La
storia di Voldemort
Alan
uscì dall’armadio e guardò in volto
l’uomo che aveva di fronte. Era stranamente
deforme, con il naso schiacciato quasi come quello di un serpente e gli
occhi
rossi, spietati e incandescenti. Sembrava alto, ma da seduto non si
poteva mai
dire, e aveva lunghe dite diafane e sottili.
“Sai
come sei arrivato qui?” chiese con la sua voce acuta. Alan
non rispose, aveva
la gola secca. “Ti ho chiesto se sai come sei arrivato
qui” ripeté l’uomo.
Alan si
schiarì la gola e poi rispose “No”.
“Vuoi
che te lo spieghi?”.
Alan,
cercando di guadagnare tempo rispose con un basso sì,
sussurrato appena.
Voldemort
piegò la bocca in una smorfia che poteva sembrare un
sorriso. “Quello è un
armadio svanitore” disse indicandolo. “Il suo
gemello si trova Hogwarts, e
Draco lo ha riparato così, adesso, io ho un modo per entrare
a Hogwarts”.
“E
Silente ha un modo per venire qui da te” rispose Alan. Il
viso di Voldemort si
deformò dalla rabbia.
“Silente
questa notte morirà. Sarà Draco ad
ucciderlo” disse lanciando uno sguardo all’uomo
accanto a sé. Aveva un sorriso ironico sul volto.
“Malfoy
non è riuscito ad uccidere nemmeno me, legato davanti a lui.
Gli sono sfuggito
e sono entrato nell’armadio. E lui era insieme ad altri
Mangiamorte. Non
riuscirà mai nemmeno a toccare Silente”.
Il
volto di Voldemort si fece ancor più brutto “Sai
perché ancora non sei morto?”.
“No”
rispose Alan con tono di sfida.
“Perché
sei un grande amico di Harry Potter. E noi ti vogliamo qui a farci
… compagnia”.
“Non
vi
dirò niente di quello che volete sapere!”
gridò Alan avanzando. “Niente!”.
Voldemort
non sembrò per nulla intimorito e si limitò ad
osservarlo “Con il Veritaserum
non credo che sarà un problema”.
“Tu
…”
cominciò a dire Alan avanzando verso di lui e tirando fuori
la bacchetta, ma
non fece in tempo a fare un solo passo che un lampo di luce lo
colpì.
Cadde
in ginocchio, si sentì contorcere le budella, ogni cellula
del suo corpo era
punta da un ago, la sue ossa si stavano spezzando millimetro per
millimetro, la
testa scoppiava. Gridò e si contorse per terra,
aprì gli occhi e vide Voldemort
in piedi su lui.
“Per
convincerti ho anche la maledizione Cruciatus. Questo è solo
un assaggio di
quello che può fare”.
Poi
Voldemort gli puntò addosso la bacchetta e Alan non vide
più niente.
Mi fa
male la testa. Apro lentamente gli occhi. Mi ci vuole un po’
per abituarmi alla
luce, che poi mi accorgo non essere così forte come pensavo.
Pian piano ricordo
tutto, e mi alzo per vedere dove sono. Mi hanno preso la bacchetta! No,
cazzo!
Mi
guardo intorno, vedo solo pareti spoglie sporche di tempo e solitudine.
La
stanzetta dove mi trovo non so neanche se si può definire
così, è più che altro
uno sgabuzzino con un panca. Sarà lunga circa due metri e se
allargo le braccia
con la punta della dita sfioro le due pareti laterali. Però
è alta, e più in
alto possibile c’è una piccolissima finestra. Non
è come pensavo fosse una
cella: la finestra è senza sbarre. Ma tanto, anche se ci
fossero, non
servirebbero a niente perché salire fino a là
è impossibile.
Cazzo.
E adesso? Come faccio a non svelare che Harry sa degli Horcrux e che ne
ha
distrutto uno, il diario? Come faccio?
Mi
prende il panico, poi la disperazione, poi la depressione. Sono fasi
normali in
un prigioniero? Spero di si, altrimenti sto impazzendo.
