braccio.

Cominciò a dondolarsi avanti e indietro - Io... Io ho ucciso un'altra persona... un'altra persona...- continuò senza guardarmi.

Era sotto shock, anch'io avevo subito questo tipo di trauma la prima volta e avevo reagito vagando per le strade del Quartiere Francese durante un tifone.

La presi per le spalle e la girai verso di me - È stata legittima difesa. Sai benissimo che nel nostro mondo le persone muoiono, o tu o loro. È così che funziona! - avvicinai la mia fronte alla sua e chiusi gli occhi - Ti prego, riprenditi. So che è dura, lo è per tutti noi, ma se non reagisci non ne verrai mai fuori. - mi staccai e riaprii gli occhi.

La sua espressione era cambiata, mi stava guardando - L'ho uccisa come ho ucciso Jaden, capisci? - aveva gli occhi lucidi. Mi abbracciò delicatamente come se stesse cercando qualcosa a cui aggrapparsi per non cadere.

Sospirai - Ti senti ancora in colpa per lui. -

- Io mi sento in colpa perché non sono abbastanza forte per proteggere le persone. Vorrei avere questa capacità, vorrei essere più forte. - abbassò lo sguardo.

La baciai sulla fronte - Sei già forte di tuo, devi solo fare esperienza. -

Mi fece si con la testa, poi appoggiò il la testa sul mio seno in silenzio. Guardai verso la cucina, Jolene e Francis si erano seduti sugli sgabelli dell'isola in rigoroso silenzio. Erano visibilmente preoccupati quindi feci un cenno di “va tutto bene” anche se non era così.

Andammo tutti a letto, eravamo tutti stanchi, avevamo salvato una ragazza e la sua guardia del corpo da dei pupazzi ambulanti fatti interamente d'acqua e controllati a distanza da un soggetto ignoto, e avevamo ucciso l'ennesima strega impazzita da degli esperimenti condotti dai Crociati.

Il mattino dopo quando mi svegliai provai a toccare Tiffany, volevo sapere come si sentiva dopo una dormita, ma non ci riuscii. Mi girai e vidi che non c'era nessuno a letto con me, le lenzuola erano calde quindi era lì fino a poco tempo prima.

Mi alzai e mi vestii con una maglietta bianca con maniche lunghe nere con motivi a fiori rosa e un paio di jeans con strappi all'altezza delle cosce.

Uscii dalla camera e feci colazione con Francis che sembrava turbato - Che hai? -

Lui prese una tazza di caffè - Niente... sono solo preoccupato per Tiffany. È uscita mezzora fa senza dire una parola, non è da lei... - mi rispose sospirando.

- Forse ha bisogno di spazio dopo quello che è successo ieri sera. - provai a rassicurarlo.

Lui posò la tazza sul ripiano in marmo bianco e nero dell'isola - Ho avuto anch'io quel momento, Evaline, e ti assicuro che avere spazio non serve a niente. Quando togli la vita a qualcuno per la prima volta è come se anche una parte di te sparisse per sempre. Devi solo accettarlo, e devi farlo da solo. -

Sospirai, anch'io avevo affrontato questa prova del fuoco, e nella maniera più brutale - Hai ragione! -

- Già... - sospirò - Ma senti, devo davvero frequentare quel posto? È una rottura di palle. - continuò guardandomi con occhioni da gatto.

Sapevo che si stava riferendo al liceo - Sì devi! Credimi, lo so. - gli appoggiai la mano sulla spalla - Prendila come un allenamento sul mantenere il controllo. Male certo non ti fa. - lo presi in giro. Lui di risposta mi mostro il dito medio.

- Ti voglio bene anch'io! - gli feci l'occhiolino.

In quel momento uscì dal bagno Jolene vestita con camicetta nera semitrasparente, una minigonna nera con strisce di pelle bianche, e stivaletti neri. Non portava nessun tipo di reggiseno quindi le si intravedeva il seno capezzoli compresi.

Francis rimase imbambolato, io invece ero un misto tra ammirazione per il coraggio di uscire in quel modo e gelosia paterna per lo stesso motivo - Ma che...? - esclamai.

