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Autore: Ace of Spades    24/02/2016    5 recensioni
"Ogni persona al mondo nasceva con quella sorta di orologio tatuato e su cui inevitabilmente scorrevano le ore. Non si sapeva quando era iniziato, si sapeva solo che non appena incontravi la persona a cui eri destinato il tempo si fermava e le ore si bloccavano.
Ora 0
Minuto 0
Secondo 0
L’ora x che tutti attendevano, nessuno conosceva il giorno o il momento esatto, ma sarebbe accaduto prima o poi.
Eustass Kidd non credeva in quelle cazzate sul fato o sull’essere predestinati.
Il suo ancora scorreva silenzioso, portandosi dietro secondi e minuti della sua esistenza senza che cambiasse qualcosa.
(...)
Un paio di occhi azzurri come il ghiaccio si piantarono nei suoi e il mondo si fermò, come se qualcuno avesse spinto il tasto pausa sul telecomando.
Il respiro si bloccò e un leggero prurito si diffuse sul polso.
Su quel polso.
Tre zeri si stagliavano sul suo contatore.
“Piacere, Trafalgar Law”
“Piacere un cazzo”
-
Soulmate AU con tante, troppe coppie (KiddLaw, DoflaCroc, MarAce, KillerPenguin, MihawkShanks, ZoSan)
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro, Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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V










 

Zoro appoggiò lo zaino per terra e si lanciò sul letto, pronto per fare una dormita e riprendersi dalla giornata appena trascorsa, ma qualcuno entrò in camera sua.
“Zoooro~”
“Ho sbagliato a raccontarti tutto”
“Oh, andiamo! Non ho detto nulla a nessuno, ma so che hai bisogno di qualcuno con cui parlare anche se fai il sostenuto”
“E come fai a saperlo”
“Perché sei uguale a tuo padre”
“Non chiamarlo così, lui non è mio padre”

Shanks alzò le sopracciglia rivolgendogli un sorriso da furbetto; era ovvio che Mihawk non fosse il padre né di Perona né il suo, ma che rappresentasse ciò che più si avvicinava ad un padre, quello non era neanche da mettere in discussione.
Zoro sbuffò rassegnato e si sedette sul letto a gambe incrociate, mentre l’uomo si sedeva sulla sedia davanti alla scrivania.

Chiuse gli occhi e ripensò alla settimana prima, quando, preso alla sprovvista, gli aveva rivelato che era da qualche mese che aveva incontrato la sua anima gemella, che era un ragazzo della sua stessa età e per di più un dongiovanni di prima categoria.
Da lì Shanks aveva voluto sapere tutto, e per mettere a tacere la sua curiosità ci aveva impiegato due giorni.
Ora capiva perché Mihawk cedeva quasi sempre, quel tizio era davvero ostinato!

Gli raccontò di quando Rufy, suo amico di lunga data e conoscente anche del Rosso, gli aveva presentato il suo nuovo amico, un certo Sanji che lavorava nel ristorante del padre e che sognava di diventare un cuoco famoso in tutto il mondo.
Il suo amore per le donne era così evidente da innervosirlo; non perché al primo incontro i loro contatori si erano azzerati, lui non provava nulla di più che fastidio verso quel cuoco da strapazzo, ma il suo modo di fare gli dava ai nervi.
Per non parlare della reazione di Sanji quando aveva visto i tre zeri, lui, che era sempre stato convinto che la sua anima gemella fosse una ragazza dolce, gentile, bella e profumata!
Ed invece era non solo un ragazzo, ma pure un buzzurro senza orientamento che non faceva altro che prenderlo in giro.

Da quel giorno non facevano che litigare, e il biondo continuava imperterrito a provarci con ogni donna incontrasse.

