Primo capitolo: “Ebbene, la compagnia è formata.”
Le Riverboot
erano delle verdeggianti colline tra le quali scorreva un lungo e placido
fiume. Esse erano il centro perfetto di quel mondo, a Ovest costeggiavano le
grandi foreste degli elfi, a Sud svettavano le montagne dei nani, a Est si
intravedevano le città degli uomini, e a Nord si estendevano le pianure steppose
dei ciclopi e dei troll. Si poteva persino scorgere la Foresta Bianca,
incastrata tra le terre degli uomini e le montagne dei nani.
Le Riverboot
erano dunque terra di nessuno, o meglio, terra di tutti. Vi fioriva il
commercio e vi vigevano leggi neutrali che proteggevano la pace e proibivano
alle faide tra popoli di metterci piedi.
Non c’era quindi da stupirsi se la taverna del Lupo era strapiena di avventori che bevevano, mangiavano,
cantavano e ridevano.
La Maga era seduta a un
tavolo sorseggiando un infuso di foglie di menta. Un osservatore disattento
avrebbe visto una bella ragazza dai capelli lunghi e castani, raccolti in una
comoda treccia, con abiti di buona fattura adeguati al viaggio che evidenziavano
un fisico asciutto e longilineo, ma probabilmente non avrebbe notato la daga
che portava al fianco oppure lo straordinario spazio che aveva ottenuto senza
fatica malgrado la folla presente e chiassosa. Un osservatore più acuto avrebbe
notato anche il modo in cui i suoi occhi andavano alla porta ogni volta che
essa si apriva e il lampo che colse quei begli occhi verdi quando comparve un
elfo scuro.
L’elfo osservò con una
smorfia sulle labbra l’accozzaglia di esseri che affollava la taverna. Orchi, gnomi,
umani, nani e persino qualche elfo. Il disgusto si attenuò quando i suoi occhi
si posarono sulla Maga. Con passo deciso raggiunse la ragazza e la guardò
interrogativo.
“Siediti Morcheo.” L’elfo afferrò una sedia e la accostò al tavolo,
l’armatura a scaglie non infastidiva i suoi movimenti, ma dovette spostare la
lunga spada che portava al fianco per sedersi.
“Sono qui, parla.”
L’arroganza nel suo tono non face battere ciglio alla giovane Maga che con un
semplice cenno attirò l’attenzione dell’oste.
“Maga, la mia regina mi ha
permesso di allontanarmi dal suo servizio perché conosce il debito che pesa tra
di noi, ma non tarderà a richiamarmi, quindi non perdiamo tempo.”
“Non sei l’unico che sto
aspettando. Molti devono ancora giungere…” Il discorso rimase sospeso perché la
ragazza aveva voltato la testa verso la porta che un ciclope aveva con fatica
oltrepassato. La testa dell’essere non era lontana dal soffitto, ma la taverna
era costruita anche per taglie più grosse della sua.
“Quello?” Chiese spezzante
Morcheo.
“Sì.” Il ciclope si
avvicinò al loro tavolo poi si sedette a terra, spingendo da parte un certo
numero di avventori.
“Maga, eccomi, cosa ci fa
qua un elfo nero? Io forse non ti basto?”
“Da te non può volere
altro che un acchiappa mosche, da come puzzi sarai il loro preferito.” Il
ringhio basso del ciclope risuonò nella taverna attirando sguardi preoccupati.
“Morcheo,
Kanesas, trattenete le lingue e le armi.” Il tono
della Maga era pacato, ma entrambi i guerrieri si zittirono. “Come stavo
dicendo a Morcheo, la missione in cui stiamo per
imbarcarci necessita di un gruppo con membri che presentano qualità diverse.”
“Di che missione si
tratta?”
“Se non vi dispiace vorrei
parlarne quando saremo tutti presenti.” L’elfo annuì alla sua risposta e
all’oste che era appena accorso ordinò da bere imitato dal ciclope.
Non dovettero attendere
molto, un nano dalle braccia macchiate di rosso si presentò come Krov e si sedette assieme a loro poi giunse un sileno,
dall’aria tutt’altro che felice di essere lì.
“Chi manca ancora?” Chiese
il powrie Krov dopo essersi
scolato la terza pinta di birra.
“Una persona.” Non si
sbilanciò la Maga. Il sole era quasi al tramonto e il gruppo cominciava a
spazientirsi.
“Abbiamo proprio bisogno
di questa persona?” Chiese il sileno. “Perché sinceramente vorrei andarmene di
qua.” Da quando era entrato continuava a lanciare sguardi spaventati agli altri
avventori, la folla lo metteva a disagio e di certo Kanesas
non lo aiutava gettandogli occhiate fameliche.
“Maga, è tempo di
risposte.” Insistette Morcheo.
