Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: SHUN DI ANDROMEDA    28/02/2016    4 recensioni
[KariyaMasakiCentric][Seguito ideale di Prigionia][Dedicata a Vari China]
“Sei venuto anche oggi?”
Ranmaru salutò rispettosamente Kiyama con un cenno del capo non appena entrato nell'atrio dell'ospedale, la borsa sulla spalla che dondolava ad ogni suo passo: “Ho portato qualche regalo per Kariya.” disse con tono posato, mostrando la cartella gonfia, “Sono da parte dei nostri compagni di squadra. C'è anche un biglietto da parte dell'allenatore Endou. E i compiti da parte di Tenma. Oggi sta meglio?” s'informò subito il ragazzo."
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Kirino Ranmaru, Xavier/Hiroto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuova pagina 1

Fandom: Inazuma Eleven GO!
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Kariya Masaki, Kiyama Hiroto, Midorikawa Ryuuji, Ranmaru Kirino
Tipologia:
One-Shot
Genere: Angst, Fluff, Malinconico
Avvertimenti:
Dedicata a Vari China, maledetta tentatrice.
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

DEBOLE

Ecco dov'eri finito.”.

Stretto nella felpa della Raimon - che gli era stata restituita miracolosamente ripulita dal sangue - che indossava al di sopra del pigiama, Kariya alzò debolmente la testa ancora fasciata e dolorante verso la voce che, improvvisa, era risuonata nel cortile semi-deserto: era tardo pomeriggio e per la prima volta era riuscito a strappare il permesso di mettere il naso fuori dalla stanza dopo giorni di riposo indotto da medicinali; seduto su una delle panchine del piccolo giardino, era rimasto qualche ora lì, a godersi il calore del primo sole primaverile, ancora troppo scosso per fare altro.

E di parlare, soprattutto, non se la sentiva ancora: era ancora troppo scosso e spaventato per affrontare il discorso con sé stesso, figuriamoci con qualcun altro.

Men che meno aveva intenzione di farlo con Ranmaru, che lo fissava con espressione severa a pochi passi di distanza.

Avevo bisogno di aria. Sto bene, non c'era bisogno che venissi fin qui” borbottò Masaki a capo chino, non voleva incrociarne lo sguardo sicuramente ferito e preoccupato, l'avrebbe confuso ancora di più e non ne sentiva la necessità: già così faceva fatica a riordinare i pensieri; con un sospiro, Kirino si avvicinò, lentamente, e poggiò la propria borsa accanto a lui, di modo da farlo abituare alla propria presenza.

Ranmaru aveva una discreta esperienza di botte in testa e conseguente confusione mentale: lui per primo, dopo avvenimenti del genere, restava sul chi vive per qualche tempo e capiva l'importanza dello spazio di ripresa di cui l'amico aveva bisogno; era rimasto perciò in piedi, in attesa di un qualunque cenno che lo autorizzasse ad avvicinarsi ancora e a, eventualmente, sedersi.

Non doveva avere fretta, tanto più che gli accertamenti delle condizioni di Masaki proseguivano e per un po' non sarebbe andato a scuola, figuriamoci agli allenamenti: le parole di Midorikawa-san e Kiyama-san erano state chiare.

Sei venuto anche oggi?”

Ranmaru salutò rispettosamente Kiyama con un cenno del capo non appena entrato nell'atrio dell'ospedale, la borsa sulla spalla che dondolava ad ogni suo passo: “Ho portato qualche regalo per Kariya.” disse con tono posato, mostrando la cartella gonfia, “Sono da parte dei nostri compagni di squadra. C'è anche un biglietto da parte dell'allenatore Endou. E i compiti da parte di Tenma. Oggi sta meglio?” s'informò subito il ragazzo.

Midorikawa sospirò, passando al compagno la tazza bollente di tè verde che aveva tenuto in mano fino a quel momento: “Si è nuovamente svegliato urlando stanotte ma non siamo riusciti a capire niente, l'hanno dovuto sedare perché non riuscivamo a calmarlo.” disse con espressione spenta, il viso segnato dalla lunga notte e anche da qualche lacrima pianta di nascosto dal figlio e dal marito.

Possiamo fare qualcosa? Se in qualche modo...” a Kirino faceva male sentire certe parole, Masaki era prezioso per lui e per la squadra, non voleva lasciare nulla di intentato.