“Anche oggi avete litigato, eh?”
Zoro sbuffò di nuovo.
“Non lo sopporto, come si fa a cambiare persona?”
Shanks sorrise gentilmente.
“Non si può cambiare, lui è la tua persona e questo è un dato di fatto. Che non lo accettiate è un altro discorso, dati i due soggetti in esame ci vorrà del tempo”
“Ma quale tempo! Io quello lo affetto!”
“Su, non fare il bambino e dimmi cos’è successo oggi”
“Sapevo che cucinasse bene, non era la prima volta che assaggiavo un suo piatto, ma è stata la prima volta che l’ho visto maneggiare dei coltelli. È sprecato per taekwondoo, sarebbe uno spadaccino fenomenale”

Shanks intuì che avevano pranzato al ristorante dove lavorava il biondo; ormai ci aveva fatto il callo ad intuire parti del discorso che Zoro ometteva, non ritenendoli importanti. Come il luogo, per lui era inutile parlare di dove fosse, non prestava neanche attenzione alla destra e alla sinistra, figuriamoci alla descrizione di un paesaggio.
“Glielo hai detto che cucina bene?”
“Cosa? No! Sei impazzito? Quello lì si vanterebbe fino alla fine dei suoi giorni!”

Shanks sbuffò.
“Cosa gli hai detto?”
“Che la sua è una cucina mediocre”
“Sei un idiota come tuo padre”
“Fuori da camera mia che voglio dormire”
L’uomo non obiettò e si alzò scuotendo la testa.
“Come vuoi, buonanotte, ti sveglio quando è pronta la cena”
Detto questo uscì chiudendo la porta e lasciando Zoro da solo.

La sua cucina è la più buona che abbia mai mangiato, ma piuttosto che dirlo ad alta voce mi taglio la lingua.
 

-


Crocodile firmò un documento e appoggiò la sua stilografica MontBlanc sulla scrivania in mogano. In quei giorni era tutto troppo tranquillo per i suoi gusti,  segno che stava per scatenarsi una tempesta. E a lui la quiete metteva più nervoso che il trovarsi in mezzo ai problemi.
Questo perché conosceva il soggetto in questione - che, per la cronaca, non lo bombardava di messaggi come suo solito da un bel po’ - e sapeva che stava macchinando qualcosa.

“Maledetto fenicottero” sibilò togliendosi gli occhiali.

 

“Signorino, tutto bene?”
“Sì Ceasar, continua pure, mi fischiano solo le orecchie. Qualcuno starà parlando di me”
“Stavo dicendo” iniziò lo scienziato dai lunghi capelli violacei e dalla carnagione lattea “basta questa dose e il gioco è fatto.”
Doflamingo sorrise e prese la provetta dal contenuto giallastro, ringraziò quello che era uno dei suoi sottoposti ed uscì.
“Dovrai passare sul mio cadavere prima di mettere le mani su Law”

 

-
 

‘Capricorno. Questo periodo ti sta mettendo alla prova, sei pieno di idee ma non puoi metterle in pratica. Attento agli attacchi di uno Scorpione vendicativo.’  Eustass-ya, anche il tuo oroscopo fa schifo”
Il rosso sbuffò e sollevò il coperchio di una delle tante pentole che aveva messo sul fuoco cercando di distrarsi dalle frecciatine del dottore, alle quali avrebbe risposto più che volentieri se solo quella testa di cazzo non fosse nudo con una merda di grembiule addosso, come se coprisse qualcosa.
Quindi si ritrovava impossibilitato a rispondere, finendo per mordersi la lingua perché sapeva bene che se si fosse girato e avesse cominciato ad inveirgli contro, gli sarebbe venuto duro in poco tempo e avrebbe perso la scommessa.

Va bene che il ninfomane è lui, ma anche io non sono messo tanto meglio, e tre giorni senza scopare con questo coglione che non perde occasione di mettersi a 90 o farsi trovare nudo non aiuta.

Anche se il peggio fu quando, il giorno prima, tornando da lezione, lo trovò all’entrata con una divisa da infermiera .

‘Giochiamo al dottore’ sto paio di maroni. Quando ha preso quel cazzo di chilo giuro che me lo sbatto anche sul pianerottolo e vaffanculo ai vicini.

