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Autore: Nykyo    01/03/2016    1 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II. Uno spirito in gabbia.

 

Furiosa, ecco come si sentiva. No, più che furiosa, era… era… Laura era confusa e in vena di squarciare la gola del ragazzino imbecille che aveva davanti, e di farlo con i denti. Non ci poteva credere, davvero.

«Non ricordo molto di cosa è successo dopo che sono morta» strillò, odiando ogni acuto eccessivo che le era sfuggito e le aveva reso stridula la voce. «Ma la tua faccia me la ricordo. Ricordo zio Peter e il buio e che non volevo… ah! Non sono affari tuoi! Però mi ricordo la tua faccia prima che tutto diventasse… prima di smettere di percepire qualunque cosa. Zio Peter mi ha uccisa, ma tu sei il cretino che mi ha praticamente staccato la spina dell’esistenza.»

Non conosceva il nome di quello sbarbatello imbecille che l’aveva appena svegliata dal suo sonno eterno, rammentava solo il suo viso per averlo, per così dire, visto un paio di volte in passato e, soprattutto, per un episodio specifico. Certo lui nel frattempo pareva essere cresciuto, e non aveva più quel ridicolo taglio di capelli che lo faceva assomigliare a una palla da bowling rivestita di peluria. Doveva essere trascorso del tempo da quella notte nella Riserva, ma Laura l’avrebbe comunque rammentato anche se fossero passati secoli. Stronzetto sconsiderato e senza alcun rispetto né per la proprietà privata altrui né per i morti!

Lo guardò sbiancare e arretrare d’istinto, con un’espressione sbalordita e parecchio allarmata. Dio, quanto era scoordinato. Era come osservare un granchio che tentava di muoversi in avanti anziché di lato. Laura lo fulminò con lo sguardo mentre cercava di allontanarsi da lei e dal suo dito puntato, muovendosi a tentoni senza neppure provare ad alzarsi prima in piedi. Era un miracolo che non si fosse ancora ribaltato sulla schiena o annodato in una qualche maniera improbabile. Che coglione!

Laura si massaggiò una tempia e cercò di inspirare a fondo, per quanto potesse significare riempirsi le narici dell’odore di un adolescente stupido che una notte, poco dopo la sua morte, aveva ficcanasato nella sua tomba e l’aveva diseppellita. Solo dopo un istante si rese conto che quel ragionamento non aveva alcun senso. Era morta e incorporea: un fantasma. I fantasmi, perfino se in vita erano stati Licantropi, non respiravano e non possedevano il pieno controllo di tutti i propri sensi. Potevano vedere, ascoltare, ma non gustare, annusare, toccare altro che se stessi. Non c’era bisogno di essere esperti per saperlo, bastava aver noleggiato qualche vecchio film degli anni ’80 o, come nel suo caso, essere deceduti da più di cinque minuti. Tutte quelle limitazioni non le erano tornate subito alla memoria, però erano una cosa che Laura aveva già sperimentato in passato, prima che la sua breve carriera di spettro defunto da poco fosse stroncata da uno scemo in camicia di flanella e da un cretino in jeans e felpa. Laura li rammentava entrambi: tutti sporchi di terra e armati di pale e di una buona dose d’incoscienza. Ora uno dei due, non pago di averla spedita a suo tempo in un al di là in cui lei non aveva avuto la minima intenzione di andare, l’aveva appena richiamata indietro, sempre senza alcun riguardo per la sua volontà. Per colpa sua Laura era di nuovo uno spirito privo di corpo.

Ritrovarsi carente di un normale senso del tatto, e non soltanto dei suoi usuali super-udito e super-olfatto, ma addirittura di quelli dei comuni umani, l’aveva fatta ammattire già la prima volta, adesso ci si metteva anche quella ridicola evocazione. Al momento per Laura restare calma più che  difficile era impossibile. Le ribolliva metaforicamente il sangue nelle vene. Si sentiva proprio come quando era morta. Il suo ultimo pensiero di quell’istante era stato lo stesso che tutt’ora, ben oltre la collera, lo shock o il fastidio, le si stava ripresentando, più pressante che mai: Derek.

Tornando a Beacon Hills, Laura aveva messo in conto di poter essere in pericolo, ma non si era aspettata di essere uccisa e per di più dallo zio Peter. La fine l’aveva colta del tutto alla sprovvista e mentre crollava al suolo, ormai indifesa e senza scampo, il suo cuore si era spezzato all’idea che Derek avrebbe dovuto sopravvivere senza di lei; che sarebbe stato solo, alla potenziale mercé di un traditore e di un pazzo. Derek avrebbe perso definitivamente il poco che gli restava di branco e famiglia. Derek l’avrebbe di sicuro cercata, mettendo a rischio la propria vita. Derek, quello che sarebbe sempre stato il suo fratellino e che Laura aveva giurato a se stessa di proteggere fino alla fine dei suoi giorni. Se l’era promesso solennemente, pensando a sua madre e a tutti gli altri che erano bruciati nell’incendio, senza mai immaginare che lei per prima avrebbe avuto un’esistenza terrena così breve.

