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Autore: Egomet    26/03/2009    6 recensioni
Lui era solo un ragazzo tranquillo che aspirava ad uscire con la sua bellissima quanto irraggiungibile collega. Lei era solo una ragazza complicata che aveva voglia di divertirsi. Ma insieme a questo, una pancia grande e gonfia, e soprattutto ciò che conteneva, erano il suo problema. Lui cerca di aiutarla, ma non ha fatto i conti con il suo carattere impossibile. Davide prova a capirla, ma Francesca gli nasconde un segreto. -Ascolta, Davide… sicuramente tu mi hai già visto, ma non ti ricordi di me. Sai, io sono incinta- Davide inarcò le sopracciglia scuotendo la testa. “Ma cosa voleva quella da lui?”. -Beh, tanti auguri, mi fa piacere…- stava già per chiudere la conversazione. Lei intuendo ciò che voleva fare si affrettò a vuotare il sacco. -Sono incinta di te-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La bionda stava ascoltando il motivetto intonato dalla radio mentre la macchina si parcheggiava nel grande spiazzo fuori l’ospedale.
Francesca sbuffò scocciata.
Davide spense il motore e la guardò, cosa che lei non fece, continuando testarda a guardare fuori.
-Senti è inutile che fai così, capito?- provò a mostrarsi deciso.
-Io non vado da nessuna parte- ribatté lei imperterrita.
Il ragazzo chiuse gli occhi; gli stava facendo perdere un sacco di tempo. Ormai era una settimana che si era trovato suo malgrado a convivere con la ragazza. Tuffato controvoglia in un mondo che non gli apparteneva, e ora era costretto a sopportare quel suo carattere impossibile.
Inutile dire che ci aveva provato, sul serio. Ci aveva provato a capirla.
Poteva capire che fosse turbata da tutto quello che le stava accadendo, quel bimbo che le cresceva nella pancia e la tempesta che le si era abbattuta addosso.
Ma non capiva assolutamente perché dovesse essere sempre così scontrosa.
Sempre; non l’aveva mai vista ridere.
Quando l’aveva trovata piegata in ginocchio nel bagno, tutta bianca e sporca di vomito ai lati della bocca, si era preso davvero un bello spavento.
 
-Ma cosa credevi di fare? Perché non me l’hai detto?-
-Io non devo dirti proprio nulla! Non provare ad impicciarti, capito? Sono solo fatti miei!-
I due continuarono ad urlarsi addosso finché lei non si sedette stanca sul divano, chiudendo gli occhi.
-Lasciami in pace-
 
Davide allora non sapeva se mandarla al diavolo oppure aiutarla.
Così, indeciso sul da farsi, l’aveva lasciata per davvero in pace. La sera poi, tornato dal bar e trovandola davanti alla televisione, le aveva chiesto scusa.
Ma senza ottenere risposta.
Aveva notato che il cibo che mangiavano era sempre molto scarso; ci aveva riflettuto molto, su questo. Chissà se a casa sua era abituata così. Lei non si era mai lamentata di nulla.
Non che per il resto parlassero molto, solo la sera, qualche battuta su come era andata la giornata.
Quella sera, per farsi perdonare di averla potuta offendere in qualche maniera, si era messo d’impegno e aveva preparato una bella cenetta sostanziosa, con tanto di bistecca.
Certo, un po’asciutta.
Sorrise al ricordo della sua faccia stupita, quando aveva trovato quella piccola sorpresa. Non aveva detto nulla, naturalmente, ma lui aveva colto il momento d’imbarazzo sul suo viso e di meraviglia.
Non era riuscito a capirla.
Aveva provato a sfondare la sua resistenza chiusa in tantissimi modi. Con le gentilezze, con le attenzioni, con delle parole, con le urla, ma niente.
Non aveva intenzione di stabilire un qualsiasi legame con lui.
Stava pensando di gettare la spugna.
Certo non era possibile convivere con una persona per nove mesi e non parlarsi mai. O quantomeno diventare amici.
Davide sbatteva ripetutamente la testa contro il suo muro di freddezza che lo lasciava confuso.
Ma quella volta, oltre che del suo bene, ne andava di quello del bambino.