Jolene fece un giro su se stessa facendo svolazzare le strisce di pelle della minigonna e i suoi capelli biondi perfettamente lisci - Come sto? -

- Molto bene, davvero, se vuoi andare a battere per le strade! - cercai di essere il più diretto possibile.

Lei strabuzzò gli occhi - Che c'è che non va? -

- Non lo so, forse il fatto che hai le tette in bella vista? - ribattei.

- Ma le ragazze della mia età si vestono tutte così. Anche tu lo fai molte volte. - controbatté lei.

- Tu non sei della loro età, hai un anno in meno, Jolene. E io ho ventuno anni per la miseria. Tu sei ancora una ragazzina. - continuai.

- Ma loro... - provò a dire.

- Non mi interessa, va subito a metterti qualcosa sotto la camicia! - le ordinai.

Lei alzò le mani e con una delle sue solite facce da schiaffi se ne tornò in camera per cambiarsi. Quando tornò indietro si era messa un reggiseno nero, ma la scollatura era appariscente, aveva evidentemente slacciato un bottone in più per dispetto nei miei confronti “Meglio di prima, comunque!” pensai.

- Posso andare ora? - mi chiese lei con strafottenza.

- Sì! - le sorrisi, anche se avevo una gran voglia di strozzarla mentre mi passava accanto per uscire di casa.

Notai Francis con la mano alzata - Che c'è? -

- Secondo me non era poi così scandalosa. - fece con uno strano sorrisetto sulle labbra.

Lo guardai male - Vattene a scuola. Subito! -

Francis prese lo zaino e a passo svelto mi passò accanto, io con uno scatto gli diedi uno scappellotto seguito da un suo “Ahia!” - Sai già il perché. - gli dissi con tono da rimprovero.

Uscirono entrambi di corsa e la casa rimase vuota, mi chiesi dove potesse essere andata Tiffany, e come avremmo dovuto procedere con la faccenda della bambina di undici anni. Mi affacciai in terrazzo e vidi quasi subito una folla di gente in mezzo alla strada proprio dove c'era stato lo scontro la sera prima. Mi concentrai per percepire la presenza di streghe e ne individuai una, sapevo già chi era.

Mi preparai e scesi di corsa in strada, arrivato vicino al gruppo di persone mi feci largo fino ad arrivare alla strega che avevo percepito. Era imbambolata davanti al nastro giallo che avevano applicato gli agenti di polizia per delimitare la scena del crimine, indossava ancora la camicetta da letto che usava sempre un paio di pantaloni e delle scarpe da ginnastica. Le presi la mano fasciata in silenzio, lei appoggiò la testa sulla mia spalla e restammo lì a guardare.

Dopo alcuni minuti Tiffany con voce rauca - Grazie! -

- Prego - sospirai.

Fece una lunga pausa - Che intendi fare con la bambina di ieri sera? Non possiamo di certo nasconderla per sempre. - aveva la voce bassa e affaticata.

- Dobbiamo trovare informazioni sul Gran Circolo per verificare la teoria di Emris e sulla ragazzina in generale, e con quelle elaborare un piano, qualcosa di concreto che non ci faccia ammazzare. Prima però torniamo a casa, troppa gente ci sta guardando in modo strano. - le risposi guardandomi attorno con la coda degli occhi.

- Sei gelosa? - mi fece lei.

- Sì! - lo dissi senza esitare, era quello che provavo.

Lei mi strinse dolcemente il braccio e intrecciò le dita della sua mano con la mia. Appoggiai la guancia sul suo capo e la coccolai.

La gente attorno a noi ci guardò male, a New Orleans molti non vedono di buon occhio le coppie gay, come nella maggior parte degli Stati Uniti.

Dopo alcuni minuti tornammo a casa, Tiffany andò a cambiarsi mentre io chiamai Mei al telefono.

- Ciao vecchietto, come va? - lo salutai.

- Ragazzina mostra un po' di rispetto per un anziano. - mi rispose lui.