Perfino mentre l’ultimo soffio di vita la abbandonava, Laura si era ribellata con tutto il suo essere al pensiero terribile e pressante che Derek sarebbe rimasto di nuovo solo e che, in sua assenza, avrebbe potuto succedergli qualcosa di terribile. Si era sentita disperata e impotente perfino più che dopo aver perso tutti i suoi affetti più cari nell’incendio della sua casa natale. Le era montata dentro una rabbia folle, purtroppo non sufficiente a darle la forza per un ultimo tentativo disperato di combattere, ma sufficiente a farla urlare molto più che per il dolore fisico. Non aveva una spiegazione certa al perché, un istante dopo, ormai morta, aveva scoperto di non essere finita in un qualche al di là ma di essere ancora a Beacon Hills, nella Riserva, lanciata all’inseguimento folle di suo zio solo per realizzare con furia e disperazione che anche dopo averlo raggiunto non poteva toccarlo. Era stato sconvolgente scoprire di essere diventata uno spettro, di non avere più corpo, di essere così limitata in mille piccole cose. Un milione di interrogativi le si erano affollati nella mente, sempre che così si potesse ancora dire, ma la risposta le era da subito balenata fin troppo chiara e univoca: Derek.

Derek sarebbe andato a cercarla a Beacon Hills e sarebbe stato in pericolo e quindi lei non poteva andarsene. Doveva restare. Forse, inconsciamente, morendo si era maledetta e condannata a restare, chi poteva dirlo? E che importanza aveva saperlo, quando il solo desiderio di Laura in quei momenti era stato di non abbandonare del tutto Derek, di essere lì per lui in ogni caso, di vegliare su di lui e, se possibile di proteggerlo? Capire che invece poteva solo osservarlo senza fare nulla per lui l’aveva fatta ammattire. Era stato perfino peggio di adesso. Se ci pensava, almeno ora qualcuno la vedeva e la sentiva, anche se quel qualcuno era un liceale imbecille. Con Derek, a suo tempo, era stato frustrante e tremendo. Guardarlo soffrire senza poter muovere un dito era stato il peggiore degli incubi che si avverava. Dopo tutta la fatica e la disperazione degli anni successivi all’incendio, dopo che avevano finalmente ritrovato speranza ed equilibrio, ogni cosa era andata in briciole e a Laura non era rimasto il minimo controllo. Eppure non era stata comunque pronta a passare oltre, se era così che si diceva – dicevano così nei libri e nei film, se non altro – e si sarebbe accontentata perfino delle briciole, di minuzie come il poter vedere Derek ogni giorno. Ma no, troppo facile, l’universo aveva avuto ancora intenzione di prenderla a calci nelle zanne anche quando le zanne lei non le aveva più. Così il destino, se ne esisteva uno, cosa a cui Laura iniziava a credere, si era messo ulteriormente d’impegno per darle addosso. Le aveva mandato quei due ragazzini ficcanaso a dissotterrarla. Laura non sapeva che diavolo fosse successo, con esattezza, sapeva solo che nel momento esatto in cui il suo corpo ancora adagiato nella fossa si era ritrasformato da quello di un lupo in quello di una giovane donna la sua coscienza si era come spenta. Non ricordava nulla di nulla del tempo passato da allora, ma le pareva ironico in maniera niente affatto piacevole che l’ultima faccia che le era capitato di osservare fosse la stessa che in quel preciso istante si stava accartocciando sotto i suoi occhi, distorta da una maschera di sgomento.

Se quell’imbecille di umano era spaventato faceva bene a esserlo, che lei potesse toccarlo o meno. Visto che poteva sentirla era meglio se si sturava le orecchie e si preparava ad ascoltare un sacco di invettive per niente pacate e amichevoli. Posto che esistesse un modo di rovinare l’esistenza a qualcuno a furia di improperi, Laura contava di distruggere quella del cretino che aveva davanti a costo di diventare il primo fantasma con la raucedine della storia. Non ricordava il nome del coglioncello, no, anche se iniziava a tornarle i mente di averlo sentito dire dall’altro idiota, ma aveva un lungo elenco di epiteti con cui appellarlo e, se possibile, voleva vederlo ancora più spaventato, mortificato e in preda ai rimorsi.

Dopo avergli urlato contro per lunghi istanti non aveva fatto che fissarlo e la sua sola presenza incombente, per quanto nebulosa, era bastata a tenerlo inchiodato in un angolo, stretto tra scrivania, muro e letto. Lui non aveva tentato la fuga, ma non era rimasto fermo un attimo. Si agitava, allungava e ritraeva le braccia e le gambe, sembrava una molla pronta a scattare. Non aveva ancora aperto bocca e se Laura l’avesse conosciuto meglio la cosa avrebbe potuto darle un’immensa soddisfazione. Non essendo conscia del fatto che zittire Stiles Stilinski era praticamente impossibile, si stava solamente godendo la sensazione di incutergli così tanto timore.

