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Autore: Mardy Paranoica    29/02/2016    4 recensioni
Edoardo è un avvocato affermato. È ricco, prestante, sicuro di se nel suo completo costoso, nel nodo stretto della cravatta, nei sedili in pelle della sua auto sportiva e nella sua bella donna.
La sua donna, Viola, è un'amabile persona senza rancori e senza odio.
Lui si chiede come faccia ad essere così e la risposta sta proprio nel fatto di essere così diversi.
Edoardo fa sempre tardi.
Viola sarà sempre lì ad aspettarlo, forse.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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La città aveva qualcosa di più buio quella sera, forse avevano spento qualche lampione o semplicemente la luce delle stelle non era abbastanza brillante come tutte le altre sere. 

Però era tardi, come le altre sere. Come tutte le sere in cui Edoardo aveva promesso a Viola che sarebbe tornato presto per cenare insieme, per portarla a teatro o semplicemente per chiacchierare sul suo divano, davanti ad uno di quei buon vini costosi che aveva riposto per occasioni speciali senza considerare che non riusciva ad avere nemmeno più occasioni normali. 

Il lavoro gli stava risucchiando l'anima dai tempi del tirocinio e quella santa ragazza prima e donna poi l'aveva sempre aspettato. 

Doveva premettere però che non credeva né in dio né tantomeno nella santità e il suo concetto di "Santa" era del tutto personale: Viola era una bellissima donna, una splendida persona e un essere umano amabile e fosse stato in lei non avrebbe mai perso tempo dietro uno come lui ma probabilmente era questo il motivo per cui lui non era come lei. 

L'aveva sempre aspettato anche quando faceva tardi o quando si dimenticava del suo compleanno o del loro anniversario e lui l'aveva ricompensata con regali costosi che comunque non ricompensavano tutto quello che avrebbe voluto essere per lei nonostante Viola dava a vedere che non le importava, che non doveva e che non era minimamente arrabbiata con lui anche quando la liquidava con un messaggio. 

Avrebbe dovuto essere un po' più attento nella vita e nella guida della sua ultra costosa macchina al posto di pensare a quello che avrebbe dovuto fare ma che non aveva fatto per lei, sentendo il peso delle pratiche che aveva in sospeso, dentro la sua ventiquattro ore poggiata sul sedile del passeggero, nel suo costo completo gessato, in direzione del suo lussurioso attico in centro. 

Edoardo non aveva molti rimpianti nella vita, anzi: non ne aveva quasi nessuno. 

Era un avvocato di successo, aveva un cospicuo stipendio e una bella donna che, nonostante tutto, l'aspettava sempre; allora perché non riusciva più a riposare bene o a vivere decentemente? 

Il rimorso di aver potuto fare qualcosa di più come quando, di rado, perdeva una causa pur sapendo che qualcosa di più non poteva essere fatto. 

Andava avanti con la convinzione che, in fondo, non poteva farci niente. Che amava Viola e niente avrebbe cambiato le cose ma amava di più se stesso, amava di più il successo e la realizzazione personale. Forse era proprio quello, l'amor di se, l'egoismo che trasudava dai pori coperti dalla bianca camicia di seta.

Forse era proprio questo. 

Edoardo e Viola avevano una cosa in comune, più dell'amore verso i dischi in vinile, il jazz o la passione degli scacchi, dei film d'autore e della passione per i libri di storia, l'amore verso Edoardo. Entrambi amavano la stessa persona.

Era questo quello che pensava l'uomo, aprendo la porta di casa senza sorprendersi di trovarla chiusa senza giri di chiavi come l'aveva lasciata lui la mattina stessa, trovandosi davanti Viola seduta sul divano in pelle, con le gambe sensualmente accavallate, che leggeva un giornale di cui non le importava niente, abbassandolo solo nel momento in cui lui si tolse la giacca e chiuse la porta. 

"Sei in ritardo... Come al solito" gli sorrise e lui lo fece di rimando, troppo stanco per ricominciare a pensare ai suoi ritardi, alle sue mancanze e nonostante tutto sentirsi dichiarato colpevole da quel tono di voce cosi caldo e da quegli occhi così sinceri da fargli quasi del male. 

Anche Viola aveva tempo di pensare ad Edoardo, nel lungo frattempo in cui lo aspettava nella sua bellissima casa. 

Pensava al fatto che erano costretti a vedersi la sera tardi, per qualche cena di rado, una domenica al mese, forse; non si chiamavano, non si scrivevano; ma non era cattiveria o menefreghismo, Viola era forse l'unica persona in grado di capire Edoardo davvero ed Edoardo era una persona che si lasciava capire solamente da Viola. 

Nel suo lavoro era una iena, era un uomo forte, prestante, colto, bello, elegante ma non sembrava avere sentimenti e tutti dicevano che quello fosse un vantaggio ma per lei era tutto ciò che voleva non fosse stato. 

Non era la prima volta che ci pensava, sola nel suo appartamento ad aspettarlo, cosa ne sarebbe stato di tutto ciò se se ne fosse andata senza dirgli niente, se avesse chiuso quella storia, non storia, lì e l'avesse lasciato solo tra le sue cause, le sue vittorie e il suo animo estremamente contorto. 

Ci aveva pensato, si. 

Ma non l'aveva mai fatto perché non immaginava la sua vita diversa da quelle serate in cui lo aspettava per rimproverarlo, per bere insieme o semplicemente per fare l'amore: per farlo stare bene perché sapeva, nonostante non gliel'avesse mai detto, quanto stava male. 

Poteva darla a bere a tutti, poteva darla a bere perfino a se stesso ma Edoardo aveva bisogno di lei e lei lo sapeva. 

A volte pensava a quanto sarebbe stato bello avere una vita, una di quelle vere in cui una coppia pensa al futuro, pensa ad una casa al mare, ad una cena con i suoceri o alle vacanze di Natale dai genitori. 

A dei figli. 

E a volte pensava anche che probabilmente Edoardo non gli avrebbe mai dato niente di tutto questo e aveva voglia di andare via, scappare, cambiare numero di cellulare e residenza nonostante aveva l'atroce dubbio che lui non l'avrebbe mai cercata, che si sarebbe rassegnato a se stesso e sarebbe andato avanti nonostante non voleva pensare a questo finale della storia. 

Lo guardava negli occhi verdi circondati da profonde occhiaie scure e vedeva un bell'uomo, sicuro di se e vestito di quell'egoismo urbano che aveva stregato la sua e la loro vita lasciando che riuscissero a condividere quei pochi momenti di normalità quando fuori la città quasi ormai dorme tutta sapendo che con la nuova alba si rimetterà in modo il meccanismo demoniaco di quella vita ricca tanto quanto insoddisfacente e povera di umanità.  

E forse se ne sarebbe andata davvero, un giorno di questi, senza salutare. 

Senza dirgli addio perché non ci sarebbe mai riuscita. Si sarebbe strappata il cuore a mani nude piuttosto che dirgli addio ma se ne sarebbe andata lontano e l'avrebbe dimenticato. 

Forse, un giorno di questi

   
 
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