Con noi non vuole aprirsi… Ma forse con te potrebbe...”, intervenne Hiroto, sistemandosi gli occhiali malconci: “Sappiamo che c'è stata tensione tra voi in passato ma sono sicuro che tu possa farcela.” sorrise lui incoraggiante.

Farò del mio meglio, Kiyama-san, Midorikawa-san… E se necessario, posso chiamare il resto della squadra, l'allenatore Endou potrebbe accompagnarli qui e-”.

Abbiamo provato a chiedergli se se la sentisse di vedere i suoi amici ma finora, l'unica persona che non ha rifiutato di incontrare sei tu.”.

Con un sospiro, Ryuuji si sfregò gli occhi stanchi per la lunga veglia: “Sei l'unico, al momento, che può aiutarlo.”.

Era una sfida che Ranmaru non poteva permettersi di perdere.

Da parte sua, invece, Masaki non sapeva cosa fare.

Il suo primo istinto, non appena visto l'amico, era stato quello di scappare e nascondersi in un luogo lontano, inaccessibile a tutti: era terrorizzato da chiunque si avvicinasse a lui, voleva costruire una barriera che lo isolasse dal mondo esterno, calda e ovattata, dove addormentarsi senza pensare più a niente, dove niente e nessuno avrebbe potuto fargli del male.

Pur sapendo che non aveva niente da temere da Kirino – nonostante i loro battibecchi, il legame che avevano sviluppato era forte e di lui si fidava – e che sfogarsi non gli avrebbe fatto che bene, il ricordo di quella solitudine gelida lo paralizzava, rendendogli difficile il pensare razionalmente.

Riempirti la bocca di bugie non serve a niente.”.

Con tono secco, Ranmaru ruppe il silenzio, guardandolo severamente: “Non pensare di prendermi in giro.” aggiunse, “Non serve a me, men che meno a te.”.

Un brivido freddo percorse la schiena di Masaki, facendolo tremare inconsultamente.

Hai sempre avuto questa brutta abitudine di tenerti tutto dentro, di nascondere i tuoi sentimenti e le tue emozioni e non ti fa bene. Non ti fidi ancora abbastanza di noi per aprirti?” le parole del ragazzo più grandi erano ferme, seppur velate di malinconia, “Io vorrei aiutarti, davvero, ma non ho idea di come fare.” ammise il difensore, chinando il capo ma restando in piedi, a distanza, “Anche Kiyama-san e Midorikawa-san sono molto preoccupati… Non vuoi aprirti neppure con loro? Forse se provassi a parlarci...”.

Masaki sospirò e scosse la testa, il viso nascosto nell'incavo delle braccia che cingevano le ginocchia raccolte al petto, si vedeva unicamente la sua capigliatura spettinata: “Non posso...” confessò con un filo di voce.

Quel tono così dimesso fece balzare il cuore in gola a Ranmaru, che finalmente mosse un passo in avanti: “Posso sedermi?” chiese a bassa voce, chinandosi verso l'amico per farsi sentire meglio.

Finalmente, Kariya annuì piano, spostandosi appena sulla panca di modo da lasciargli un po' di spazio.

Con attenzione, il difensore si accomodò accanto a lui senza perderlo di vista un attimo: le spalle sussultanti, il corpo che tremava… erano segni inequivocabili.

Di cosa hai paura?”.

A quella domanda, Masaki si lasciò scappare un singhiozzo strozzato, cercando al contempo di sparire nel buco nero delle proprie braccia.

Voglio aiutarti, Kariya. Non sono un tuo nemico, non vedermi come tale.”.

La voce accorata di Kirino lo metteva a disagio: era spezzato in due, se da una parte desiderava ardentemente afferrare quella mano tesa per farsi strada nel buio di quel terrore profondamente radicato in lui, dall'altra non voleva fidarsi ancora, non voleva abbassare di nuovo le proprie difese e venir precipitato in quella voragine spaventosa.

Non voleva tornare in quella fogna.

Non voleva di nuovo restare solo.

Kariya, parlami. Mi stai spaventando.”.

Con la forza di un'inondazione, il panico si propagò in lui capillarmente, come un virus devastante, polverizzando ogni pensiero positivo e ogni resistenza e mandando in tilt la sua mente già provata: in un attimo, il respiro gli si mozzò in gola mentre una forza invisibile prendeva il controllo del suo corpo e delle sue membra.

Come se fosse stato uno spettatore esterno, il ragazzino si ritrovò sdraiato a terra con le braccia che si muovevano in maniera convulsa da una parte e dall'altra, faticava a respirare e dalla sua gola uscivano solo rantoli soffocati tra le lacrime bollenti che gli solcavano il viso.