Mi buttai sul divano - Sì, sì, va bene. Senti, cosa mi sai dire sul Gran Circolo? -

Ci fu un lungo silenzio, per un attimo pensai avesse attaccato invece era solo rimasto in silenzio - Sono persone pericolose quelle... non devi averci a che fare in nessun modo e per nessun motivo. - mi fece.

- Credo sia un po' troppo tardi per quello. Ieri ho salvato un tizio strano e una ragazzina di undici anni che secondo un certo “oracolo” dovrebbe essere una Matriarca. L'uomo ci ha riferito che molto probabilmente il mandante dell'attacco fa parte del Gran Circolo. Sinceramente odio le teorie complottistiche ma... - gli spiegai cercando di non far trapelare la preoccupazione.

Mei mi interruppe - Ma cazzo, non riuscite mai a stare lontani dai guai voi? Va bene, oggi pomeriggio venite da me, vi spiegherò tutto quello che so. -

- D'accordo. Grazie, sei il mio vecchietto preferito! - ammiccai.

- Piantala cretina, e porta rispetto ti ho detto! - mi urlò, poi riattaccò bruscamente. Avevo intuito che fosse preoccupato per quello che gli avevo raccontato, speravo solo di avergli strappato un sorriso con quell'ultima frase.

Il Gran Circolo è pieno di persone pericolose, sai che novità?” pensai.

Infatti, sei mesi fa abbiamo affrontato la morte più volte di chiunque altro, eppure siamo qui!” mi disse Evaline “Però... qualcosa non quadra.” ragionò.

E cosa?” chiesi stremato dalla situazione e dal troppo ragionare.

Capisco la paura di ritrovarsi una Matriarca sociopatica come capo o destabilizzare il potere che hanno, ma arrivare ad uccidere una bambina e chiunque le stia attorno? Mi sembra eccessivo perfino per una strega, Era a parte ovviamente.” spiegò lei.

Forse si tratta di una strega con analoghi problemi mentali.” le risposi.

Forse...” sospirò.

È inutile pensarci adesso, non abbiamo elementi per trarre le conclusioni quindi stiamo calmi e cerchiamo di trovare più elementi possibili.” cercai di tirarle su il morale.

Evaline prese un profondo respiro “Va bene, aspettiamo e vediamo.” sorrise “Comunque sei proprio bravo a fare la mamma di casa.” mi prese in giro per alleviare la tensione.

Grazie, non è semplice e lo sai!” le risposi.

Sì, lo so!” rise lei. Riuscivo a sentire le sue emozioni e i suoi sentimenti, e lei faceva altrettanto con me, anzi lei sentiva molto di più.

Tiffany tornò in sala con addosso una camicia a quadri bianca e nera, i pantaloni erano gli stessi che aveva usato per uscire e le sue solite scarpe da ginnastica.

Lei si appoggiò con i gomiti sullo schienale del divano facendo involontariamente intravvedere la scollatura - Che ha detto il vecchietto? - mi fece.

Per un istante le fissai il decolté - Non mi ha detto molto. - mi ripresi e continuai - Ha detto che il Gran Circolo è pieno di gente pericolosa. Credo sia perfino preoccupato, ci ha detto di andare da lui nel pomeriggio. - le spiegai.

Tiffany strabuzzò gli occhi - Il vecchietto preoccupato per noi, questo si che è un evento. - guardò l'orologio a pendolo che avevamo in sala - Manca un bel po' al pomeriggio... facciamo qualcosa assieme nel frattempo, ti va? - mi fece gli occhi dolci.

- Per quanto immensamente io lo desideri, non farò sesso con te mentre sei in queste condizioni. - cercai di rimproverarla, anche se non avevo il tono adatto e mi venne fuori una specie di stridio senza alcun carisma.

Tiffany si avvicinò al mio viso - E chi ha mai parlato di sesso! - aveva un sorriso malvagio sul volto.

Allungò la mano in cerca di qualcosa in mezzo ai cuscini senza mai staccarmi gli occhi di dosso. Quando trovò quello che cercava si alzò e si diresse verso lo stereo bianco e lo accese, l'oggetto che aveva in mano era il telecomando per cercare le canzoni dalla chiavetta usb, ne selezionò una, alzò il volume al massimo e si girò verso di me, con il dito mi fece segno di andare da lei.

