Ares Chronicles – Destini Spezzati
Arethas
avvertì uno strappo allo stomaco ed ebbe come la sensazione di sorvolare
l’intera Grecia in meno di tre secondi. Subito dopo fu lasciato precipitare
malamente al suolo. Era pietra ruvida quella sulla quale era caduto, e quando
il trauma per quel brusco viaggio dimensionale fu in parte assorbito il ragazzo
si mise a sedere per cercare di capire dove mai fosse finito. Scoprì con
sorpresa di non essere solo: attorno al lui si trovavano altri ragazzi più o
meno della sua età, che a loro volta si guardavano attorno senza capire cosa
fosse quel luogo. Si trovavano in una sala circolare come di un vecchio tempio,
l’aria all’interno era fredda e l’illuminazione stentata di alcune torce era
insufficiente per capire di più. I bagliori in continuo movimento delle fiamme
danzavano sulla roccia spoglia riflettendosi su quei visi increduli.
Era
ben intuibile il timore che aveva man mano contagiato persino i più spavaldi,
rendendo ciascuno dei ragazzi una maschera atterrita da un terrore non
specificato. Quello non presagiva nulla di buono: Arethas era sempre stato
abile nel fiutare un pericolo, e quella situazione gli urlava di trovare al più
presto una via di fuga.
“Codardo,
sei solo un codardo” – non c’era via di fuga, quello era evidente. E qualcosa
gli diceva che non gli si sarebbe prestata alcuna occasione per fuggire in
futuro. Dunque avrebbe dovuto affrontare ciò che lo attendeva, avrebbe dovuto
per la prima volta fare affidamento unicamente sulle sue scarse forze e
l’istinto di sopravvivenza.
Odiava
ammetterlo, ma avrebbe giurato di essere il più spaventato nella sala: si
sentiva debole, esposto e il suo unico desiderio era filarsela da quel posto e
ritornare a casa. Un pensiero, tuttavia, gli era di conforto: in quel momento
al suo posto avrebbe potuto esserci Sosthenes. Chissà da quali insidie lo aveva
salvato scambiandosi per lui. Sì, doveva essere fiero di quel suo gesto,
continuò a ripetersi per darsi coraggio, fino a quando i suoi pensieri non
vennero interrotti.
-In piedi!-
Una
voce aspra risuonò tra le pareti della sala. All’unisono decine di teste si
voltarono nella direzione dalla quale era provenuta: un uomo stava in piedi
davanti ad una porta aperta che nessuno aveva notato; la sua figura era per
metà inghiottita nell’ombra, le fiamme illuminavano solo l’orlo di una tunica
color porpora.
-Non
avete sentito? Seguitemi, subito-
I
ragazzi si guardarono come a cercare aiuto, come a scovare il ribelle che
avrebbe preteso la libertà opponendosi al carceriere. Ma nessuno osò protestare.
Senza neanche fiatare tutti si alzarono incamminandosi nella direzione in cui
l’uomo era sparito. Percorsero stretti corridoi illuminati a intervalli
regolari da alcune torce fissate alle pareti. Le fiamme erano smosse a tratti
da spifferi di aria fredda, segno che, in qualche modo, doveva essere stato
costruito qualche impianto di areazione. Le mura erano corrose dall’azione di
quell’aria e dall’acqua che filtrava da alcuni anfratti sulla roccia dando vita
a piccole pozze o rigagnoli.
Infine
entrarono in un’ampia sala circolare, il tetto era sorretto da antiche colonne
in stile dorico. In cima ad alcuni scalini sui quali si trovava una sorta di
palco rialzato era in piedi l’uomo che li aveva portati fin lì. Sembrava
anziano, aveva lunghi capelli grigi che sembravano fatti di fil di ferro e
occhi scuri come braci. Impugnava una sorta di scettro alla cui estremità
inferiore era incastonata la punta senza dubbio affilata di una lancia da
guerra; l’asta era imbrattata da macchie scure, era facile indovinare che
quella verga non servisse solo come oggetto di arredamento. Doveva aver colpito
almeno una volta, e nessuno si era curato di ripulirla dal sangue.
Arethas
sgomitò tra la folla per cercare di avvicinarsi in modo da avere una visuale
migliore.
-Scusa-
chiese ad un ragazzo accanto a lui –tu sai cosa…?-
-Silenzio!-
La
voce dell’uomo risuonò tra le pareti di pietra. I suoi occhi sembrarono
squadrare il ragazzo con severità in un ammonimento che non aveva bisogno di
parole. Era chiaro che quel tipo non avrebbe esitato a usare la sua arma se
fosse stato necessario.
