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Autore: Emy Potter    25/02/2016    2 recensioni
Londra, 1862.
Nancy Phillips è una ragazza di venticinque anni dall'aspetto ingenuo e infantile, il quale è in netto contrasto con il suo passatempo preferito: rubare. Vivendo a Whitechapel, nella zona est di Londra, capita spesso di imbattersi in situazioni spiacevoli, ma questa volta assisterà ad un sanguinoso omicidio che la lascerà scossa.
E' a causa di questo che si ritroverà alla corte della regina Vittoria, la quale le chiederà di collaborare essendo stata testimone di un tale delitto. Sarà quindi compito di Nancy aiutare quelli che erano i suoi nemici per salvare vite innocenti, portandola anche a doversi allontanare dal suo amico di infanzia Thomas.
Ma quello che più la spaventa non è il rischio che corre, ma il poter perdere se stessa e quello che un tempo era. Sarà il destino a deciderlo, dopotutto, per lei, questo è solamente un altro gioco.
E' la mia prima storia originale, cercate di capirmi.
Spero vi piaccia!
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
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Capitolo 1: Nel posto sbagliato al momento sbagliato


Quando uscì dal sudicio pub fu eternamente grata al freddo e umido clima di Londra, il quale le fece dimenticare il forte odore di alcool e sudore che sentiva fino a qualche secondo prima.
Inspirò profondamente, gli occhi chiusi, mentre un'ondata di calma scivolò giù tra le membra e la riscaldava, in perfetto contrasto con il freddo vento notturno.
Quando riaprì le palpebre vide il vasto cielo scuro sopra di lei, le stelle che a malapena si potevano scorgere a causa delle grandi nuvole che perennemente coprivano la città come un grigio lenzuolo.
"Stai andando via?" la voce di Thomas la destò dai suoi pensieri, così dolce e premurosa che sembrava quasi irreale in confronto ai trattamenti a cui era ormai abituata.
"E tu rimani qui?" ribatté la ragazza, gli occhi ancora fissi sul cielo, sentendo comunque l'amico affiancarsi a lei.
"Sì, credo che rimarrò ancora un pò" rispose lui abbassando lo sguardo. Sembrava preoccupato.
"Va tutto bene?" chiese Nancy  finalmente posando gli occhi su di lui, una mano posata sulla sua spalla.
"Sì, solo...fa' attenzione sulla via di ritorno. Sarà ormai mezzanotte circa e questa zona è poco raccomandabile di giorno, figuriamoci ora"
La mora alzò gli occhi al cielo "Come se non lo sapessi. Tranquillo, so cosa fare".
Thomas era sempre stato molto protettivo nei suoi confronti, forse perché lei era stata l'unica persona che gli fosse mai stata vicino. Si erano sempre sostenuti a vicenda, dipendevano da loro stessi, dalla loro amicizia, come se fossero sempre uno davanti all'altro, il corpo inclinato in avanti e le mani giunte per impedire al rispettivo compagno di cadere. L'equilibrio di lui dipendeva da quello di lei, e viceversa.
"Stai comunque attenta, okay?" continuò lui.
Le venne spontaneo stringerlo a se, malgrado solitamente odiasse il contatto fisico. Forse Thomas era l'unica persona che lei avesse mai abbracciato veramente.
"Stai diventando noioso, Tommy" ridacchiò Nancy.
Per tutta risposta, Thomas la strinse più forte, mentre sorrideva nel sentire quel soprannome che da lei suonava perfetto. Amava quando lei pronunciava il suo nome.
La mora non era per nulla stupida e intuiva che per lui potesse esserci più di un'amicizia, ma si limitava a comportarsi come aveva sempre fatto e lasciandole i suoi spazzi. Se un uomo flirtava con lei e la giovane accettava le sue avance, Thomas si limitava a stare in disparte senza mostrare alcun segno di gelosia.
Finalmente, Nancy sciolse l'abbraccio e gli diede una pacca sulla spalla.
"Ci vediamo, Mr. Dixon" ridacchiò per poi girare i tacchi e cominciare a camminare per le pericolose strade di Whitechapel, mentre vecchi ricordi le scorrevano nella mente come un fiume.
 
