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Autore: aleinad93    27/02/2016    0 recensioni
C’è chi ama e chi odia festeggiare un nuovo anno. C’è chi non ha nulla da sperare e chi spera in qualcosa di nuovo. Alle porte del 2007 nessuno sa che quello che verrà è “un anno difficile, un anno buio, per i Cacciatori” (cit. Principessa), se non un angelo di nostra conoscenza.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 L’orologio suonò l’ultimo rintocco e Fratello Zaccaria sentì le grida di festa levarsi alte in tutta la città.
Erano i primi secondi del nuovo anno e lui li ascoltava rapito sulla soglia della Città di Ossa. Non gli era permesso uscire, perché nessuno aveva chiesto l’intervento dei Fratelli Silenti e non era il suo giorno di libera uscita, ma comunque si era avvicinato per sentire la vita scorrere fuori da quelle mura.

Anche dopo un secolo era strano non essere più un Cacciatore, non poter camminare libero per quella che sentiva come la sua città. Londra era casa, sebbene non ci fosse più nessuna famiglia da cui tornare. Neanche Tessa viveva lì, se n’era andata qualche anno dopo la morte di Will, per tagliare i rapporti con i propri discendenti, per non intromettersi troppo nelle loro vite e finire per soffrire alle loro morti. Tornava solo per lui, per incontrarlo sul Blackfriars Bridge, come si erano promessi.
Era sempre la solita Tessa con una speranza infinita riposta in qualcosa che non sarebbe mai cambiato. Cercava una cura per farlo tornare umano e nei suoi occhi brillava la convinzione che l’avrebbe trovata.  

Tessa non parlava mai troppo a lungo delle sue ricerche, preferiva cambiare argomento e descrivergli la vita fuori dalla Città di Ossa come meglio poteva. Fratello Zaccaria apprezzava quei momenti, perché per un attimo tornava a essere James Carstairs e sentiva più forte quell’amore che non gli era permesso di esternare.
Era diverso dagli altri Fratelli, più umano e per questo ancora sensibile ai ricordi di una vita che non avrebbe mai dimenticato. Si toccò il petto, dove la Runa Parabatai era ancora visibile e lasciò correre libero il suo pensiero verso William, finché gli arrivarono di nuovo le voci festanti e un chiaro e limpido “Buon 2007” lo riscosse del tutto.

Si scostò dall’entrata e si diresse verso l’oscurità, per lui non c’era niente da festeggiare, nella Città di Ossa il tempo era eterno, ormai avrebbe dovuto saperlo. Ogni anno era esattamente come il precedente, ogni giorno passava nella riflessione e nello studio dei grandi misteri di una vita che nessuno tra i Fratelli Silenti e nemmeno lui avrebbe più potuto vivere. Erano tutti nella mente di tutti e li sentiva riflettere, nessuno aveva mai pensieri come i suoi. Avevano tagliato il cordone che li legava al loro passato, non soffrivano mai della loro condizione.

Mentre scendeva sempre più in profondità, Fratello Zaccaria pensò che per lui non sarebbe mai cambiato niente, che il 2007 non sarebbe mai stato diverso da nessun altro anno. La Città di Ossa ormai era casa sua.
 

 
 In una città diversa, a molte e molte miglia di distanza una ragazza rossa e piuttosto bassa per la sua età stava stravaccata sul divano accanto al proprio migliore amico, che si stava aggiustando gli occhiali. «Simon, è quasi mezzanotte. Prendi il caffè!»
 
Il ragazzo si alzò e prese le tazze che avevano preparato. Non brindavano mai con lo spumante, ma solo con il caffè migliore che potevano trovare. Era una tradizione tutta loro e Simon pensò che non avrebbe desiderato altro al mondo che quella stanza, quella tazza e quella fantastica ragazza. Clary lo ringraziò con un sorriso allegro e disse: «Il 2007 sono sicura che sarà un anno magico.»

«Aspetta almeno che inizi» ridacchiò Simon, riaccomodandosi e guardando la tv. «Sta per iniziare il conto alla rovescia, Fray. Dieci, nove…»

«Otto… sei… quattro…» rincarò Clary, avvicinandosi al suo migliore amico che continuava a seguire il countdown. Simon alla fine proruppe in un «BUON ANNO, FRAY» e fece scontrare le loro tazze con energia, rischiando di romperle.
Simon si passò la mano sinistra sui capelli a mo’ di scuse e iniziò a bere. Il caffè era abbastanza caldo da appannargli un pochino gli occhiali.