Io risposi scrollando la testa, da sempre mi imbarazzava ballare con qualcuno, per il semplice fatto che non sapevo ballare. Lei tornò da me e usò un po' di forza per tirarmi fino davanti lo stereo, poi cominciò a muovere le anche e le spalle, sorrideva cercando di convincermi.

Mi avvicinai a lei per parlarle all'orecchio - Mi vergogno, non so ballare. Non l'ho mai fatto prima, scusa. - le spiegai con lo sguardo dispiaciuto.

Feci per andarmene ma lei mi trattenne stringendomi la mano e guardandomi negli occhi - Non me ne frega niente se non sai ballare, quello che voglio è lasciarmi andare con la donna che amo! - poi mi prese con entrambe le mani sui fianchi e cominciò a farmi dondolare - Visto non è così difficile. - mi sorrise - Adesso chiudi gli occhi e lasciati andare, fidati! - lo sguardo che aveva era di supplica, capii che era quello di cui lei aveva bisogno.

Mi allontanai un pochino e feci come aveva detto. Lasciai andare tutti i pensieri e le preoccupazioni e continuai a dondolare e a muovermi a ritmo di musica, non sapevo se stessi solo saltellando e muovendo le braccia come un cretino o stessi effettivamente ballando, ma sapevo che non mi imbarazzava più come una volta.

Riaprì gli occhi continuando a muovermi senza pensare, vidi Tiffany che si muoveva in modo molto sensuale. Mi avvicinai, volevo solo starle più vicino e continuare a ballare con lei. Tiffany mi mise un braccio attorno alla vita, io invece mi accarezzai i capelli e continuammo a muoverci.

Mi accorsi presto che mi sentivo bene, e che avevo sempre desiderato poter fare quelle movenze femminili e sensuali senza sembrare strano.

Tiffany mi baciò, un bacio lungo e che mi fece ansimare, io le misi delicatamente la mano sulla guancia e la ricambiai.

Quando le nostre labbra si staccarono avevo il fiatone - Per cos'era questo? - le chiesi a voce alta così che potesse sentirmi.

- Nulla in particolare, eri così sexy che non ho resistito. - aveva lo sguardo completamente perso, sapevo che ne voleva ancora.

- Allora perché ti sei fermata? - lo volevo anch'io, lo capivo dal cuore che mi batteva all'impazzata nel petto e dalla voglia matta di starle attaccato.

Lei sorrise e mi spinse sul divano, si mise a cavalcioni sopra di me e con tutta la delicatezza del mondo mi baciò, le lingue vorticarono nelle nostre bocche. Ci toccammo e coccolammo per tutto il tempo. Non ci fermammo nemmeno per un secondo, eravamo insaziabili l'uno per l'altra. Non ci fu sesso, solo lunghi baci e molte coccole, e mi piaceva, mi piaceva da morire. Ogni bacio, ogni gesto, ogni carezza era una nuova scoperta per entrambe.

Con uno sforzo considerevole cercai di riprendere il contatto con la realtà e notai che lo stereo era spento e lo guardai cercandone la causa. Davanti a me però vidi due figure familiari che ci fissavano in silenzio.

- Siete due sozzone! - ci ammonì Jolene.

- Lasciale in pace, scema. - protestò Francis.

- E perché? Stanno facendo petting in salotto! Sul divano! - ribatté Jolene mentre Tiffany non la smetteva di baciarmi sul viso, cosa che non mi dispiaceva affatto.

- Hanno avuto quasi un anno a dir poco tremendo, non hanno mai avuto più di un momento di pace. È normale che vogliano rilassarsi e stare insieme. - spiegò lui alzando un po' la voce.

Lei lo guardò male - E da quando saresti diventato un esperto in rapporti di coppia? Oh, aspetta, forse ho capito. Da quando cerchi di far colpo su quella zoccola dell'aula di scienze. -

- Non è zoccola. È carina, simpatica e intelligente. Tutto il contrario di te! - ribatté lui.