«Ero rimasta per Derek, idiota!» gli strillò contro e si stupì lei per prima di quanto riusciva a gridare pur non avendo più fiato nei polmoni. «Ero rimasta per lui, ero un fantasma e mi andava benissimo, era una mia scelta, un mio diritto e tu sei arrivato di punto in bianco insieme a quell’altro cretino e mi avete spedita nell’oblio eterno senza il mio permesso. Non avete avuto neppure rispetto per il fatto che ero morta o riguardo per il lutto di mio fratello. Hai un’idea di quanto tempo gli ci era voluto per scavare la mia tomba e creare la spirale che bloccava il mio corpo in forma di lupo? Hai un’idea di quanto era a pezzi mentre lo faceva, di  come si è ferito le dita con tutti quei nodi di cui ti lamentavi tanto e di quanto è doloroso per un Licantropo maneggiare a lungo la Strozzalupo? Derek ha rischiato di avvelenarsi per seppellirmi in modo onorevole e dimostrare cosa provava per me e tu e il tuo amichetto ve ne stavate lì a fare battute su Lon Chaney Jr.»

Avrebbe continuato a urlare, ma per un attimo era stata distratta dalla smorfia di genuina sofferenza sul viso del ragazzino rannicchiato davanti a lei. Anche senza sensi, sia normali sia da Mannaro, la fitta di rimorso che pareva averlo appena pugnalato in pieno petto era stata fin troppo evidente.

«Non lo sapevo.» Buffo come la voce di una persona viva potesse suonare spettrale più di quella di un fantasma. «Non ne avevo idea, che tu fossi tu, che fossi Laura, sei Laura, giusto? Certo che sei Laura, Dio, non ho mai disseppellito nessun altro cadavere… merda! Scusa, ok, non per la parolaccia, per “cadavere”, lo so che è accurato, ma forse non è bello sentirselo dire, giusto? Non… mi spiace, non lo sapevamo, né io né Scott, non avevamo idea che quel corpo… che tu fossi Laura Hale, che fossi la sorella di Derek. Pensavamo… lascia perdere, non ha importanza, avevamo un buon motivo, dal nostro punto di vista, ma non sapevamo che fossi tu e non volevamo essere irrispettosi, volevamo trovare il tuo assassino. Solo pensavamo che fosse Derek, cioè, lo so che detto così suona malissimo, sto solo provando a dirti che se avessimo saputo che tu eri tu e quanto Derek era disperato per averti persa non ti avremmo mai disseppellita.»

Stordita da quell’improvviso monologo sconclusionato, per un secondo Laura riuscì a pensare soltanto che il cretino sembrava sincero. Il secondo dopo era di nuovo incazzata nera.

«Pensavate che Derek mi avesse uccisa? Cosa avete nel cervello, pigne?» Se avesse potuto gli avrebbe rifilato un paio di calci ben assestati. «E che diavolo significano tutte queste stronzate? Non avresti mai profanato la mia tomba ma l’hai profanata eccome e mi hai appena richiamata dall’aldilà, grazie tante. Senza permesso, come la prima volta. Non so come accidenti hai fatto e cosa avevi in mente, mi sono solo… svegliata, più o meno, e sentita evocare e trascinare fin qui. Se credi che sia stato piacevole sei ancora più fesso di quanto credevo.»

A quel punto lui fissò una ciottola di rame abbandonata ai suoi piedi, sul pavimento, e Laura la guardò di rimando e incupì ancora di più lo sguardo. Le stava venendo un’idea del possibile motivo per cui era stata strappata al suo riposo eterno senza un briciolo di decenza o di preavviso.

«Oh, ti prego!» esclamò, sollevando gli occhi al soffitto e scuotendo il capo. Stava ignorando completamente le scuse che lui le aveva appena presentato, ma non riusciva a credere a ciò che aveva appena ipotizzato o a riflettere su nient’altro. «Sei un Emissario? Dimmi che non sei un Emissario. Come cavolo fai a essere un Emissario? Li prendono tra i mocciosi del liceo, adesso? Che branco di disadattati ha un Emissario come te, un ragazzino, un perfetto imbecille? Non puoi essere un Emissario e non puoi aver evocato un Tramite. Dimmi che non hai evocato un Tramite. Dimmelo!»

La sola risposta che ottenne fu un balbettio incoerente e il modo in cui il ragazzo si era appena raggomitolato su se stesso, come se sperasse di autofagocitarsi e sparire. Poi il cretino che non poteva proprio essere un Emissario cominciò a gesticolare come un matto e a Laura venne voglia di strillare ancora più forte. Non sapeva granché sui Tramiti, ma Talia le aveva insegnato abbastanza da capire che se era quello il caso lei e l’idiota adesso erano legati l’un l’altra a doppia mandata.

