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Autore: Marilia__88    27/02/2016    4 recensioni
Abbiamo lasciato Sherlock ad affrontare il presunto ritorno di Moriarty. Ecco cosa immagino possa accadere dopo essere sceso dall'aereo.
Dalla storia:
“Sherlock, aspetta, spiegami… Moriarty è vivo allora?” disse John mentre cercava di tenere il passo dell’amico.
“Non ho detto che è vivo, ho detto che è tornato” rispose Sherlock fermandosi e voltandosi verso di lui.
“Quindi è morto?” intervenne Mary per cercare di capirci qualcosa.
“Certo che è morto! Gli è esploso il cervello, nessuno sopravvivrebbe!”
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart'
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               Ti brucerò il cuore



                                                 L'agguato



… “Andiamo, John…” disse improvvisamente all’amico. Era ora di mettere i sentimenti da parte e pensare a salvare la bambina “…riprenderò Sherlyn dalle sudice mani di Sherrinford…fosse l’ultima cosa che faccio!” concluse, avviandosi fuori, deciso e agguerrito come non mai.




Sherlock era irrequieto e camminava su e giù nel soggiorno di Baker Street, finalmente ripulito dopo l’omicidio di Irene Adler. Quel pomeriggio, aveva convocato tutti al 221B per esporre nei dettagli,il piano da mettere in atto contro Sherrinford per salvare Sherlyn. John e Mary erano seduti sulle due poltrone, mentre Greg e Mycroft erano sul divano. Tutti e quattro stavano in silenzio, in attesa che il detective iniziasse a parlare.
“Allora…questa volta saremo noi ad attirare Sherrinford e Moran in una trappola. Ho studiato il piano nei minimi dettagli ed ognuno deve fare bene la propria parte per far sì che Sherlyn ritorni a casa sana e salva” iniziò Sherlock, serio e determinato “…intanto ho bisogno di attirarli nel luogo dell’appuntamento, che sarà George Street, tramite l’unico mezzo che abbiamo a disposizione” concluse guardando Mycroft.
“Cosa devo fare?” rispose prontamente il fratello.
“Devi trasmettere un mio videomessaggio su tutte le reti televisive della città” ordinò il detective.
“Sherlock, non credi che sia pericoloso esporsi così tanto ed attirali in una potenziale trappola? Quei pazzi hanno Sherlyn e non sai se la porteranno con loro. Se la lasciassero da qualche parte come faremo a salvarla?” chiese John preoccupato.
“Stai tralasciando un dettaglio importante, John! Sherrinford tutto sommato è un Holmes. Porterà Sherlyn con lui. Non rinuncerebbe mai a mettersi in mostra!” rispose il consulente investigativo convinto.
Il dottore non faceva altro che guardare l’amico con apprensione. Se da un lato era confortante vederlo così agguerrito, dall’altro quell'espressione gli faceva paura. In fondo sapeva che dietro quella corazza di freddezza che aveva indossato c’era un uomo quasi completamente distrutto. Riusciva a leggerlo nei suoi occhi. Quello che lo terrorizzava di più, era la consapevolezza che, in quelle condizioni, avrebbe potuto fare qualcosa di troppo avventato, che avrebbe messo letteralmente la sua vita in gioco pur di vincere la partita. Naturalmente voleva salvare sua figlia, ma non poteva accettare l’idea di veder sacrificare il suo migliore amico, di nuovo, nel tentativo di riuscirci.
I pensieri di John vennero interrotti da Sherlock che, improvvisamente, si mise ad esporre tutti i dettagli dell’agguato. Non accennò molto al ruolo che lui avrebbe avuto, ma dalle parti che aveva dato ad ognuno, il dottore si accorse che il piano era letteralmente un suicidio. Ma d'altro canto non avevano scelta. Avrebbero dovuto fidarsi di lui con la speranza di ritornare tutti sani e salvi a casa.


Sherlock era pronto a registrare il video che avrebbe mandato in onda subito dopo. Fece cenno a John di avviare la registrazione. Il detective aveva un’espressione compiaciuta ed uno strano sorrisino sul viso che mantenne per tutta la durata del messaggio. Era decisamente inquietante.
Ciao Sherrinford. Il tempo dei giochi è finito. È giunto il momento, per te, di affrontarmi. Questa volta senza inganni…solo tu ed io. Ti aspetto questa sera…nel posto in cui il tuo gioco ha avuto inizio.
Terminata la registrazione, il dottore diede il video a Mycroft, il quale avrebbe provveduto a trasmetterlo prima possibile.
L’esca era stata lanciata. Ora non restava che aspettare che il nemico abboccasse all’amo.


