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Autore: Tatia    26/03/2009    2 recensioni
La voce di Lord Voldemort si spense per un attimo, prima di ricominciare a ferirgli le orecchie con la sua verità, affilata come la lama di un coltello. Io ho vissuto, Harry Potter. E la morte mi ha conferito vita eterna. Tutti mi ricorderanno. Io non morirò mai. Ma tu? Ora che hai compiuto il destino per cui sei nato, cosa farai? Cosa farai per diventare immortale? Per non essere dimenticato?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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                                                                L’ ammirazione non è altro che la cortese ammissione che un altro ci somiglia

                                                                                                                                                                             ( Ambrose Bieroe )

 

 

 

 

 

 Ci sono giorni che sembrano non finire mai.
Giorni in cui apri gli occhi al mattino e vorresti solo chiuderli e riaddormentarti. Per non sentire quel vuoto, quella solitudine che sai che ti rincorrerà in ogni tuo gesto, in  ogni parola che dirai pur non avendo nulla da dire. Per non rimanere solo con te stesso.
Per non dover ammettere che fa male; dannatamente male. E che persino tu, così forte, così coraggioso, invincibile al punto tale da aver sconfitto il male stesso, non ce la fai.
Quell’assolato 1 settembre, per il giovane Harry Potter, eroe dei maghi, era uno di quei giorni.
Si sollevò a sedere sul letto, passandosi le mani sul volto stanco. Lo sguardo lontano non assomigliava a quello di un vincitore, ma più che altro a quello di un ragazzino stremato, che si è trovato costretto ad uccidere una parte di se stesso, per permettere a un’altra di sopravvivere.
Si spostò i capelli dal viso stanco, avvicinandosi allo specchio.
Niente. Non vedeva assolutamente niente.
Una voce gli impedì di mandare in frantumi quella superficie che gli rimandava l’immagine di un ragazzo che non conosceva. Avrebbe gioito nel vedere le sue mani macchiarsi di sangue. Avrebbe sopportato volentieri il dolore pur di poter sentire di nuovo. Di riprendere i contatti con una vita che non era più sua.
- Harry, ti sei svegliato finalmente! Ti confesso che mi stavo preoccupando –
Hermione Granger fece irruzione nella sua camera con addosso solo una camicia a scacchi che le copriva a malapena le gambe sottili.

Una camicia di Ron, notò il mago, abbassando il viso. E quel pensiero ebbe il potere di farlo sentire più solo che mai.
- che hai, Harry? Ti vedo strano. Non stai bene? – gli chiese la grifoncina  sinceramente preoccupata, appoggiandogli una mano sulla fronte.
Con un balzo Harry si sottrasse al suo tocco, come se qualcosa l’avesse scottato.
Ma più nulla bruciava sulla sua fronte. Neanche un debole eco era rimasto di diciassette anni di lotte e di paure. Avrebbe dovuto essere felice, ora era libero, Voledemort era morto e finalmente poteva vivere l’esistenza normale che gli era da sempre stata negata. Ma questo, invece che farlo sentire meglio, sembrava mettergli addosso uno strano terrore.
- Harry, c’è qualcosa che vuoi dirmi? –
Si. Ma cosa mi diresti tu, se ti dicessi che lo cerco ancora? Che davanti a te non c’è nessuno, che l’Harry che conoscevi non è mai esistito?
Sono rimasto fermo al giorno in cui l’ho ucciso. Al giorno in cui l’ho trafitto con la spada di Godric Grifondoro. Al giorno in cui ho perso la mia ragione di vita.
 Il mio unico desiderio ora è di poter incontrare ancora una volta i suoi occhi, per vedere in me qualcuno che conosco. Di vedere Voldemort in viso un’altima volta. Anche una sola per potermi specchiare nei suoi occhi. Per poter leggere di me in quell’anima nera che mi aveva distrutto la vita.
Perché la verità è che nessuno, nemmeno quegli sconosciuti che chiami amici,  potrà mai conoscerti come il tuo nemico.
Sollevando piano la testa il mago la guardò negli occhi giusto un secondo, per poi  ditogliere rapidamente lo sguardo. Non si poteva mentire a quegli occhi dorati.
- no, va tutto bene –

Bugiardo. Una voce serpentina gli s’insinuò nell’orecchio, facendogli ghiacciare il sangue nelle vene.  

Sei un bugiardo, Harry Potter. Ripetè la voce, facendosi più chiara nella sua mente.