Mescolò il passato di verdure e controllò la torta nel forno; avendo sempre vissuto da solo, imparare a cucinare era stato un bisogno primario.
Il fatto che ci avesse preso gusto era un altro paio di maniche.
“Eustass-ya”

La voce gli arrivò direttamente nell’orecchio, scatenando brividi lungo la colonna vertebrale.
“Che vuoi”
Law si appoggiò alla sua schiena e posizionò le mani terribilmente vicino alla sua chiusura dei pantaloni.
“Ho fame”
Kidd si trovò a deglutire; sapeva bene a quale tipo di fame si stesse riferendo la testa di cazzo lì dietro.
“Tra qualche minuto è pronto”

Merda, non vacillare.

Law sentì la sua voce leggermente roca e ghignò.
Era terribilmente divertente punzecchiarlo ed eccitarlo per poi vederlo correre in bagno. Il fatto che il rosso non potesse toccarlo poi era la ciliegina sulla torta; poteva dare libero sfogo a tutte le idee malsane che gli passavano per la mente senza rischiare di non riuscire a camminare il giorno dopo.
Era a conoscenza che alla fine della loro amorevole discussione non sarebbe riuscito a muoversi per molto più di un giorno, ma non poteva neanche negare che la cosa gli dispiacesse.

Si sedette nuovamente a tavola e Kidd gli posizionò davanti una miriade di piatti.
In silenzio cominciò a mangiare, prestando attenzione a lasciarsi scivolare qualcosa lungo il labbro e a leccarsi le dita ogni minuto.
Vide il ragazzo provare a finire la minestra e poi notò le nocche totalmente bianche e sorrise.
“Dovresti controllare il forno, tranquillo, non ti ci chiudo dentro”

Kidd lo guardò sgranando gli occhi.
Si era dimenticato che il dottore aveva letto il suo fascicolo.
“Brutto figlio di puttana”
“Certo che tuo zio non era molto normale a chiuderti nel forno quando dormivi per farti uno scherzo. Ora capisco perché non sei normale”
“Vaffanculo Trafalgar”
“È quello l’obiettivo, ma tu non collabori”
“Mangia e chiudi la bocca”

Quanto cazzo ci mette a prendere un chilogrammo di merda.
 

-
 

Stava facendo un così bel sogno, il dojo era suo ed aveva la katana più rara al mondo, quando una voce a lui conosciuta si intromise nei suoi pensieri.
“Roronoa, alzati, devi andare a scuola”

Rispose con un mugugno infastidito all’uomo che se ne stava in piedi a pochi passi da lui.
“Se non ti svegli subito ti farò dormire per sempre”

Zoro spalancò gli occhi avvertendo un’aura omicida nelle sue immediate vicinanze, e si voltò in tempo per vedere Mihawk uscire dalla stanza.
“Maledetto, te le farò pagare tutte”

Come ogni mattina era in ritardo e come ogni volta che era in ritardo dimenticò il pranzo.
La giornata a scuola l’avrebbe riassunta con:
Pisolino della prima ora di letteratura, interrotta dalla verifica della seconda; subito dopo un sonno di altre due ore e infine la campanella del pranzo.
Nulla di nuovo insomma.
Per lui non era brutto andare a scuola quanto prestare attenzione a quello che gli veniva detto; dopo poco perdeva la concentrazione e si addormentava. Non lo faceva apposta, ma, dato che andava a letto alle 4 di notte a causa dei compiti che non poteva svolgere il pomeriggio perché si allenava fino alle 21, era logico che crollasse da qualche parte.
E per non farsi mancare nulla, veniva ripreso dai prof e sfottuto dalla testa di cazzo del cuoco che, sempre  per il solito colpo di culo, era finito nella sua classe.

Quindi oltre a doverlo sopportare fuori dalle lezioni, lo doveva pure vedere a scuola.
Una tortura sarebbe stata più gradita.
Come diavolo facesse quel damerino da strapazzo a frequentare pure la scuola di cucina serale e andare anche a taekwondoo nel week-end non lo sapeva.