Lei fece per andarsene indispettita ma si fermò - Quella stronza non sa nemmeno la differenza tra bicarbonato di sodio e acido solforico, cazzo. Quella vuole solo fare la gatta morta con il nuovo atleta di turno, apri un po' gli occhi, cristo santo! - urlò infine, rimase con il fiatone a fissare la faccia attonita di Francis poi si girò e si chiuse in camera sua.

La sfuriata di Jolene fece riprendere il controllo a Tiffany che si guardò attorno stranita.

- Io... io vado a pranzare al pub qui sotto. Se avete bisogno sapete dove trovarmi. - e con lo sguardo fisso nel vuoto cominciò ad avviarsi.

- Ma che succede? - mi chiese Tiffany.

- Niente, il viaggio in paradiso è appena finito. Dobbiamo tornare a fare le madri. - le risposi scocciato.

Mi alzai e raggiunsi Francis - Ehi, capisco che ti senta preso in causa, ma mi puoi fare un piccolo piacere? - gli chiesi cercando di mantenere un tono comprensivo.

- Che piacere? - mi chiese con tono scocciato.

- Non bere alcolici. Alle tre di questo pomeriggio dobbiamo andare da Mei, okay? - gli misi una mano sulla spalla. Sapevo come ragionavano i baristi del Quartiere Francese: hai un problema? Bevi alla salute e passa tutto.

- Sei buffa con tutti quei succhiotti sul collo, i capelli arruffati, e le orecchie arrossate a farmi la predica, ma va bene farò come mi hai chiesto. - mi rispose lui quasi senza voglia di far nulla.

Misi le mani come per pregare - Grazie! - gli dissi, quella era un suo tentativo di fare la classica battuta retorica anche se gli era venuta molto male.

Avvertii anche Jolene che mi rispose con un seccato “Sì.” da dietro la porta della sua stanza. Alle tre del pomeriggio come promesso entrambi si presentarono, Francis non era ubriaco e Jolene aveva la tenuta da arciere che le piaceva portare, una giacca con cappuccio verde, pantaloni comodi e stivali neri neri, parabracci, parastinchi, arco compound e faretra piena di frecce. Francis invece aveva solo le sue kilij con i rispettivi foderi dietro la schiena e un paio di parabracci neri vagamente famigliari, per il resto vestito normalmente.

Il loro atteggiamento l'uno verso l'altra non era cambiato, ma almeno erano costretti a stare assieme e a cooperare.

Avvertii Kaileena dei nostri movimenti, di risposta mi disse che sarebbe venuta anche lei più tardi, forse era stanca di fare da balia. E comunque anche se Emris e Thessa scappavano non avevano altri posti sicuri in città quindi non sarebbe stata per niente una buona mossa muoversi dal rifugio.

Salimmo in macchina e ci dirigemmo verso la Chinatown di New Orleans. Una volta arrivati in zona ci accorgemmo che le cose per le strade stavano migliorando, nessuna faida tra bande, i locali erano aperti e la gente camminava serenamente per le vie principali.

Arrivammo alla sede della congrega con a capo Mei, un edificio alto sei piani in stile tardo ottocentesco. Parcheggiammo l'auto ed entrammo, gli interni erano sfarzosi e datati ma tenuti in perfette condizioni, legno scuro ovunque anche sulla base delle colonne portanti, poltrone con cuscini a righe bianchi e blu, e un bancone in legno pregiato sul lato opposto.

Ci avvicinammo alle scale - Eccovi qui, sbarbatelli! - fece una voce arrogante da sopra le nostre teste.

Guardammo il alto e da sopra la ringhiera in ferro del secondo piano trovammo un vecchio di nazionalità cinese e dal palese sguardo strabico - Vecchietto, era da un po' che non ci si vedeva! - gli risposi con un sorriso.

Mei fece il giro e cominciò a scendere le scale - Sei mesi, non è poi così tanto. -

- Vero, soprattutto se abbiamo una balia a tenerci d'occhio! - controbattei.