Non aveva il minimo controllo su niente, men che meno delle sue gambe che sembravano voler colpire con violenza lo stesso Kirino, che si era subito gettato al suo fianco per tenerlo fermo: la sua voce gli giungeva ovattata, la sensazione delle sue mani sul proprio viso era come lontana, un sogno sfumato nel tempo, mentre quella nera oscurità che gli avvelenava l'anima premeva per uscire e inondare il mondo esterno con la propria venefica presenza.

Non voleva farsi vedere così, non doveva farsi vedere così!

nonsonodebolenonsonodebolenonsonodebolenonsonodebolenonsonodebolenonsonodebole...” ripeté ossessivamente, i pugni stretti fino a ferirsi i palmi, “nonsonodebolenonsonodebole...”.

Le lacrime avevano cominciato a scendere senza sosta e le convulsioni violente lo portavano a rotolarsi sul ciottolato del cortile, non sentiva il dolore delle pietre che gli si conficcavano nelle carni e neppure quello della testa che continuava a sbattere dappertutto.

MASAKI, GUARDAMI! CONCENTRATI SU DI ME!”

Il vento freddo della notte che scendeva fu la prima sensazione tangibile che Kariya ebbe dopo che la voce di Ranmaru l'ebbe scosso dal suo torpore di lacrime e sudore, il viso adombrato di preoccupazione del ragazzo più grande comparve nel suo campo visivo: “Sono qui, non sei da solo… Respira. Fai come faccio io, inspira e poi espira… Bravo, così. Inspira e poi espira, segui il ritmo. Senti la mia mano? Stringila, andrà tutto bene.”.

A poco a poco, la sensazione di gelo cominciò ad attenuarsi, le convulsioni scemarono via come un fiume e infine, quando ormai il cielo sopra di loro era diventato buio e pieno di stelle, Masaki si ritrovò disteso con la schiena a terra, il fiato corto e il viso arrossato per lo sforzo e le lacrime.

Ma Kirino era ancora lì, al suo fianco, e le loro mani non si erano ancora staccate: il difensore lo guardava con espressione preoccupata ma non si era mosso, ancora inginocchiato sul selciato duro: “E' passato?” bisbigliò Kariya con voce esausta.

Sì, non alzarti ancora però… Respira.” sussurrò l'altro ragazzo, levandosi la giacca per mettergliela sotto la testa: “Non me ne vado.” lo rassicurò poi, allungandosi a prendere qualcosa dalla borsa lasciata sulla panchina.

La bottiglietta d'acqua fu un toccasana per le labbra screpolate di Masaki, che ne svuotò avidamente più di metà con un solo sorso.

Quando te la senti, ti aiuto ad alzarti. Ma non avere fretta.” la voce di Kirino era ferma mentre gli dava istruzioni e Kariya non aveva intenzione di disobbedirgli, era esausto e voleva soltanto appallottolarsi in un angolo e dormire: “Mi fa male dappertutto...” ammise con un filo di voce, “C-Cosa è successo…?”.

Ranmaru sospirò, poi ripose la bottiglia in borsa e infine si portò al suo fianco, cingendogli il fianco tremante con un braccio mentre faceva leva sulle proprie gambe per tirare su entrambi: “Ne parleremo dentro… Voglio far vedere a qualcuno quei graffi.” disse, esaminandone i tagli sul viso, “E soprattutto, devo farti stendere da qualche parte. Appoggiati a me, rientriamo.”.

Sfinito, Kariya si lasciò trasportare lungo il sentiero senza fare un gesto, scivolando lentamente nell'incoscienza.

§§§

Finalmente addormentato e con un pigiama pulito addosso, Masaki riposava tranquillo nella sua stanza, vegliato da Kirino che aveva appena finito di telefonare a casa per avvertire che non sarebbe rientrato per quella notte, aveva qualcosa di molto importante da fare e forse non sarebbe neppure andato a scuola il giorno seguente, magari avrebbe scritto una mail a Shindou più tardi per avvertirlo.

Ora, la cosa più importante era aiutare Kariya.

Ranmaru, di attacchi di panico, ne aveva visti a bizzeffe, lui per primo ne aveva sofferto molto in passato e aveva quindi riconosciuto al volo i sintomi, aveva dovuto impararlo a proprie spese, e pur conscio della difficile strada che gli si parava davanti, sentiva di non essere del tutto disarmato in quel frangente.