Erano circa le 22:00 e tutti erano già pronti ai loro posti in George Street. Stavano aspettando da un paio d’ore, ma di Sherrinford non c’era ancora traccia. Speravano solo che si presentasse e che non avesse già fatto del male a Sherlyn. In mezzo alla strada, davanti al 121, c’era visibile solo Sherlock. Gli altri erano nelle posizioni strategiche che il detective aveva stabilito.
Dopo un’altra ora, finalmente, una figura si fece avanti. Era Sherrinford e, come previsto dal consulente investigativo, aveva in braccio Sherlyn.
“Mi ha sorpreso questa tua mossa, William!” esclamò il secondogenito, facendosi più vicino.
“E questa ti sorprenderà ancora di più!” disse Sherlock, prendendo la pistola dalla tasca e puntandola contro di lui.
“Credevi davvero che fossi così stupido da venire qui senza avere le spalle coperte?” rispose Sherrinford ridendo, mentre un puntino rosso si fermava sul detective all’altezza del cuore.
“E tu credevi che anche io fossi così stupido, da non considerare questa eventualità?” esclamò Sherlock, ridendo a sua volta, mentre un puntino rosso si fermava all’altezza della testa dell’avversario.
“Oh, dimenticavo…la signora Watson! Cecchino esperto quasi quanto il mio…sono colpito!” ribatté Sherrinford divertito.
“John…!” disse il detective, mentre il dottore usciva dall’oscurità e si avvicinava a loro “…dai la bambina a lui” continuò, rivolgendosi all’avversario “…questa è una faccenda tra me e te…lei non c'entra…affrontami da solo se ne hai il coraggio!” concluse, tenendo sempre la pistola puntata contro di lui.
“Va bene, fratellino. Voglio fare il tuo gioco” rispose Sherrinford, dando Sherlyn a John “…ma le regole le stabilisco io!” aggiunse, mentre il puntino rosso si spostava dal petto di Sherlock, alla testa della bambina “…se il dottor Watson muove solo un passo, sua figlia muore” concluse ridendo.
Il medico rimase lì, immobile, con Sherlyn in braccio. Le mani gli tremavano ed iniziava a sudare freddo. Guardava i due che aveva di fronte, alternando lo sguardo tra loro con preoccupazione.
“C’è una cosa che ho sempre voluto chiederti…perché mi odi così tanto? Cosa ti ho fatto?” chiese Sherlock con un velo di tristezza sul volto.
“Cosa mi hai fatto?! Mi hai rovinato la vita! La nostra famiglia era perfetta prima che tu arrivassi! Io ero felice prima che tu nascessi!... Tu ti sei preso tutto! L’affetto dei nostri genitori e quello di Mycroft! A me non è rimasto più niente…e tutto per colpa tua!” urlò Sherrinford con un’espressione da pazzo.
“Mi dispiace…non ho mai voluto farti soffrire” disse il consulente investigativo serio “…ma questo non giustifica tutto il male che mi hai fatto e tutte le vite che hai tolto!” aggiunse, guardandolo con rammarico.
“Oh, non usare la carta della compassione! Questi sporchi trucchetti non funzionano con me, fratellino!” esclamò l’avversario ridendo.
“Bene…allora…basta trucchi…basta giochi…prendila” rispose Sherlock, avvicinandosi a lui e porgendogli la pistola.
Il secondogenito rimase davvero colpito da quel gesto. Continuò a guardare il fratello senza però riuscire a muoversi. Per la prima volta era stato colto di sorpresa.
“Che stai facendo?!” chiese poi confuso.
“Ti sto dando l’opportunità di chiudere i conti una volta per tutte” disse serio il detective “…in fondo è questo che vuoi…volevi bruciarmi il cuore e ti garantisco che ci sei riuscito molto bene fino ad ora…ti rimane solo una cosa per vincere la partita…uccidimi…e non fare del male più a nessun’altro…!” aggiunse, continuando a porgergli la pistola.
John era sconvolto. Non era a conoscenza dell’idea dell’amico e rimase di sasso. Sapeva che Sherlock avrebbe dovuto distrarre Sherrinford in qualche modo, ma non pensava che si sarebbe spinto così oltre. Sperava solo che quel pazzo non accettasse l’arma che gli stava porgendo.