- Mia nipote è uno spirito libero, dovreste averlo capito ormai, non è semplice avere a che fare con lei. Infatti non mi informa dei vostri affari da tre mesi ormai, come sta? - mi chiese con un tono grave ma con una punta di orgoglio.

- Fa la babysitter ai nostri nuovi amici. - gli risposi con un sorrisetto malefico.

- Non cambierai mai, ragazzina. - sbuffò - Il tono con cui hai detto “amici” mi fa supporre che non ti fidi di loro. Questo è bene, venite di sopra, parliamo in privato. - e risalì le scale.

Lo seguimmo in silenzio, arrivammo all'ultimo piano per poi inoltrarci per i corridoi decorati in stile ottocentesco fino ad arrvare a una porta marrone scuro. Mei la aprì rivelando una suite reale che fungeva da studio, da appartamento e da camera. L'arredamento era in pendant con il resto dell'edificio, la scrivania era in legno massello come le poltrone e gli scaffali ornati appoggiati ai muri. Due porte ai due lati dell'ufficio portavano una alla camera e l'altra al bagno.

- Ti tratti bene, vecchietto! - sbottò Jolene.

- Sì. Accomodatevi. E tu non toccare nulla, bambina. >> la rimproverò lui.

Jolene mi fece una faccia da “ma che ho fatto?” e io gli risposi facendogli spallucce.

- Scusaci per essere venuti qui armati. - fece Francis, forse non sapeva come presentarsi o forse era solo intimidito da Mei.

Mei fece un segno accondiscendente e lo guardò - Tu devi essere l'Hashashin che si è ribellato a Era, alquanto strano visto che il tuo tipo di streghe è fedele al loro padrone fino alla morte! - lo scrutò intensamente.

- Io non ho padroni, avevo una famiglia ed Era me l'ha strappata via pezzo dopo pezzo. - guardò per un istante Jolene - E non sono l'unico... Ora ho un'altra famiglia, e farò qualunque cosa per proteggerla! - fissò Me con altrettanta intensità.

- Spero davvero che tu sia sincero ragazzo, perché queste tre avranno bisogno di te e delle tue capacità più che mai. - era serio, molto serio.

- Sissignore! - rispose Francis con fermezza. Mi stupì la risolutezza di Francis, non credevo tenesse così tanto a noi.

Dopo qualche secondo Tiffany sospirò – Allora, veniamo al sodo, quanto siamo nella merda? -

Mei la guardò per un istante - Fino agli occhi. Se il Gran Circolo viene a sapere che voi siete coinvolti in tutto questo casino, verrete braccate come animali. Ogni congrega, ogni gruppo anche se piccolo, verrà a cercarvi per sapere dove si trova la nuova Matriarca. E se un gruppo ottiene una Matriarca diventa automaticamente il padrone di New Orleans. - spiegò lui

- Ma non è già il Concilio il padrone di New Orleans? - chiese Tiffany.

Mei sospirò - Purtroppo e per fortuna, no! Il Gran Circolo è formato da tredici sacerdoti e sacerdotesse, ed ognuna rappresenta una delle grandi congreghe della città. Ma tutte loro vogliono la supremazia sulle altre e sapete che significa questo vero? - chiese infine con tono cupo.

- Che ora c'è un periodo di relativa pace solo perché le forze in campo si equivalgono. - risposi con altrettanta apprensione. Mei sorrise come per approvare il mio ragionamento.

- Aspetta, se siamo in pace perché dovrebbe essere un problema? Che se la sbrighino tra di loro, no? - Jolene era confusa e non le davo torto, anch'io facevo fatica a collegare i vari pezzi.

Ragionai per trovare le parole giuste e spiegargli la situazione - Ti ricordi il discorso che ho fatto sul Gran Circolo e l'eventuale entrata in capo di una Matriarca? - lei fece sì con la testa - Bene, la stessa cosa vale per questa situazione, solo che non sarà più un semplice ed innocuo gioco politico, ma letteralmente un deathmach a squadre dove vincerà chi resta vivo per ultimo. - le spiegai in soldoni.

