Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: lawlietismine    29/02/2016    3 recensioni
C'era una volta– Tutte le belle storie iniziano con un “c'era una volta”, tutte quelle fantastiche, quelle da raccontare ai bambini prima che si addormentino, quelle storie che fanno sognare e che si allontanano fin troppo dalla realtà, creando illusioni che portano solamente delusioni, ma comunque, naturalmente, anche questa storia ha il suo “c'era una volta”.
Dal capitolo 2:
Per poco non gli sfuggì un grido esterrefatto, quando – addormentato ai suoi piedi – non trovò quel lupo dal manto nero e gli occhi verdi, ma un uomo, a vista poco più grande di lui, nudo, il corpo forte e atletico illuminato alle spalle dal camino acceso, il respiro calmo e i muscoli rilassati.
Stiles – fra tutte le cose che avrebbe potuto fare – si riscoprì a pensare che era bellissimo.
#werewolves are known #au
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

La terza volta in cui Stiles si ritrovò di fronte a quella villa, ne fu un po' più consapevole: fu lui a cercarla, uscì di casa alle cinque del pomeriggio, dopo aver passato la mattinata a riflettere e riflettere ancora, e vagò per la riserva senza una meta precisa, le mani immerse nelle tasche della felpa rossa – indossata quasi come porta fortuna – e lo sguardo che si spostava ovunque, alla ricerca di qualcosa che non sembrava esserci.
Ci aveva pensato bene per quei tre giorni che erano trascorsi da quando si era incontrato con Derek, per poi ritrovarsi improvvisamente a casa sua, mentre Scott – che era andato lì per una serata con pizza e serie tv – lo aiutava a riprendersi dal suo attacco di panico, ci aveva pensato davvero bene e alla fine aveva deciso di provare a vedere se era del tutto impazzito definitivamente o se questo scherzo della natura andava oltre le sue capacità di comprensione.
Continuò a camminare nel nulla per circa un'ora o un'ora e mezza, chiedendo a volte a gran voce a chissà chi che facesse accadere qualcosa e apparire ciò che stava cercando, perché si sentiva immensamente stupido e ottuso, in preda a qualcosa che sfuggiva al suo controllo.

 


Ci aveva messo un po', Scott, per farlo calmare e farlo tornare a respirare normalmente, perché la vista gli si era oscurata, il sudore ghiaccio gli aveva imperlato la fronte e ogni pensiero, ogni sensazione, gli era parsa come un pugno dritto nello stomaco, non come se stesse propriamente affogando, ma come se stesse perdendo se stesso.
Aveva visto Scott afferrare il telefono per chiamare probabilmente lo sceriffo, oppure Melissa, sua madre, ma lo aveva faticosamente fermato ed era riuscito a convincerlo a non farlo, perché l'ultima cosa che voleva era far preoccupare suo padre senza sapere poi cosa dirgli per spiegargli la situazione: cosa avrebbe pensato se gli avesse detto che non ricordava cosa aveva fatto nelle ultime ore? Ore che – tanto aveva perso la cognizione del tempo – potevano essere minuti o giorni.
Suo padre si sarebbe preoccupato per la sua sanità mentale e davvero non era il caso, perché lui per primo doveva capirci qualcosa.
Perciò aveva fatto di tutto per impedire a Scott di fare quella chiamata e poi, insieme, avevano combattuto quel momento come in passato: era finito in mezz'ora circa, poi entrambi si erano distesi silenziosi ed esausti sul divano.
Non aveva fatto troppe domande, Scott, perché Stiles – non appena quello gli aveva lanciato un'occhiata e aveva fatto per parlare, per chiedergli probabilmente cosa avesse innescato l'attacco di panico – gli aveva lanciato a sua volta un'occhiata, ma totalmente d'intesa, e alla fine allora quella conversazione era stata rimandata a quando Stiles fosse stato pronto.
Avevano mangiato, avevano guardato un film e poi erano andati a dormire.

 


Stiles non sobbalzò nemmeno quando si ritrovò all'improvviso la villa davanti agli occhi, dove un istante prima non c'era altro se non alberi, non si sorprese come avrebbe pensato e anzi, dopo un attimo in cui rimase a guardarla impassibile, percorse la poca distanza che lo divideva dalla porta ed entrò: stavolta, ad aspettarlo, non c'erano candele, né tavole imbandite, ma il maestoso lampadario che scendeva sulle scale all'ingresso era acceso e per un attimo Stiles si chiese come fosse possibile che in quella casa ci fosse dell'elettricità, poi però si disse anche che sarebbe stata proprio la più piccola delle stranezze che l'avevano vista come protagonista.
Si guardò intorno come in attesa di vedere sbucare dall'ombra e dal nulla un lupo dal manto folto e scuro, oppure un ragazzo nudo e bello come pochi, ma invece dovette ricredersi, perché ciò che lo circondava era unicamente silenzio. C'era solo lui.
Stiles si dondolò un po' sul posto in modo infantile, lo sguardo che viaggiava fra le parti più nascoste intorno a lui, le mani ancora nelle tasche e il labbro inferiore fra i denti, poi si decise a muoversi e risalì quasi di corsa le scale che aveva davanti: se il licantropo della volta prima non aveva intenzione di farsi vedere, lui lo avrebbe aspettato comunque lì.
Perchè Stiles ne aveva bisogno, meritava dei chiarimenti e meritava anche di provare a se stesso che non era completamente impazzito.