Mycroft si trovava dietro il palazzo di fronte. Aveva individuato Janine, nascosta dietro dei cassonetti dell’immondizia. Si avvicinò alle sue spalle lentamente, senza che lei si accorgesse di nulla.
“Fine dei giochi…” esclamò il politico, afferrandola dalle braccia e costringendola ad inginocchiarsi a terra.
“Io non canterei vittoria troppo presto…” rispose lei, liberandosi dalla presa e afferrando un coltello che aveva nel cappotto.
La donna si avventò su di lui e tra loro iniziò una violenta colluttazione. Finirono a terra e, nella lotta, Mycroft riuscì ad afferrare il braccio con cui Janine teneva il coltello e a bloccarla sotto di lui.
“La sua parte in questo gioco è durata anche troppo, per i miei gusti…” le sussurrò il politico all’orecchio. Improvvisamente, affondò il coltello, ancora nella sua mano, nell’addome della donna. Poi si alzò, si pulì il vestito con naturalezza e la guardò mentre esalava l’ultimo respiro.
“Fuori una…!” esclamò, prima di sparire nell’oscurità, diretto alla seconda parte del piano.


Moran era sul tetto del 121 di George Street. Stava tenendo sotto tiro Sherlyn, nelle braccia di John, in attesa che il suo capo gli facesse il segnale per fare fuoco. Qualcuno nell’ombra, si avvicinava dietro di lui.
“Sposta quel mirino dalla testa di mia figlia, bastardo!” esclamò Mary, puntandogli una pistola alla testa.
L’uomo si voltò e la guardò sorpreso.
“Ma se tu sei qui…chi diamine tiene sotto tiro Sherrinford?” chiese confuso.
“Un ispettore di polizia molto intraprendente!” rispose lei sorridendo.
Moran, all’improvviso, lasciò il fucile e si avventò su di lei. Finirono a terra e l’uomo cercò di prendere la mano la pistola che Mary impugnava, per puntargliela contro. La donna si accorse che l’uomo era molto più forte di lei e non riuscì ad opporsi. Moran stava per far partire il colpo, quando qualcosa lo colpì in testa e cadde a terra privo di sensi.
Mary, ancora stordita dalla colluttazione, si alzò lentamente e mise a fuoco la figura che l’aveva salvata da quella situazione.
“Lieta di vederla, signor Holmes…la ringrazio!” disse sorpresa.
“A quanto pare mi riesce bene salvare i membri della famiglia Watson!” esclamò Mycroft con ironia “…vada a prendere il fucile, presto! Sherrinford è così distratto dalla mossa di Sherlock che non si è accorto di niente! Punti di nuovo il mirino su sua figlia!” concluse, prendendo la pistola che aveva Mary per puntarla verso lo svenuto Moran. Doveva essere pronto nel caso si fosse risvegliato.


