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Autore: njaalls    27/02/2016    1 recensioni
Il peggiore incubo di Bellamy è sé stesso, ma Clarke non ha paura.
Raccolta os/flash fic/drabble di missing moments, what if, AU (modern, Teen Wolf, ecc).
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Per oggi (forse) è l'ultimo capitolo, dopo i due precedenti.
Okay, di queste drabble vado molto fiera e non perchè siano qualcosa di straordinario, insolito o chissà che, ma semplicemente perchè scriverle e portarle a temine mi hanno fatta stare bene e mi hanno resa soddisfatta. Spero che a voi piacciano allo stesso modo.
E, oh, il prompt dice di sceglie un personaggio e una parola, quindi immagino che -a senso loro- avrei dovuto scrivere una sola drabble: bhe, io ne ho scritte undici per ogni termine e ho scelato Bellamy come personaggio. Saranno bellarke, ma ruotano intorno a Bellamy (che poi è legato a Clarke, obv).
Le mie preferite? Assolutamente Scream, Ignore e, sì, forse anche Regret.
-njaalls

Pieces.
 
Pick a character and pick a word and write a short drabble:
Love, Hate, Tired, Awake, Scream, Whisper, Ignore, Watch, Silence, Talk, Regret.
 
 
Bellamy è un fuoco che scotta e arde: ama la natura, la vivacità e ama un metro e poco più di sicurezza, testardaggine e capelli biondi che svolazzano sulle spalle. Ora la guarda, lei gli fa un cenno e ama anche il modo in cui le sue mani armeggiano con il coltello. Sembra una dura, ma ha un cuore troppo puro per il sangue, la cattiveria e la violenza. Spera che non cambi, quindi le sorride e, se fosse più vicino, amerebbe anche quel rossore sulle guance.
 
 
Bellamy odia stare fermo per troppo tempo, ascoltare quei ragazzini che scherzano intorno al falò ogni sera e odia litigare con Octavia, se poi lei si volta e scappa via.
«Dovresti seguirla» gli suggerisce sempre Clarke accarezzandogli la schiena, ma lui odia anche sapere di poter incontrare occhi arrabbiati e delusi che potrebbe non saper curare, quindi si chiude in sé stesso e si odia per essere così codardo.
 
 
Essere a capo di un gruppo di ragazzini abbandonati a loro stessi, spaventati e senza un’idea precisa su come sopravvivere, distrugge le forze di Bellamy ogni giorno, come se badare a sua sorella non bastasse.
Vede Clarke che è la stessa ed entrambi la sera sembrano due automi che vagano in cerca di cibo e poi di una tenda per dormire, finché non sorge il sole.
Quella notte c’è però il corpo di lei che trema per il freddo e gli occhi di lui che si aprono appena, stanchi e devastati. Ugualmente si tira su e «Posso dormire qui con te?» chiede piano.
Le fa spazio.
 
 
Bellamy mentirebbe se dicesse di essere il primo a svegliarsi, perché riposare gli piace, soprattutto se poi ha la responsabilità di quello che è ormai un clan e arrivare a fine giornata è uno sforzo disumano.
La sua tenda è proprio di fronte a quella di Clarke che invece è sempre sveglia prima di lui, quasi a voler sottolineare il suo essere migliore, più piccola, ma più responsabile, quindi Bellamy si tira su e come prima cosa storce il naso.
Fuori, lei gli da sempre il buongiorno e allora lui dimentica qualsiasi screzio, sfida o competizione, le sorride e vederla fare lo stesso lo sveglia del tutto.
 
 
Urla.
Bellamy si volta di soprassalto, è notte e dal posto di sentinella si muove verso l’interno.
Le grida aumentano e il suo cuore batte all’impazzata, li vede e si ferma di scatto: Murphy la tiene stretta dalle spalle, un coltello alla gola e lo sguardo malvagio dipinto sul volto. Gli occhi di Clarke sono terrorizzati e quelli dei presenti anche, poi Bellamy punta addosso alla figura il fucile e gli ordina di lasciarla andare.
Ha ucciso Connor, urla Clarke, Bellamy trema e non può permettersi di sbagliare: spara un colpo e,  grazie a dio, lo ferisce alla spalla, schivandola. Lei lancia un grido e gli corre incontro terrorizzata.
 