Era un nemico che poteva affrontare.

Cosa ti stai portando dietro…?” mormorò all'amico addormentato: “Confidati con qualcuno, non lasciarti spazzare via...”.

Ti ho portato qualcosa di caldo.”.

La voce gentile di Ryuuji Midorikawa fece voltare il ragazzo più giovane, che sorrise stancamente nel vedere il vassoio che l'uomo portava tra le braccia: “Mangia tranquillo.” aggiunse lui, poggiandolo sul comodino accanto al letto, “Il medico ha detto che per stanotte puoi restare, se hai bisogno, un'infermiera è qui fuori.”.

Grazie...”.

Nessun problema.”.

Con mano tremante, Kirino prese per prima cosa la tazza fumante, inspirando a pieni polmoni il profumo penetrante del tè oolong appena versato, ne bevve qualche sorso e si godette la sensazione di calore che si propagava in ogni angolo del suo corpo: “Vorrei aver fatto di più.” ammise infine, osservando il viso graffiato di Kariya, “Vorrei averlo aiutato di più… E invece...”.

E invece hai fatto molto.”.

L'ingresso di Hiroto nella piccola stanza fece sobbalzare Ranmaru, che per poco non si rovesciò addosso il contenuto della tazza, l'espressione dell'uomo era ferma e posata, nonostante gli inequivocabili segni di stanchezza: “Hai fatto molto di più di quanto potessimo mai fare noi due. Gli sei stato vicino.” aggiunse con una vena di amarezza nella voce.

Anche voi, Kiyama-san.” intervenne Ranmaru, alzandosi in piedi di scatto: “Kariya vi vuole bene, ne sono sicuro, è solo… diffidente.” azzardò, “Non ha un carattere facile, in squadra sappiamo tutti che non ha avuto una vita semplice e quindi cerchiamo di non farglielo pesare, ma sappiamo quanti sforzi abbia fatto per arrivare a fidarsi degli altri, di voi e di noi, ha fatto molti progressi dal giorno in cui è entrato nel club. Io credo sia soltanto spaventato da qualcosa che ha dentro e che non riesce a tirare fuori.”.

Nella stanza cadde il silenzio.

Ha detto qualcosa mentre eravate insieme?” chiese infine Ryuuji con un sospiro.

Ranmaru annuì, abbassando il capo: “Continuava a ripetere di non essere debole, ossessivamente. Mi ha spaventato.” ammise lui.

I due coniugi si guardarono in viso e infine Hiroto allungò una mano a sfiorare la spalla del giovanissimo: “Ha detto la medesima cosa la notte scorsa, e non è la prima volta. Quando, per la prima volta, ci venne affidato, era molto difficile riuscire a parlarci. Si ostinava a dire che l'avremmo mandato via prima o poi, che ci saremmo stancati di lui. E più volte l'abbiamo sentito piangere nel sonno.”.

Aveva molti incubi.” aggiunse Midorikawa, gli occhi lucidi: “Lo sentivo piangere nel suo cuscino, mormorando di non essere debole, che non si sarebbe fatto fregare da nessuno. Non sono stati momenti facili.”.

Ma perché proprio adesso? Sembrava sereno...” gemette Kiyama.

Forse perché non è mai riuscito a parlare veramente di quello che provava.”.

Kirino raccolse la propria borsa da terra e ne estrasse un piccolo libriccino rilegato, che consegnò ai due adulti: “L'hanno trovato Aoyama e Ichino nella sua cartella stamattina, dopo che l'hanno cercata in tutto il cortile. Era l'unica cosa che mancava all'appello dopo… l'incidente.”.

Questi lo presero con mano tremante e, sfogliandolo, sentirono il cuore affondare in una scura melma di rimpianto e preoccupazione: i caratteri vergati sulle pagine erano sbavati, come se qualcuno ci avesse pianto sopra, a tratti incomprensibili ma una cosa era chiara.

Quello era il vero cuore di Kariya Masaki, il luogo dove era veramente sé stesso.

Quando me lo hanno portato, sembravano scossi, ne ho parlato con Shindou – il nostro capitano – e con l'allenatore e mi hanno consigliato di portarvelo e farvelo vedere.”.

Le pagine erano piene di dolore, grondavano sofferenza in forma di inchiostro nero come la notte che le ricopriva come un manto.

Su tutte, campeggiava come un mantra una sola frase.

Non sono debole.