Passa
del tempo, non so quanto, ore interminabili, o addirittura giorni, ma
finalmente sento dei passi fuori dalla porta. Una grata si apre e vedo
degli
occhi acquosi guardarmi. “Stai indietro” mi dice,
io non mi muovo. Ho smesso di
temere Codaliscia da tempo ormai.
“Ciao”
gli dico quando entra.
“Non
fare lo spiritoso” dice afferrandomi per un braccio e
puntandomi addosso la
bacchetta. A questo punto le opzioni sono due, o dargli un calcio nelle
palle,
o lasciare che mi porti via. Preferisco la prima, tanto per divertirmi
un po’.
Non mi possono ancora uccidere, perché devo dirgli tante
cose, quindi tanto
vale dargli più fastidio possibile. Tanto mi uccideranno.
Gli do
un calcio forte proprio in mezzo alle gambe, e lui smette di respirare
si butta
a terra tenendosi le palle con una mano. Gli do un altro calcio, nello
stomaco
stavolta. Lui si accascia a terra e dà un grido.
“Stronzo
traditore!” urlo io. E gli do un altro calcio.
“Vaffanculo!”.
In quel
momento arrivano dei Mangiamorte che sicuramente hanno sentito tutto.
Mi
schiantano e mi buttano a terra. Ho preso una botta contro la panca di
legno,
sento il sapore del sangue in bocca. Sputo a terra.
Un
Mangiamorte mi afferra per un braccio e mi fa alzare “Adesso
non fare niente di
avventato ragazzino, vieni con noi!” e mi trascina fuori
dalla cella. Prima di
essere portato via vedo con chiarezza Codaliscia che ancora sbuffa.
Almeno una
soddisfazione.
Il
Mangiamorte mi porta su per delle scale e poi dei corridoi,
è una casa enorme
questa! Alla fine arriviamo in un salotto con un tavolo di legno enorme
in
mezzo. E seduto a capotavola c’è lui, Voldemort,
che parla con uomo seduto alla
sua destra. Mi sembra di riconoscerlo, ha i capelli lunghi quasi fino
alle
spalle e attaccati alla testa, unticci, che luccicano sotto la luce
della bella
lampada appesa al soffitto.
“Avvicinati
Alan” mi dice Voldemort, distogliendomi dai miei pensieri.
“Vieni qui affianco
a me. E non cercare di scappare”.
Anche
se ci provassi non avrei la minima possibilità, forse
c’e l’avrei con
Bellatrix, e anche con i Malfoy,
ma non
con lui. Ho visto come si muove, come studia il suo avversario,
è sempre
pronto, anche quando non lo sembra.
Mi
avvicino, mi metto al suo fianco. Passo con gli occhi su tutta la
tavolata.
Vedo Yaxley, I Malfoy, e Draco che sembra non volermi guardare,
Bellatrix,
qualche altro Mangiamorte già conosciuto, e infine , anche
lui, vedo Piton
proprio affianco a me. Lui non mi guarda, ma io continuo ad osservarlo.
Sono
nauseato, sento lo stomaco ribellarsi e il cuore battere forte. Il
primo
istinto è quello di tirargli un pugno, non mi serve la
bacchetta. Silente si
fidava di lui, si fidava davvero tanto, non ha mai saputo che il suo
uomo di
fiducia era un traditore.
Mi
accorgo che Voldemort sta dicendo qualcosa, non so cosa sia ma tutti si
alzano,
eccetto Piton. Lui resta seduto, sembra arrabbiato, e guarda di fronte
a sé
senza muovere un muscolo.
Voldemort
mi dice di sedermi affianco a lui, di fronte a Piton. Io eseguo in
silenzio.
“Il
tuo
ex professore è riuscito a procurarsi un po’ della
pozione che ci serve. Ma
prima che tu rimanga intontito dai suoi effetti
voglio raccontarti una storia” dice.