 
Sospirò, e anche la ragazza lo sentì.
-Dai Francesca, per favore- la supplicò.
-No, non ci voglio andare-
-Questo dottore è bravissimo. Sono sicuro che ti piacerà- la invogliò.
-Non mi importa, io non mi muovo-
Lui si fece più vicino al suo viso, scavalcando il cambio.
-Ascolta, facciamo un patto-
La ragazza si voltò verso di lui, a braccia incrociate.
-Sentiamo-
-Tu vai a farti la visita. Se non ti trovi bene, ti prometto che torniamo dal dottore Martino. Ma per favore, provaci almeno, eh?-
Lo disse con tono incoraggiante e premuroso. Se non altro, non voleva mostrarsi cattivo, perché con lei non si otteneva nulla.
Francesca guardò l’ospedale davanti a sé. Fece un piccolo sospiro rassegnato.
-Ho la tua parola?-
-Promesso-
-E va bene-
Così dicendo la bionda aprì lo sportello e scese fuori, abbottonandosi il giubbino bianco.
Davide si infilò il suo verde e la condusse all’entrata. Dentro sé, era soddisfatto; almeno qualcosa aveva ottenuto con quella testa dura.
La ragazza, infilandosi le mani nelle tasche, camminava con aria annoiata.
Non era del tutto convinta di aver fatto bene, d’altra parte però, essendo quello un ospedale più grande e con molte più possibilità rispetto alla piccola clinica, c’era probabilità che trovasse quello che cercava.
E avrebbe tenuto buono quel buffo ragazzo.
Insieme si infilarono nell’ascensore, lei dondolandosi avanti e indietro, lui con le mani in tasca.
La osservava triste, con la testa piegata di lato.
Desiderava tanto riuscire a capirla, a saperla prendere per il verso giusto. Ma non ne era capace, e lei non lo aiutava di certo.
L’ascensore si fermò al piano dove erano situati gli ambulatori di ginecologia, fisiologia, neonatologia e ortopedia.
Passarono il reparto di ortopedia e seguendo le indicazioni arrivarono a quello che cercavano.
La saletta d’attesa prima dello studio del dottore era occupata da una donna, un’anziana e infine una ragazza con un prominente pancione.
Incuriosita da quella visione, Francesca la guardò un po’ meglio. Non poteva avere che due anni in più di lei. Mordicchiandosi il labbro, continuò a fissarla.
-Allora?-
La voce del ragazzo la richiamò al presente. Subito distolse lo sguardo e gli disse, con tono totalmente diverso da quello che aveva prima
-Senti, ho un po’ di fame. Mi compri qualcosa da mangiare?-
-Ancora? Hai ancora fame?-
-Per favore, Davi- strinse un po’ gli occhi e alzò le spalle.
Lui sbuffò ma acconsentì a prenderle qualcosa al distributore, allontanandosi dal reparto.
Soddisfatta, la bionda si sedette accanto alla ragazza col pancione.
Lei, annoiata e distaccata, masticava una chewing-gum alla fragola, a giudicare dall’odore.
-Ciao- esordì la più piccola, tentando di attaccare bottone.
-Ciao- rispose quella, senza guardarla.
Francesca osservò la porta dove probabilmente era lo studio del dottore.
-Conosci questo dottore?-
-è la quinta volta che vengo qui-
-Cioè? Sei al quinto mese?-
-Ottavo. Ad aprile dovrei partorire-
Lei le osservò il prominente pancione, quasi disgustata. Anche lei avrebbe avuto tutta quella ciccia fra qualche mese?
E pensare che aveva sempre avuto un bel fisichetto magro.
Spalle piccole, statura non molto alta e fianchi ben ondulati.
L’altra ragazza parve capire cosa pensava la bionda e disse, sorridendo ironica
-Non ti preoccupare. Dopo un po’ ti abitui a vederti così allo specchio-
-Non credo che ci riuscirò mai- commentò lei.
L’altra, che sfoggiava una bella capigliatura corta e mora, ghignò e chiese
-A che mese sei?-
-Quasi al terzo e già non ne posso più. Vomito dappertutto, e mi scassa le pa**e andare ogni mese a farmi prendere il sangue. Mi sento tutta rincog*****ta-
La mora rise.
