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Autore: kleines licht    24/02/2016    1 recensioni
Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo
Written by: kleines licht & lastbreath
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Impala, Jo, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Titolo: I may I look I'm crazy, I should know right from wrong.
Fandom: Supernatural
Rating: Giallo
Avvertenze: Probabili modifiche alla cronologia della trama
Beta: lastbreath.
Trama: Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo


 
Pov Jo

Il mio sonno fu leggero come al solito, e questa mia caratteristica bastò a farmi sentire le dita di Dean muoversi leggere sul mio corpo. Ma non fu neanche difficile per me sentire, almeno in parte, quello che lui mi disse.
Mi ci volle uno sforzo enorme per non tradire il fatto di essere sveglia, ma nonostante tutto, credetti di essere stata abbastanza brava in ogni caso.
Le sue parole mi scossero nel profondo, come forse mai in vent'anni di esistenza. Possibile che fossi riuscita, in qualche modo, a prendermi anche i sentimenti di Dean Winchester? A stento mi reputavo capace di farlo con una persona qualunque -molti avevano avuto delle cotte per me, come anche lo stesso Mark- e adesso..avevo catturato l'imprescindibile. Beh, in fondo lui poteva dire la stessa cosa.
Mi sentii davvero bene dopo aver sentito ciò che inconsapevolmente mi disse. Ero quasi certa che lo facesse solo perché mi reputava addormentata, ma non l'avrei sbugiardato. Se fossi stata al posto suo, non avrei mai voluto che qualcuno, seppur il diretto interessato, sentisse determinate cose. Per lo meno, sapevo di poter nutrire qualche certezza nei suoi confronti. Se si vergognava così tanto a parlarmi così quando ero vigile ai suoi occhi, qualcosa voleva pur dire no?
Avrei voluto ascoltare la sua voce all'infinito, mentre mi ripeteva che non dovevo più mettermi in pericolo o che temeva che lo allontanassi, o addirittura che fossi capace di ferirlo così tanto pur non volendo. Avrei voluto che me lo dicesse a quattr'occhi, ma anche io avrei evitato quella piccola confessione se fossi stata più vigile. Pensandoci, però...ciò che mi aveva detto in quel momento era stato più intenso proprio per via della sua convinzione nel vedermi addormentata. Sarebbe stato un piccolo segreto.
Solo quando sentii il suo respiro regolarizzarsi crollai definitivamente, almeno fino a quando il sole non fece capolino nella mia stanza e mi svegliai lentamente, ben avvolta dal calore delle braccia di Dean.
E accorgendomi anche di qualcos'altro premuto sulla mia coscia, non potei fare a meno di ridere, toccandogli la punta del naso ripetutamente, senza però fargli male. -Si può sapere che cosa hai sognato stanotte, Winchester?- mormorai al suo orecchio, piano, per poi lasciargli un bacio sul collo.
Lo sentii inavvertitamente sospirare, stringendomi di più a sé e facendo comunque attenzione al fianco ferito.
-Non si può dire..- lo sentii pronunciare, con quella voce bassa e roca che mi faceva impazzire ogni volta.
-Ti vergogni ad ammettere che fai sogni erotici su di me? Ti immaginavo più sfrontato in certi ambiti..- gli dissi io, sfidandolo apertamente. E guardarlo poi aprire gli occhi, mostrandomi quelle due iridi luccicanti, fu una meraviglia. Era come se non avessi mai trovato occhi così belli e profondi. Beh, era la verità dopotutto.
-Non ho fatto sogni erotici su di te...ultimamente li sto mettendo in pratica...- sussurrò, stringendomi ancora di più a sé, e richiudendo gli occhi mi baciò dolcemente sulla fronte.
-Non so se essere contenta di questo oppure no... Vuol dire che hai sognato un'altra...- risposi io, carezzandogli piano la schiena e sentendo dei leggeri brividi, sul cammino delle mie dita.
-Puoi stare tranquilla...- mormorò semplicemente, e dopo uno sbadiglio, iniziò ad allentare la presa. Perché mi stava lasciando andare?! Che cosa avevo detto di così negativo?! Non feci in tempo a chiedere una spiegazione, che Dean aprì bocca.
-Io oggi devo ripartire... L'impala è pronta e devo raggiungere Sam..-
Il tono con cui parlò fu appena malinconico, e forse un po' triste. Chissà, forse dispiaceva anche a lui andarsene, sapendo che cosa era sbocciato tra di noi.
Alle sue parole feci un leggero sorriso, e così mi alzai con la dovuta cautela. Dean però mi fermò per un braccio, e con una carezza su di esso mi tirò appena verso il letto. -Devi stare qui- mi disse lui, con tono fermo, per costringermi a riposare.