Noto
solo ora il serpente verde grosso come la coscia di un uomo che si
arrotola
vicino a lui, come la brutta copia di un cane da compagnia. Un Horcrux.
Forse
potrei riuscire ad ucciderlo prima di rivelare tutti i segreti di Harry
e
Silente a Voldemort. Ma i segreti di Silente glieli avrà
già raccontati tutti
Piton.
“Una
storia che sono sicuro ti interesserà” continua
Voldemort. Io distolgo lo
sguardo dal serpente e lo fisso.
“E
perché dovrebbe?” chiedo per nulla curioso.
“Come?
Non vuoi sapere chi è tuo padre?”.
Rimango
come colpito da una scarica elettrica. Questa era l’ultima
cosa che mi
aspettavo.
“Vedo
che ora ti interessa di più” dice Voldemort.
L’anno
in cui Alan nacque era un anno davvero brutto per tutti, maghi e
babbani. Ma
almeno i maghi sapevano cosa succedeva, mentre i babbani si limitavano
a essere
tristi senza motivo.
Camminavano
per le strade a testa bassa e non incrociavano lo sguardo di nessuno.
C’era
qualcosa di malsano nell’aria da qualche tempo, ma nessuno
sapeva dire con
esattezza cosa fosse.
La, a
quel tempo giovane, Ginger faceva di mestiere la cameriera in un bar di
poco
conto, dove si ritrovavano ragazzi già ubriachi e vecchi
uomini che volevano
sfuggire alle mogli per una notte.
Una
sera arrivò un giovane dai capelli neri, magro, abbastanza
alto. Sembrava
comparso dal nulla, ordinò una birra e rimase lì
per il resto della serata,
fino a tardi. Fino all’ora di chiusura. Sembrava nervoso e un
po’ triste, così
Ginger, siccome il locale stava per chiudere, decise di andare a
parlagli.
La sua
intenzione era mandarlo fuori dal locale in modo da poter chiudere, ma
si
ritrovò a chiudere con il cliente ancora seduto al tavolo, e
gli offrì qualche
bicchierino di qualcosa di più forte della birra. Uscirono
insieme dal locale e
Ginger si diresse verso casa sua, sempre con l’uomo al
fianco. Era un tipo
simpatico, a parer suo, e anche un po’ strano. A volte diceva
cose senza senso,
ma Ginger lo attribuì al troppo alcool. Una volta arrivati
al suo piccolo
appartamento Ginger invitò l’uomo di sopra.
Fu quella
la notte in cui Alan venne concepito. Non era stata una cosa prevista
né
voluta, ma Ginger si prese l’impegno di crescere suo figlio.
Non sapeva nulla
dell’uomo con cui era stata a parte il nome.
Lo
sapeva solo lei, non l’aveva mai detto a nessuno, nemmeno al
figlio che ebbe
nove mesi dopo.
Ma
c’era
qualcun altro che sapeva chi fosse.
“E
questo qualcuno c’è l’hai davanti
Alan” disse Voldemort.
Lui
guardò confuso Piton che era rimasto in silenzio per tutta
la storia.
“Devi
sapere che Severus a quel tempo aveva un tremenda cotta per una certa
Lily
Potter” Alan sobbalzò al sentirla nominare. La
madre di Harry?! “Purtroppo lei
era sposata, ma suo marito viveva momenti difficili, come tutti gli
altri
sciocchi che non si sono uniti a me. Comunque Piton la spiava, mi ha
confessato, e una sera vide il marito di questa donna andare in giro
per i
quartieri babbani, dove nessun mago andava mai. La notte del nostro
racconto
Severus lo seguì, e così seppe che James Potter
aveva tradito Lily Potter. Con
tua madre”.
Quest’uomo
delira! Come può dire cose simili? E’ una
sciocchezza! James Potter non poteva
essere mio padre, non doveva! Quali sono le prove di questo qui?! Come
può
essere vero?!