«Non ci credo» sbuffò agitando un pugno semitrasparente e pestando invano un piede sul pavimento. Anzi che colpirlo lo attraversò e si sentì più che mai frustrata. Le giungeva ancora alle orecchie quel blaterare senza senso, ma non stava ascoltando. «Mi rifiuto. Non può essere. Quale branco di disperati avrebbe un Emissario come te? E perché dovrei essere io il tuo Tramite? Se fossi il tuo tramite dovrei collaborare con te, consigliarti, restarti accanto. Non voglio restarti accanto neppure per mezzo secondo. Non so che cosa sta succedendo ma se non mi liberi subito giuro che…»

Prima ancora di sentirsi ribattere «Non posso, mi dispiace, non so se è possibile, non so come fare, non mi aspettavo che fossi tu», Laura aveva già capito di essere nei guai fino al collo. Tra le poche cose che sapeva sui Tramiti, c’era il dettaglio che nemmeno l’Emissario che li aveva evocati poteva rimandarli nell’oltretomba.

L’idea che quello che aveva davanti fosse un Emissario era sconfortante, ma se lo era e lei era il suo Tramite un motivo doveva pur esserci. Forse compreso quello avrebbero trovato una via d’uscita. Dovevano trovarne una. Laura si rifiutava categoricamente di rimanere al servizio di un simile decerebrato. Era necessario trovare una soluzione, capire, venirne a capo.

«Chi è l'Alpha del branco a cui sei affiancato?» chiese e mentre finiva di formulare la domanda le venne in mente una possibile risposta e, per la prima volta da che aveva ripreso coscienza, provò un briciolo di speranza e di calore. «Derek?» chiese, senza aspettare che il suo interlocutore replicasse. Non le piaceva neppure un pochino immaginare che suo fratello avesse un simile Emissario, ma se così era voleva dire che Derek era vivo e sano e salvo, lì a Beacon Hills. «Sei l’Emissario del branco di Derek?»

«No, io, non sono…» il cretino senza nome sembrava più che mai in difficoltà. «Non sono un Emissario, non ancora. Anche se immagino che questo significhi che lo diventerò.»

Laura ringhiò. Quello sfacciato aveva anche il coraggio di raddrizzare le spalle come se provasse comunque una certa fierezza?

«Ne dubito» fu sul punto di smontarlo, prima di decidere che non aveva senso. Se l’aveva evocata, un coglione o meno che fosse, voleva dire che almeno su quello specifico punto probabilmente aveva ragione lui.

«Derek» gli abbaiò contro, puntando di nuovo un dito dritto verso il suo viso. «Tu sei solo un incapace che traffica con riti che non dovrebbe nemmeno conoscere. Non prima di diventare un vero Emissario, almeno. Ma mio fratello? Sta bene? É vivo? É un Alpha? Se non ti decidi a smetterla di agitare quelle stupide braccia e di mormorare cazzate a voce troppo bassa, giuro che trovo il modo di diventare corporea e di farti male. Ti faccio passare la voglia di giocare a fare il druido una volta per tutte.» Pronunciò la minaccia avvicinandosi quando più poteva e cercando di sembrare incombente, anche se a lui sarebbe bastato allungare una mano per fargliela passare attraverso il torace. «E dimmi come accidenti ti chiami! Non ne posso più di insultarti senza sapere esattamente chi sto insultando.»

«Stiles» fu la risposta che la lasciò ancora più basita.

«Stiles?» Il ragazzo annuì e Laura gli scoccò un’occhiata al vetriolo. «Stiles. Che diavolo di nome è Stiles?»

Lo vide lanciarsi in un principio di spiegazione che suonò subito incasinata e volta a diventare un altro lungo monologo che lei non aveva la voglia e la pazienza di ascoltare.

«Oh, lascia perdere, ok.» Si affrettò a interromperlo, «non me ne frega nulla del perché vuoi farti chiamare con un nome tanto ridicolo. Ti ho chiesto di mio fratello. Che fine ha fatto Derek?»

Stiles – seriamente, che cavolo di nome era? – annuì, prese fiato e poi riaprì la diga della parlantina. Laura, a differenza di poco prima, lo lasciò fare, solo perché finalmente le stava dando le risposte giuste.

«Derek è vivo, sta bene, vive in città e non è l’Alpha. Beh, lo è stato, dopo aver ucciso Peter. Immagino ti faccia piacere sapere che ti ha vendicata, o forse no, chi lo sa, non si sa mai con voi Hale, chi vi capisce e bravo, cioè, senza offesa… ok, Peter è tuo zio, in effetti, magari non gli serbi rancore, anche se, diciamocelo, meriterebbe un po’ più di rancore di me, no? Forse no, non lo so, scusa, non volevo disseppellirti, due volte in un certo senso. Dio, non ci credo che l’ho appena fatto di nuovo. Non volevo, giuro, è solo…»

A Laura stava venendo mal di testa, ed era morta, quindi non era possibile.

«Non me ne frega niente se non volevi. E falla finita con le divagazioni. Derek ha ucciso zio Peter? Perché non è un Alpha, allora? Vedi di darmi qualche informazione utile prima che io perda la calma definitivamente.»

Stiles annuì di nuovo e la sua espressione si fece concentrata.

«Ok» disse, sfregandosi nervosamente le mani, come se le avesse troppo sudate. «É una cosa un po’ lunga da spiegare, forse dovresti metterti comoda.»