-Vi
è stato concesso un grande privilegio, fortunati giovani- esordì subito dopo
iniziando a passeggiare sulla sua pedana, ogni parola amplificata dal tetto a
cupola –un futuro di gloria e potere vi attende. Voi siete stati scelti per
formare un esercito, il più grande e eroico di sempre, il più terribile che sia
mai stato assemblato nel corso dei secoli. Insieme creeremo una nuova epoca di
terrore e prosperità il nome del dio che ci guiderà alla vittoria-
“Un dio…?”.
Un
brivido freddo corse lungo la schiena di Arethas. Le fiamme illuminarono il
viso scarno dell’uomo conferendo al suo sguardo un bagliore d’inferno mentre i
suoi occhi vagavano sulla folla di ragazzi che lo fissavano attoniti.
-Permettete
che mi presenti: il mio nome è Ktesias, Sacerdote di Ares Andreiphontês-
Un
silenzio totale accolse quella dichiarazione. L’atmosfera della stanza non
avrebbe potuto essere più pesante; i ragazzi si voltarono appena cercando gli
sguardi l’uno dell’altro come a chiedersi se quello fosse solo un sogno o la
realtà.
Ares
lo sterminatore di uomini l’aveva chiamato il Sacerdote utilizzando uno dei
tanti epiteti del dio. Ares, il dio
della guerra brutale, amante del sangue e del terrore. Ares, che tra tutti i
Dodici Olimpi era il più spietato e violento. Non era possibile!
Loro
avrebbero dovuto formare l’esercito di Ares? Loro, le guardie prescelte di un
dio che ancora non si era palesato?
Arethas
aveva predetto giusto: pericolo. Quello andava ben oltre la sua immaginazione. Fino
ad allora aveva pensato che suo fratello si fosse messo nei guai con gli
ennesimi malviventi e che questi volessero dargli una lezione. Aveva pensato
che fosse una questione risolvibile, un qualcosa sulla quale un giorno magari
avrebbe anche potuto riderci su. Ma quello era troppo: lui, un guerriero di
Ares?
-Adesso-
continuò Ktesias –vi guiderò nelle vostre stanze: domani vi attende un grande
giorno. Vi unirete ai vostri compagni e inizieranno per voi le sessioni di
allenamento-
“I
vostri compagni?” Arethas seguì il flusso di ragazzi senza badare a dove
stavano andando “Vuol dire che ce ne sono degli altri?”.
Che
cosa significava tutto quello? Ares – o chi per lui – aveva intenzione di
rapire altri giovani per formare il proprio esercito? Quella strategia, a
pensarci bene, era tipica del suo stile. Ragazzi forti e capaci da indottrinare
al proprio culto al fine di dare inizio ad una nuova guerra per il potere.
Ecco
perché quelle donne lo avevano messo in guardia, ragionò Arethas mentre entrava
in una specie di dormitorio dove file di letti spartani da caserma percorrevano
le lunghe pareti – certo, ecco perché avevano parlato di suo fratello: tra di
loro, uno come Sosthenes sarebbe stato di gran lunga più adatto a diventare un
guerriero di Ares.
Tuttavia
Sosthenes non era lì, e lui avrebbe dovuto capire presto cosa si nascondeva in
quel luogo e imparare quantomeno a sopravvivere.
*****
Gli
era sembrato di aver appena chiuso gli occhi quando la voce di Ktesias donò un
brusco risveglio agli occupanti della stanza. Dalle strette finestre poste
vicino al soffitto filtravano i primi raggi dell’alba. Per quanto si
guardassero intorno non c’era traccia del Sacerdote, eppure la sua voce era
suonata ben chiara e aveva ordinato di ritornare nella sala dove erano stati
accolti la sera prima.
Al
loro arrivo nella notte quella stanza era fredda e spoglia: non appena
rientrarono, invece, era stata imbandita con panche di legno e lunghi tavoli
apparecchiati con ogni sorta di ben di Dio. Ktesias aveva parlato di
addestramento: era logico che volevano averli bene in forma per poter restare
al passo con i rigidi ritmi militari che sembravano vigere in quel luogo. Mentre
i ragazzi prendevano posto il Sacerdote iniziò a illustrare come si sarebbe
svolto il loro apprendistato.
Arethas
notò che quasi nessuno lo ascoltava; alcuni dei suoi compagni scrutavano
sospettosi il cibo quasi temessero che fosse avvelenato. La voce dell’uomo fu
null’altro che un insistente ronzio per tutta la durata della colazione.
