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Autore: NihalDellaTerraDelVento    24/02/2016    5 recensioni
Questa è la mia prima fan fiction. Mi sono avventurata in un mondo nuovo, nella quale sono sempre stata spettatrice. Ma oggi ho scelto di essere artefice. Del resto se l'ispirazione chiama, perché non rispondere?
Questa storia è un work in progress, c'è molto su cui lavorare. Parlo Cullen e di Lavellan, analizzando il punto di vista di lui. Spero piaccia a chiunque abbia la curiosità di leggerla. In base a questo potrei scegliere se continuarla o meno. O, chissà, magari lo farò comunque!
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Cullen quella notte si svegliò in preda agl'incubi. Un terrore sordo lo destò da quell'inferno riportandolo alla realtà, la sensazione delle viscide mani dell'abominio era come un marchio sulla sua pelle sudata.
I ricordi riaffiorarono insieme alla consapevolezza e, nel contempo, un malessere si diffuse lungo il suo corpo. Ogni muscolo bruciava e la testa doleva da impazzire. Sapeva cosa significava ciò. Sapeva quale messaggio gli stava gridando ogni sua singola cellula: "Prendilo!".
Il lyrium. Preso per la prima volta con orgoglio e, per anni, come dovere adesso era solo sintomo di vergogna. Che uomo era se non riusciva a comandare questo suo bisogno? E che uomo sarebbe stato se l'astinenza sarebbe stata la causa del fallimento dell'Inquisizione?
Cullen si lavò il viso, si guardò nello specchio e ciò che vide lo demoralizzò ancora di più: un estraneo lo fissava. Pallido e con cerchi neri attorno agli occhi. Lo sguardo fiero aveva lasciato il posto a due occhi stanchi e allucinati. Il Comandate Cullen in quel momento chissà dove si trovava, l'unica persona che si trovava in quella stanza era un uomo schiacciato dal dovere e dai dolori. Un tossico, perseguitato dal suo passato e dal suo bisogno malato di quel maledetto lyrium.
"Ho bisogno di aria", si disse. E uscì, scappando dall'uomo nello specchio.