Per la seconda volta Laura lo folgorò con lo sguardo. Mettersi comoda. Come no. Poteva fingere di potersi sedere sul letto oppure fluttuare con noncuranza a mezz’aria. Mettersi comoda. Si poteva essere più cretini?

Rimase comunque ad ascoltare per diversi minuti, tentando con tutte le proprie forze di sopprimere i propri inutili istinti omicidi. Specialmente quando, nella foga della sua spiegazione concitata, Stiles le passò attraverso di slancio e poi rabbrividì in maniera evidente e si lasciò sfuggire un «Brrrr… inquietante» sussurrato ma comunque ben udibile.

Prima che il riassunto delle intricate vicende accadute a Derek negli ultimi anni si fosse concluso Laura dovette rimettere più volte Stiles in carreggiata, ricordandogli che non le interessava un bel niente di cosa era successo a chiunque non fosse Derek e, nello specifico, non voleva sapere un accidenti di cosa era successo al profanatore di tombe che aveva avuto la faccia tosta di evocarla come Tramite. Inoltre Laura aveva anche scoperto che, perfino in quella forma, non le era poi tanto difficile sfoderare zanne e artigli, per quanto non potesse usarli per sbranare qualcuno. Il che era un peccato, perché quello Stiles si sarebbe meritato di essere sbranato eccome. Ma forse Laura, se anche avesse potuto nuocergli, l’avrebbe risparmiato per via del sollievo che aveva provato nel sentirgli dire che suo fratello era sopravvissuto. Sì, malgrado una serie di vicissitudini orribili, Derek era vivo e vegeto. Non solo: anche Cora si era salvata dall’incendio.

Era incredibile. La sua sorellina, la piccola Cora. Scoprire che era ancora in vita era una gioia immensa. Così forte che Laura non riusciva più a sentirsi abbastanza frustrata e incazzata da essere sul serio bellicosa.

Semmai era perplessa dal fatto che, dopo tutto quello che aveva passato, Derek non avesse scelto di restare con il sangue del suo sangue e, invece, dopo aver riportato Cora in Sud America, avesse deciso di tornare da chissà quale branco di sconclusionati. Peggio che sconclusionati, anzi, visto che avevano come futuro Emissario un povero idiota.

Laura non capiva, ma sospettava che Derek fosse stato trattenuto facendo leva su qualche senso di colpa. Il senso di colpa era sempre stato uno dei talloni d’Achille di suo fratello. Derek riusciva a sentirsi in colpa per tutto, compreso il fatto di essere ancora al mondo e diverse cose misteriose di cui non aveva mai voluto parlarle, sebbene lei avesse sempre fiutato l’angoscia che gli provocavano ogni santo giorno. Oh, sì, Derek doveva essere stato incastrato da Stiles e da questo fantomatico branco.

In quel senso, in effetti, non era un male che lei fosse stata sottratta all’oblio eterno con un’evocazione. Almeno avrebbe potuto essergli d’aiuto, a costo di manovrare Stiles. Non era scorretto. Stiles se l’era cercata giocando a fare l’Emissario e il druido prima del tempo. E Laura non si fidava di lui. No, nemmeno un po’. Per come la vedeva lei, Derek avrebbe dovuto restare accanto a Cora. In un modo o nell’altro Laura contava di farglielo sapere e perfino di riuscire a dirgli che era immensamente fiera di lui per aver rinunciato al suo status pur di salvare Cora.

Derek era lì a Beacon Hills. Il suo fratellino. A Laura sembrava un piccolo miracolo e non vedeva l’ora di correre da lui, ma prima doveva chiarirsi qualche dubbio e cercare di avere un quadro il più possibile completo della propria situazione.

«Che ne è stato di Deaton?» chiese, fronteggiando Stiles che stava marciando su e giù per la stanza a una velocità sempre più sostenuta e, nel frattempo, aveva ripreso a mugugnare tra i denti, dandosi di tanto in tanto del cretino. «Come mai non è lui l’Emissario se c’è di nuovo un branco qui a Beacon Hills? E perché non ti sta istruendo se, come sembra, hai la Scintilla? Deaton non lascerebbe mai che un suo apprendista si metta a evocare un Tramite senza nemmeno sapere cosa sta facendo! Cosa gli è successo? É morto?»

Stiles si morse un labbro e scosse il capo. «É vivo, ma non vuole più essere un Emissario.» Gesticolò guardandola con aria colpevole. «Ed è il mio maestro, ma… potrei avergli disobbedito mentre è fuori città, ecco…»

Laura digrignò i denti, o per meglio dire le zanne, e sputò fuori un altro paio di insulti.

«Dimmi che Deaton sta per tornare. Ho bisogno di Deaton, lui saprebbe cosa fare. Deve saperlo. Tutta questa situazione è assurda, non hai nemmeno finito l’apprendistato, non sei ufficialmente un Emissario e comunque il Tramite è sempre un Alpha ormai morto. Uno che ha fatto parte del branco dell’Alpha “in carica” a cui l’Emissario è legato. Se mio fratello non è il tuo Alpha, che cavolo ci faccio io qui?»