- Non è vero! – urlò l’ex grifondoro, alzandosi di scatto e prendendosi la testa tra le mani.
Invece lo era. Era solo un bugiardo, di quelli che mentono addirittura a se stessi, sperando che, se la bugia gli riesce bene, magari finiranno per crederci davvero.
Ma la verità è un’altra, la verità è che quando l’ho ucciso mi sono sentito svuotato. Strozzato da un sentimento che non aveva nome; ma non per questo faceva meno male.
- Harry, calmati! – si spaventò la grifoncina, vedendolo stringersi le dita contro le tempie – cosa non è vero? Io non ho detto nulla -
Nascondendosi il volto con una mano, usò l’altra per spingere Hermione fuori dalla stanza – scusa Herm, sono solo un po’ stanco. Scendo subito –
- ma, Harry.. – le proteste della bella Granger furono zittite dalla porta che le si chiuse violentemente davanti al viso.
Appoggiando la schiena contro il legno scuro, il maghetto si lasciò scivolare, fino a trovarsi seduto per terra.
Il mento sulle ginocchia e la testa tra le mani, mentre una lacrima silenziosa gli solcava una guancia. Chiuse gli occhi e nel buio vide due occhi, rossi di sangue, puntati su di lui.
Li riaprì immediatamente, cominciando a sudare freddo.

 Non può essere vero, è il frutto della mia immaginazione. – pensò, cercando di riprendersi

 È possibile. In effetti hai sempre avuto un’immaginazione piuttosto fervida, Harry Potter. – tornò a dire la voce

 Non è possibile. Non è possibile.

 Pensare  di sconfiggere il Signore Oscuro…poteva essere solo il frutto delle fantasticherie di un patetico ragazzino..

 Queste parole ebbero il potere di riscuoterlo per un momento

 Ora stai esagerando.Tu sei morto, mi pare. E io ho vinto.  – affermò con convinzione, aprendo uno spiraglio tra le mani che ancora gli coprivano il viso

 Io sono morto, è vero. E tu hai vinto, te lo concedo. Ma a quale prezzo?

 La fama, la gloria, l’impeto della battaglia, il suo nome impresso a fuoco nella storia. Tutto questo era stato concesso al giovane eroe dei maghi, in nome di una causa superiore.
Ma non la felicità. La felicità a Harry Potter era preclusa.
Ripensò all’ultimo sguardo che il Lord Oscuro gli aveva rivolto, prima di morire.
Lui sapeva.
In quello sguardo c’era tutto. Nella loro battaglia personale, Lord Voldemort aveva vinto, alla fine.

Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive

 Stai dicendo della sciocchezze. Qualunque cosa ti stiano facendo dall’altra parte non sembra farti molto bene.  -  si sforzò di esibire un guizzo d’ironia, mentre la sua bocca piena si piegava in un ghigno nervoso, a smentita della sua spavalderia.

 Nessuno osa nemmeno respirare in un modo non gradito all’Oscuro Signore, ormai dovresti averlo imparato

 Non farmi ridere, tu sei morto. Sei ossa e cenere. E nient’altro. Non hai più alcun potere.

 Ne sei così convinto, Harry? Allora rispondi a questa domanda. I morti possono parlare coi vivi?

 No.. – il grifondoro pronunciò queste parole con voce poco più alta di un soffio, dopo alcuni minuti di doloroso silenzio.

 Infatti. Tu sei morto con me. Il  nostro legame è inscindibile, eroe dei maghi – un sibilò beffardo lo ferì, provandogli il vero potere delle parole -  Non avrà mai fine.

 Ed era vero, pensò l’Oscuro Signore,concedendosi un breve e raro sorriso.
Lo era dal momento in cui i nostri occhi si erano incotrati per  la prima volta; quando lui era solo un moccioso e io avevo cercato di ucciderlo. È bastato un istante e il mio cuore, quel cuore che nemmeno sospettavo di avere, smise di battere. E non ci siamo persi più.
Allora rimasi congelato; temevo che la tanto temuta morte fosse sopraggiunta per gettarmi nel suo mondo di fiamme e di oblio.
Solo ora ho capito quanto mi sbagliassi. Quanto fossi lontano dal cogliere la verià di quel momento.
No, non stavo morendo. Quella notte accadde qualcosa di molto più grande, di molto più magico, della semplice morte.
Io stavo nascendo. Respirando per la prima volta negli occhi verdi di un bambino.
E allora lo odiai. Lo odiai con l’intensità di mille soli. Lo odiai come non avevo mai odiato nessun altro prima.
Ma in quell’odio, c’era un leggero retrogusto di qualcosa che ne rovinava il dolce sapore.
Ammirazione. Rispetto.
In quel giovane mago giaceva una parte di me stesso.
Per la prima volta trovai un mio pari. Non qualcuno da uccidere semplicemente, ma qualcuno da combattere. E giurai di farlo, per poter tornare ad essere libero e inesorabile
.