-O-

"Per l'amor del cielo, Nancy, quello è un Do, non un Sol!"
La bambina sbuffò rumorosamente, le piccole dita ancora sui tasti del pianoforte.
"Suvvia, non è signorile sbuffare in quel modo. Sei una lady" la rimproverò la signora Phillips. "Ricomincia"
"Da capo?!" esclamò esterrefatta la piccola.
"Sì, da capo"
Meredith Phillips era una giovane e bellissima donna di soli ventiquattro anni, famosa per il suo lavoro: cantante lirica. Il suo splendido e pallido viso era incorniciato dai lunghi capelli biondi, in quel momento raccolti in un'elegante chignon, gli occhi di un verde tanto chiaro e intenso che ricordava i prati in cui la figlia amava giocare, il corpo formoso nascosto da un lungo abito dorato.
"Non posso uscire?" chiese per l'ennesima volta la ragazzina di soli sei anni. Era completamente diversa dalla madre, probabilmente anche a causa dei suoi modi di fare più maschili che femminili. Aveva sempre preferito rotolarsi giù dalle colline che giocare a prendere il té con le sue coetanee.
"No" rispose secca la donna. "Ricomincia"
Nancy obbedì e, in un attimo, le dita tornarono a premere i tasti del pianoforte, a volte veloci e altre lenti. Per quanto lei odiasse la musica, era senza dubbio un talento naturale, forse a causa della madre, ma se ne vergognava profondamente. Spesso aveva fatto scappare i suoi insegnanti di pianoforte perché sbagliava volontariamente le note, così Meredith si era sentita costretta ad istruirla lei stessa. La povera bambina rimase delusa quando scoprì che le sue lezioni non erano saltate.
Quando finalmente la canzone finì, la signora Phillips sospirò. "Finalmente! Non era difficile, vero?"
La bambina alzò gli occhi al cielo e, senza rispondere, corse fuori, sapendo che finalmente la tortura era giunta al termine.
Quando aprì la porta, non si stupì di trovarsi davanti un bambino biondo riccioluto sui cinque anni, indosso una semplice camica bianca e un paio di pinocchietti verdi che mostravano le sue fragili e magre gambe. Appena la vide fece un brillante sorriso, mostrando il dente davanti mancante.
"Eccoti finalmente!" saltellò felice il bambino.
"Ciao Tommy" sorrise Nancy.
"Hai finito adesso le lezioni?"
"Sì, noiose come al solito" sbuffò lei, prendendo il nastro che teneva solitamente appeso alla cinturina del vestito rosso a quadri, e cominciando a legarsi i capelli in una pratica coda bassa.
Per Thomas, quello era il segno che lei voleva giocare. Senza dire nulla, le prese la mano e la trascinò di corsa fino ad Hyde Park, dove giocarono per quasi tutto il pomeriggio arrampicandosi sugli alberi, facendo risuonare per l'intero parco dolci e gioiose risate che venivano direttamente dal cuore.
"Thomas" cominciò Nancy seduta su un ramo basso, la schiena appoggiata al tronco e le mani intente a intrecciare una corona di margherite, la quale le stava venendo un disastro.
"Sì?" chiese il ragazzino seduto affianco a lei,  le gambe a penzoloni nel vuoto mentre guardava i petali bianchi volare lentamente verso il basso.
"Saremo sempre amici, vero?" domandò la bambina. Thomas era l'unico che non aveva mai giudicato i suoi modi poco aggraziati, quello che poteva aspettarla anche ore sotto casa e che era sempre e comunque dalla sua parte.
"Certo!" esclamò il biondo sorridente "Te lo prometto".