Non aveva logica. Quella era una delle poche cose che Laura sapeva per certo sui Tramiti. Stiles le aveva accennato al fatto che il branco che contava di affiancare, quello di cui parlava come se lui stesso ne facesse addirittura parte, aveva un Alpha molto giovane a cui Derek si sentiva legato per motivi che, francamente, Laura non riusciva proprio a comprendere, ma sui quali contava di indagare a breve.

Stiles la distolse dai suoi pensieri piombando a sedere sulla poltrona che fronteggiava la scrivania e facendole compiere un giro completo sulle sue tre rotelle malferme. Sembrava seriamente meditabondo, anche se continuava a muoversi troppo, almeno per i gusti di Laura. Era evidente che si stava ponendo le sue stesse domande. A un tratto si raddrizzò e poi si sporse in avanti verso di lei. Doveva aver avuto una qualche illuminazione.

«Immagino…» esordì e un istante dopo parve perdersi per poi ripartire alla carica subito dopo. «Non so se sia impossibile per l’Emissario di un branco appena formato e senza… antenati Licantropi, se così si può dire, avere un suo Tramite, ma può darsi che invece si possa, le carte che ho letto non specificavano. Tu sembri avere informazioni che io non ho, almeno riguardo al fatto che il Tramite debba essere stato in vita uno degli Alpha del branco con cui l’Emissario collabora. Giusto?»

Laura annuì con un cenno secco del capo. Così le aveva detto sua madre. Talia non aveva specificato nulla riguardo ai branchi appena formati e con un Alpha che non aveva legami con la Licantropia nel suo passato. Perché avrebbe dovuto, del resto? Sua madre l’aveva istruita intuendo le sue potenzialità di guidare un domani la propria famiglia e si era limitata a insegnarle cose che potevano tornare utili a una Hale. Gli Hale avevano eccome “antenati” Licantropi. Generazioni e generazioni di Alpha ormai passati a miglior vita e che sarebbero potuti diventare i Tramiti per l’Emissario del loro branco. D’altro canto gli Hale non si erano mai aspettati di essere destinati alla decimazione. Talia non aveva avuto idea della fine atroce a cui sarebbe andata incontro. E c’erano un sacco di cose, anche sui Tramiti stessi, che non aveva avuto la lungimiranza o il tempo per insegnare ai suoi figli. A Laura non piaceva ammettere, nemmeno con se stessa, quanto lacunosa era stata la formazione impartitele dalla madre, ma ne era in ogni caso consapevole.

«Beh...» Ancora una volta Stiles la riportò al presente. «Può darsi che quando un nuovo branco si forma il Tramite del suo Emissario venga, diciamo scelto? Insomma… che sia collegato non all’attuale capobranco ma a quello tra i membri che ha avuto un altro branco in precedenza, posto che ce ne sia uno. Oppure se il nuovo branco occupa un territorio di un altro che è ormai estinto… Cristo, scusa… non volevo…»

Laura sentì di detestarlo per aver rimarcato che gli Hale erano estinti, però aveva bisogno di risposte e Stiles restava uno stronzetto incosciente ma forse non era stupido come lei aveva creduto. A modo suo faceva ragionamenti dotati di una certa logica. Così gli fece cenno di tagliar corto con le scuse e continuare con le teorie. Stiles colse la palla al balzo, per quanto sembrasse ancora mortificato. «Capisci cosa intendo? Potrebbe essere, no? Oppure… non lo so, in questo caso potrebbe essersi verificata una specie di anomalia perché Scott è un Alpha Naturale. Credi che un Alpha Naturale, tra le altre cose, abbia una specie di diritto ad avere dalla sua parte un Emissario collegato a un Tramite, anche se lui non è nato Licantropo? In fondo Scott riesce a fare cose che non rientrano nella norma dei comuni Alpha, è possibile che sia così, no?»

Laura lo scrutò dubbiosa, ma doveva concedergli che ci stava provando in maniera razionale e che nessuna di quelle ipotesi era così assurda da poter essere esclusa.

Stiles, inoltre, pareva essersi infervorato. Porsi domande complesse e cercare una risposta sembrava piacergli un sacco. Peccato che non si fosse interrogato prima di fare cazzate e di evocarla senza capire in cosa si stava imbarcando.

«O magari» esordì, prima che lei potesse zittirlo. «Magari, come dicevo prima, è una mera questione di territorio. Il Tramite di un branco nuovo di zecca potrebbe essere un ex Alpha del branco che occupava quel territorio in precedenza. Voi Hale…» Si zittì per un istante e fece compiere un altro giro alla sedia senza nemmeno accorgersene. «Oh!» esclamò, usando i piedi per una frenata scomposta. «Oh!» ripeté, battendosi il palmo di una mano sulla fronte. «Certo, non ci avevo pensato ma voi Hale non siete stati solo il branco radicato qui a Beacon Hills da generazioni, in un certo senso eravate i protettori di Beacon Hills. Lo spirito di tua madre l’ha detto a Derek e Derek l’ha detto a Scott e Scott l’ha raccontato a me, ma fidati, ok, è così.»