Lei fece mezzo sorriso incredula - Ma se “le squadre” sono le tredici congreghe più forti, raderanno al suolo l'intera New Orleans e migliaia di innocenti rimarranno coinvolti negli scontri... sarà un massacro. - aveva la mano sulla bocca e la voce tremante.

- Esatto. - risposi senza mezzi termini.

Jolene appoggiò la schiena sullo schienale della sedia, fece un sospiro pesante. Si stava immaginando la scena: morti ovunque, gli edifici in fiamme, l'intervento dell'esercito e chissà cos'altro. La capivo anche se in parte, non ho mai assistito al massacro vero e proprio, lotte per il potere e per la supremazia molte, ma una guerra in piena regola mai.

- Quindi, cosa facciamo adesso? - Tiffany era visibilmente preoccupata.

- La cosa migliore sarebbe quella di far uscire dalla città la Matriarca senza farsi scoprire. - ragionò Mei.

Lo guardai male - Davvero? E come pensi di passare inosservato a New Orleans? Il Quartiere è perfetto per sparire. Ma se qualcuno per qualche motivo aprisse bocca il Gran Circolo scoprirebbe subito dove si trova e a quel punto sarebbe la fine. - spiegai con una leggera foga nella voce.

- Che intendi fare dunque? - lui alzò le braccia esasperato.

Ragionai, se fossi riuscito a capire l'atteggiamento degli esponenti del Concilio sarei riuscito a creare un piano abbastanza sicuro per far scappare Thessa - Voglio incontrare questi tizi. Voglio capire come sono e chi sono. - decretai.

Mei scoppiò in una risata aspra - Credi davvero di poterli incontrare senza invito, o senza rischiare di morire? -

Sorrisi - Certo, basterà convincere uno di loro a portarmi con lui o lei, con le buone o con le cattive. - lo fissai, speravo potesse indicarmi almeno una di quelle streghe.

Mei rimase in silenzio a fissarmi, Tiffany non batté ciglio, Jolene era ancora sconvolta dal probabile esito quella faccenda, e Francis non fiatò. Il silenzio nella sala era tale che si riusciva a sentire il personale lavorare per tutto il piano.

- Non ho altra scelta, ti ci porterò io! - dichiarò poco convinto.

Strabuzzai gli occhi - Tu? Ma come... - e mi fermai, guardai gli altri per un istante anche loro erano rimasti di sasso, alla fine capii.

- Faccio parte del Gran Circolo, e guarda caso fra poche ore si terrà una riunione. - aveva la voce grave, non gli piaceva per niente quel piano.

Incrociai le braccia e lo guardai “Questa mi è nuova. Però pensandoci bene non mi stupisce più di tanto.”

Le espressioni degli altri erano un misto tra rabbia, preoccupazione e incredulità. Un po' li capivo, provavo anch'io quelle emozioni, ma capivo anche la situazione di Mei: la sua congrega ricostituita, i problemi nel gestire molte persone, e i vari nemici che potrebbero invadere il loro territorio.

- Volevi tenerci nascosto questo piccolo dettaglio, vero? - lo accusò Tiffany.

- Sì, perché volevo evitare questo vostro atteggiamento nei miei confronti. - Tiffany sbuffò contraria, ma lui continuò - Ho agito in questa maniera solo per il benessere della mia congrega e non devo dare altre giustificazioni a voi. - rimbeccò lui.

Ci ammutolimmo. Quello che aveva detto era vero, lui faceva tutto per il bene della sua congrega, non della nostra. Il fatto che ci aiutasse era solo un modo gentile di dimostrarci gratitudine per ciò che avevamo fatto per lui mesi prima.

- A nome di tutti, mi dispiace. - gli dissi con un leggero inchino della testa.

Mei sospirò - Non importa, è anche colpa mia. Dovevo informarvi della situazione invece di tenervi all'oscuro. -

Sorrisi - Altre cose da riferirci? - era meglio se sputava tutto e subito piuttosto che tenerci nascosti altri dettagli.

