Presenze in città
La strada non era deserta. La
strada
non era deserta per niente. L'ingorgo di macchine bloccava tutti gli
incroci e non c'era alcuna scappatoia, neanche nelle corsie di
emergenza.
Erano le sei post
meridiane e la sera
era appena scesa. Le strade erano caotiche e scosse dai mille
clacson, illuminate dai fari delle macchine, dai fanali e dai
lampioni; e non si poteva dire, dunque, che quella fosse la
“città
della pace” o che ci fosse buio o eccessiva ombra da alcuna
parte.
Si sarebbe potuto
gridare e tuttavia
nessuno avrebbe sentito. E si sarebbe potuto andare in giro nudi,
perché nessuno avrebbe visto. Ognuno era impegnato a rendere
cervo chi si trovava nell'automobile avanti, uomo o donna che fosse.
E peggio se vi si fosse trovata una donna!
Nessuno prestava
eccessiva attenzione a
quello che avveniva nella grande città. O quasi.
Quello che quel bambino
vide non
sarebbe potuto accadere in pieno giorno, con tante luci ad illuminare
la strada. E non si sarebbe potuto ascoltare alcunché, per
via
dei clacson e delle ingiurie. Eppure lui lo vide e lo sentì.
Sul sedile posteriore
dell'auto i
rumori sembravano attutiti e le luci offuscate seppur brillanti. I
vetri del finestrino erano appannati e lui non voleva lasciarli
bianchi. Dopotutto non aveva niente da fare. E se anche la madre
l'aveva sgridato più volte, lui non aveva intenzione di
sprecare quell'unica distrazione in piena noia. Dopo che ebbe finito
di disegnare un cavallo sull'angolo più basso, intravide un
movimento insolito nella stabilità del traffico. Qualcosa si
era mosso al di là del finestrino e non era una persona,
né
un motore, né le macchine che riprendevano a camminare.
Tutto
sembrava come era stato fino a cinque minuti prima di vedere quel
movimento: fisso, statico, immobile. Guardò meglio,
spannò
tutto il vetro, ma nulla sembrò cambiare né
rispondere
alla sua curiosità.
Si risedette e
aspettò
rassegnato.
Qualcosa si mosse di
nuovo e un suono
ben distinto dai clacson rimbombò nella testa del bambino,
che
si affacciò di nuovo al finestrino. Un ululato silenzioso
sembrava aver catturato la sua sola attenzione. Era malinconico e
proveniva da un punto imprecisato dietro l'auto di sua madre. Ad un
tratto apparve una forma biancastra, senza contorni precisi, senza
consistenza, melliflua, trasparente sebbene visibile... Quella figura
avanzava tra le automobili fluttuando nell'aria e spostandosi con
agilità, senza urtare o sfiorare gli oggetti attorno.
Passò
oltre il bambino senza accorgersene e proseguì per poco.
Quando ebbe raggiunto il semaforo la figura si buttò a
capofitto tra le automobili che si spostavano nella corsia
perpendicolare e sparì con un 'puff' inudibile, scoppiando
come bolle di sapone bianco... La figura era svanita come era
apparsa, e nessuno aveva visto né udito nulla. Nessuno,
eccetto quel bambino.
E quello, che era
rimasto confuso da
quella strana visione, rimase seduto sul sedile posteriore dell'auto
con il naso ancora incollato al finestrino, fin quando non si accorse
della voce della madre che lo chiamava per scendere dall'auto: era
arrivato a casa. E lui non aveva visto niente.