Laura avrebbe voluto dirgli di smetterla di zigzagare con le parole e, già che c’era, di spiegarle cosa diavolo c’entrava lo spirito di Talia. Avevano profanato anche il suo riposo eterno? Laura decise che non lo voleva sapere. Non per il momento. Se si fosse di nuovo lasciata prendere dalla rabbia non sarebbe riuscita a ragionare.

«Quindi secondo te noi Hale siamo i protettori della città e qualunque sia il branco che fa di Beacon Hills il suo territorio avrà uno di noi come Tramite?»

Stiles sollevò le mani, i palmi verso l’alto, e si strinse nelle spalle. «Non lo so» ammise. «Sono tutte ipotesi plausibili, non so quale sia quella giusta, o se ce ne sono altre a cui non ho ancora pensato.»

Laura scacciò la voglia di massaggiarsi le tempie incorporee con la punta di polpastrelli altrettanto incorporei. Stava cercando di focalizzare la propria attenzione solo sulle cose davvero importanti.

Oltre che riguardo a sua madre era curiosa anche sulla faccenda dell’Alpha Naturale, anche se tutto sommato non ci credeva. No, non si fidava di Stiles e, nonostante i suoi ragionamenti non fossero poi così cretini, non intendeva bersi qualunque cazzata gli uscisse di bocca. L’Alpha Naturale era una leggenda.

«Deaton conoscerebbe la risposta giusta» ribatté piccata. «Quando torna? Voglio che andiamo da lui appena possibile, e prega che abbia una soluzione.»

Stiles abbassò lo sguardo e se lo puntò sui piedi, prima di replicare masticando le parole tra i denti. «Non ne ho idea, credo un paio di settimane, non è stato molto preciso. Non è mai molto preciso, se devo dire la verità. Se ogni tanto lo fosse e la smettesse con tutta quella reticenza immagino che non saresti qui…»

Laura gli urlò contro una nuova serie di improperi, tanto per sfogarsi e per rendere ben chiaro il concetto che lo riteneva il solo e unico responsabile di quella situazione odiosa.

Lo sentì tirar fuori altre scuse e giurare che avrebbe trovato lui stesso una soluzione il prima possibile, ma non gli diede davvero ascolto, era stufa del suo cicaleccio e perfino della sua faccia da idiota.

Avrebbero trovato una soluzione, certo che sì, perché lei si rifiutava di essere il Tramite del primo stronzetto a cui saltava in mente di evocarla a casaccio. Ma, visto che avrebbero dovuto aspettare che Deaton tornasse in città con il suo bagaglio di esperienze e competenza, nell’attesa Laura non voleva trascorrere neppure un secondo di troppo con un bamboccio che le dava sui nervi. E poi Derek era vivo ed era vicino e lei desiderava rivederlo subito. Derek era la sua priorità, come al solito.

Sventolò per l’ennesima volta la punta di un indice – opportunamente dotata di artiglio – sotto il naso di Stiles e ringhiò prima di domandare l’indirizzo del proprio fratello.

Stiles sbiancò e fece cenno di no, scuotendo il capo e sbracciandosi in modo esagerato. Laura lo bollò mentalmente come goffo e ridicolo. Come se l'essere un coglioncello non fosse bastato.

«No.» Stiles ora sembrava davvero sul punto di avere un attacco isterico. «No, no, no. Mi spiace, ma no. No. Non posso, è fuori questione, è… non voglio che Derek mi ammazzi. No. Se ti vedesse… no. Mi spiace tantissimo, lo giuro, però non posso dirtelo, non possiamo dirlo a Derek, non è nemmeno ipotizzabile…»

Laura avrebbe potuto intimargli di stare zitto, invece rimase ad ascoltarlo snocciolare una lunga serie di negazioni e scuse ancora per diversi secondi. Forse perfino per un minuto intero.

Era incazzata e continuavano a pruderle le mani, ma si rendeva conto che quelle mani non erano in grado di arrecare alcun danno, quindi anche a voler far stare zitto Stiles o a rimbeccarlo ci avrebbe guadagnato poco. Era in una posizione di stallo, almeno in apparenza. Non aveva modo di costringere Stiles a sputar fuori l’indirizzo di Derek. Poteva minacciarlo, certo, ma non poteva rendere le minacce realtà, non era in grado di fargli del male nemmeno volendo.