- Purtroppo non ho altro da aggiungere. Trovare informazioni attendibili sulle altre congreghe è pressoché impossibile. Molte voci di corridoio a nulla di più. - spiegò - Ho anche saputo che avete incontrato guai ieri sera e che siete state costrette a combattere davanti a moltissimi testimoni. Cos'è successo esattamente? -

Guardai Tiffany e lei guardò me preoccupata - Ecco, noi stavamo... - provai a dire ma fui interrotta da Tiffany.

- Una strega ha perso il controllo sulla Bourbon, è andata fuori di testa, e ha ucciso molte persone. Sono intervenuta e l'ho uccisa prima che facesse del male ad altra gente. - il suo sguardo era rivolto verso il basso.

Mei si picchiettò il mento riflettendo - Una strega che perde il controllo, in piena vista e per di più in un luogo affollato. Sembra che qualcuno voglia attirare l'attenzione più del dovuto. -

- La ragazza, in un momento di lucidità ha detto che le persone che le hanno fatto perdere le facoltà mentali erano persone senza anima ma avevano solo la loro fede. Potrebbero essere i Crociati? - chiese Tiffany timorosa.

- Non è nel loro stile, ma potrebbero aver cambiato i piani. In ogni caso anche questa è una minaccia bella grossa da non sottovalutare. - spiegò il vecchio sempre più incupito.

Tiffany fece un profondo respiro – D'accordo! Ho bisogno di allenarmi e di diventare più forte quindi, mi puoi aiutare? - il suo sguardo era quello di supplica.

- Certo, puoi allenarti con i nostri migliori maestri di arti marziali. Anche se per inciso, non penso tu possa migliorare di molto. - rispose lui.

- Non mi interessa. Diventerò più forte ad ogni costo! - urlò con tutta la voga che aveva.

- Va bene... - Mei si alzò e fece per uscire - Venite vi accompagno in palestra. -

Tutti noi lo seguimmo e dopo essere tornati al piano terra, girammo a destra delle scale, dopo aver attraversato una grande porta ci ritrovammo davanti una palestra attrezzata di tutto punto. Alcune decine di uomini e donne si stavano allenando, Mei ne chiamò uno e chiese di allenare Tiffany.

Lei per tutta risposta diede da subito il massimo e riuscì a battere facilmente il primo maestro. In pochissimo tempo tutti nella palestra volevano combattere con Tiffany che non si tirò indietro.

Riuscì a battere tutti gli avversari minori ma quando fu il turno delle Streghe Combattenti di Mei, due uomini e due donne dall'aspetto molto forte, la situazione cambiò drasticamente. Tiffany sembrava in difficoltà, non riusciva a tenere testa a quattro di loro e finì al tappeto in poco tempo.

Nella sala si sparse una risata sarcastica e tutti ritornarono ai loro allenamenti. Poco dopo però Tiffany tornò alla carica sfidando i quattro che l'avevano sconfitta. Non ci fu nulla da fare, perse anche quella volta. Il suo sguardo era pieno di paura e sembrava lontana con la testa, ma continuò a sfidarli ancora e ancora ma veniva sconfitta ogni volta. Per un istante sembrava stesse per piangere ma non feci nulla per consolarla, perché non c'era nulla che potessi fare in quel momento che potesse funzionare.

Passammo così il pomeriggio guardando i fallimenti di Tiffany finché non arrivò il momento della riunione del Gran Circolo. Il piano prevedeva di andare da solo assieme a Mei e che gli altri rimanessero alla base del vecchietto finché non fossimo tornati. Il problema era che dovevamo andare disarmati, per me significava essere praticamente quasi senza difese.

Prendemmo una limousine, Mei mi diede un mantello nero con cappuccio molto largo da indossare.

- Scherzi vero? Io non mi metto questo coso! - sbottai.

- È la regola, serve per mantenere l'anonimato. Fidati. - mi sorrise lui.

Riluttante indossai il mantello e mi infilai il cappuccio che mi cadeva abbondantemente sul viso, notai la fattura del cappuccio, risultava più larga e quindi si riusciva a vedere perfettamente all'esterno.

Dopo un po' la macchina si fermò, uscimmo e subito mi accorsi di essere davanti al cimitero, il ritrovo del Gran Circolo era uno dei tanti cimiteri di New Orleans.


 

  
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