Ha paura...”, la voce di Midorikawa era come un sussurro mentre i suoi occhi si spalancavano, folgorati dalla consapevolezza improvvisa di un pensiero che da troppo tempo si celava nella sua mente: “Hiroto, ha paura!” esclamò, stringendo con forza le mani del marito, “Ricordi? Era accaduto lo stesso a Fuusuke e Haruya!”.

Kirino li guardò confuso, senza capire.

Anche il viso di Hiroto sembrò illuminarsi di consapevolezza mentre frugava nelle tasche alla ricerca di qualcosa, rivelatosi poi come il proprio portafoglio.

All'interno, vi era una piccola foto piegata in una tasca laterale, che venne tirata fuori senza troppe cerimonie e dispiegata sotto gli occhi di Ranmaru, un'immagine serena di alcuni ragazzi in un giardino, non più grandi di lui, tra cui due giovanissimi Hiroto e Ryuuji, seduti sui gradini di un edificio dai colori brillanti: “Questi siamo noi da ragazzi. E loro sono Fuusuke e Haruya. Siamo cresciuti insieme come fratelli al Sun Garden.” spiegò l'uomo, indicando due ragazzi dalle capigliature spettinate intenti a lanciarsi oggetti l'un l'altro.

Kirino annuì, incominciando a capire: Masaki gli aveva accennato il fatto che i suoi genitori fossero orfani e soprattutto gli aveva parlato di un certo numero di zii che facevano a gara per fargli da baby-sitter; l'aveva fatto con apparente distacco ma qualcosa, nella sua voce, gli aveva fatto intuire una realtà del tutto diversa.

Sono molto legati, arrivarono assieme al Sun Garden e non era facile separarli anche solo per giocare a pallone assieme. Erano diffidenti e sospettosi con chiunque, anche con Hitomiko.”.

Quando poi venimmo tutti quanti adottati da nostro padre… Fu ancora peggio. Pianti, urla, non sapevamo cosa gli fosse successo ma doveva essere stato qualcosa di tremendo. Poi, un giorno, finalmente scoprimmo ogni cosa.”.

Erano cresciuti assieme in una città di campagna, i loro genitori erano morti in un incidente quando loro erano molto piccoli e avevano attraversato il Paese, sballottati da una famiglia all'altra, ci dissero che nessuno li voleva perché erano strani.”.

E che prima o poi anche Hitomiko e nostro padre li avrebbero cacciati via.”.

Fu difficile ma alla fine riuscirono a far loro capire che non lo avrebbero mai fatto, che quella era casa loro e lo sarebbe stata finché avrebbero voluto. Ma fu una lunga battaglia.”.

Il silenzio che seguì a quel racconto non durò però a lungo: all'improvviso, un urlo penetrante li fece sobbalzare assieme al suono di mille allarmi e di qualcosa che andava ad infrangersi rovinosamente a terra; in un attimo, Hiroto si era gettato sul figlio, il cui corpo era sballottato qua e là dalle convulsioni; l'uomo lo bloccò sul materasso, tenendolo fermamente per i polsi, nel vederne il viso trasfigurato dalla sofferenza, egli sentiva il proprio cuore spezzarsi in tanti piccoli pezzi.

Masaki, calmati!” gridò Ryuuji, affiancando il marito mentre Ranmaru correva fuori nel corridoio a chiamare un dottore: “Calmati, siamo qui, non sei da solo.” la sua voce cercava di sovrastare le grida del ragazzino, che tentava disperatamente di divincolarsi dalla presa dei due adulti, “Masaki, Masaki, non ti lasceremo da solo, te lo prometto.” aggiunse Hiroto, allungando una mano ad accarezzargli il viso arrossato e sudato, “Ti staremo vicino, te lo giuro.”.

Come se quell'ultima frase avesse prodotto una piccolissima breccia, Kariya sollevò piano una palpebra: la pupilla era annebbiata e il corpo tremava per i singhiozzi e i postumi delle convulsioni, cionondimeno, la mano piccina del ragazzino si allungò timidamente a sfiorare i ciuffi rossicci dell'uomo sopra di lui: “Ti prego, papà… Non abbandonarmi...” rantolò, mentre un'altra lacrima rovente gli percorreva la guancia, “Non anche tu… Non andatevene… Non voglio restare solo… Non voglio tornare nella prigione...” delirava.

Quale prigione?” chiese Midorikawa a bassa voce, accarezzandogli i capelli con fare affettuoso.

La prigione… Il tunnel… Credevo… Credevo mi ci avessi lasciato… Ero solo, poi è crollata. Ho disegnato tantissimo però...”.