Quel giorno le lezioni finivano verso le 14 e, dato che non aveva portato il pranzo, si dimenticò totalmente di mangiare continuando a dormire sul banco fino alle 16, quando il rumore del suo stomaco lo destò in maniera definitiva.
Con qualche borbottio e sbadiglio, uscì dalla scuola, cercando di ricordarsi da che parte fosse venuto quella mattina.
“Ti vedo disorientato Marimo, non dirmi che non ti ricordi la strada di casa”

Zoro si girò scocciato verso destra, dove vide il cuoco appoggiato al muro con in mano una sigaretta.
“Ti fa male quella roba”
“Non dirmi che ti preoccupi per me, che dolce”
“Per me puoi anche morire, ma stammi lontano, io il tuo fumo passivo non lo voglio inalare” sbottò arretrando di qualche passo.
Sanji per tutta risposta espirò una boccata di fumo, alzando il volto verso l’alto e mettendo in mostra il collo e le labbra; cosa che purtroppo non sfuggì all’altro.
“Me ne vado”
“Marimo, quella è la strada sbagliata”

Zoro grugnì e si girò verso di lui, guardandolo spegnere il mozzicone contro il muro e gettarlo per terra.
“Sei un idiota senza senso dell’orientamento, come fanno a lasciarti andare in giro da solo?”
“Non accetto insulti da parte di un damerino da strapazzo maniaco”
“Come hai detto?”
“Vuoi fare a botte?”

Un rombo potente li fece immobilizzare e dopo qualche secondo si ritrovarono sotto una pioggia battente degna del diluvio universale di Noè.
“Oggi non doveva piovere”
“Di qua! Il ristorante è più vicino di casa tua” esclamò Sanji afferrandolo per il polso e cominciando a correre, ben sapendo che se non lo avesse fatto l’altro sarebbe finito a Narnia.
Zoro non disse nulla ma si lasciò trainare, non disdegnando la presa ferrea dell’altro, ma ricordandosi di emettere qualche sbuffo infastidito tanto per non dargliela vinta.

Dopo qualche minuto di corsa arrivarono all’entrata del ristorante e, riparati dalla tettoia, si concessero una pausa.
“Ora puoi mollarmi” commentò Zoro mentre riprendeva fiato.
“Ah sì, almeno non sono dovuto andare a cercarti. Idiota come sei troveresti Atlantide con tutta quest’acqua” gli rispose ghignando mentre estraeva dalla tasca un mazzo di chiavi ed apriva la porta.
L’altro non mancò di mollargli una spallata e lui rispose con un calcio nel tallone.
Avrebbero continuato a menarsi se non fossero stati scossi da brividi di freddo, quindi si accordarono per una tregua momentanea, giusto il tempo di mettere ad asciugare i vestiti e permettere a Sanji di andare in una stanzetta che usava come spogliatoio quando lavorava per prendere il cambio ad entrambi.
A quell’ora il ristorante era chiuso, quindi il biondo si diresse in cucina per preparare qualcosa, seguito stranamente dall’altro.

“Scommetto che anche oggi non hai mangiato”
Il silenzio di Zoro fu una risposta più che eloquente.
Sanji si tirò su le maniche e si mise ai fornelli, non mancando di fargli la solita ramanzina.
“Potevi anche aspettarmi in sala”
“Sai, non sono certo che i piatti che ho mangiato li abbia preparati tu”
“Stai dicendo che secondo te la crostata dell’altro giorno l’ho comprata in pasticceria?” sbottò il cuoco con una vena sulla fronte.

Zoro ghignò; ormai sapeva quali tasti premere per farlo schizzare come una molla.
“Non lo so, voglio vedere cosa prepari oggi, giusto per togliermi ogni dubbio”

Sanji digrignò i denti; quello spadaccino senza cervello lo aveva appena insultato, e non con i soliti insulti, ma uno bello grosso, dritto al suo orgoglio di cuoco, e non poteva certo fargliela passare liscia.
“Molto bene” disse con calma catturando l’attenzione dell’altro, “mentre la zuppa si cuoce ti insegnerò a preparare una crostata e ti dimostrerò che sono molto più bravo di quello che credi”

Zoro si fece attento e si avvicinò.
“Io non so cucinare”
“È la volta buona che impari a far qualcosa oltre all’uovo sodo, Marimo di merda. Vieni da questa parte”
Ora che si trovavano uno affianco all’altro, Sanji poté dare inizio alla sua personale missione ‘insegna al Marimo a fare una crostata e poi uccidilo annegandolo nella marmellata’.

