Capitolo 7:
ADDIO EMPIRE...
La
ragazza fece immediatamente per rialzarsi e fronteggiare la
minaccia, ma si rese conto che ciò non era necessario.
L’individuo abbassò la
pistola e le porse lui stesso la mano. «Aspetta, ti
aiuto.»
Osservò
la mano perplessa, poi si concentrò sulla persona di fronte
a
lei. Era un ragazzo, probabilmente sulla ventina. Capelli e occhi
castani,
giacca e jeans simili a quelli di Lucas e un mezzo sorrisetto stampato
in
faccia. «Non ti sei fatta male, vero?»
«No,
no...» mormorò la ragazza, decidendo di accettare
l’aiuto. Quel
tizio non sembrava pericoloso, nonostante la pistola. E poi, prima
Rachel era
stata colta alla sprovvista, ma ora era pronta, se le cose si fossero
messe
male avrebbe potuto difendersi. Fu aiutata ad alzarsi, poi il suo
interlocutore
ritirò la mano.
«Perdonami,
non volevo spaventarti, ma sai com’è...»
Il ragazzo carezzò
la canna della pistola, lentamente. «... di questi tempi
è meglio fare
attenzione... non si può mai sapere chi ci può
capitare di fronte...» Mise via
l’arma, ridacchiando. «È pieno di pazzi
qua fuori...»
«Ehm...
sì...» convenne la corvina, annuendo lentamente.
Forse era
meglio non abbassare troppo la guardia. Ora che lo osservava meglio,
quel tipo sembrava
uno di quei pazzoidi che tanto andava decantando.
«C’è
qualcosa che posso fare per te?» chiese lui.
«Io...
ecco...»
«Ehi,
amico, che diavolo sta succedendo lì fuori?» Un
altro ragazzo
uscì dalla stazione, fermandosi non appena vide i due.
Sogghignò. «Dannazione,
potevi dirmelo che avevi compagnia, non ti avrei disturbato!»
Anche lui
aveva una pistola, ma la mise via immediatamente,
nascondendola dentro i pantaloni da ginnastica. Sotto un cappellino
nascondeva
i capelli castani come quelli del suo compare, e aveva gli occhi color
ambra. Teneva
una sigaretta accesa tra le labbra.
«Allora,
che ci fa una bella pupa come te in un postaccio come
questo?»
domandò, dandosi un colpetto alla visiera del berretto.
«Cer...
cercavo del carburante...» spiegò lei, sentendosi
parecchio a
disagio sotto gli sguardi di quei due. Doveva essere contenta di avere
finalmente incontrato qualcuno, in quelle lande desolate, ma in quel
momento
provava l’esatto contrario. Quei due la guardavano come se la
stessero
studiando centimetro dopo centimetro. Sperò di non aver
incontrato due maniaci.
«Carburante,
eh?» Il ragazzo con la giacca nera si prese il mento,
guardandosi intorno perplesso. «Beh, mi spiace dirtelo, ma
questo posto è...»
«Questo
posto è più vuoto delle palle di un adolescente,
se capisci
cosa intendo...» sghignazzò quello col cappello.
«Suvvia,
Kev. Siamo in presenza di una donzella, evita certi
discorsi.»
Il castano avvolse un braccio attorno al compare, tornando a guardare
la
conduit con quel suo sguardo inquietante. «Perdonalo, ha
avuto un’infanzia
difficile...»
«Vaffanculo
Dom» sbottò l’altro. «Ho avuto
un’infanzia meravigliosa,
io.»
Rachel li
osservava sempre più stranita. Una vocina nella sua testa le
disse improvvisamente che avrebbe fatto meglio ad andarsene da
lì al più
presto.
«Comunque,
la signora ha fatto tanta strada per avere un po’ di
benzina, noi non vogliamo certo che rimanga a mani vuote! Forza amico,
dalle un
po’ della nostra!»
«Sul
serio amico?»
«Ma
certo.»
L’altro
ragazzo inarcò un sopracciglio, perplesso, ma poi
scrollò le
spalle. «Come ti pare.»
«Davvero
mi date la vostra?» domandò la ragazza,
sinceramente sorpresa.
«Grazie, ma... non vorrei mai...»