Una parte di lui ne aveva bisogno per essere certo che non ci fosse niente che non andava nella sua testa, che stesse bene.

La prima camera che raggiunse fu quella dove era entrato la prima volta in cui era stato lì, la trovò esattamente come l'aveva lasciata e in fondo non se ne sorprese affatto, ma non riuscì a fare a meno di provare il senso di delusione che lo colse nel constatare che però, in quel momento, non c'era nessun altro lì dentro a parte lui.
Si avvicinò con calma alla libreria e osservò ancora una volta i titoli che aveva notato la prima volta, li guardò distrattamente scorrendo le copertine con le dita, ripensò a come si era sentito poi nel trovarsi di fronte quel lupo inaspettato e alla fine si ricordò anche del fatto che, dopo quello, si era risvegliato a casa sua, nel suo letto.
Scosse la testa, scacciando malamente quei pensieri, e si voltò, pronto a passare alla sua seconda meta: la libreria.
Sobbalzò, stavolta sorpreso, nel rivivere un recente deja-vù.
Proprio come la prima volta, ora non era più solo.
Il licantropo era di nuovo dietro di lui, ma stavolta non c'erano ringhi a tuonare fra le mura, non c'erano occhi rossi a sottolineare il suo fastidio e soprattutto non c'era il manto nero ad avvolgerlo: il ragazzo, Derek, era nella sua forma umana, stavolta coperto da un paio di pantaloni di una vecchia tuta grigia un po' logora, scalzo, era in piedi davanti alla porta, le braccia lungo i fianchi e uno sguardo inquisitorio fisso su Stiles, ma non era minaccioso, sembrava solo osservalo in attesa.
Stiles lo fissò stupito, ma fu un istante e la delusione lo lasciò velocemente, un peso parve scivolargli via dalle spalle, e allora si prese un attimo per fare solo quello: guardarlo, gli occhi leggermente sgranati, la bocca improvvisamente asciutta e una sensazione di pace ed ebbrezza a pervaderlo, un fremito a ripercorrergli la spina dorsale.
Non si sentiva neanche stupido, come invece si era sentito ai tempi di Lydia, ma semplicemente arrendevole: era disarmante, quel ragazzo, Derek, era completamente e irrimediabilmente disarmante, la sua bellezza era sconvolgente ed era inevitabile ammirarlo, sentire le vertigini nell'incrociare quegli occhi verdi che parevano racchiudere il mondo intero.
Stiles sentiva che sarebbe potuto restare così per un'infinità, anche senza dire niente, anche senza muoversi di un passo.
Una lieve barba gli copriva il volto e, diamine, avrebbe voluto accarezzarla e ripercorrere la linea rigida della mascella con le dita, poi passarle sulle labbra, fra i capelli corvini, sul collo, su tutto quel corpo proporzionato e così perfetto da togliere il respiro.
E non era neanche una questione fisica, un'attrazione completamente carnale, semplicemente Stiles si sentiva calamitato verso di lui, coinvolto e ammaliato, come se fossero uniti da un forte empatia, come se fossero legati l'uno all'altro.
Stiles sentì una pressione sulla schiena, un soffio di vento che gli accarezzava il collo e lo esortava a muoversi, tanto da farlo avanzare di un passo, e si sorprese nel rendersi conto che la stessa cosa stesse accadendo anche all'altro, ma Derek, nell'esatto momento in cui entrambi si fecero più vicini, si voltò impercettibilmente verso le sue spalle e ringhiò infastidito a qualsiasi cosa li stesse inducendo a raggiungersi, quasi a volersi malamente ribellare.
Poi, con le labbra ancora inarcate in un gesto animalesco, i suoi occhi scintillarono per un istante di rosso e tornarono su Stiles, che alzò di riflesso le braccia a mezz'aria in segno di resa, senza indietreggiare o dare l'idea di essere davvero intimorito da quel cambiamento improvviso.
“Che problema ha questo posto?” parlò di fretta e quasi non se ne rese nemmeno conto, il filtro fra il cervello e la bocca totalmente andato, e un po' storse le labbra perché non era davvero la prima cosa che voleva chiedere a Derek, tanto meno farfugliando come se fosse un ragazzino in ansia, ma ormai l'aveva fatto e l'altro tornò nella posizione iniziale, sorprendentemente calmo.
Eppure non dette minimamente l'idea di volergli concedere una risposta a quella domanda.
Stiles portò una delle mani alzate fino alla nuca e si massaggiò distrattamente il collo, uno sbuffo di risata gli lasciò nervosamente le labbra schiuse, mentre lasciava ricadere l'altro braccio lungo il fianco.
“Come non detto” aggiunse, distogliendo per un attimo lo sguardo, e spostò il peso sulla gamba opposta, ora incapace di starsene fermo: l'altro lo seguì costantemente con gli occhi.