“Ora guarda attentamente”
E detto quello il suo sguardo cambiò e divenne serio; gli ricordò se stesso quando combatteva durante una gara.
Come poteva pensare di distogliere lo sguardo dai movimenti fluidi del cuoco, che muoveva le dita con maestria ed elencava ogni passaggio, come se volesse davvero insegnargli a cucinare qualcosa?
Anche se avesse voluto, non sarebbe riuscito a distrarsi.

“...e aggiungi le uova ma fai attenzione, una deve avere solo il tuorlo. Per gli esseri menomati come te che non sanno cosa sia, è quella cosa rossa abbastanza grande”

No, ok, lo avrebbe ucciso.

“... poi metti 400 grammi di farina di tipo 00, sì, ci sono diversi tipi di farine ma questo te lo spiego un’altra volta che se no ti esplode l’unico neurone rimasto.”

A quel punto Zoro prese una manciata di farina gliela lanciò in faccia, godendosi l’espressione sgomenta.
“Non l’hai fatto sul serio”
“Oh sì”
Sanji si girò lentamente verso di lui dopo aver appoggiato il contenitore con dentro gli ingredienti, prese un uovo e glielo spiaccicò in fronte.
“Normalmente penserei che sia uno spreco di cibo, ma farti un danno non è mai uno spreco”
Zoro lo fissò con uno sguardo di sfida, e pochi secondi dopo si stavano lanciando uova e farina, sporcandosi da capo a piedi e riducendo la cucina in uno stato pietoso.

Avrebbero continuato in eterno se solo il biondo non avesse messo il piede sul fantomatico tuorlo e non avesse perso l’equilibrio.
Zoro non pensò e provò a prenderlo, mettendogli una mano dietro la nuca e cercando con l’altra un appiglio sul tavolo.
Un appiglio lo trovò, ma non era quello giusto; infatti si appoggiò al contenitore della marmellata che, non reggendo il peso e trovandosi già in bilico, volò per aria.
Risultato: caddero rovinosamente sul pavimento.
Sanji aprì gli occhi dopo aver evitato una brutta caduta e si trovò a pochi centimetri il volto dello spadaccino.
Realizzò di avere evitato un trauma cranico grazie alla mano dell’altro, che ancora stava dietro alla sua nuca.
Zoro guardò in che condizioni fosse il cuoco e si ritrovarono a fissarsi con gli occhi sgranati, senza che nessuno dei due muovesse un muscolo.

Troppo vicino, troppo vicino, Marimo di merda che aspetti a spostarti, andiamo, tu mi odi, io ti odio, a questo punto avresti dovuto allontanarti schifato. E allora perché ti stai avvicinando? Sanji, calmo, a te piacciono le donne, quelle belle formose e profumate, anche se il tuo contatore si è fermato per colpa di questo troglodita rimani etero.

Zoro cercò di distogliere lo sguardo in ogni modo, ma quando vide un leggero rossore sulle guance dell’altro annullò definitivamente la distanza, appoggiando le proprie labbra su quelle del cuoco, che divenne istantaneamente un pezzo di legno.
Il biondo stava per tirargli un calcio quando notò lo sguardo dello spadaccino, lo stesso di poco prima, uno sguardo di sfida.

Sentì la rabbia mischiarsi all’adrenalina e aprì la bocca spingendo la propria lingua contro l’altra.
Se era una guerra che voleva, guerra avrebbe avuto.

Il fatto che stessero limonando sdraiati sul pavimento di una cucina, sporchi di zucchero, farina e uova venne messo in secondo piano.
Le loro mani si arpionarono ai vestiti, strattonandoli mentre rotolavano per terra.
Un ‘ting’ li fece tornare alla realtà e li fece bloccare sul posto.

Zoro realizzò che aveva una mano sotto la maglia del cuoco e che l’idea di scoparselo lì non gli faceva poi tanto schifo.
Sanji capì che glielo avrebbe permesso tranquillamente, e che forse tanto etero poi non era.