«Non
preoccuparti. La prossima città non è lontana, ci
potremo
rifornire di nuovo là.» Il castano le sorrise di
nuovo, gentile, anche se
l’espressione folle nei suoi occhi non svanì del
tutto. «Tu ne hai più bisogno
di noi.»
Rachel
dischiuse le labbra. Non sapeva più cosa pensare di quei
due,
di quello di fronte a lei in particolare. Quella voce nella sua testa
le stava
semplicemente ripetendo di accettare quella benzina e scappare da
lì più in
fretta che poteva, nonostante avesse i poteri.
Il
ragazzo col cappello, Kev, tornò poco dopo, con una tanica
di
benzina in una mano e la sigaretta ancora accesa nell’altra.
«Prendi e non
rompere le scatole.»
«Ehm...
grazie...» La conduit prese il dono, preoccupata dalla
presenza di quella sigaretta così vicina al carburante, poi
tornò a guardare l’altro.
Il campanello d’allarme nella sua testa trillava sempre
più forte man mano che
i secondi passavano e lei continuava a restare in quel posto.
«Ecco... allora
io vado, ok? Grazie... grazie ancora...»
«Figurati.»
Quello piegò leggermente il capo e distese il suo sorriso.
Divenne ancora più inquietante. «È
stato un piacere.»
Corvina
si voltò e diede loro le spalle. Cominciò ad
allontanarsi, con
la tanica stretta tra le sue braccia. Prima di usare i suoi poteri
voleva
assicurarsi di non essere vista da quei due. E non solo
perché non voleva
allarmarli, ma soprattutto perché sospettava che usarli di
fronte a loro
sarebbe stata una pessima mossa. Davvero, davvero pessima.
Quando fu
convinta di essersi allontanata a sufficienza e la stazione
di servizio si confuse con l’oscurità dietro di
lei, sentì ancora la voce del
castano provenire dal buio: «Spero di rivederti presto,
Rachel!»
La
ragazza sussultò e si trasformò
all’istante, decollando più in
fretta che poté e volando veloce come non aveva mai volato.
Solamente
dopo diversi minuti, realizzò di non aver mai detto come si
chiamava a quei due.
***
«Rachel,
stai bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma...»
osservò
Lucas, quando la ragazza ritornò dai suoi compagni.
«Non
farci caso...» mugugnò lei in risposta,
consegnando la tanica. «Ho
preso ciò che ci serve.»
«Ottimo.»
Red X la prese e cominciò a fare il pieno al camioncino.
«Bel
lavoro.»
«Grazie...»
mugugnò la corvina, per poi sbadigliare. Nonostante avesse
dormito più di chiunque altro tra loro, era esausta,
completamente.
Inoltre,
l’aver incontrato quei due tizi non aveva per nulla aiutato.
Il
primo dei due, soprattutto, lo avrebbe rivisto nei suoi incubi, ne era
certa.
Pregò di non incontrarlo mai più, a discapito di
ciò che lui le aveva augurato.
Forse anche lui era un conduit, questo magari avrebbe potuto spiegare
come
facesse a sapere il suo nome. Magari era una specie di veggente. O
magari era
lei ad essersi immaginata tutto. Non sapeva quale delle due alternative
fosse
la migliore, a dire il vero. Sapeva solo che aveva bisogno di dormire,
e che
non avrebbe mai e poi mai parlato di ciò che aveva visto con
nessuno.
Lucas nel
frattempo gettò la tanica ormai vuota nel cassone dietro al
pick-up, assieme a tutti i borsoni. «Forza, tutti a
bordo.»
«Io
sto davanti!» esclamò Ryan scavalcando il cofano
della macchina
con una scivolata e precipitandosi dalla parte del sedile da
passeggero.
Uno dopo
l’altro i ragazzi salirono. Lucas si mise al volante e questa
volta, dopo diversi tentativi e altrettante imprecazioni,
riuscì ad avviare il
veicolo. Rachel si sistemò dietro, vicino al finestrino.
Accanto a lei c’era
Amalia, la quale si abbandonò contro il sedile con un
sospiro esausto, e per
finire Tara.