Nessuno tra i ragazzi aveva ancora spiccicato una parola: era come se avessero
paura di arrendersi all’evidenza di quello strano sogno, sarebbe stato come
accettare di trovarsi alle prese con un dio megalomane e spietato. Si
limitavano a scambiarsi occhiate furtive quasi volessero chiedere conforto l’un
l’altro per scacciare, se non altro, la sensazione di vivere da soli in una
realtà dalla quale a nessuno era concesso di scappare.
Dopo
Ktesias li guidò lungo un altro dedalo di strette vie fino a giungere ad una
porta che si affacciava su un ampio anfiteatro; altri ragazzi erano già seduti
sugli spalti di pietra. Indossavano quelle che sembravano tenute da
combattimento con rinforzature e pettorali in cuoio.
In
quella sala, a detta del Sacerdote, li attendeva il loro allenatore. Non appena
li lasciò un rumore di passi provenne da un luogo indefinito, e poco dopo
quello che sarebbe stato il loro istruttore fece il suo ingresso sul palco
circolare. Molti occhi si sgranarono e alcune teste si sporsero per vedere
meglio: era appena entrata una bella donna dai lunghi capelli corvini che
contrastavano con il colorito diafano della sua pelle. Malgrado si trovassero
in una palestra la donna indossava un lungo vestito nero dal tipico taglio
greco. I suoi occhi d’argento ispezionarono i nuovi arrivati e le labbra le si
piegarono in un sorriso enigmatico.
-Vedo
che abbiamo dei novellini- la sua voce vellutata aveva un che di autoritario;
nonostante fosse una donna il suo tono metteva subito in chiaro che pretendeva
il rispetto dovuto ad un qualsiasi guerriero –bene: per chi ancora non mi
conoscesse io sono Enio, vostro personale istruttore di combattimento. Invito i
molti visi adoranti a non lasciarsi distrarre da ciò che deve essere il vostro
obiettivo principale: la guerra. Invito
tutti ad essere puntuali e dare il meglio di voi: chiunque sarà ritenuto
indegno di far parte dell’esercito di Ares… credetemi, i poveretti che finora
si sono mostrati sgraditi ai nostri gusti lo saranno invece a quello dei vermi-
Qui
inserì un’occhiata come a dire: intesi? – molti annuirono senza il bisogno che
lei dicesse nulla.
Il
suo sorriso si allargò –Perfetto. Cosa ne dite di un po’ di ripasso, oggi?
Veterani, facciamo vedere a questi bambini di cosa siamo capaci-
Le
iridi grigie della donna scrutarono la folla che pendeva dalle sue labbra.
Arethas si accorse di trattenere il respiro e pensò ancora una volta all’ironia
della sorte: per tutta la sua vita non aveva fatto altro che evitare i
combattimenti, e adesso si trovava in mezzo a orde di aspiranti militari con
l’unico scopo di mostrare la propria forza spezzando le ossa di qualcuno. Si
passò una mano tra le ciocche scomposte di capelli neri, sperando che quel
gesto non attirasse l’attenzione di Enio. Per un attimo gli parve che la donna
si fosse voltata a fissarlo, ma poi comprese che stava guardando qualcuno
seduto qualche fila sotto di lui.
-Chrysante- quel
nome parve miele sulle sue labbra –vieni avanti. Mostriamo ai tuoi compagni la
vera forza di un guerriero di Ares-
Un
ragazzo tra le prime file si alzò portandosi al centro dell’arena. Era di una
spanna più alto di Enio, aveva capelli biondi pettinati all’indietro anche se
alcune ciocche gli scivolavano sulla fronte e più lunghi sulla nuca. Quando si
voltò sembrò fare sfoggio di due cicatrici, una sul sopracciglio sinistro e
l’altra sulla guancia. Arethas si chiese se le avesse da prima o se se le fosse
procurate durante gli allenamenti. I suoi occhi verde pallido sembravano
fluorescenti alla luce delle torce. Sul viso aveva stampata un’aria diffidente,
un’espressione di secca superiorità che ad Arethas non piacque per nulla: aveva
tutta l’aria di essere il gradasso di turno, e a lui non piacevano quel genere
di persone.
Tutti
osservavano con una malcelata meraviglia i due contendenti: Enio e Chrysante si
squadrarono per alcuni istanti prima di dare il via allo scontro. Fu lei ad
attaccare per prima: veloce come il pensiero indirizzò un destro dritto al viso
del ragazzo, il quale si scansò con altrettanta abilità e rispose con un colpo
diretto allo stomaco che però non andò a segno.
Da
lì in poi i loro corpi parvero impegnati in una danza fluida e violenta al
tempo stesso; un attimo prima si sfioravano e quello dopo erano già lontani per
poi avvicinarsi di nuovo e stringersi o scansarsi in una sequela di mosse mai
lasciate al caso.