Sembra
che la mia faccia sia lo specchio dei miei pensieri perché
in quel momento
Voldemort dice: “Se vuoi esserne sicuro chiedi a tua madre il
nome dello
sconosciuto che incontrò quella sera”.
Lo
guardo con gli occhi sbarrati “Perché mi dici
tutte queste cose?”.
“Perché
mi sembra giusto che tu le sappia prima di morire” parla con
dolcezza, sembra
persino sincero.
Allora
è
così, l’uomo che mi ha abbandonato è il
padre di Harry, mio padre. Mi viene in
mente solo ora: Harry è il mio fratellastro. No. NO! Questo
è impossibile, mi
dico, ma l’altra parte di me sa che è vero. Ho la
stessa corporatura di Harry,
le stessa labbra e la stessa forma del viso. E lo stesso sangue.
Sento
un impeto di odio verso di lui, verso Harry, che ha sempre parlato di
suo padre
come se fosse un santo, come se avesse salvato il mondo ogni volta! Lo
venera e
lo considera un eroe, uno che non ha mai fatto niente di male in vita
sua,
totalmente immacolato! Piton ha ragione a considerarlo un egocentrico.
Un
bastardo!
“Harry
non ha passato quello che hai passato tu” mi sussurra
Voldemort all’orecchio.
Io mi scanso e lo guardo aggottando le sopracciglia. “Lui non
ha vissuto
odiando suo padre, è esattamente come lui”.
“Che
cosa?” boccheggio. Non capisco cosa mi vuole dire, ora non
capisco proprio
niente. Ma un messaggio mi penetra nella mente, solo uno: ha ragione.
Harry non
sa cos’ha fatto lui. Suo padre. Il nostro padre perfetto.
“Credo
che dovresti pensarci, a questo fatto” dice Voldemort con
voce sottile. “Alla
pozione ci pensiamo domani. Abbiamo tutto il tempo”.
“Perché?”
chiedo. “Vuoi farmi impazzire?!” mi ritrovo in
piedi, le mani sul tavolo, non
ricordo neanche di essermi alzato. Mi chino verso di lui.
“Sei tanto pazzo da
voler far impazzire anche gli altri?” lo provoco. Voglio che
faccia qualcosa,
voglio sfogarmi. Di solito funzionava prendere a calci un cuscino, ma
ora no.
Voglio combattere contro Voldemort, perché è
l’unico che ha la colpa tutto.
“Ti
sbagli, sai? Non ho io la colpa. La colpa è solo tua e di
Harry” mi dice come
se mi avesse letto nel pensiero. Io ammutolisco.
“Che
centra Harry?”.
“Ora
che sai che suo padre è anche il tuo, non lo detesti per
averlo sempre difeso?
Non vuoi che se ne sia stato zitto, almeno per una volta? Invece di
aver lodato
il vostro sporco padre per tutto questo tempo? E’
così, lo so”.
Piton
si muove impercettibilmente sulla sedia.
“E’
solo colpa sua se ora sai che tua madre era solo un rimpiazzo per
quella sera.
E’ colpa sua se sai quanto era nobile agli occhi degli altri.
Ma guarda come si
comportava in realtà”.
“B’è
…
questo sarà anche colpa di Harry, ma non è come
lui!”. No. Harry non è come lui
… non lo è.
“Ma
lo
diventerà” Voldemort si alza.
Harry
sarà come lui.
Si
volta.
Sarà
come lui.
Si
incammina verso una porta.
Come
lui. Come lui.
Mette
la mano sulla maniglia.
Lui.
Lui. Lui. Lui.
Mio
padre.
“Aspetta!” alle sue parole Voldemort si bloccò e si voltò verso Alan. “Che cosa vuoi sapere?” chiese il ragazzo tremando.
Ecco il secondo capitolo! Anche se la storia non ha avuto molto successo continuerò imperterrita a postare i nuovi capitoli! Non sia mai che lasci una storia a metà U_U B'è comunque ringrazio chi ha letto e anche _SiMoNa_ che ha messo la storia su preferiti.
Un saluto by Patty.