“Non dovresti stare qui”

Stiles non seppe se sorprendersi di più per il fatto che quello avesse parlato, oppure per il suono roco e serio della sua voce, senza un'intonazione né intimidatoria né particolarmente seccata, ma una semplice constatazione, quasi un avvertimento fra il preoccupato e il distaccato allo stesso tempo, fatto sta che la sua bocca si schiuse inevitabilmente e rimase a fissarlo stordito e interdetto.
Derek lo stava guardando quasi come se potesse leggergli dentro, in un modo da farlo deglutire a vuoto e tremare, con le braccia incrociate al petto e la testa alta.
Il suo, Stiles se lo disse quasi a convincersi, non era un Vattene, non gli aveva intimato di andare via e di non tornare, di sparire, forse perché non voleva che lui lo facesse.
Scosse la testa, rimproverandosi mentalmente per l'ennesima volta per l'assurdità dei suoi pensieri.
“Sei reale?” avrebbe dovuto imparare a contare fino a venti, minimo, prima di parlare, ma lui era fatto così e se non era cambiato in tutti quegli anni, con i numerosi rimproveri di suo padre e chiunque lo conoscesse, allora probabilmente non sarebbe cambiato mai: il licantropo lo scrutò disorientato e per un attimo si limitò a strabuzzare leggermente gli occhi, le sopracciglia inarcate per la confusione, poi “Sì” rispose piano, tanto che quasi ne sembrò lui stesso incerto.
E rimasero entrambi in silenzio, ognuno con la testa piena di pensieri contrastanti.
“Bene... Almeno non sono completamente matto” buttò lì Stiles, massaggiandosi animatamente un braccio attraverso la stoffa della felpa, il tono scherzoso che non nascondeva del tutto la sfumatura di sollievo: il ricordo del suo attacco di panico pochi giorni prima lo fece fremere, aggiunto a tutto quello che gli era assurdamente capitato, e l'altro, probabilmente percependolo, parve restare interdetto di fronte a quelle nuove sensazioni che stavano riempiendo l'aria, facendo vacillare l'apparente calma di Stiles, il cui cuore iniziava a battere incessantemente.
“Ma sono quasi del tutto convinto che qualcosa di anormale ci sia” biascicò poi, non avendone per niente abbastanza “non so te, ma – per quanto sia sonnambulo – apparire e scomparire continuamente da qui, inizia a essere inquietante, ho fatto le mie ricerche e, , lo so che Google non ha tutte le risposte, ma comunque conferma l'assurdità della situazione, e arriverei a dire che o sono pazzo io, oppure c'è di mezzo qualcosa che va oltre la mia comprensione,ma non sarebbe niente di poi così strano visto che, insomma, esistono licantropi e chissà che altro-”.
L'espressione dell'altro interruppe il suo sproloquio incontrollato e si rese conto che, come al solito, l'agitazione aveva dato via libera alla sua parlantina nervosa e asfissiante, proprio l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
Distolse inevitabilmente lo sguardo, imbarazzato.
“La casa è nascosta” disse solamente Derek, come se quello spiegasse tutto, ma l'altro non glielo fece notare, aveva capito che, molto probabilmente, non era uno di tante parole: come minimo doveva ringraziare il cielo solo per il fatto che almeno qualcosa l'avesse detto.