Enio
non sembrava in alcun modo impacciata dalle lunghe gonne che le volteggiavano
intorno come lucide piume di corvo e a volte si sollevavano scoprendole le
gambe e provocando una marea di acclamazioni selvagge e fischi di
apprezzamento. Anche i capelli le svolazzavano attorno al viso e sulle spalle
come fossero un lungo mantello di seta nera.
Arethas
guardava la scena meravigliato; guardava i muscoli di quel ragazzo, Chrysante,
guizzare sotto la pelle ambrata, il viso teso e arrossato sul quale spiccavano
le cicatrici come due squarci su una tela immacolata. Anche lui sarebbe stato
capace di combattere in quel modo? Conoscendosi lo riteneva impossibile. Era
sicuro che, se solo si fosse trovato ad affrontare Enio in quell’istante, la
donna lo avrebbe battuto in meno di cinque minuti. Davvero avrebbe potuto
diventare come i ragazzi che già avevano iniziato l’addestramento?
Enio
si fermò quando l’avversario rimase in ginocchio un secondo di troppo; ma lo
scontro era tutt’altro che terminato: la donna prese una spada da una
rastrelliera e la lanciò al ragazzo che si era prontamente rialzato nel
frattempo. Aveva il respiro corto e la fronte imperlata di sudore, ma negli
occhi gli balenò un lampo di determinazione, puro desiderio di vittoria. Chrysante
doveva essere uno a cui la sconfitta non andava a genio.
I
ragazzi notarono che Enio non aveva preso una spada per sé. Di fatto si limitò
a passare una mano a mezz’aria: un bagliore argenteo scaturì dal suo palmo e
solo un attimo dopo la donna impugnava una spada dalla lama in puro argento,
dello stesso colore brillante dei suoi occhi. Era senza dubbio una gran
bell’arma, e l’essere impugnata da quell’amazzone indomita le conferiva un che
di leggendario e divino.
Il
clangore del metallo riempì presto l’aria. Fendenti dalle velocità impossibile
illuminavano l’aria di brevi lampi dai riflessi di fiamma. All’improvviso i due
si bloccarono: la lama di Enio era ancora poggiata sulla guancia destra
dell’avversario. L’argento si tinse di rosso, subito dopo le prime gocce di
sangue colarono sul viso di Chrysante decretando così la vittoria della donna. Lei
sorrise al ragazzo che aveva di fronte ostentando una secca aria di
superiorità, poi gli strizzò l’occhio. Passò la lingua sulla lama insanguinata
e sollevò la spada al cielo: quel gesto fu seguito da un coro sguaiato di urla
trionfanti, decine di voci iniziarono a ripetere il suo nome in coro fino a che
l’eco risultò essere solo un grido irriconoscibile.
Uno
dei pochi a non partecipare a quel giubilo era proprio Arethas. Lui guardava
ancora la donna e il ragazzo accanto a lei. Chrysante era forte, non c’era
alcun dubbio: doveva avere una naturale inclinazione alla battaglia, e gli
allenamenti lì con Enio lo avrebbero reso ancora più esperto e letale. Eppure
neanche lui era riuscito a danneggiare la donna. E se non ci era riuscito lui,
che era in pratica un guerriero nato, che speranze aveva qualcuno come Arethas
di uscire vivo da lì?
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Bella gente, come va? Siete stati rapiti da qualche divinità
pazza nel frattempo?
Ebbene, eccoci qui in quasi-compagnia di Ares. Che dire, anche
se è un grandissimo antipatico è sempre stato un dio per il quale ho sempre
provato un certo interesse, era inevitabile che prima o poi ci sarebbe scappata
la fanfiction. Poi, su… si parla di guerra: chi meglio di Ares?
Come avevo annunciato ecco che entrano in scena due personaggi
che adoro, sui quali si scoprirà di più andando avanti ;) ovviamente parlo di
Enio e Chrysante, il Sacerdote mi sta abbastanza antipatico, anche se sarà
utile pure lui. E sappiate che mi sono presa una cotta mortale per Chrys,
voglio rapirlo io, altro che Ares!
Su: facciamo il tifo per Arethas, che da bravo ometto dovrà
affrontare le sue paure e… ma che fai? *Arethas
si è rintanato in un bunker di cuscini* - … ok, vedrò di farlo uscire da lì
entro i prossimi capitoli <_<
Intanto ringrazio Aquarius
no Leni e Jadis_ per aver
inserito la storia tra le Seguite, e
Jadis_ e winnie343 per le recensioni *inchino*
:)
Ho finito anche per stavolta, alla prossima!
Kisses,
Rory_Chan