Clary rise e, prima di bere, disse: «Mi sento che quest’anno sarà un anno di grandi cambiamenti.»

Simon le guardò un attimo le labbra e pensò che era il momento giusto per confessarle cosa provava. Voleva dei cambiamenti e lui era pronto a dargliene uno. Si avvicinò appena, non voleva farle capire subito le proprie intenzioni. Lei continuava a bere con lo sguardo rivolto alla tv, che le faceva brillare gli occhi verdi ancor più del solito. Si protese ancora appena e gli arrivò il profumo che Clary aveva messo quella sera. Non sapeva che fragranza fosse e nemmeno gli importava, solo che lo bloccò al suo posto. Quel profumo glielo aveva regalato proprio lui, scelto a caso tra tante confezioni, e lei si era vantata con tutti di aver un miglior amico maschio capace di scegliere i profumi. Capì in quel momento di non potersi dichiarare. Si schiarì la voce e poi prese un’altra sorsata del suo caffè. Era un sollievo sentire l’amaro invadere la sua bocca e la sua lingua, per poi scendere verso l’esofago.

Il timore del rifiuto l’avevo fatto desistere, ma anche la consapevolezza di quale figura lui ricoprisse nella vita di lei. Non è che non ci avesse mai pensato, però in quel momento aveva davvero capito quanto Clary tenesse a lui. C’è tempo per prepararla ai tuoi sentimenti, si disse e decise di fare un nuovo brindisi: «Ai cambiamenti, sperando che non scombussolino troppo la nostra quotidianità!»
 


 Nella stessa città, un po’ prima di mezzanotte, tre Cacciatori erano seduti da circa mezz’ora al tavolo di un locale abbastanza vuoto e triste. I pub e i locali più alla moda erano presi d’assalto e il Taki’s aveva davanti una marea di gente che aspettava per entrare, perciò si erano accontentati di quel posto, non tanto lontano dall’Istituto.

«Stupidi mondani, che si riversano come pazzi nelle strade e non ci lasciano fare il nostro lavoro…» La voce di Jace era un tantino alterata. Era tutto il giorno che aveva una voglia esagerata di scovare qualche demone e rimandarlo da dove era venuto, le feste gli mettevano il nervoso. «Anche i Nascosti sembrano impazzire per questa folle idea dell’ultimo dell’anno.»

«Stanno festeggiando.» Isabelle amava tutta quella confusione a Times Square e avrebbe voluto unirsi a quei mondani che si baciavano e stringevano nei primi secondi del nuovo anno. Lei e la sua famiglia non facevano mai nulla di speciale, se ne stavano dentro l’Istituto e aspettavano che arrivasse semplicemente un nuovo anno. L’unico che la pensava come lei era il piccolo Max, si lamentava senza preoccuparsi di essere sgridato.

«Cosa vuoi che festeggino? È solo un anno nuovo, un numero in più sul calendario. Per l’Angelo, che idioti!» si impuntò Jace e Isabelle gli lanciò un’occhiataccia. Non era idiota festeggiare qualcosa di nuovo e nemmeno augurarsi il meglio, era carino anche se non cambiava mai nulla, se tutto restava uguale e la vita faceva abbastanza schifo.
Il terzo Cacciatore si inserì prima che Isabelle potesse esprimere i propri pensieri ad alta voce. «Non sono uno da feste, ma se vogliono festeggiare lasciamoli festeggiare. Jace, troveremo dei demoni da farti uccidere, così non dovrò sentirti borbottare tutta la notte e potrò dormire in pace.»

Jace esclamò irritato: «Alec! Siamo parabatai…»

«Ti sto promettendo i demoni, più di questo non so cosa fare.» Alec si tirò su e giù le maniche, stropicciandole più di quanto già non fossero. Si chiuse nel mutismo, osservando il locale tutto intorno, mentre Jace borbottava a mitraglietta.
A interromperlo, prima che Isabelle gli tirasse una botta in testa, arrivò la cameriera. «Cosa vi porto?»