 No! Questo non è vero. Tu sei morto. Solamente tu! Io ti ho sconfitto. Ti dato quello che ti meritavi.

 Davvero credi ancora che la morte sia la cosa peggiore che possa capitare ad un uomo? – una risata serpentina gli s’insinuò nelle orecchie, risalendo come una scarica elettrica la sua spina dorsale - Mi deludi. È sempre stato questo il problema; temo.  Ti ho sopravvalutato.  

 Harry strinse i denti più forte che potè. Danazione, poteva la delusione di quell’uomo procurargli dolore? Era assurdo.

 La morte è solo un passaggio. Un cambiamento. – continuò la voce -  Quello che davvero dovrebbe farti tremare Harry Potter è il non trovare più qualcosa per cui vivere. Un ideale, lo chiameresti tu. Ma basterebbe un semplice motivo. Il contrario della felicità non è la tristezza. Nella tristezza c’è sentimento. Nella tristezza c’è vita. Ci sono lacrime. C’è dolore. E voglia di superarla. No, il contrario della felicità è l’apatia. Non sentire più nulla, né gioia né dolore, ti porta a rimanere fermo. A non andare né avanti né indietro. E trasforma la vita in semplice esistenza. In sopravvivenza.

 La voce di Lord Voldemort si spense per un attimo, prima di ricominciare a ferirgli le orecchie con la sua verità affilata come la lama di un coltello  

 Io ho vissuto, Harry Potter. E la morte mi ha conferito vita eterna. Tutti mi ricorderanno. Io non morirò mai. Ma tu? Ora che hai compiuto il destino per cui sei nato, cosa farai? Cosa farai per diventare immortale? Per non essere dimenticato?

 Aveva ragione, fu l’ unico pensiero che riuscì a formulare prima di insultarsi mentalmente, dandosi dell’idiota da solo.
A questo era arrivato, dunque. A immaginare i parlare con l’oscuro signore, di sentire la sua voce, di vedere i suoi occhi rossi nel buio..
Stava cercando di rimanere aggrappato all’unico modo che conosceva per vivere. Come per un naufrago a cui anche un misero pezzo di legno sembra sufficiente a rimanere a galla par un po’.
La sua ancora di salvezza, la stessa che gli aveva distrutto la vita.
A questo dunque era arrivato l’eroe dei maghi. Ridotto all’ombra di se stesso, all’ombra di ciò che era stato e che gli impadirà di essere qualcosa in futuro.

 

 

 
L’ ho sempre odiato, da che ho memoria. Mi aveva portato via tutto; i miei genitori, Siruis, la mia infanzia..eppure, quando è morto e con lui se n’è andato anche il mio desiderio di vendetta, mi sono accorto che non mi restava più nulla. Mi sono reso conto che in tutti quegli anni era stato unicamente quello a permettermi di camminare a testa alta, a darmi un motivo per non mollare tutto, per continuare a lottare. Per cntiunare a vivere.
Senza nemmeno accorgermene, avevo reso l’unica cosa per cui avrei dato la vita, l’unica per cui avrei vissuto. Senza pensare a cosa avrei fatto dopo.
Che senso ha vivere se non si ha nulla per cui morire?
Il desiderio di vendetta mi aveva spinto a non morire, a rimanere vivo, in attesa del giorno in cui avrei potuto vendicarmi. Ma poi, quando quel giorno è arrivato, quando finalmente Lui è morto…non mi restava più nulla. Come quando una città subisce un bombardamento. Dove prima si ergevano palazzi in ogni centimentro cubo, in un secondo non rimane che il vuoto.
Avevo dunque realizzato il mio desiderio. Avevo compiuto l’impresa per cui avrei sacrificato me stesso. Ma nel farlo, con il sorriso sulle labbra avevo anche distrutto l’unica cosa per cui valesse la pena vivere.
E ho capito di non essere mai esistito davvero. Di avere sempre vissuto nell’ombra di Voldemort.
Io ero il bambino sopravvissuto, perché ero sopravvissuto a lui. Se non ci fosse stato Lord Voldemort, non ci sarebbe stato alcun bambino sopravvissuto.
Allo stesso modo io ero l’eroe dei maghi perché combattevo lui.
Dannazione, c’è qualcosa nella mia vita che non sia legata a Voldemort? Una casa sopravvissuta al bombardamento, ne basterebbe
una sola. E su quella ricomincerei a costruire.
Persino quelli che chiamavo amici, lo erano perché c’era lui.
Ron, Hermione, i signori Weasley…Silente. Se non mi avesse raccolto quel giorno tra le macerie della mia casa, se non fossi stato il bambino della profezia, per lui sarei stato uno studente come cento altri.
Semplicemente, io esistevo perché esisteva lui.
E quando il Signore Oscuro è morto, ha smesso di vivere anche il bambino sopravvissuto.