Poi Derek percepì qualcosa, Stiles lo notò dal suo irrigidirsi e guardarsi di nuovo intorno con circospezione, inspirando attentamente in allerta, un attimo dopo gli artigli erano di nuovo in mostra e i denti digrignati in un ringhio a mo' di ammonizione al nulla, ma prima ancora che potesse dire qualcosa, prima ancora che potesse spiegare qualcosa, il vento tornò a ruggire e – mentre Stiles lo guardava pietrificato mentre veniva spinto miseramente via – gli occhi si illuminarono di rosso e Derek fu inghiottito dal buio, gli occhi spalancati e una mano malamente in avanti a chiudere l'aria, come a tentare inutilmente di afferrare l'altro, la porta si richiuse tra di loro e l'ultima cosa che Stiles sentì, mentre anche lui si protendeva in avanti troppo tardi per raggiungerlo, fu il guaito straziante dell'altro.
“No! Stiles!” e poi, per un attimo, ci fu solo silenzio, ogni suono, ogni rumore, ogni richiamo, mentre Derek graffiava e colpiva animatamente e quasi disperatamente la porta per tornare da lui, ogni cosa a Stiles arrivò ovattata, lontana, quasi inesistente, come se non lo riguardasse, come se non stesse succedendo lì intorno a lui. Lo sguardo perso, l'ombra di quello a cui aveva appena assurdamente assistito ancora a sfumargli in mente, una stretta nauseante e quasi dolorosa allo stomaco di fronte alla paura che aveva visto in quelle iridi e sorpreso e allo stesso tempo coinvolto nel profondo di fronte al tentativo reciproco di appigliarsi l'uno all'altro nell'incertezza di quello che stava succedendo.
Stiles aveva sentito un bisogno viscerale di raggiungerlo, una paura sotterrata dentro di sé nel vederlo sparire e, per un istante, si era sentito morire alla possibilità di rimanere solo, senza di lui.
“Stiles!” l'ennesimo richiamo terrorizzato e tuonato oltre la porta fu come una scarica e Stiles si mosse senza nemmeno rendersene conto, non del tutto padrone del suo corpo e non totalmente risvegliato dallo stato in cui era caduto, attonito, fino a raggiungerla e provare con la forza ad aprirla, come se fosse ciò di cui entrambi avevano disperatamente bisogno.
“Derek!” chiamò quasi senza fiato, mettendo in quelle poche lettere tutte le sensazioni che lo stavano travolgendo.

Stiles capì presto che niente sarebbe servito, che, qualsiasi cosa avessero provato a fare, quella porta non si sarebbe aperta per lasciarli liberi e per un attimo si chiese se per caso i loro incontri non fossero limitati, se, per decisione di qualsiasi cosa animasse quel posto, loro due non potessero entrare in contatto per più di un determinato tempo, visto che ogni volta qualcosa si frapponeva fra loro.
Si lasciò scivolare a terra, le spalle contro la porta e le braccia intorno alle ginocchia, lo sguardo fisso nel vuoto mentre con la testa pensava a mille altre cose, anche oltre quell'indesiderato divisorio di legno malridotto era calato il silenzio e per un attimo pensò che probabilmente Derek aveva fatto come lui, si era arreso a quell'inevitabilità.
Nessuno dei due disse qualcosa di più, nessuno dei due chiamò più il nome dell'altro, ma entrambi erano consapevoli della reciproca presenza.

Passò un po', poi si tirò su e vagò per la stanza che ormai gli era familiare e in cui era rinchiuso, in cui lo sarebbe stato chissà per quanto ancora.
Finì per sdraiarsi sul letto, stanco e arrendevole, e – per la seconda volta da quando tutta quella storia era iniziata – si ritrovò ad addormentarsi profondamente su quelle coperte un po' sfatte.

 


Quando si risvegliò, non era sicuro di quanto tempo era passato, ma su quelle coperte sapeva per certo di non essere più solo.
 





 




Angolo della pazza: 
Okay, me la sono gufata da sola. Ci ho messo tanto questa volta, chiedo venia!     
La mia ispirazione era andata completamente a farsi benedire, poi ieri è tornata (è stato un lungo viaggio il suo, si era persa... poverina) e ho ripreso a scrivere (questo capitolo l'avevo già un pochino iniziato un mese fa). 
Btw, visto che ho già iniziato a scrivere anche il prossimo (wow, miracolo), stavo pensando se pubblicare questo subito o aspettare di avere finito l'altro, in modo da evitare eventuali blocchi e fare aspettare un altro mese e mezzo(?), ma... Eccomi qui, non sono una con le idee molto chiare ^^" srry. 
Comunque, per il prossimo sono già a un buon punto quindi vedrò di finirlo oggi o comunque in questi giorni, così magari aggiorno la prossima settimana (?) 
Lo spero, ma non prometto niente. No dai, ora non mi tolgo dal pc finché non l'ho finito!
Vabbé, le cose adesso iniziano a muoversi un po' e i nostri giovani eroi iniziano a interagire di più ^^ evviva. (Nel prossimo capitolo ci sarà anche qualche altro personaggio comunque)
Grazie mille a dida kinney per avermi lasciato un pensiero e grazie mille anche al numero crescente delle persone che mettono la storia fra le preferite/seguite/ricordate.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^ fatemi sapere cosa ne pensate. 
Alla prossima, 
Lawlietismine 

Bonus? Bonus: 
Amore mio
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: lawlietismine