L'aria sui bastioni era fresca e lo face sentire meglio. Ma la vergogna restava.
"Come posso comandare degli uomini se non riesco a comandare me stesso? Ho un ruolo che richiede la mia competa attenzione, ho ciò che molti non hanno: un'altra occasione. Posso riscattare me stesso e cancellare i miei errori, questa è la causa che cercavo. Giusta. Per cui vale la pena combattere e dare tutto me stesso. Ma come posso dare tutto me stesso se l'astinenza mi dilania? Come posso essere sicuro che le mie scelte siano ponderate e non frutto di un delirio?"
Così camminando vide una figura seduta ad osservare il cielo. Sottile come un giunco e dalle lunghe orecchie a punta. L'Inquisitore Lavellan. Istintivamente fece per tornare indietro (non voleva che nessuno lo vedesse in quello stato) ma lei si girò al suono dei passi di lui e due grandi occhi color del cielo si fissarono su quelli nocciola di Cullen.
"Comandante!"
"Inquisitore"
"Anche tu sei in vena di passeggiate notturne?"
"È una notte così bella, non potevo perdermela!" provò a scherzare lui. Con scarso risultato, evidentemente. Vide Lavellan fissare il suo sorriso tirato e dopo soffermarsi sul colorito pallido del volto e sugli occhi cerchiati. Ovviamente, non se l'era bevuta.
Cullen si sentì improvvisamente a disagio e imbarazzato. La sua debolezza era spaventosamente visibile lì. E, senza la sua armatura e senza volontà, vestito solo di vergogna, si sentì nudo.
"Forse è meglio che vada Inquisitore, domani sarà una giornata pesante", disse, cercando una scusa per defilarsi.
"Per favore, resta se puoi. Questa non è una serata da passare da soli."
La richiesta di lei fu così inaspettata che Cullen sembrò dimenticarsi dei suo problemi e, incuriosito, si sedette accanto a lei.
Non era la prima volta che passava del tempo con l'Inquisitore ma solitamente c'era un tavolo pieno di mappe tra di loro e qualche missione di cui discutere. Raramente avevano parlato di altro che non fosse la causa, escludendo la volta in cui Cullen le confessò di aver rinunciato al lyrium.
Quella confessione gli costò molta determinazione, ma fece la cosa giusta, come sempre.
"Sai Cullen?", cominciò a dire l'Inquisitore, "Quand'ero con il mio clan in queste serate così belle stavamo svegli tutta la notte, davanti a un fuoco caldo, a raccontarci storie. Gli anziani parlavano della vecchia gloria elfica, i giovani sognavano ad occhi aperti di riportarla in auge. Ho sempre amato queste notti, mi sentivo come a casa, anche se è buffo che una nomade dica questo. Ma sentivo un senso di appartenenza che non saprei spiegare."
Cullen non sapeva che dire, lei non aveva mai parlato con lui della sua vita prima dell'Inquisizione. Farlo lì, in quella situazione che già di per se era inusuale, fece sentire il comandante come invitato in un mondo che, in tutta onestà, non gli era mai interessato.
"Ti mancano?" chiese, tuttavia genuinamente incuriosito.
"Si. O meglio, mi manca la spensieratezza di quei giorni. Sto vivendo esperienze incredibili, cose che mai avrei creduto potessero accadere, specialmente a me! Una semplice elfa che da sospettata di omicidio diventa leader di organizzazione così grande come l'Inquisizione! Ti rendi conto che la gente prima mi evitava, e ora si inchina al mio passaggio? Mi chiamano Araldo, Inquisitore, e da me si aspettano un qualche miracolo divino! Ma io sono solo una semplice elfa. Non ho nulla di divino e non credo in Andraste. Da cosa deriva il marchio e il suo potere io non saprei dirlo, ma non credo sia opera del vostro Creatore o dei miei dei! Ma come posso dire questo alla gente? Come  posso far capire loro che sono una persona cose tante? Non posso deluderli. Loro da me si aspettano la vittoria. Cosa accadrebbe a queste persone se fallissi? Non posso permettermi sbagli, non devo. Ho visto il mondo governato da Corypheus, ho visto cosa accadrebbe a tutti noi. Il fallimento porterebbe solo morte e rovina, e non posso permetterlo! Mpfh, ironico, non trovi? Ho così tante persone che credono in me quando in realtà io non riesco a credere in me stessa."
Lavellan sembrava un fiume in piena. A Cullen era sempre sembrata una donna schiva e riservata, mentre ora parlava così liberamente, con lui poi! Avrebbe capito se al suo posto ci fosse stato Solas, visto che quei due erano spesso insieme, ma parlare con Cullen? Non aveva senso.
Tuttavia non era questo a colpirlo maggiormente. Lui, così alto e muscoloso si sentì improvvisamente piccolo accanto a questa donna così minuta. Come poteva essere preoccupato per il lyrium quando lei pensava alle sorti dell'intero mondo? Com'era ridicola la sua lotta interiore in confronto a quello che quest'elfa stava passando. Lei stava provando a salvare il mondo, lui solo se stesso. Fu con profondo imbarazzo ma sincera ammirazione che le parlò: "Non posso negare la forte speranza che tutti nutriamo nei tuoi confronti. Ma devi capire che il tuo titolo non deriva dal marchio sulla tua mano. Sono state le tue azioni! Ciò che hai costruito da quando ti sei unita a noi. Se l'Inquisizione oggi sta crescendo, se siamo tutti ancora vivi, se io sono vivo, Inquisitore, il merito è solo tuo. Ti rispetto moltissimo ma non per il marchio, ma per la persona che sei."
Lavellan lo guardò, sconcertata.
"Questo è stato... inaspettato.", disse, "Grazie, comandante. Io.. Ti chiedo scusa. Non volevo annoiarti con i miei problemi. E di certo non volevo trattenerti quando è palese che anche tu hai i tuoi pensieri.".
L'inquisitore gli lanciò uno sguardo obliquo e dopo un attimo si alzò. "È quasi l'alba, comandante, è giunto il momento di ritirarmi.  E ti consiglio di fare lo stesso, ti ho privato di una notte di sonno, scusami ancora."
"Sono sempre a tua disposizione, Inquisitore, una notte senza dormire non è un problema."
"Dici?" disse con ironia, osservando le sue profonde occhiaie.
Cullen sorrise, colpevole, e fece per andarsene. Fu solo dopo aver fatto un paio di passi che si voltò verso di lei e le pose un'ultima domanda.
"Inquisitore, posso chiederti una cosa? Perché parlane con me? Il nostro rapporto non è mai stato così stretto da pormi tali confidenze. Perché non Solas?"
Lavellan si girò e lo guardò sorridendo.
"Semplice Cullen. Solas non era nel posto giusto al momento giusto. Tu si."
E così dicendo si congedò. Cullen la osservò allontanarsi. Non poté fare a meno di pensare che con la luce della luna morente i suoi capelli corvini si tingevano di una sfumatura di blu.

   
 
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