-Secondo te non mi alzerò dal letto, sapendo che devi ripartire?- domandai ironicamente, sfuggendo alla sua presa. Anche Dean la allentò, capendo evidentemente che "i miei motivi erano nobili" e si alzò poco dopo. Mi accarezzò poi il fianco fasciato e sorrise, stringendomi di nuovo.
-Fai attenzione a non bagnare troppo la fasciatura. Ci vediamo dopo la doccia, mm?- mormorò lui, con le labbra sulla mia spalla. Io annuii, accarezzandogli appena la schiena e facendomi violenza psicologica per lasciarlo andare.
Un piccolo bacio sulla spalla, nuovamente. E poi un altro. E un altro ancora.
Furono brevi, leggeri, ma sapevamo entrambi che erano una sorta di consolidamento di ciò che avevamo detto la sera prima. Poi, con un sorriso leggero, se ne andò. Ed io mi rintanai in camera senza proferire parola.
La doccia che mi feci fu abbastanza veloce, cercando di stare il più attenta possibile alla fasciatura; in realtà, non vedevo l'ora di tornare tra le braccia di Dean e salutarlo per bene.
Dopo una bella asciugata, sicuramente avevo riacquistato un'espressione più umana e un aspetto decente, per cui mi vestii comoda per poterlo salutare e poi, dare una mano a mia madre al locale.
Vederlo uscire per il corridoio con il borsone in spalla fu strano. Era proprio vero che il destino prima dà e poi toglie. Ci eravamo detti qualcosa di importante e lui doveva tornare a casa. Se non era destino questo...!
Proprio per quel motivo, fu strano realizzare che lo stavo salutando. Era la prima volta che facevo una cosa del genere con qualcuno, e sinceramente avevo paura che non si voltasse più indietro e non tornasse. O che comunque sparisse e non si facesse più vivo.
Iniziai a pensare che avesse deciso di partire proprio perché gli avevo confessato cose "strane" per lui, per la sua ottica. E forse..forse faceva bene a partire, prima che fosse troppo tardi. Ma dall'altro mi vennero in mente alcuni ricordi vaghi delle sue parole. Che cosa dovevo pensare?!
 
Pov Dean
Non dormivo mai con altre persone. Ero abituato alla presenza di qualcuno nella mia stanza perché da sempre la condividevo con Sam ma non permettevo a nessuna donna di entrare nel mio letto. Di solito evitavo direttamente di addormentarmi e me ne andavo appena sentivo la noia calarmi addosso, cosa che di solito avveniva piuttosto presto.
Non mi importava portare avanti qualcosa di così personale: condividere il letto di qualcuno, sopratutto per una persona come me che aveva parecchie segreti e incubi con cui convivere fare qualcosa di così intimo avrebbe potuto significare piuttosto serio e importante. Avrei potuto svegliarmi nel cuore della notte, mostrarmi debole .. e non era sicuramente uno dei miei sogni più reconditi.
Avevo quindi reciso il problema alla radice: i miei rapporti iniziavano e finivano col sesso, per il mio piacere e quello della persona che stava con me. E non ero sicuramente uno che illudeva gli altri: avevo sempre messo in chiaro i miei fini con il mio corpo, e se necessario anche a parole. I rapporti chiari e disinteressati avevano reso la mia vita facile, senza impegni e facilmente gestibile, almeno dal punto di vista “sentimentale”.
La caccia e la mia lotta per difendere l’umanità e la mia famiglia contribuivano già a sufficienza a complicare ogni secondo della mia vita e non avevo certamente bisogno di altri problemi da gestire. Ero felice così, mi era sempre sembrata una scelta intelligente.
Sicuramente non mi aspettavo di dormire con Jo, di fare l’ennesima cosa fuori dagli schemi, soprattutto per me. Non mi sembrava normale, non per il sottoscritto: se fossi stato davvero in me non avrei mai permesso una cosa del genere ma ero piuttosto sobrio, non avevo mai usato droghe o altro e mi sembrava di aver scelto tutto razionalmente.
Forse la cosa peggiore era che non me ne ero per nulla pentito, e nel momento in cui tornai alla realtà mi sentii quasi sollevato, in pace con me stesso. Era assurdo ma era come se mi sentissi profondamente … in pace col mondo. Una di quelle sensazioni da ragazzino senza spina dorsale insomma, una di quelle cose che io non avevo probabilmente mai provato.
Era assurdo ma mi sembrava che quello fosse il mio posto, e mi sembrava giusto aver deciso di dormire con lei. Non ricordavo nemmeno di aver sognato qualcosa di particolarmente sconvolgente, anzi mi sembrava di non aver sognato nulla. E non mi accadeva quasi mai.