 
-O-

Nancy sussultò quando vide di sfuggita un'ombra passarle di fianco, scattante e furtiva.
Quando si voltò verso il vicolo affianco, la figura sconosciuta era completamente scomparsa, lasciando solo un debole rumore di passi che risuonavano nell'aria.
Non sapeva se lo fece per curiosità o per istinto, stava di fatto che si era ritrovata a seguire l'ombra, scoprendone dalla forma che era un uomo- o donna- incappucciato.
Lo vide svoltare vari angoli di corsa, tenendo sempre lo stesso andamento e ritmo come se non fosse in grado di stancarsi. Fu per questo che la ragazza lo perse di vista.
Cominciò a vagare per gli stretti vicoli londinesi, finché non si ritrovò davanti ad uomo che vomitava sulla strada tutto quello che probabilmente aveva nello stomaco.
Il solito ubriacone; pensò scocciata Nancy. Si stupì lei stessa di quel pensiero. Cosa voleva trovare? Uno straniero che scappava da qualcuno e che stava vivendo un'entusiasmante avventura? Quello non era un entusiasmante libro di Alexandre Dumas, ma la realtà.
Lo vide alzarsi dopo un pò e guardare attentamente se non c'era nessuno. Sembrava spaventato, come se qualcosa o qualcuno dovesse spuntare da un momento all'altro per attaccarlo.
Nancy si voltò per andarsene, quando sentì l'uomo emettere un gemito dolorante e strozzato. Quando si rigirò, quello che vide le fece gelare il sangue nelle vene.
Dietro di lui c'era la figura incappucciata, in mano un coltello che aveva passato da parte a parte lo sconosciuto.
L'uomo cadde a terra, mentre l'altro si sedette a cavalcioni su di lui e alzò la lama al cielo, la quale luccico alla luce della notte, maligna e letale. Ancora una volta, affondò nel corpo della vittima con un tonfo umidiccio e rivoltante. Nancy dovette portarsi una mano alla bocca per fermare un conato di vomito. Se prima l'uomo stava tremando leggermente, ora era completamente inerme. Era morto.
Ma l'assassino non sembrava soddisfatto, poiché alzò nuovamente il coltello e lo affondò ancora, e ancora, e ancora, e ancora...
Nancy rimase come ipnotizzata da quel raggelante movimento, gli occhi spalancati, il corpo che tremava più per l'orribile visione che per il freddo.
Una parte di lei voleva gridare, urlare, strillare, piangere, voltarsi e correre via più veloce che poteva, ma l'altra le diceva di rimanere lì, ad assistere a quell'orrore disumano, a quella testimonianza di crudeltà, che se avesse fatto un solo rumore avrebbe fatto la stessa fine.
Il tempo in cui si compì il delitto le parve infinito, mentre all'assassino pareva non bastare mai dati i ripetuti colpi che affliggeva all'uomo ormai morto. Lo vide ad un certo punto alzarsi ansante dal corpo martoriato, immerso in un vero e proprio mare di sangue, il viso girato mollamente di lato.
Cominciò ad allontanarsi, prima lentamente e poi sempre più veloce, fino a che non si mise a correre.
Per ancora qualche istante, Nancy rimase immobile, gli occhi fissi sul cadavere mentre si stringeva in se stessa più forte che poteva. Quasi in trance si avvicinò, ogni passo fatto con uno sforzo che pareva sempre troppo per lei.
Solo quando vide gli occhi spalancati  e privi di vita dell'uomo, urlò.
 
-O-

NOTA AUTRICE: Rieccomi con il primo vero capitolo di questa storia. Che ne pensate? Spero vivamente che vi sia piaciuto.
Per chi non sapesse chi è Alexandre Dumas (ma non credo ci sia nessuno che non lo sappia) è l'autore de "I tre moschettieri", di cui penso che tutti abbiano almeno sentito il titolo.
Ad ogni modo, ringrazio tutti quelli che stanno seguendo questa storia, spero vivamente che questo capitolo raggiunga le vostre aspettative.
Alla prossima!
Kisses, Emy.
   
 
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