“Senza il quinto elemento
non andremo da nessuna parte e…” Di nuovo si interruppe perché un’esile figura
stava entrando titubante dalla porta. Gli occhi blu della giovane donna appena
entrata spaziarono lungo tutta la taverna per poi fermarsi incrociando quelli
verdi della Maga. “Bene.” Il sorriso che comparve sulle sue labbra indicò a
tutti che anche l’ultimo componente era arrivato.
La giovane si fece avanti
muovendosi con una certa goffaggine tra gli, ormai ubriachi, avventori della taverna.
“Benvenuta.” Il sorriso
della Maga non era sparito, anzi, si alzò e le prese una sedia affinché le si
sedesse accanto. “Ora possiamo cominciare.” Annunciò con soddisfazione. “Siete
tutti qui perché necessito del vostro aiuto per una missione di fondamentale
importanza per il nostro mondo.” Osservò tutti gli esseri raccolti attorno al
suo tavolo, il volto pieno di gravità. “Ho scoperto che un potente stregone sta
cercando le Tre Gemme dell’Aldilà.” Le sue parole ottennero qualche
sopracciglio inarcato, ma nulla di più. “Conoscete le Gemme dell’Aldilà?”
“Sono solo un mito.”
Commentò il sileno stringendosi nelle spalle.
“No, esse sono reali, lo
so con assoluta sicurezza.” Dicendo questo infilò la mano nella giubba e ne
estrasse un sacchettino. Lo aprì e ne rovesciò il contenuto sul palmo della
mano. Tutti gli occhi si fissarono sul suo pugno e la Maga, ottenuta la giusta
attenzione lo aprì. Un piccolo sassolino verde splendeva nella sua mano.
“Questa è una di esse, il
suo potere è flebile, ma con la giusta magia persino con una sola potrei
richiamare uno spirito dall’Aldilà.” Richiuse il palmo e fece scomparire la
pietruzza nel sacchetto e poi nella sua giubba.
“Quindi vuoi che scopriamo
dove sono le altre prima che questo stregone lo faccia?” Morcheo
aveva incrociato le braccia aspettando una sua risposta.
“No, so esattamente dove
sono le altre due Gemme.”
“Allora cosa vuoi da noi?”
Kanesas afferrò il prosciutto che aveva abbandonato
sul tavolo e riprese voracemente a mangiarlo.
“Voglio che mi aiutate ad
averle tutte e tre.”
“Vuoi il loro potere?” L’ondina
intervenne per la prima volta, gli occhi che si fissarono profondi in quelli
della Maga.
“No, quando le avrò potrò
nasconderle in un luogo sicuro, dove lo stregone non le troverà mai.” La
risposta lasciò tutti in silenzio, la Maga incrociò la mani sul tavolo davanti
a lei osservandoli. “Morcheo, Kanesas,
Krov siete guerrieri e conoscete i pericoli a cui
andrete incontro seguendomi.” La Maga voltò lo sguardo sul sileno. “Phy, sei uno studioso, le tue conoscenze saranno vitali, ma
andrai incontro a rischi a cui i tuoi libri non ti hanno preparato e tu, Eis, principessa ondina,” la Maga la guardò con crescente
serietà. “Nel luogo dove andremo la tua magia sarà fondamentale, ma dovrai
affrontare minacce che possono andare oltre quello che io stessa prevedo.” Fece
una lunga pausa osservando i volti davanti a lei. “Quello che vi chiedo è di
affrontare pericoli e di rischiare la vostra vita in una missione di cui
nessuno saprà mai nulla.”
“Abbiamo un patto e non
temo pericoli.” Il ciclope sbadigliò e chiamò l’oste per un altro prosciutto.
“Vi ho già detto che vi
seguirò, il mio onore di guerriero lo impone.” Krov
si strinse nelle spalle poi estrasse uno dei pugnali e cominciò a pulirsi le
unghie. Morcheo annuì semplicemente e così fece il
sileno. La Maga allora guardò Eis. La principessa
giocherellava con un pendente a forma di goccia che portava al collo,
quell’oggetto magico permetteva all’ondina di rimanere lontana dall’acqua, un
talismano donato a sua madre, la regina, dalla Maga stessa.
“Verrò con voi.”
“Ebbene, la compagnia è
formata.” La Maga si alzò sorprendendo tutti. “Partiamo.”
“Ma è scesa la notte e…”
Obiettò il sileno.
“Non c’è tempo da perdere,
partiamo subito.”
La Maga li guidò verso una
chiatta attraccata al piccolo molo della taverna. Senza discutere vi si
sistemarono tutti, persino Kanesas che detestava
l’acqua e il cui peso metteva alla prova il legno dell’imbarcazione.