Jace aveva già guardato il menù e iniziò a elencare tutto quello che voleva, Alec risposte un caffè con voce assente come se fosse perso in altro e probabilmente lo era, Isabelle non ordinò nulla. La cameriera guardò Isabelle e chiese: «Sicura di non voler almeno qualcosa con cui brindare?»

«Perché no.»

Jace si stupì per la risposta e aspettò che la cameriera fosse lontana per esprimere il suo disappunto. «Brindare? Non vorrai che festeggiamo il nuovo anno, che poi cosa ci sarà di nuovo!»

Alec si sporse verso sua sorella e mormorò un consiglio fraterno che sinceramente lei non voleva sentire: «Non dovresti bere prima della ronda.»

Isabelle non commentò e aspettò che arrivasse il suo ordine, che non la fece attendere a lungo. Sorrise felice alla cameriera e alzò il calice verso Alec, che la guardava preoccupato e Jace, che la guardava scettico.

Il proprietario del pub, un signore robusto sulla cinquantina, alzò il volume della piccola e sudicia televisione e il conto alla rovescia volò veloce verso lo zero. Isabelle era incantata da quello scorrere di numeri e si trovò in piedi alla mezzanotte con il suo calice ancora nella mano destra.
«Auguri, ragazzi. Buon 2007!» Isabelle era talmente elettrizzata che non si era nemmeno accorta che anche Alec e Jace si erano alzati in piedi. Alec la raggiunse, le sorrise e le mise una mano sulla spalla, facendo un cenno del capo. Jace aveva le braccia incrociate al petto, in una posa da vero duro, ma le fece l’occhialino. Isabelle disse: «Sono felice di essere con voi i primi secondi di questo nuovo anno, sento che ci riserverà delle belle sorprese.»

«A me basterebbero dei demoni.» mormorò Jace, facendo ridacchiare Alec. «Magari un Principe degli Inferi.» L’occhiata successiva di Alec si diresse al soffitto e pregò l’Angelo, perché il desiderio di Jace non venisse ascoltato.

 

 Raziel ascoltò tutti i pensieri e pensò che Shadowhunters, mondani, Nascosti, tutti nessun escluso erano degli idioti. L’anno nuovo sarebbe stato un anno duro, atroce, con infinite perdite. Festeggiavano eppure molti non avrebbero avuto nulla da festeggiare l’anno successivo.
Uno Shadowhunter chiedeva più demoni e sarebbe stato accontentato. Un mondano voleva dei cambiamenti poco rilevanti, ma tutto il suo mondo e la conoscenza dello stesso stavano per essere stravolti. Un Fratello Silente pensava che tutto sarebbe rimasto immutato, ma era tempo che anche lui tornasse a combattere contro la morte e la consunzione della carne.

Erano degli idioti, eppure non smetteva mai di guardarli. Vivevano all’oscuro di ciò che sarebbe accaduto alle loro vite, ma vivevano, lottavano, piangevano per poi rialzarsi e dare il meglio di loro. Erano brutti. La peggior creazione, secondo lui, ma affascinanti nel loro coraggio.

Li aveva aiutati in un tempo remoto. Aveva aiutato Jonathan, il più bello e saggio tra tutta quella marmaglia ignorante, voleva si ergesse sopra tutti gli altri e creasse una stirpe nobile e forte per proteggere i deboli. Jonathan gli era caro, era nato splendente come il sole e il suo sguardo non aveva potuto che posarsi su di lui. Per gli altri angeli era un neonato come tanti, nessuno splendore, nessun sole.

«Raziel, non ti stanchi mai di guardare gli esseri umani, di guardare come si danneggiano, come muoiono?» chiese Michele. «Siamo noi la Sua migliore creatura.»

«Saremo anche noi, ma alcuni angeli sono caduti, si sono lasciati tentare e hanno sbagliato tanto come gli umani. Nessuno in questa grande creazione è privo di peccato, forse nemmeno Lui.»

«Sono parole deplorevoli da dire, Raziel.» si irritò Michele, sprigionando un lampo di luce più forte. Raziel non si lasciò intimorire e mormorò: «Amen.»

Michele sbottò in un altro lampo di luce, ma l’altro non ebbe paura. Sapeva che Michele era collerico e impetuoso e aveva già un’idea per farlo brillare ancora di più.

«Ah, buon anno, Michele.»
   
 
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