Sherrinford, intanto, non si era accorto di niente. Continuava a guardare confuso il fratello, cercando di capire se stesse bluffando o meno.
All’improvviso, si sentì un fischio provenire dal tetto. Era il segnale di Mary. John fece un cenno a Sherlock per far partire l’altra parte del piano.
“Beh, peccato! Hai avuto la tua occasione!” esclamò il detective, impugnando la pistola e puntandola sulla testa del suo avversario.
Sherrinford cercò di fare il segnale a Moran, ma non accadde niente.
“Spiacente, il suo cecchino non deve essere disponibile al momento!” disse John, allontanandosi con la bambina in braccio.
Quello che accadde dopo, però, non era previsto nel piano. Sherlyn, che fino a quel momento aveva dormito beata e ignara di tutto, si svegliò iniziando a piangere. Sherlock distratto improvvisamente dal pianto della bambina, abbassò la guardia e ciò permise a Sherrinford di afferrarlo dal braccio con cui teneva la pistola. Lo attirò a sé, gli cinse un braccio intorno al collo e prese l’arma, puntandogliela alla tempia.
“Sei sempre troppo lento, fratellino” esclamò il secondogenito ridendo.
“Sparategli...sparategli, dannazione!” urlò Sherlock, cercando di liberarsi dalla presa.
Mary e Greg, che avevano i due fucili puntati sul nemico, non riuscirono a sparare nemmeno un colpo. Anche riuscendo a colpire soltanto Sherrinford, lui avrebbe avuto quei pochi secondi di tempo per sparare a Sherlock. Nessuno dei due se la sentì di rischiare così tanto.
Il secondogenito, allora, sempre facendosi scudo con il detective, si avviò verso la parte non illuminata della via, gli tirò un colpo alla testa con il manico della pistola e scappò, volatilizzandosi nell’oscurità.
Tutti e quattro si precipitarono dal consulente investigativo, che era seduto a terra e si teneva con la mano la ferita alla testa. John lasciò la bambina a Mary e lo aiutò ad alzarsi per ritornare sotto la luce per controllare i danni del colpo subìto. Mycroft, intanto, aveva legato Moran, che era ancora svenuto, e lo aveva trascinato giù dal tetto con l’aiuto di Greg.
“Ma che diamine vi è preso!?” urlò Sherlock furioso, mentre si reggeva al medico. Il colpo non era stato forte, ma aveva dei leggeri capogiri.
“Sherlock, non potevamo rischiare di prendere anche te. E poi, anche colpendo lui, avrebbe potuto spararti…” cercò di giustificarsi Mary.
“Ha ragione Mary…era troppo pericoloso” incalzò Greg.
“Siete degli idioti!” urlò nuovamente il detective “…anche se mi avesse sparato, almeno adesso sarebbe morto!” continuò con disprezzo.
“Non puoi parlare sul serio” intervenne John “…e poi il piano prevedeva di salvare Sherlyn e ci siamo riusciti. Lo prenderemo un’altra volta. Abbiamo preso comunque Moran e ci condurrà da lui” disse con calma John, cercando di calmare l’amico.
“Lasciami!” esclamò Sherlock, dando uno spintone al medico, che per poco non cadde a terra. Poi si avviò verso casa senza dire una parola.
Tutti restarono di stucco dal suo comportamento. Lo seguirono in silenzio, portandosi dietro il prigioniero. Appena sveglio, lo avrebbero fatto parlare e avrebbe svelato il luogo del nascondiglio di Sherrinford che avesse voluto o no.





Angolo dell'autrice:
Salve! Eccovi il quindicesimo capitolo...con mio rammarico stiamo arrivando quasi alla fine della storia! Credo di prevedere massimo altri due o tre capitoli prima della fine! :(
Comunque qui abbiamo finalmente uno Sherlock più agguerrito, più sè stesso, ma decisamente più nervoso. Che le parole di Sherrinford lo abbiano in fondo colpito? Mah...
La piccola Sherlyn per ora è salva... Moran è nelle mani dei nostri eroi e Janine è morta (Siiiiii...!)... Purtroppo Sherrinford è ancora a piede libero. Anche da solo sarà abbastanza pericoloso? Credo di si...Chissà cosa si inventerà!
In questo capitolo abbiamo anche un'altra figura che spicca: Mycroft. Mi piacerebbe vederlo in qualche puntata così aggressivo per una volta. E poi non dimentichiamo che gli hanno toccato il caro fratellino, quindi l'aggressività ci sta tutta...mai toccare Sherlock! *.*
Mi sento di fare solo un'unica precisazione sul capitolo precedente (perchè ci tengo che riusciate a cogliere bene i discorsi e le sfumature di Sherlock). Il fatto che lui rinunci ad avere qualcuno vicino a sè (in senso amoroso) non è tanto perchè amava Irene e non vorrebbe nessun altro...il discorso è un pò più ampio. Quello che è successo ad Irene gli fa ricordare che l'essere Sherlock Holmes, gli porterà ad avere sempre nemici intorno e capisce che, mantenendo la sua identità, una sua potenziale famiglia sarebbe sempre in pericolo e questo lui non potrebbe mai permetterlo. Quindi preferisce rimanere solo e se stesso. Riprendendo alcune parole che disse prima di buttarsi dal tetto del Bart's a John: Rimanere da solo è l'unico modo che ha per proteggersi! Un pò triste come pensiero. Ma Sherlock è fatto così in fondo. Grazie a chi vuole lasciare un commento e a chi sta continuando a seguire la storia. Alla prossima ;)
   
 
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