L’auto
cominciò a muoversi poco dopo. Dopo aver camminato per tanto
tempo, a Corvina parve surreale spostarsi in quel modo senza
più fare alcuna
fatica. E poi i sedili erano davvero comodi, ed inoltre
l’interno era molto
spazioso. Guardò fuori dal finestrino. Non riusciva a
scorgere granché, a causa
del buio, ma fu molto rilassante per lei osservare il paesaggio oltre
quel
vetro.
Non
passò molto tempo, prima che i suoi occhi si chiudessero del
tutto
e si addormentasse, vinta dalla stanchezza.
***
Chi
l’avrebbe mai potuto dire? Lei, Rachel Roth, la ragazza
più fredda e distaccata
di tutto il collegio, con un abito da sera addosso.
Continuava
a rigirarsi di fronte allo specchio cercando di auto convincersi che
quel
vestito le donasse, quando in realtà pensava
l’esatto opposto. L’unica cosa che
la convinceva di quell’abito era il colore. Blu, come il suo
preferito. Per il
resto... beh, l’elenco di ciò che la infastidiva
non sembrava avere fine.
Non le
piaceva il fatto che schiena e spalle fossero così scoperte,
a stento le
arrivava alle ginocchia ed era troppo scollato. Ma come potevano essere
così
costosi quegli abiti se a malapena coprivano metà del corpo?
Fu solo
pensando al suo obiettivo che riuscì a smettere di
rimuginarci su. Poteva
piacerle come non, fatto stava che una volta uscita con
quell’abito addosso,
tutti gli occhi sarebbero stati posati su di lei. Quelli di una persona
in
particolare.
Sorrise di
fronte al suo riflesso. Non appena Richard l’avrebbe vista,
avrebbe realizzato
quanto bella fosse la sua amica d’infanzia. E a quel punto si
sarebbero messi
insieme, come già avrebbero dovuto fare anni prima.
A stento
conteneva la sua eccitazione. Era da anni che non si sentiva
così vitale. Ma
era questo l’effetto che lui aveva su di lei, le metteva il
buon umore, nel
bene e nel male, col sole e con la pioggia.
Fu con
quell’ultimo pensiero che uscì dalla stanza e
raggiunse i suoi amici, nella
palestra del collegio, dove si stava tenendo il ballo di fine anno.
Dove
finalmente avrebbe aperto il suo cuore a Richard.
Come aveva
immaginato, molti sguardi caddero su di lei quando raggiunse la sua
destinazione. Ma il fatto che la festa fosse già cominciata
da un po’ e che
l’illuminazione fosse piuttosto scarsa giocò a suo
favore. E comunque, il
pensiero fisso di Richard nella sua mente la aiutò ad
ignorare tutte le
occhiate indiscrete.
Si fece
strada nella palestra, allestita come discoteca per
l’occasione. Luci
stroboscopiche, musica ad alto volume, open bar e
un sacco di ragazzi sudati che ballavano
scatenati. Non fu proprio una bella esperienza per lei. Se non avesse
dovuto
fare ciò che aveva intenzione di fare, probabilmente non ci
avrebbe mai messo
piede lì dentro.
Finalmente
raggiunse l’angolo della palestra dove aveva deciso di
incontrasi con i suoi
amici. Qui trovò i migliori: Victor e Logan, insieme alle
fidanzate, Jennifer e
Tara. Anche loro due erano vestite con due fazzoletti come quello di
Rachel,
cosa che fece sentire molto più tranquilla la corvina.
Jennifer aveva un abito
rosa, come la tinta dei suoi capelli, mentre Tara ne aveva uno rosso,
come il suo
colore preferito.
«Accidenti,
guarda un po’ chi è uscita dalla tana!»
esclamò la rosa con un sorrisetto,
vedendola arrivare. «E con che classe!»
«Ciao anche
a te, Jenni» replicò Rachel, ricambiando il
sorriso. Poi si guardò l’abito. «Ti
piace? Io non ne ero molto convinta...»
«Sei uno
schianto...» commentò Garfield, per poi beccarsi
una poderosa gomitata da Tara.
«Ouch!»
«Grazie Logan.»
Rachel sorrise anche a lui. «Tara» disse anche alla
bionda, rivolgendole un
cenno del capo. La ragazza ricambiò, senza mutare la sua
espressione
indifferente, poi tirò il fidanzato per la manica.
«Tesoro, mi accompagni a
prendere da bere?»