Ogni notte, da quando ero uscito dall’Inferno, i miei sogni erano tempestati dal fuoco e del calore invadenti, accompagnati dal dolore e dalla paura di perdere tutto. Non c’era regola, alle volte avevo semplicemente la sensazione di essere squartato all’infinito, altre volte invece erano le persone a me care ad essere torturate, come Sam o anche Bobby, malgrado fosse già morto. Mi sembrava praticamente impossibile uscirne,e non potevo fare altro che subire tutto quanto all’infinito. Diventavo per questo praticamente incapace di fare qualunque cosa che non fosse stare a guardare.
Svegliarmi senza le lacrime agli occhi e la sensazione di non riuscire a respirare fu tremendamente … positivo, quasi assurdo. Mi svegliai con la sensazione che fosse stato proprio quel corpo caldo che stavo stringendo a me a proteggermi e salvarmi da me stesso. Una sensazione che cercai di scacciare in fretta e che venne sostituita dalla consapevolezza di quel che era successo la sera prima.
Non sapevo come definire quel che ci eravamo detti, non ero mai stato bravo con le etichette, ma ero sicuro che non mi fosse mai successo prima se non qualche rara volta. Forse con Cassie, anche se con lei le cose erano state sempre piuttosto indefinite. Ero più giovane, inesperto, tendevo ad allargare troppo le cose nella mia testa e ne ero rimasto bruciato. Non avevo intenzione di replicare.
Non ero nemmeno sicuro di che cosa mi fosse successo la sera prima, di che cosa mi avesse portato a dire cose come quelle. Forse era semplicemente la paura di lasciarla andare, di perderla e di non riuscire a salvarla. Forse sapevo semplicemente che mi sarei sentito eternamente in colpa se non fossi riuscito a salvarla, e avevo paura del senso di colpa che ne sarebbe derivato. Avevo così tante cose da aggiustare e controllare che non riuscivo ad accettare l’idea di avere l’ennesima responsabilità addosso.
Eppure non mi era costato niente, avevo semplicemente detto quel che avevo in testa e non avevo fatto né detto niente che non fosse vero. Quello mi spaventava: se ero arrivato a un livello del genere forse le cose mi stavano sfuggendo di mano, e per quanto mi sembrasse sbagliato forse era giusto andarmene in quel momento, forse era necessario allontanarci e basta.
Infondo prima o poi sarebbe successo, prima o poi avrei dovuto andarmene e malgrado una stupida parte di me pensasse che in un altro momento Jo avrebbe potuto seguirmi, ero sicuro che fosse la cosa migliore per entrambi salutarci e basta, ora che le cose non erano ancora sicure e chiare, ora che eravamo in tempo per salutarci e basta.
La lasciai a fare la doccia, andando semplicemente nella mia stanza e riordinando velocemente le mie cose. Ero abituato ad andarmene, fare i miei bagagli e allontanarmi da qualunque posto. Non avevo mai chiamato nessun posto “casa”, eppure non avevo mai provato davvero rammarico o dispiacere. Forse al termine di una caccia finita male, forse al termine di una giornata particolarmente pesante o magari quelle poche volte che ero tornato in Kansas, dove ero nato.
Eppure in quel preciso momento mi sentii quasi pesante, sentii qualcosa di strano addosso che non ero troppo bravo a gestire. Non capivo bene che cosa pensare, sentivo semplicemente quanto mi pesasse questa volta fare i bagagli e togliere le tende. Fui addirittura costretto a far tacere quella parte di me che avrebbe voluto restare.
Non feci altro che andare a farmi una doccia, poco dopo, lasciando che l’acqua lavasse via tutti i miei pensieri che non riguardassero Sam e le sue condizioni. Per quanto potessi essere forte e distante, per quanto in realtà fossi così lontano dall’idea del fratello perfetto, non potevo smettere di interessarmi a lui e come ogni volta, quando finivamo distanti, mi ritrovai a domandarmi come stesse e dove fosse stato. Si sarebbe presentato? Sarebbe davvero venuto al nostro incontro o aveva semplicemente deciso di non tornare più da me? E le cose si sarebbero sistemate o saremmo tonati i finti colleghi senza alcun legame particolare?
Mi trastullai nel dolore e nella sofferenza che parte di quei pensieri portavano fino a che gli occhi, la pelle e il profumo di Jo non tornarono ad intasarmi i pensieri in maniera piuttosto possessiva. Come se la mia testa fosse ormai diventata di sua proprietà!
Spensi con forza l’acqua, quasi con stizza, gettandomi fuori dalla doccia come se ne fossi stato scottato e mi avvolsi nell’asciugamano: se le davo così tanto potere avrei finito per uscire distrutto e sicuramente non potevo permettermelo.