Si allontanarono di scatto dandosi le spalle, il biondo si alzò e finì meccanicamente di preparare la zuppa, impiattandola; Zoro si passò una mano tra i capelli, diventati appiccicosi a causa delle uova e chiuse gli occhi.

 

“Lui è la tua persona e questo è un dato di fatto. Che non lo accettiate è un altro discorso, dati i due soggetti in esame ci vorrà del tempo”



Le parole di Shanks lo colpirono come una doccia fredda.
Ora avevano un problema.

Si sedettero uno di fronte all’altro con davanti la zuppa calda e la fecero sparire senza rivolgersi una parola.
“Questo non cambia niente, continuo a pensare che tu sia un idiota, non credere”
“Vale la stessa cosa per me, cuoco pervertito. Me ne vado.”
“Non credo proprio”
Zoro si girò guardandolo in modo interrogativo.
“Pensi che mi sia scordato quello che hai detto? Ora stai qui finché la maledetta crostata non è pronta e te la mangi pure, così vediamo chi è che compra le cose già fatte”
E detto questo si rimise al lavoro, destreggiandosi tra gli ingredienti sul tavolo e sul pavimento.
Lui tornò a sedersi, non mancando di mollargli qualche insulto.

E quel pomeriggio il cuoco gli dimostrò che era lui a fare quelle benedette crostate, facendogliela pure mangiare tutta.
Non gli diede la soddisfazione di dire che a lui non piacevano i dolci ma che quella crostata era un dono del Signore, rifilandogli piuttosto un “Niente male cuoco, spero che la prossima volta farai meglio”, e trovandosi l’ennesimo uovo spappolato in fronte.


 

-
 

Ace si buttò a peso morto sul letto; quella giornata era stata sfiancante tra l’orale di un esame e la visita di suo nonno. Di certo non si aspettava di trovarlo all’uscita da scuola, ma appena aveva visto lo sguardo poco amichevole del Marine pluridecorato aveva deciso di svignarsela dal cancello sul retro.
Era corso a casa ed ora si stava chiedendo quanto tempo gli rimanesse da vivere.
Perché se Rufy due giorni prima aveva notato il suo contatore fermo, era solo questione di ore che lo dicesse ai suoi amici e che lo venisse a sapere suo nonno Garp.
E questo non era un bene.
Sbuffò stiracchiandosi ed emettendo un grugnito; già si vedeva a volare contro un muro a causa dei suoi ‘pugni d’amore’ perché non voleva diventare un marine come lui.
Ace non aveva mai anelato ad una carriera militare, era piuttosto un tipo da adrenalina costante; avrebbe trovato un lavoro che lo prendesse totalmente e che lo soddisfacesse.
Fin da bambino aveva provato ad immaginarsi da adulto e, data la sua adorazione e predisposizione verso il fuoco e tutto quello collegato ad esplosivi, era stato naturale pensare al pompiere.
Avrebbe potuto salvare persone, infiltrarsi in abitazioni in fiamme, vedere il fuoco danzare e compiere anche buone azioni. Il tutto senza sapere se sarebbe tornato a casa la sera.
Rocambolesche uscite dalle finestre e salvataggi dai tetti; già si vedeva.
E da lì il passo fu breve.
Il suo sogno non si era mai estinto, esattamente come una fiammella che, alimentata dal vento dei suoi pensieri e desideri, faceva divampare un incendio.

Si alzò dal letto e preparò in fretta uno zaino, ficcandoci dentro un cambio di vestiti e lo spazzolino. Mentre si metteva il telefono in tasca sentì una voce rimbombare, non molto distante dalla porta.
“Nipote degenere! Apri la porta o la sfondo!”
Non fece fatica a credere che suo nonno l’avrebbe tirato giù, quel pezzo di legno.
Si mise lo zaino in spalla e, preso un bel respiro, aprì la porta trovandosi davanti l’uomo.
Nonostante l’età, incuteva ancora un timore reverenziale che spiegava perché allenasse le nuove leve - facendone sopravvivere poche ma forgiandone di forti.