-Con chi è successo?- domandò.
-Con quel ragazzo lì- rispose indicando col capo il corridoio dal quale era sparito Davide.
-Quello alto che ti ha accompagnato?-
-Sì-
-Carino- commentò con un sorrisetto.
-è uno stupido sfigato- decretò sicura e acida la bionda.
-A me non sembra male. Se vedessi il mio…-
-Non è peggio del mio, credimi-
La mora alzò la testa verso un uomo panciuto che stava discutendo dall’altro capo della stanza con una dottoressa.
Francesca lo guardò e storse il naso.
-Il tuo almeno è giovane, carino e gentile. Il mio è vecchio e rozzo-
-Forse hai ragione tu…- acconsentì la ragazza.
In effetti, si disse, se le fosse capitato un tipo come quello a far da padre a quella “cosa” che teneva nella pancia, ci sarebbe stato da suicidarsi.
-Come resisti?- domandò alla mora.
Lei alzò le spalle.
-Il bimbo è tutto quello che mi interessa. Non vedo l’ora che nasca, così lo lascio davvero quello lì-
-E allora perché non lo lasci adesso, scusa?- domandò curiosa.
-Per il tuo stesso motivo- rispose la mora, sorridendo perfida.
La bionda sorrise a sua volta, complice dell’altra.
-Comunque se non ti interessa proprio, posso farci un pensierino?-
-Non ti conviene, se non vuoi avere il bis. Pare che i suoi spermatozoi siano parecchio scattanti-
La mora ridacchiò, infilandosi la cicca fra i denti e gonfiandola formando un palloncino che poi scoppiò.
-Ti trovi bene con questo dottore?- chiese.
-A dir la verità questa è la prima vista che faccio- confessò l’altra.
-è il ginecologo più bravo della città. Per farmi portare qui ho combattuto un sacco di tempo-
-A me andava benissimo quello di prima. È lui che ha voluto cambiarlo-
La ragazza dai capelli bruni fece un sorriso.
-Dovresti essere contenta allora. Non è che costi proprio poco qui, eh?-
-Fatti suoi- ribatté aspra Francesca –Io non ci volevo venire-
-Sei fortunata, tu- commentò con un velo di malinconia ben celata l’altra.
Allo sguardo interrogativo che le rivolse la bionda proseguì, sicura delle sue parole.
-Almeno lui ci prova, a fare il buon papà-
Su questa affermazione cadde un silenzio, scandito solo dal rumore della gomma che stava masticando al ragazza mora. Francesca rifletté su quello che le aveva appena detto.
Ricordò, fra le altre cose, una bella cenetta preparata con cura, forse per scusarsi.
Poi lo vide ritornare, a testa bassa che contava le monete, col giubbino verde sbottonato.
Gli angoli delle labbra le si incurvarono di un millimetro.
Davide si gettò, stanco, sulla sedia affianco alla bionda.
-Salve, uomo dagli spermatozoi scattanti- lo salutò con un ghigno la ragazza.
Lui si limitò a gettarle sulla pancia la merendina che le aveva preso, mormorando
-Zitta e mangia-
Poi appoggiò il capo contro il muro, chiudendo gli occhi, assonnato.
Nel frattempo era arrivato il turno della ragazza mora col pancione.
-Muoviti, tocca a te-
Lei e l’uomo adulto con una pancia quasi più prominente della ragazza sparirono dietro la porta.
Erano da soli nella saletta. Lei avvertiva un minuscolo senso di rimorso farsi strada dentro di sé.
Il ragazzo stava dormendo alla tesa, o quasi, perché la bionda sentiva il suo respiro ancora abbastanza presente.
Con un dito gli spinse il torace per farlo svegliare.
Lui aprì un occhio.
-Non dirmi che non ti piace, sai? Vattela a prendere tu una- disse, chiudendo nuovamente la palpebra.
Lei voleva farsi perdonare, sul serio, ma naturalmente alla sua maniera.
-Sto morendo di fame. Speriamo che si sbrighi- commentò lui.