Krov si mise ai comandi, abituato a dirigere le tozze
imbarcazioni fabbricate dai powrie, mentre Morcheo liberò gli ormeggi e si mise di vedetta grazie alla
sua prodigiosa vista notturna. La Maga si sistemò accanto a Eis
che sporgeva la mano sfiorando la fredda acqua del fiume.
“Avremo bisogno di stabilità
e rapidità, potete darcele entrambe?” L’ondina annuì, chiuse gli occhi per un
breve istante poi li riaprì. Immediatamente la corrente, rispondendo alla
chiamata della principessa, si ingrossò raccogliendo la chiatta e spingendola
velocemente al centro del fiume e poi via, lungo di esso.
“Grazie.” La Maga ottenne
un timido sorriso da Eis che distolse lo sguardo da
lei per tornare a fissare il fiume.
Viaggiarono per gran parte
della notte, dirigendosi a Est e inoltrandosi nella terra degli uomini.
“Dove ci porti?” Chiese Phy all’alba, quando la Maga ordinò di attraccare. “Queste
terre sono occupate dai Signori della Cenere che non sono notoriamente
accoglienti, soprattutto quando gli ospiti non sono umani.”
“Il sileno ha paura, io
no, ma voglio sapere lo stesso dove condurrai i nostri passi.” Morcheo aveva incrociato le braccia e guardava la Maga con
sospetto.
“E’ presto detto. Stiamo
raggiungendo Ramad, dovremmo penetrarci in segreto e
rubare la Gemme dell’Aldilà.” Il ciclope sbuffò e Krov
fece una smorfia, persino Eis sobbalzò a quelle
parole.
“Vuoi la nostra morte? Ramad è la fortezza più inespugnabile che esista.” Phy era impallidito e scuoteva la testa. “Nessuno, mai, vi
è penetrato, non gli eserciti che l’hanno assediata, né ladri erranti, né abili
ingannatori, è protetta da soldati e da antichissimi incantesimi!”
“Phy,
conosci la Storia, cosa sai dirmi dell’elfo Taxo?” Il
satiro inarcò le sopracciglia perplesso.
“Taxo,
durante la guerra dei Troll, centinaia di anni or sono, uccise il malvagio Sayiya ponendo fine alla guerra e liberando i Troll dalla
sua nefasta influenza…”
“Esatto, lo uccise con 'Ayam, rubando l’arma magica allo stesso Sayiya.
Il potente incantatore delle mura di Ramad.”
“Ho sempre amato la Storia,
ma non vedo come questa lezione possa aiutarci ad entrare a Ramad.”
Intervenne Morcheo.
“Molto semplice, Taxo usò un passaggio segreto, lo stesso che useremo noi.”
Il silenzio calò sul gruppo mentre tutti la fissavano tra il perplesso e
l’ammirato.
“Tu… ne sei sicura? Perché
non ho mai letto niente di simile…”
“Phy,
ci sono molte cose di queste terre che non so, ma ci sono dettagli delle Storia
che conosco, dettagli come l’esatta ubicazione del passaggio segreto.”
Mangiarono camminando, con
Kanesas che si lamentava per il passo lento dei compagni
dalle gambe corte e Krov che raccontava delle
numerose volte in cui si era inoltrato in quelle terre per uccidere uno o più
nemici.
La Maga camminava accanto
a Eis, ma silenziosa e persa nei suoi pensieri non
interveniva nelle discussioni.
“A cosa pensi?” La Maga si
voltò con un sorriso verso la ragazza stringendosi nelle spalle. “La nostra
missione ti preoccupa?”
“No, so che riusciremo.”
Sorrise ancora osservando quei dolci e curiosi occhi blu. “Solo mi piace
riflettere mentre cammino, la strada scorre sotto di me più velocemente.” Eis la scrutò, poi annuì, accettando il fatto che la Maga
non volesse approfondire.
“Sai, mi ricordo il giorno
in cui sei arrivata nel nostro regno con l’amuleto.” La giovane alzò la mano
sfiorando la goccia di cristallo che portava al collo. “Senza non credo che il
nostro popolo esisterebbe ancora.” La Maga annuì, le ondine erano state
sull’orlo della catastrofe, ma il suo intervento aveva permesso alla loro
regina di raggiungere la regina degli elfi scuri e così tessere un’alleanza che
aveva salvato entrambi i popoli dalla distruzione. “Avevo sempre sentito
parlare della Maga, ma non avevo mai immaginato che eri così giovane...”
Arrossì e la Maga sorrise.
“La mia giovinezza ha
spesso giocato a mio favore, non ci si aspetta che io possa essere una minaccia
reale.”
“Degli uomini a cavallo.”
Avvisò Morcheo che era partito in avanscoperta
qualche ora prima.