“Nipote”
“Vecchio, quale sorpresa trovarti qui. A cosa devo l’onore?”
Garp assottigliò lo sguardo.
“Sei pronto per arruolarti?”
Ace ringhiò chiudendo la porta di casa e restando a fronteggiare il marine sul pianerottolo.
“Ma anche no. Se sei venuto qui per questo hai fatto un viaggio a vuoto.”
“No. Ho sentito da Rufy che il tuo contatore si è fermato e mi chiedevo chi fosse la fortunata”
“Il fortunato” lo corresse ghignando.
Garp alzò le sopracciglia ma non mutò di espressione.
“Oh, un uomo. Beh è uguale, voglio comunque conoscerlo”
“Ma certo” disse Ace arretrando verso le scale “te lo porto domani a casa e poi vengo pure ad arruolarmi”
Il marine lo fissò sorpreso.
“Davvero?”
“No” rispose il ragazzo facendogli l’occhiolino e correndo giù per le scale, saltando due gradini alla volta e ridendo sentendo le urla del nonno.

Tanto vale lanciarlo in una fossa di coccodrilli, se Marco incontrasse quel pazzo di mio nonno non sopravviverebbe.

Ace uscì di casa e si diresse ad un certo bar.
“Speriamo che mi offra asilo”

 

-
 

Marco pulì l’ultimo bicchiere e lo posizionò sul ripiano; era stato divertente accompagnare Ace a casa, un po’ meno divertente era stato cercare di non saltargli addosso prima che scendesse dall’auto.
Sospirò pulendosi le mani.
Avrebbe voluto averlo lì di fronte per poter godere della sua compagnia.
“Ehi!”
Sbatté più volte le palpebre realizzando di avere l’oggetto dei suoi pensieri davanti.

“Stai per caso diventando telepatico?” commentò mentre Ace si toglieva lo zaino dalle spalle e si sedeva.
“Stai per caso dicendo che mi stavi pensando?” chiese ammiccando in modo scherzoso facendolo ridere.
“Può darsi” rispose bevendo dalla bottiglietta d’acqua di fianco a sé.
Il ragazzino si appoggiò con il gomito al bancone.
“Signor barista vorrei chiederle due cose”
Il biondo lo guardò. “Prego”
“Un caffè ed un aiuto”
“Il caffè te lo faccio subito” rispose mettendosi all’opera, “e nel mentre mi dirai dell’aiuto che ti serve”

Ace prese un bel respiro e gli raccontò tutto, di come era cresciuto sotto la costante minaccia di diventare un marine, del suo sogno di diventare un pompiere e di suo nonno.
“Posso offrirti un luogo dove stare, ma casa mia non è molto grande”
Il moro lo ringraziò. 
“E per quanto riguarda il resto, il tuo è proprio un bel sogno. Sai, nonostante quello che mi è successo da piccolo non provo paura verso il fuoco, anzi.” 
Il biondo si appoggiò con entrambe le braccia al bancone. “Anche io avevo pensato di diventare un pompiere, ma non sono adatto, anche se mi sarebbe piaciuto aiutare chi ha bisogno”

Ace lo fissò serio.
“Ma tu aiuti già gli altri, ho notato che conosci quasi tutti i tuoi clienti e che sei sempre disponibile per dar loro una mano. Inoltre dai anche ripetizioni a chi non potrebbe permetterselo. Sei già una persona fantastica” disse sorridendo.
Marco rimase a fissarlo per qualche secondo e si allungò, posizionandogli una mano dietro la nuca e tirandolo vicino a sé facendo combaciare le loro labbra.
Un semplice bacio, uno sfiorarsi di labbra, questo era quello che voleva.
Certo non aveva messo in conto la reazione dell’altro.

Ace si rese conto di avere le proprie labbra attaccate a quelle di Marco e quando capì che il biondo non aveva intenzione di spingerlo a fare nulla, decise che gliela avrebbe data lui una spinta.
Posizionò la sua mano dietro la nuca del barista, in un chiaro intento di imitarlo, e disegnò con la lingua il contorno delle sue labbra, mordendole leggermente.