«Cosa,
adesso? Non potremmo aspettare che arrivino anche...»
La ragazza
lo interruppe, tirandolo per il braccio verso di lei. I loro volti si
sfiorarono, lo sguardo di Tara era carico di intensità.
«Magari potremmo anche
andare a fare un salto nel ripostiglio...» suggerì
maliziosa, facendogli
scorrere le dita sul petto.
Garfield
rimase a bocca socchiusa. Spostò lo sguardo sugli altri
ragazzi, i quali
osservavano la scena divertiti, poi si schiarì la gola.
«Ehm... scusate gente,
ma... devo proprio andare. Sapete com’è, no?,
quando la sete arriva, bisogna...»
«Sì, sì,
hanno capito» lo interruppe Tara trascinandolo via.
Rachel li
seguì con lo sguardo fino a quando non sparirono in mezzo
alla folla, sotto le
risatine di Victor e Jennifer. Nonostante Tara non le andasse molto a
genio, nonostante
quei due avessero in testa solamente una cosa, ovvero copulare, i due
ragazzi
biondi facevano una bella coppia, ed era sinceramente felice per loro.
Adesso,
però, toccava anche a lei trovare il suo uomo.
«Allora,
come mai sei tutta in ghingheri?» domandò intanto
Victor, tirando a sé
Jennifer.
«Ecco,
volevo fare una sorpresa ad una persona...» rispose la
corvina, arrossendo.
«Se è un
ragazzo allora credo che funzionerà...» si
intromise Jennifer. «Non appena
vedono una scollatura vanno fuori di testa. E tu ne sai qualcosa,
vero?»
domandò all’afroamericano con tono
mellifluo,accarezzandogli una guancia.
«No, ti
sbagli. Non ho assolutamente idea di cosa tu stia dicendo»
replicò lui,
chinando il capo per poterle stampare un bacio sulle labbra.
Rachel
roteò gli occhi e distolse lo sguardo. «Vi prego,
almeno voi evitate di fare
certe cose...»
«Aspetta,
Rachel...» fece Victor, una volta separato dalla rosa.
«Per caso la persona di
cui parli è... Richard?»
La ragazza
arrossì ulteriormente. Era così evidente ormai la
sua cotta per lui? Si voltò,
osservando il pavimento imbarazzata. «Beh... sì...
perché?»
«Oh-oh»
mugugnò Jennifer.
«Cosa?»
domandò Rachel, alzando lo sguardo allarmata. «Che
significa quel verso?»
I due
fidanzati si guardarono tra loro, chiaramente a disagio.
«Ragazzi,
mi state spaventando, che sta succedendo?»
«Ecco,
vedi...» cominciò Victor, sospirando.
«Lui...» Si interruppe di colpo,
guardando ad occhi sgranati un punto alle spalle di Rachel.
«Vic? Che
cavolo ti...» La ragazza si voltò, cercando di
capire cosa diavolo avesse
appena trasformato il suo amico in un baccalà.
Vide Richard
in mezzo ad una folla di studenti. Sorrise, non capendo cosa potesse
aver visto
Victor di tanto allarmante, finché poi non notò
la presenza di un’altra
persona, che teneva il ragazzo moro per mano.
Una
ragazza. Alta, slanciata, bella.
Rachel rimase a bocca aperta. La riconobbe all’istante,
quella era Koriand’r,
la nuova studentessa.
Il suo
cervello faticò a capire cosa stesse succedendo
finché la bomba non esplose. I
due ragazzi si baciarono. Richard e Kori, lì, in mezzo alla
palestra, di fronte
a lei. Il ragazzo che amava, il suo amico di infanzia... e quella nuova.
Il mondo le
crollò addosso. Rimase ferma, paralizzata, di fronte a
quella scena. Non seppe
più cosa pensare.
«R-Rachel?»
la chiamò Victor, titubante. La ragazza riuscì a
riconoscere il suo nome,
perché si voltò verso di lui.
Il ragazzo
la guardava preoccupato, così come Jennifer. Poi entrambi
divennero
improvvisamente sfocati. Tutto quanto si fece meno nitido agli occhi di
Rachel.
Lacrime salate scesero dai suoi occhi, mentre realizzava di avere perso
la sua
occasione di dire a Richard cosa provava per lui.