Il virus ha attaccato gran parte di loro, un paio sono morti e i primi si stanno già riprendendo: Bellamy crede che potrebbe vomitare l’anima, restare in quelle condizioni per sempre, ma c’è Octavia che lo tranquillizza e gli accarezza la testa, mentre Clarke si accerta che stia bene, quando sua sorella non è nei paraggi.
Gli sussurra parole confortanti, mormora che è forte e che non vede l’ora di averlo di nuovo tra i piedi. Gli lascia anche un bacio quando crede che stia dormendo e allora lui la trattiene debolmente per un polso.
Le sussurra un «Grazie» che la fa tremare come foglie al vento.
 
 
Bellamy ignora Clarke per tutto il giorno successivo e il ricordo di lei che poggia le labbra su quelle di lui gli piace, lo sente ancora sulla pelle, ma allo stesso tempo lo atterrisce.
La vede di sfuggita vicino alla tenda, la incrocia più di un paio di volte,  gli rifila pure una gomitata nel modo di spostare la tenda della navicella -mentre è proprio ed inevitabilmente dietro di lei-, ma quando i loro occhi si incontrano Bellamy distoglie lo sguardo e si ammutolisce.
Almeno finche non cala il sole, sta in piedi a braccia incrociate e lei avanza livida di rabbia: poi gli molla un pugno.
«Ignorami ancora!» sbotta.
 
 
Si guardano e lo sanno.
Si scoprono a lanciarsi sguardi, occhiate, sorrisi storti e non smettono.
Vivono come selvaggi, lottano, sopravvivono, e mentre le loro pelli si induriscono, i loro cuori non cessano di osservarsi, toccarsi, amarsi.
Bellamy scruta Clarke ogni volta che può ed è sempre una boccata d’aria fresca in mezzo a quel caos che lo sta risucchiando: poi lei lo cerca a sua volta con un’occhiata, con i capelli che svolazzano e le spalle dritte e Bellamy sorride, perché sembra l’inferno, ma lui non guarderebbe altro. La ammira e sa che vale la pena sfidare il diavolo per una tentazione del genere.
 
 
Tutto quello che Bellamy sente è silenzio, il respiro di Clarke contro la guancia e ancora silenzio.
La tiene stretta, le braccia intorno alla sua vita, i capelli biondi che gli solleticano il braccio e ascolta il rumore della quiete, senza voler essere da nessun’altra parte.
Le lascia un bacio sulla tempia, lei sorride nella semi oscurità e in un mare in tempesta come quello in cui navigano, il silenzio è l’unico regalo che possano desiderare.
 
 
Bellamy non è bravo a parlare, confidarsi, o aprirsi con qualcuno, ma sa essere un bravo ascoltatore se crede che la persona che ha di fronte valga ogni secondo del suo tempo.
Così, ora, ha le gambe incrociare, lo sguardo concentrato e i capelli scombinati, mentre Clarke  guarda il cielo e gli racconta di lei. Non la interrompe, non la sfiora nemmeno per paura che possa distrarsi e osserva il suo profilo perfetto.
Parlano tutta la notte e anche lui a volte interviene, perchè Clarke è in grado di renderlo importante con la sua curiosità e le sue continue domande e Bellamy scopre che, alla fine, non è affatto male.
 
 
C’erano urla di battaglia, lui che correva e le grida straziate di Clarke che lo incitavano a fare più veloce, vicino alla navicella. Non avrebbe mai pensato di poter avere rimpianti, sapendo di aver fatto tutto il possibile per la sua gente e sua sorella, ma un moto di tristezza lo pervade ogni istante, sapendo di averla fatta preoccupare, obbligandola a chiudere la porta cosciente di aver lasciato lui e Finn a morire.
Avrebbe voluto dirle almeno di non preoccuparsi, di pensare a se stessa e a quei ragazzini spaventati, ma ora rimpiange e basta di non aver detto a Clarke Griffin d’amarla ogni secondo.
  
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