Marco era noto per la sua calma, ma in quella posizione la vide andare via agitando un fazzoletto.
Approfondì il bacio giocando con la lingua di quel maledetto ragazzino che gli aveva fottuto il cervello.
Ace sembrò gradire, anzi sembrò non aspettare altro che quello.
“Nipote, deduco che lui sia il fortunato”

Si allontanarono all’istante.
Ace pensò di avere le allucinazioni quando vide suo nonno nel bar.
“Tuo nonno deduco”
Il ragazzo annuì lentamente mentre l’uomo si avvicinava.
Marco vide il terrore dipinto sul volto del moro e si tolse il grembiule, aggirò il bancone e si mise tra i due prima che si saltassero alla gola - perché lo avrebbero fatto dati gli sguardi che si lanciavano - poi tese una mano al marine.

“Molto piacere, Marco Newgate”
Garp fischiò. “Newgate, eh? Ma non mi dire, sei il figlio maggiore di Edward”
“Sì”
“Io sono il nonno di quel disgraziato, Monkey D. Garp. È inutile dire che ti rompo l’osso del collo se fai qualcosa a mio nipote”
“Nonno! So difendermi da solo, grazie!” sbottò Ace venendo ignorato dai due uomini.
“Ricevuto”
Garp sorrise ed annuì.
“Molto bene. Conosco tuo padre da tempo e non mi sarei mai aspettato che voi due… sì insomma…”
“Già, mi ha colpito fin dal primo incontro” scherzò Marco, ricordando di come il bel moretto lo aveva tamponato.
“Ti ho investito con il mio fascino”
Garp li guardò in modo interrogativo finché non fu messo a conoscenza del loro ‘piccolo’ incidente.
L’uomo rise dell' imbranato nipote, il quale non mancò di ricordargli che né lui né Rufy avrebbero avuto mai intenzione di seguire le sue orme in marina.
Marco si godette la scena di un Ace che correva tra i tavoli, inseguito da un adirato nonno.
Per fortuna che aveva detto al ragazzo di stare da lui, quell’uomo era un vero demonio.

Calmati i bollenti spiriti - con un caffè macchiato e uno corretto - riuscì a salvare il suo povero bar dalla furia dei due per poi metterli a sedere uno di fronte all’altro.
Tornò dietro il bancone a servire un cliente e li lasciò da soli.

“Starò in città per qualche giorno” disse dopo un po’ l’uomo.
“Come vuoi” rispose Ace alzandosi e riportando la tazzina vuota a Marco.

Garp era riuscito facilmente a seguire suo nipote fino al bar, nonostante la sua età se la cavava ancora bene in agilità. Immaginava, dato lo zaino, che sarebbe andato da qualcuno che conosceva per scampare alla sua amorevole ramanzina e sperava che andasse proprio dalla sua anima gemella. Diciamo che la fortuna era stata dalla sua.
Voleva solo vedere che genere di persona fosse e, quando aveva visto che si trattava proprio di Marco - l’aveva incontrato un paio di volte quando era andato a farsi una bevuta col vecchio Newgate - aveva ringraziato il cielo.
Perché il suo iperattivo nipote aveva finalmente qualcuno di responsabile e calmo di fianco che bilanciasse il suo carattere esuberante.
Gettò un’occhiata ai due al bancone e, quando vide gli sguardi che si rivolgevano, sorrise e si alzò, sentendosi di troppo.
“Ci vediamo nipote, ricordati che non ho ancora rinunciato a farti arruolare” commentò uscendo e non vedendo la smorfia sul volto di Ace.

Si diresse ad un’auto che lo stava aspettando ed estrasse il cellulare.
“Pronto? Newgate, è da un po’ che non ci vediamo. Ho una bella novità da raccontarti”





 




Angolo dell'Autrice:

Ecco finalmente posso dire di aver introdotto tutte le benedette coppie! 
Prima ZoSan che scrivo, spero non sia stata troppo scontata ma la scena col cibo è un classico.
Nonno Garp arriva in città e pedina Ace (quale nonno non lo farebbe?) e abbiamo l'incontro con Marco.
Doflamingo - sì, è uno Scorpione - sta macchinando qualcosa alle spalle di Kidd - sì, è un Capricorno - e non sarà piacevole.
Spero vi sia piaciuto, a presto e grazie a tutti per le recensioni!

Ace of Spades

  
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