A quel
punto tutto si fece scuro attorno a lei. Non vide più nulla.
Corse via,
lasciandosi alle spalle Jennifer e Victor. I due cercarono ancora di
chiamarla,
ma lei a malapena li sentì. Scappò, impacciata
nei movimenti a causa dell’abito,
delle scarpe con i tacchi e della vista appannata.
Raggiunse
l’uscita di emergenza, dall’altro lato della
palestra. Voleva solo più tornare
nella sua stanza e piangere.
Rischiò di
cadere diverse volte, ma alla fine raggiunse la porta. Si
buttò sul maniglione
antipanico e uscì.
Ma non si
ritrovò fuori dall’edificio. No, si
ritrovò in un’enorme distesa di immondizia.
Ovunque guardasse vedeva solo cumuli di rottami e rifiuti, accatastati
per
terra, o messi insieme per ricreare delle specie di baracche.
Non capì
cosa stesse accadendo. Cercò di guardarsi intorno, di
muovere la testa, ma con
sua enorme sorpresa ciò le fu impossibile. Tentò
di gridare, ma anche quello
non le riuscì. A quel punto provò a compiere
anche il più banale dei movimenti,
ma non fu in grado di fare neppure quello.
La sua mano
si azionò all’improvviso, ma non era lei a
controllarla. Quando entrò nel suo
campo visivo, notò con suo enorme orrore che quella non
poteva essere la sua.
Era molto più grossa e grinzosa. Non riusciva a capire cosa
stesse succedendo,
dove si trovasse, chi diavolo fosse, ma non riuscì a
rimuginarci più di tanto,
perché qualcuno parlò: «Maledizione!
Perché non riesco più ad usarli?! Che
razza di conduit è uno che non riesce ad usare i suoi
poteri?!»
La ragazza
rabbrividì. Quella voce era quella di un uomo. Il timbro era
aspro e
sgradevole, simile a quello di un vecchio becero. E la cosa peggiore
era che le
suonava terribilmente familiare. Perfino la distesa di immondizia e
baracche di
fronte a lei le suonava familiare.
La sua mano
continuò a muoversi convulsivamente, mirando un cumulo di
rifiuti sparsi a
terra. Continuò finché quella voce non si fece
sentire di nuovo, questa volta
prostrandosi in un grido frustrato. «Cazzo! Non funziona
niente! Cazzo!»
E fu allora
che Rachel realizzò un’altra orribile cosa. Quella
voce... quella voce anziana,
maschile... proveniva dalla sua gola. Era lei che stava parlando, era
lei che
muoveva quella mano...
Eppure non
era lei.
Lei era lì...
ma in realtà non c’era affatto.
E non
appena si rese conto di ciò, l’oscurità
inghiottì ogni cosa.
***
Rachel
riaprì gli occhi di scatto, boccheggiando quasi
disperatamente.
Si guardò intorno, freneticamente. Ciò che vide
fu semplicemente l’interno giallo
di una macchina.
Quando
riconobbe quella moquette, si abbandonò contro il sedile,
sospirando rumorosamente. Il cuore batteva forte nel suo petto, ma se
non altro
riuscì a stabilizzare il respiro. Era quasi andata in
iperventilazione.
Rimase
per un attimo accasciata contro il poggia schiena, a riprendere
fiato e ad aspettare che il cuore smettesse di martellare.
Si
passò una mano sulla fronte, imperlata di sudore. Si diede
un’asciugata, poi abbandonò il braccio sulla
gamba. Si sentiva come se le
avessero tappato il naso mentre dormiva. Continuava ad inspirare ed
espirare, come
per cercare di colmare un’improvvisa carenza
d’ossigeno.
Realizzò
in quel momento che la macchina era ferma. L’unico presente
all’interno era Ryan, intento a sonnecchiare, appoggiato
contro il finestrino.
Lucas non
c’era, così come Amalia e Tara.
Decise di
scendere a respirare una boccata d’aria fresca. Era ancora
sera, le stelle brillavano alte nel cielo, accanto alla luna. Si
appoggiò alla
portiera ed inspirò ancora una volta, profondamente.
«Rachel»
la chiamò una voce, facendola voltare. Tara e Amalia erano
poco distanti dalla macchina, sul ciglio della strada. Era stata la
bionda a
chiamarla. «Tutto ok? Sei scesa come una furia...»