 

Una risata terribile, simile a un sibilo di serpente riecheggia per tutta la stanza e quando ne sparisce anche l’eco…mi sento ridere; mi riconosco in quella risata e mi accorgo che è spaventosamente simile a quella del Lord Oscuro.
Tanto simile da farmi tremare le vene nei polsi.
Forse è questa la verità; io e lui siamo uguali.
Per la prima riesco ad ammetterlo e questo mi mette curiosamente di buonumore. Siamo più simili di quanto osassi pensare.
A partire dalle nostre storie, da quei vuoti che abbiamo cercato di colmare come meglio potevamo.
Quelle aspettative che abbiamo creato attorno alla nostra persona per non rimanere soli, sono le stesse che di fatto ci hanno tenuti prigionieri tutta la vita.
Allo stesso tempo carcerati e carcerieri di una prigione dorata che abbiamo costruito con le nostre stesse mani.
Come chi per difendersi indossa una corazza che non potrà più togliere. Invece che proteggerlo, gli si strignerà addosso, fino a togliergli il respiro, lasciandolo comletamente solo.
E che valore hanno i segreti sussurrati dalla voce sottile del silenzio, se non si ha nessuno a cui raccontarli?
Che valore ha un’esitenza priva di sofferenza, di dolore, se non si ha nessuno con cui condividerla?

 

A questo punto sui pensieri del giovane Harry cade una pioggia argentata, tanto sottile da sembrare polvere. E in quella stanza, nel centro di Londra, si spegne ogni fonte di luce.
Nel buio di un’altra stanza una lacrima solitaria brilla da dietro un paio di occhiali a mezzaluna.
Seduto alla sua scrivania un vecchio mago allontana da sé con mano tremante una bacinella di pietra colma di un denso liquido vorticante simile ad argento fuso.
Accendendo una candela si lascia cadere all’indietro, aderendo completamente con la schiena all’imbottitura della poltrona.
Il suo volto segnato dalle rughe è l’immagine stessa della stanchezza, solo i suoi occhi celesti che fissano il languire della fiamma, sono rimasti gli stessi di un tempo.
Di quel tempo.
Aveva giurato a se stesso che non avrebbe più scavato nei pensieri di quel ragazzo che gli aveva cambiato la vita. E invece l’aveva fatto di nuovo.
Solo che questa volta aveva visto più di quanto, forse, era in grado di sopportare.
L’aveva lasciato solo. L’aveva lasciato a distruggersi con le sue stesse mani. Ad annegare nella follia.
Ma d’altra parte, non avrebbe potuto essere altrimenti.
Harry Potter e Lord Voldemort…Il loro legame li aveva distrutti entrambi.
In ognuno dei due viveva una parte dell’altro, che gli impediva di esistere facendo a meno della propria metà mancante.

 

Nessuno dei due può vivere, se l’altro sopravvive.

 

Una volta compreso il vero significato della profezia, l’unica cosa che Albus Silente poteva fare era fare in modo che la storia continuasse a vivere.
Muore davvero solo chi viene dimenticato.
E lui, grazie all’elisir di lunga vita, poteva fare in modo che Harry Potter vivesse per sempre. 
Raccontando a ogni generazione la sua storia. Affinchè nessuno mai dimentichi il suo nome e ciò che rappresenta per tutta la comunità magica.
Harry Potter, eroe dei maghi.
Ma anche per se stesso, per non dimeticare mai quello che per troppo tempo aveva ignorato credendo di vedere. E cioè che quel giovane straordinario che era stato il salvatore dei maghi… era anche solo Harry.

 

 

 

 

 










Io sono il salvatore dei maghi.

Io sono speranza.
Io sono Harry Potter.
Ma sono anche…solo Harry.
Ricordatelo.
Sono bene, ma anche male. Capitelo, perché in ognuno di noi c’è un eroe.
Un eroe a cui facciamo appello.
Pensate a me come a una saetta nel cielo, nelle notti buie di tempesta.
Pensate a me come quel breve istante di luce, quando tutto sembra perduto.
E poi guardate in voi stessi.
Io sarò lì.
Una saetta nel cuore.

 

( I bracciali del destino – Kysa - )

 

  
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