“Quanti?” Chiese Krov estraendo un pugnale.
“Dieci.”
“Ne ho affrontati di più
numerosi, uccidiamoli.”
“Sono d’accordo, ho fame.”
Kanesas alzò la clava indicando di essere pronto.
“No, dobbiamo rimanere
invisibili per il momento.” Il nano ritirò il coltello mentre il ciclope
emetteva un basso ringhio.
“Di sicuro non potranno
raccontare nulla a nessuno dopo che avrò finito con loro! E se preferisci
mangerò solo i cavalli.”
“Ho detto no.” La Maga lo
fissò con occhi duri come smeraldi e il ciclope distolse lo sguardo abbassando
però la clava in segno di resa.
Si allontanarono dalla
strada nascondendosi tra i radi cespugli che crescevano in quelle terre. I
cavalieri, splendidi nelle loro armature dorate passarono oltre senza vederli e
così ripresero la loro strada. Quando ormai la sera stava scendendo videro le
luci della città-fortezza dei Signori di Cenere: Ramad.
La Maga li condusse sicura fino a una roccia che sembrava una lama spezzata
infissa nella terra. Lontana si stagliava Ramad,
dominando il territorio grazie all’alto sperone di roccia su cui era costruita.
“Qua ci separiamo.”
“Cosa?” Phy scosse la testa. “Separarci è una pessima idea.” Ma la
Maga non lo ascoltò continuando invece a spiegare.
“Io, Phy
e Eis entriamo nel passaggio segreto, mentre Kanesas, Morcheo e Krov creeranno un diversivo. Ho bisogno che le guardie
credano di aver sventato l’attacco e abbassino la guardia, altrimenti non
giungeremo mai nella sala del tesoro.”
“Quindi dobbiamo farci
catturare? E’ questo il tuo piano?” Morcheo non
sembrava affatto contento.
“Sì, ovviamente sarete
sbattuti nei sotterranei e noi vi libereremo una volta presa la Gemma.”
“Per la maledizione che mi
ha fatto perdere il berretto! Questa è una follia! Potrebbero ucciderci subito
invece di sbatterci nei sotterranei.” Krov si
tormentava la folta barba nera mostrando per la prima volta di essere
preoccupato.
“Ho detto che non sarebbe
stata una missione facile e ho detto che mi sareste serviti tutti voi. Esiste
una leggenda umana, dice che un ciclope tenterà di rubare dal tesoro, questo
gesto folle verrà sventato, ma porterà rovina su Ramad
se il ciclope non verrà ucciso secondo un rituale.”
“Stai scherzando Maga? A
me sembra una leggenda che hai appena inventato.” Kanesas
era ancora contrariato dopo l’incontro dei cavalieri e non sembrava in vena di
approvazione.
“No, anche io conosco la
leggenda del ciclope. E’ antica, deriva dai tempi di Taxo,
lui aveva un ciclope come compagno.” Si bloccò osservando i compagni attorno a
sé. “Un ciclope, un’ondina, un nano, un sileno e un umano, aggiungendo che Taxo era un elfo… hai riproposto la stessa compagnia!” Phy osservò la Maga stupito. “Perché?”
“Si da il caso che cerco
quelle qualità specifiche che servirono anche a Taxo,
quello che lui ha ottenuto grazie al Creatore io l’ho messo assieme con attenzione.
Ma non ha importanza, siete disposti a fare quello per cui siamo venuti?” Dai
tre guerrieri ottenne solo dei cenni di assenso scontento, ma non le serviva
altro.
Eis osservava la luna in silenzio quando la Maga si
sedette accanto a lei, Phy poco lontano russava
leggermente.
“Dovresti dormire.”
“Come posso dormire? La
luna è così bella.”
“Andrà tutto bene.” Gli
occhi dell’ondina si spostarono su di lei, consapevoli che la donna aveva colto
la sua paura e quello che realmente non la lasciava dormire.
“I compagni di Taxo sono morti, uno dopo l’altro, solo l’elfo riuscì a
tornare a casa.” Ricordò allora Eis. La Maga annuì
mentre alzava il volto alla luna. Il silenzio si protrasse fino a quando la
donna non decise di romperlo.
“Eis
significa ghiaccio non è vero?”
“Sì, lo specchio d’acqua
in cui mia madre partorì gelò la notte in cui sono nata. Il tuo nome invece
nessuno lo conosce…” Di nuovo il silenzio.
“Maga è l’unico nome che
avrebbe senso per me in questa terra.”
“In questa terra? Perché
esistono altri mondi?”
“Certo che no.” La Maga si
alzò sorridendo. “Dovresti davvero dormire fino a quando non sarà il momento.”
L’ondina la guardò
allontanarsi pentendosi di averla infastidita con le sue domande.