«Io...»
la corvina si massaggiò una tempia, avvicinandosi a loro.
«Sì,
sto bene... ho solo avuto un incubo...»
«Accidenti»
commentò Amalia. «Un incubo in due ore di sonno?
Certo che
tu e la sfiga andate a braccetto...»
Rachel
fece una smorfia e non rispose, mentre Tara ridacchiò piano,
coprendosi
leggermente la bocca. Solo dopo averla vista compiere quel gesto, la
conduit si
rese conto che stringeva una sigaretta accesa tra le dita.
«Da
quando fumi?» domandò, sorpresa.
«Beh...»
La bionda si scostò una ciocca di capelli dalla fronte.
«Da circa...
dopo l’esplosione... so che fa male, ma è un buon
modo per scaricare lo
stress...»
«Puoi
dirlo forte» replicò Amalia, portandosi anche lei
una sigaretta
accesa alle labbra, per poi soffiare una nuvola di fumo sopra di
sé.
Corvina
spostò lo sguardo su di lei. Vederla fumare in quel modo le
riportò alla mente il ragazzo che aveva incontrato alla
stazione di servizio.
Sentì le budella contorcersi a quel pensiero. Tra quei due e
i sogni che aveva
fatto, non sapeva più dove sbattere la testa.
«Che
c’è?» domandò la mora,
accorgendosi del suo sguardo. Le porse la
sigaretta. «Vuoi fare una nota?»
«Cosa?
No, no...» rispose Rachel, scuotendo leggermente la testa per
eliminare quei pensieri che la tormentavano.
«Meglio.»
E Amalia fece un altro tiro.
«Dove...
dov’è Lucas?»
«Cristo,
non sopravvivi senza di lui per cinque secondi?»
sbottò
Komand’r, torva.
La
corvina ammutolì. Sperò che Amalia non avesse
frainteso.
«Doveva
fare pipì...» spiegò Tara,
pazientemente, mentre dava dei
colpetti alla sigaretta per eliminare la cenere superflua.
«Tra poco dovrebbe
tornare.»
«Grazie.»
Rachel accennò un sorriso di riconoscenza.
«Sul
serio, non sei stanca di essergli sempre appresso?»
interrogò
ancora la mora. «Saranno mesi che non si fa una doccia! Hai
sentito che puzza
quando gli stai vicino?»
«Beh,
lui è stato il primo ad aiutarmi con i miei problemi, dopo
l’esplosione...» cominciò a spiegare
Corvina. «... abbiamo lavorato insieme per
tanto tempo, ci... ci siamo dati una mano a vicenda, per questo ora gli
sono
molto riconoscente... e comunque l’acqua mancava in quasi
tutta la città, tutte
noi abbiamo bisogno di una doccia...»
«Sì,
in effetti...» commentò Tara, per poi annusarsi il
colletto della
maglietta e ritrarre immediatamente il naso. «Wow... che
schifo...»
Amalia
rise, gettando il capo all’indietro, e anche Rachel sorrise
di
fronte alla smorfia semidisgustata della bionda.
«Ci
sarà tempo per la doccia, comunque»
proseguì Komand’r, gettando a
terra e pestando la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone.
«Ciò che conta
adesso, è allontanarsi il più possibile da
Empire. Ho perso fin troppo a causa
di quella città maledetta.» Spostò lo
sguardo verso l’auto, dove Ryan dormiva
ancora indisturbato. «Ancora non riesco a crederci che ce ne
siamo andate da
quell’inferno, sapete? Ma per fortuna ora siamo qui, al
sicuro. Mio fratello, è
al sicuro. Non avrei mai sopportato di perdere anche lui.»
«Gli
vuoi proprio bene...» le sorrise Tara.
Amalia
annuì, senza guardarla. «Sì...
sì, è così... e ne volevo anche
a Kori...» Strinse i pugni, cambiando improvvisamente umore.
«Mi dispiace
solo... di non averlo mai detto anche a lei...»
Sospirò
pesantemente. Sembrava stesse per piangere. «Dio... ma che
diavolo c’è che non va in me?!»