La ragazza fissò la merendina fra le sue mani.
Poi guardò lui.
-Se vuoi ti do la mia-
Davide aprì nuovamente un occhio.
-Dov’è la fregatura?- domandò.
-Devi guadagnartela, la mia merendina- continuò la bionda con un ghigno stampato sulla faccia.
Lui alzò un sopracciglio, perplesso e sorpreso. Cos’era ora tutta quella confidenza?
Però aveva davvero fame, e magari quella sarebbe stata un’occasione per avanzare di un punto nella scaletta che indicava il loro grado di amicizia.
-Cosa devo fare?-
-Se mi tieni la mano per più di venti secondi, hai vinto-
Sempre più meravigliato del fatto che avesse preso in mano la conversazione, non per urlargli contro, il ragazzo pensò che non sarebbe stato gentile rifiutare quello strano tentativo di comunicazione.
Così stendette la mano a palmo aperto verso di lei.
Francesca fece scorrere la sua sul suo avambraccio fino ad intrecciare le dita fra le sue.
Ha le mani sudate, pensò lui.
Passarono circa tre secondi prima che si rendesse conto delle vere intenzioni della ragazzina.
La bionda infatti lo guardò innocente negli occhi, e mentre le spuntava un sorrisetto sul volto, strinse forte la mano attorno alla sua.
Dannazione, imprecò lui.
Davide ricambiò la stretta forte, deciso a non farla vincere così facilmente.
Ma lei inarcò le dita e grattò sulla sua pelle con le unghie.
Ora aveva capito il trucco.
-Str***a- sibilò divertito lui.
Lei invece di irritarsi, contro ogni sua aspettativa gli sorrise, un sorriso di sfida che lui ricambiò.
Il ragazzo sfregò forte il suo pollice privo di unghie contro il dorso morbido e piccolo della mano di lei, facendo pressione per indurla ad allentare la stretta.
Cercava di divincolarsi con le altre dita, ma la bionda lo teneva imprigionato.
Il medio e l’indice della ragazza lo graffiarono talmente forte che alcuni tratti si fecero rossi, togliendosi la pelle.
-Così non vale però- mormorò lui.
La ragazza si morse un labbro, la bocca stesa in un mezzo sorriso.
Continuarono così per circa venti secondi.
Davide, ormai preso da quel gioco e non intenzionato a smettere il contatto, invece di fare forza contro la sua pelle chiara, prese a muoversi contro la sua mano in maniera dolce.
Lei sobbalzò e per tutta risposta strinse ancora con più veemenza le unghie, ma non era sufficiente per farlo smettere.
Ad un tratto lui sciolse le loro dita intrecciate, scivolando via.
-Ho vinto, testa dura-
Francesca rise un po’, facendosi rossa in viso. Quando accadde quello, Davide smise il sorriso e la guardò stranito, incredulo.
-Hai riso- commentò.
La bionda distolse lo sguardo per non dargli la soddisfazione, ma spezzò a metà la sua merenda.
Lui l’accettò in silenzio, compiaciuto di quel momento passato in maniera rilassata e complice. Era soddisfatto di aver compiuto un passo avanti, e non aveva intenzione di rovinare tutto parlando troppo e rischiando di tornare al punto di prima.
Nel frattempo si guardò la mano, tutta piena di graffi sul dorso e dalla quale colava una strisciolina di sangue.
Sorrise mentre lo faceva e mangiava la sua parte, pensando a cosa significasse davvero quella mano graffiata.
 
Francesca si affiancò al lettino, vestita solo di una camicia da notte bianca. Tremava di freddo sotto l’indumento e certo il corpo piccolino che aveva non l’aiutava.
Il dottore aveva chiamato l’infermiera, pregandola di accendere la macchina che si trovava accanto a lui.
Sorridendole incoraggiante, le disse di sdraiarsi.
La ragazza si issò sopra il letto, per poi sdraiarsi più comoda che poteva. Incrociò lo sguardo del dottore, e riluttante aprì un poco le gambe.
Sentì uno sbuffo divertito, e intuendone la provenienza alzò lo sguardo rabbiosa verso il ragazzo che stava in disparte, appoggiato al muro della stanza.