Cosa hai disegnato?” chiese Hiroto, cercando di sorridergli.

Voi… E anche l'allenatore… E Kirino-senpai.” bisbigliò, come se stesse confessando qualcosa: “Non voglio tornare laggiù, sto bene qui...”.

Kariya Masaki.”

Ranmaru si materializzò all'improvviso accanto a Hiroto, la sua mano sottile cinse quella minuscola lasciata libera dalla stretta di Kiyama: “Kariya Masaki.” ripeté il ragazzo con espressione quasi allucinata, il cuore gli batteva a mille nel petto e il respiro si faceva difficoltoso nel suo petto, “Fa male, è una sensazione spaventosa, come se tutto ti scivolasse tra le dita senza che tu possa fermarla, ma io confido in te.” disse, stringendo con forza le dita, “Ho fiducia in te, so che puoi… che possiamo sconfiggerla assieme. E' un avversario come gli altri, e come gli altri lo spazzeremo via. Te lo prometto.”.

Finalmente, il ragazzo più giovane gli rivolse un timido cenno di assenso mentre un fiume di lacrime, questa volta di sollievo, inondava i suoi occhi e un peso enorme si sollevava dal suo cuore: la decisione e la forza nelle parole del suo senpai aveva spazzato via ogni restante scampolo di oscurità e le carezze amorevoli dei suoi genitori lo cullavano nella certezza della fine di un incubo durato troppo a lungo.

G-Grazie...”.

La confusione nel corridoio segnalava l'arrivo imminente di medici e infermieri ma ormai la loro presenza si era fatta inutile.

Kariya Masaki non aveva bisogno di nient'altro che della presenza delle tre persone accanto a lui.

§§§

SEI MESI DOPO

Senpai, che cos'è quella faccia da pesce lesso?”.

Con un sospiro rassegnato, Kirino si voltò verso la voce schernente alle sue spalle ed evitò agilmente una palla di neve lanciata a tutta velocità verso di lui, rivolgendo quindi al suo aggressore un'occhiata di apparente biasimo: “Masaki… Il fatto che l'allenamento sia stato annullato per la neve non ti autorizza ad andare in giro a fare dispetti.” gli disse ma con un sorriso a sfiorargli le labbra.

Però mi annoio.” sbuffò il ragazzo più giovane, incrociando le braccia dietro la testa: “Matsukaze e Tsurugi sono spariti e non è più divertente fare scherzi a Kageyama-kun.”.

Potresti restare in aula a studiare, tra poco ci sono gli esami.”.

Non fare anche tu come Shindou-senpai, mi ha riempito di prediche, manco fosse mia madre.”.

Perché, Ryuuji-san non ti fa la predica?”

Fin troppo.”.

Ormai arresosi, Ranmaru raccolse la propria borsa dalla panchina e raggiunse l'amico con due falcate, cingendogli poi le spalle con un braccio: “Se non studi, rischi di non poter giocare nel prossimo torneo, lo sai.” lo rimproverò, calandogli meglio sulla testa il pesante cappello di lana, “Se ti bocciano in matematica, neppure Otonashi-sensei potrà aiutarti.”.

E tu a cosa servi, allora?”.

A tormentarti finché non ti decidi a prendere sul serio le espressioni di primo grado.”.

E se invece ti chiedessi di darmi una mano?”.

La richiesta di Masaki giunse del tutto inaspettata, lasciando Kirino senza parole.

Sì, insomma, potresti aiutarmi tu a capirci qualcosa.”.

Stai dicendo sul serio?”.

No, per finta.”.

Sii serio.”.

Ma lo sono, sei tu che non mi prendi sul serio.”.

Quindi, se io ipoteticamente accettassi, tu seguiresti le mie istruzioni senza fiatare così da prendere un bel voto nel prossimo esame?”.

Non sarebbe la prima volta.”.

Che hai detto?”.

Nulla. Allora, vieni con me oppure c'è bisogno di un'altra palla di neve per convincerti?”.

Con un sospiro, Ranmaru accettò e, senza aggiungere altro, trascinò con sé l'amico lungo il viale innevato, le loro braccia strette le une alle altre mentre si allontanavano dal cortile della scuola.

Il sole malato d'inverno stava calando ma il freddo del mondo esterno non poteva intaccare il caldo dei loro due cuori che finalmente avevano imparato a battere all'unisono.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: SHUN DI ANDROMEDA