«Ehi,
ehi, calma...» Tara le posò una mano sulla spalla,
cercando di
rassicurarla, prima che esplodesse di nuovo. «Non sempre due
fratelli sono
espansivi l’uno con l’altro, ma anche se non
gliel’hai mai detto, sono certa
che Kori sapeva che le volevi bene. Chiunque gliene avrebbe
voluto.»
Komand’r
non parve convinta da quelle parole. Scosse lentamente la
testa. «Credimi, non è così
semplice...» mormorò, per poi tacere con un altro
sospiro.
Rachel e
Tara si scambiarono un’occhiata perplessa, ma nessuna delle
due disse nulla.
«Ehi
voi!» Una voce giunse alle loro orecchie
all’improvviso.
Le tre
ragazze si voltarono. Rachel fu grata di vedere Lucas dirigersi
verso di loro in quel momento. Non avrebbe sopportato quel silenzio
imbarazzante che stava per crearsi poco prima.
«Che
cavolo fate lì fuori?»
«Stavamo
fumando» replicò Amalia, ritornando
improvvisamente in sé. Fu
sorprendente la velocità con cui riprese il tono apatico che
usava con Lucas. «Tu
piuttosto, quanto cavolo ci hai messo?!»
«Scusami
se ti ho fatta aspettare!» esclamò il ragazzo,
fingendosi accigliato.
«Se vuoi la prossima volta puoi venire a controllare che
faccia più in fretta!
Magari poi gradisci anche la vista, che ne dici?»
«Ti
piacerebbe» ribatté Komand’r, per poi
distogliere lo sguardo da
lui con un verso di disappunto. «Avrai una pulce
là sotto...»
«Oh
ma davvero? Quanto sei disposta a scommettere?»
«Ti
prego, se il tuo coso fosse al di sopra della media ce ne saremmo
già accorte mentre indossavi la tua tutina nera
attillata...»
«Che
ne dici se ci facciamo un giretto solo tu ed io? Così
vedremo chi
avrà l’ultima parola.»
I due
cominciarono a discutere, con le continue risatine di sottofondo
di Tara.
Rachel
sospirò, assistendo al loro ennesimo battibecco. Diede le
spalle a tutti loro e se ne ritornò in auto. Almeno Ryan non
avrebbe rischiato
a mettere in scena teatrini imbarazzanti come quello a cui aveva appena
assistito.
Ma
mentre camminava un sorriso scappò
dalle sue labbra. Anche i suoi vecchi amici si comportavano esattamente
come
loro. Infondo... erano ragazzi. E alla fin fine non le dispiaceva
nemmeno poi
tanto.
Jennifer è Iella (mi pare di aver letto, tempo orsono, che questo è il suo vero nome, ma ultimamente cercando non ho trovato notizie in grado di approvare questa teoria. Nel dubbio, io continuo a chiamarla Jennifer);
Karen è Bumblebee;
Victor e (Garfield) Logan sono Cyborg e BB;
So che già lo sapevate, però io ve lo dico lo stesso perché sono un rompiballe.
E beh, Richard, Kori e Tara li conoscono anche i muri ormai.
Visto che il monologo si è rivelato parzialmente fallimentare, ho optato per qualcosa di un po' più classico, ovvero i classici sogni/flashback. Non so quale sia il loro termine tecnico, perdonatemi. Ci sta qualche scorcio del passato di Rachel, dopotutto.
E poi, ovviamente, la seconda parte del sogno di Rachel. Spero che si sia ben capito cosa accade in essa e sopratutto dove si svolge e chi sia il protagonista di tale scena, al di fuori di Rachel. Ma ci ritorneremo su, non preoccupatevi.
E, per finire, alla categoria di personaggi meno conosciuti che si aggiungono alla storia ecco che appaiono i due ragazzi alla stazione di servizio. Potranno sembrare due semplici cameo (in particolare per chi già li ha conosciuti nelle mie altre storie), ma non è così, ve lo assicuro...
Prima di andare, vorrei ringraziare quelle 52 anime pie che leggono costantemente i miei capitoli. Un numero un po' in ribasso, effettivamente, dopo i quasi 200 fissi di HoS (in alcuni casi anche 300-400), ma, ormai si è capito, altro genere di storia, altro pubblico.
Comunque, vi ringrazio, voi 50 circa.
E ora posso passare ai saluti.
Al prossimo capitolo, bye!