Lasciai i capelli bagnati, indossai velocemente dei vestiti puliti e mi attardai qualche istante per controllare di avere tutto: tastai la presenza del portachiavi quasi dimenticato che mi aveva portato lì, giusto per accertarmi che fosse al suo posto nella tasca posteriore dei miei jeans e alla fine chiusi semplicemente la porta.
Come ogni volta quel gesto risultò decisivo, ma non così tanto definitivo come avrebbe dovuto: se ogni altra volta era il simbolo della fine di qualcosa –una caccia, un caso, una tappa inconcludente- questa volta sembrava semplicemente apporre un punto e virgola su una questione ben più grande, che aveva tutta l’aria di voler rimanere in sospeso.
Mi voltai nel corridoio, forse per togliermi dalla pelle l’idea di non aver concluso qualcosa, e mi ritrovai gli stessi occhi di poco prima addosso, questa volto molto più vivi e concreti. Sorrisi appena di fronte alla presenza di Jo e fu come se percepissi chiaramente ciò che entrambi stavamo per fare.
Non ero mai stato un asso negli addii o nei saluti, proprio per questo di solito tendevo ad andarmene e basta, lasciando tutto com’era. Niente saluti, niente  stupide parole fatte. Spesso era meglio un taglio netto, sono quelli che guariscono più in fretta.  Questa volta però sembrava impossibile e anche stranamente sbagliato. Mi sembrava probabilmente impossibile e inutile fare qualcosa del genere, come se davvero avessi qualcuno a cui dare una spiegazione. Lo stesso “qualcuno” esattamente di fronte a me in quel momento.
Sorrisi appena, sospirando e avvicinandomi. I miei occhi, forse fin troppo istruiti dall’abitudine, andarono a focalizzarsi sulla sua maglietta, per poter controllare la sua ferita. Il fatto che non si vedesse altro che il tessuto candido della maglietta sembrò sollevarmi abbastanza da riuscire a rialzare lo sguardo su di lei.
Sospirai profondamente, quasi pesantemente, muovendomi lentamente fino ad arrivarle tremendamente vicino, abbastanza da sentire la regolarità del suo respiro e il suo profumo avvolgermi. Non feci altro che sorriderle dolcemente, arrivando ad accarezzarle una guancia.
-Niente espressioni strane, ragazzina. Sono un cacciatore e … lo sei anche tu, che a me piaccia o no. Sai che sarebbe dovuto succedere prima o poi- le feci notare semplicemente e mi resi semplicemente conto del fatto che avrebbe sofferto. In qualche modo era come se i suoi occhi mi stessero dicendo che quel distacco non le avrebbe fatto bene, che si sarebbe appigliata alle parole della notte precedente per ricamare pensieri, preoccupazioni, qualunque cosa.
Se fosse stata una qualunque l’avrei lasciata semplicemente a sé stessa, ignorandola, ma qui si trattava di Jo e … e se avesse agito come quella notte si sarebbe fatta male. Io per primo ero il chiaro esempio di quanto pensieri e preoccupazioni potessero influenzare la caccia e potessero portare inevitabilmente a guai ben più seri. Se fossi stato nei dintorni, sicuro di poterla recuperare, avrei agito diversamente, ma così era tutta un’altra storia.
Per un secondo davanti ai miei occhi comparve un annuncio di morte, un messaggio, anche solo una mail che mi informava che Jo Harvelle era caduta vittima di una qualunque creatura malvagia che le si era rivoltata contro. Fu come se fosse successo davvero, come se non fosse più viva di fronte a me.
Sospirai e sorrisi appena, provando a mostrarmi quanto più possibile credibile. Il silenzio che la avvolse mi sembrò quanto più possibile giusto: sembrava in qualche modo giusto, io per primo probabilmente non avrei detto nulla in quella situazione. Si era aperta così tanto che non mi aspettavo niente.
-Hai intenzione di tornare? O sparirai e basta?- domandò dopo poco, sorprendendomi forse fin troppo. Quello la diceva lunga su quanto probabilmente avessi sbagliato a dire quel che avevo detto. Avrei dovuto convincerla che non sarei tornato e che non me ne importava niente ma forse non sapevo nemmeno io che cosa stavo facendo. In quel momento mi sembrò piuttosto incredibile e stupido, e non feci altro che sorridere appena.
-Non lo so Harvelle, non sono bravo a farmi sentire ma…mi farò vivo. Devo tornare da Sam per il momento. Cerca di prenderti cura di te e cambia spesso la fasciatura … e anche se il tuo orgoglio te lo impedirà chiama se hai bisogno – provai a dire, provando in qualche modo a essere convincente, e forse molto più dolce e gentile di quanto non sarei stato di solito.
   
 
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