«Bene» sentenziò alla fine con la massima decisione, nonché con una buona dose di disprezzo. «Non dirmelo, troverò il modo di scoprirlo da sola.» Difficile, senza l’aiuto dell’olfatto da Licantropo che potesse guidarla fino a Derek, ma forse non impossibile. Comunque fosse, Laura preferiva provarci e cogliere l’occasione per stare alla larga da Stiles che rimanere lì con lui senza avere niente da fare. La prospettiva di passare il resto della giornata a guardarlo così storto da farlo sentire uno schifo per tutto il tempo era allettante, sì, ma non quanto quella di toglierselo di torno il più a lungo possibile e di rivedere Derek. Ragion per cui, senza degnarlo di un’ulteriore occhiata, Laura voltò le spalle al proprio evocatore e si diresse a passo di carica – o almeno all’equivalente fluttuante di un passo di carica – verso la porta della stanza; perché poteva essere morta ed essere un fantasma però l’idea di attraversare direttamente i muri, per quanto pratica, tendeva a sembrarle idiota. A testa ben alta raggiunse la porta e fece per attraversare la soglia, solo per sbattere di muso contro una barriera invisibile. Era come se ci fosse un muro che le impediva di avanzare. Lei era incorporea, l’ostacolo non era neppure visibile, ma evidentemente era creato apposta per contenere uno spettro, tanto che mentre riprovava a superarlo Laura provò di nuovo la sensazione di essere appena andata a cozzare contro qualcosa di solido.

«Smettila!» sibilò stridula, perdendo ogni compostezza e parvenza di controllo. «Falla finita immediatamente! Non hai il diritto di trattenermi…» Poi si voltò e vide l’espressione di Stiles e capì che lui non stava facendo proprio niente. Era bloccata. Forse a causa del legame Emissario-Tramite.

Furiosa e incapace di accettarlo tentò di lasciare la stanza passando attraverso una delle pareti, anche se poco prima il solo pensiero l’aveva fatta sentire stupida e a disagio. Ancora una volta scoprì che non poteva. Provò e riprovò per diversi minuti, sotto lo sguardo di uno Stiles non meno agitato di lei e cercando di ignorare il fatto che quel cretino le stava riversando addosso un fiume di parole, tutte assolutamente inutili.

Non c’era nulla da fare, era prigioniera. Non solo era stata risvegliata dai morti, non solo era costretta a considerarsi il Tramite di un coglione, no, era anche impedita nella propria libertà al punto di non potersi allontanare dal suddetto coglione per più di un paio di metri scarsi. E Derek era così vicino, lì in città, del tutto ignaro della sua presenza. Era un incubo! Un incubo orribile.

Laura iniziava a sentire la necessità viscerale di fare a pezzi qualcosa, o possibilmente qualcuno, e non poteva fare nemmeno quello.

Stiles la fissava come avrebbe fissato una tigre in gabbia, con quello che pareva un misto tra terrore e fascinazione. Ogni tanto le si muoveva intorno e quel suo girovagare per la stanza, dopo un po’, rese chiara a entrambi una cosa importante: il raggio entro cui i movimenti di Laura erano limitati era costante, ma quando Stiles si spostava i confini della sua prigione impalpabile si spostavano insieme a lui.

Laura lo sentì riflettere a voce alta su ciò che stava accadendo e concludere rivolgendosi a lei che, ok, era un male, però non del tutto.

«Voglio dire» concluse Stiles con la più grande faccia di bronzo che Laura avesse mai visto, «mi dispiace, ti ho detto che mi dispiace ed è vero e non posso pensare al fatto che a quanto pare dovrai seguirmi ovunque, perfino… Cristo! Perfino in bagno? Non potrò mai più farmi un doccia o… No, mi rifiuto di pensarci ora. Vedi, è terribile per tutti e due. Non lo è solo per te e dobbiamo trovare una soluzione e giuro che la troveremo, prometto, giuro, sono sincero. Ma così eviterai di farmi ammazzare, perché Derek non può vederti ora, proprio no. Davvero, capisco come ti devi sentire ma Derek non deve vederti, non posso dirgli che ti ho tirato fuori dalla tomba un’altra volta, mi spiace. Non posso. É fuori questione.»

Laura ruggì e digrignò inutilmente i denti e provò così tanta frustrazione da aver voglia di piangere. Ma aveva una dignità da preservare e se proprio doveva rimanere lì, con quello stupido bamboccio, non gli avrebbe dato ulteriore soddisfazione. O quasi.

«Ti odio!» scandì avvicinando quanto più poteva il viso al suo. «Non ti perdonerò mai e vedi di spicciarti a trovare una soluzione, perché conto di renderti la vita un inferno, in ogni modo possibile, finché non mi avrai portato da Derek oppure liberato!»

Dopodiché si sedette sul letto – o per lo meno ci provò – a braccia e gambe incrociate e mise su il broncio più cupo che le riusciva di ottenere. Visto che non poteva andare da nessunissima parte, a meno che non lo facesse anche Stiles, avrebbe passato il tempo a fissarlo con l’intensità di un assassino in agguato. L’avrebbe seguito folgorandolo con lo sguardo ovunque andasse e rendendogli difficile fare qualunque cosa, perfino sdraiarsi a dormire. Se una guerra di logoramento doveva essere, una guerra di logoramento sarebbe stata. E Laura contava di vincerla, non fosse stato altro che per il dettaglio che lei era deceduta e non aveva bisogno né di cibo, né di sonno, né di un bagno e della giusta dose di privacy. Stiles non aveva scampo, avrebbe fatto meglio ad arrendersi.

   
 
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