L’occhiata omicida che gli lanciò bastò a farlo zittire.
Davide la osservò.
Mentre il dottore e l’infermiera azionavano la macchina lei li osservava imbronciata. Sapeva che non voleva sottoporsi all’esame.
D’un tratto i loro occhi si incrociarono e lui fece un piccolo sorriso che voleva essere d’incoraggiamento.
Lei lo interpretò male e scosse la testa.
Aveva pagato a caro prezzo il fatto di averla battuta prima.
-Allora, Francesca- cominciò il dottore avvicinandosi a lei con la sedia –è la prima volta che fai questo esame?-
La bionda annuì, stavolta meno sicura.
-Non c’è assolutamente nulla di cui aver paura, tranquilla. Non ti farò niente-
-Io non ho paura- si affrettò a precisare la ragazzina.
Davide alzò gli occhi al cielo, rassegnato.
-Bene, ne ero convinto. Ora, sdraiati……-
Titubante, la ragazza si stese sullo scomodo materasso mentre il dottore le alzava la maglietta dal ventre.
-Sentirai solo un po’ di freddo- la rassicurò.
Francesca si morse un labbro. Il cuore le batteva forte mentre il dottore le scopriva la pancia, ancora piatta.
Si impose di non tremare, perché avrebbe rivelato la sua agitazione, e fece un bel respiro, rilassando i muscoli.
Il dottore intinse la mano in un barattolo e le spalmò sulla pancia un liquido denso. Sobbalzò un po’ per il freddo, ma diede uno sguardo al dottore per fargli capire che poteva continuare.
Lui le stese il gel su tutta la superficie della pancia, ma lentamente per non farla preoccupare.
Quando ebbe finito, l’infermiera gli porse uno strumento provvisto di una estremità lunga.
Davide, curioso, si avvicinò di più alla scena.
-Non provare a guardarmi- sibilò piano la ragazza al suo indirizzo.
Fu costretto a tornare alla sua postazione, ma era curioso di vedere cosa sarebbe comparso sullo schermo.
La sonda si impuntò sulla pancia della ragazza, per poi spostarsi a destra e a sinistra; lei irrigidì il ventre al contatto con lo strumento.
-No, no, devi stare rilassata- disse il dottore, gettando uno sguardo allo schermo.
Come cavolo faceva, con un coso che le si ficcava nella pancia? Pensò rabbiosa lei.
Lo schermo lampeggiò e comparve una figura. Davide scavalcò il limite che la ragazza aveva imposto, disinteressandosi di lei e guardando lo schermo.
-Ecco, ora si vede- il dottore indicò col dito lo schermo.
Francesca non si girò nemmeno per vedere; invece sembrava molto più presa dalla faccia che aveva il ragazzo.
-Ah sì, si vede!- fece ad un tratto lui.
-Esatto, vedi? Questa è la pancia, e questo nero… nel mezzo, è il bambino. Cioè, ora è ancora in stato embrionale, però…-
-Guarda- la invogliò il ragazzo, ma la bionda annoiata disse
-Ho già visto-
Anche se non era vero.
Finita la visita, i due camminavano verso la macchina fianco a fianco. Notando la sua espressione un po’ triste, le domandò
-Cos’hai? Non sei contenta? Il bimbo cresce normalmente, ha detto il dottore-
Lei alzò le spalle.
-Immagino di sì. Comunque voglio tornarci, da questo dottore-
Lui la osservò alzando stupito un sopracciglio; era la seconda volta che lo ascoltava, in quella giornata.
-Davvero?-
-Sì-
Alzò la testa verso la macchina alla quale erano arrivati.
-Beh, che aspetti?-
Il ragazzo aprì gli sportelli e vi si infilò dentro.
Non riusciva a crederci, ma, come aveva imparato, era meglio stare zitto e incassare la vittoria in silenzio.




Grazie a tutti i coloro che hanno messo la storia nei preferiti, e ringrazio Nells che ha recensito. Mi fa piacere che trovi la mia storia 'interessante e coinvolgente' e che apprezzi il mio modo di scrivere.
  
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