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Autore: NIKELMANN    02/03/2016    0 recensioni
Non piaci a nessuno, tutti ti hanno abbandonato, sono tutti fuori a divertirsi senza di te
Estratto di un racconto parte di un libro che sto scrivendo. Estratto di estratto, insomma. Spero vi piaccia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Vivaddio sparano.-

Il soldato era rannicchiato nella trincea di fango, mentre osservava frammenti di terriccio saltare in aria, cercando di non pensare al fatto che potesse essere il proprio cranio. Muovendosi quasi a gattoni si diresse verso un altro punto della trincea. Cercava di non pensare alle brutture che nascondeva quel posto, in cui spesso non c’era il tempo di raccogliere i caduti e, quello che pareva essere un mucchio di stracci coperto da fanghiglia melmosa, poteva benissimo essere Buddy, che per tutto l’addestramento aveva dormito nella branda sopra alla sua.

Ma andava bene. Finché sparavano andava bene.

Finché sparavano nessuno metteva il naso fuori a vedere, nessun cecchino si arrischiava a mirare i singoli uomini. Valutò la possibilità di mettere mano al suo pacchetto di sigarette. Non sarebbe stato un rischio, non fin quando avrebbero continuato a far volare pallottole ad altezza uomo. Ne prese una e se la infilò in bocca, fece per accenderla, ma improvvisamente sentì il silenzio.

-Fanculo!- Imprecò ad alta voce. Ogni tanto devi sentire il suono della tua voce, per non impazzire del tutto. Avevano smesso di sparare. Mise a posto la sigaretta, che purtroppo avrebbe inumidito il resto del pacchetto, e sbriciò oltre la trincea. Il polverone sollevato dai mortai ancora non era stato disperso da quella pioggia sottile e fastidiosa. Appoggiò entrambi i palmi delle mani al bordo e si issò, cominciando a strisciare verso la trincea successiva, sperando di non avere perso il senso dell’orientamento e di non stare tornando indietro, verso la trincea precedente.

Perché il fuoco dei nemici è terribile, ma la sorte riservata ai disertori lo è ancora di più.

Non poteva alzare lo sguardo, poteva solo strisciare fingendo di essere qualche immondo insetto, pregare che il fumo lo proteggesse abbastanza a lungo, checché ne dicessero le scritte che il governo aveva fatto mettere sul suo pacchetto.
Si preoccupò che il taschino fosse chiuso abbastanza bene da non far riempire di fango le sue preziose sigarette, ma non aveva il tempo ed il modo di controllare.

Improvvisamente il suo braccio sprofondò oltre il bordo di una nuova trincea. Spinse il suo corpo facendolo scivolare nel fango, finché il suo baricentro non fu oltre la sponda, abbastanza per potersi far cadere nella fossa senza farsi male.
Provò a girarsi nella caduta, ma non c’era abbastanza spazio, ovviamente e finì per battere dolorosamente la parte inferiore della schiena contro il terreno. Il fango attutì la caduta, ma purtroppo il suo fucile gli causò un paio di lividi. Non fu tuttavia per punirlo che lo imbracciò, ma per puntarlo a destra e a sinistra cercando se ci fossero nemici in giro.

-Tranquillo ci sono solo io…- tornò a guardare in direzione della voce, era quella di Steve. Lui detestava Steve, ma almeno non gli avrebbe fatto un buco in fronte.

-Come andiamo, razza di checca?- la sua voce era incredibilmente fastidiosa. Gli si avvicinò chiedendosi perché se ne stesse immobile a terra, appoggiato contro il muro di fanghiglia puzzolente.

-Non posso lamentarmi. Letteralmente non posso. È contro il regolamento…- rispose circospetto, cercando di vedere sotto l’elmetto.

-Lascia stare, non è un bello spettacolo…- con la coda dell’occhio scorse qualcosa spiccare in mezzo al grigiume marroncino della trincea. Una sigaretta. La raccolse e vide che era quasi buona. Naturalmente era troppo bagnata ed impiastricciata di fango per aggiungerla alle sue, ma non era stata fumata tutta. Si era spenta nel fango, quando gli impulsi elettrici che partivano dal cervello di Steve erano venuti a mancare, come del resto una considerevole porzione della materia grigia stessa, quando lo avevano colpito i cecchini.

-Non hai aspettato che sparassero, vero?- non voleva guardare Steve in faccia, non poteva pensare che fosse morto in un modo tanto stupido.

Quando sparano, vivaddio. Quando sparano l’aria si riempie di proiettili, ma se stai rannicchiato nel fango, non ti possono colpire. Quando sparano puoi anche fumare. Quando smettono, diventi un facile bersaglio per i cecchini, il fuoco della sigaretta offre loro un’idea precisa della tua posizione, gentile quanto basta a fare risparmiare le munizioni dei colpi di grazia.

Ad interrompere i suoi pensieri, il rumore dei mortai, sopra le loro teste.

-Vivaddio sparano- esultò senza fiato Steve, attirando a sé un’occhiata accigliata e di rimprovero:

-Sei un pazzo fottuto, Steve! Che cazzo ti è saltato in mente di accenderti una sigaretta mentre non stavano sparando?!-

Steve rise ironico a quella frase, rispondendo con tono di scherno: -Io sarei un pazzo?! E tu che parli con un morto che cosa sei, allora?-

Non aveva tutti i torti, ma gli seccava dargliela vinta, così cambiò argomento: -ne hai ancora di quelle sigarette?! E munizioni?-

-Macché. Era quasi tutta carta e non ricordo nemmeno più l’ultima volta che ho premuto il grilletto. A parte quello di tua sorella, quello non me lo dimenticherò mai!- e rise sguaiatamente per concludere la frase.

Se c’era qualcuno di cui si fidava meno di Steve, era il suo cadavere, così lo perquisì tastandolo in vari punti. Fu un errore: per uno scherzo della putrefazione Steve sembrava essere tutto di un pezzo, ma invece alcune parti decomposte gli si aprirono in mano, con un odore tanto immondo da potersi sentire persino in quel letamaio che già erano le trincee. Fu più volte sul punto di vomitare e tutto quello che trovò fu una paletta di metallo.

-E questa?!- chiese guardandolo attonito.

Quello si strinse nelle spalle, cosa che gli fece quasi staccare un braccio: -se ci pensi non è poi molto diversa da un coltello, se sai come usarla.-

Si accese una sigaretta per darsi un tono, mentre non capiva realmente che diavolo ci facesse il commilitone con una paletta da giardino: -certo che lo so!- fu contento di constatare che le sue amate paglie non si erano troppo bagnate e le rimise a posto, avendo cura di trovare anche spazio per la paletta.

-Hai detto a qualcuno chi devono salutarti?- chiese nel tono più umano possibile.

-Ma chi cazzo vuoi che mi salutino. Non esistevo prima di venire qui nel buco del culo del mondo e non esisterò nemmeno dopo. Forse è questo il mio primo momento di esistenza e non sono nemmeno vivo per godermelo. Non ho una famiglia, né una cagnetta che mi aspetti a casa che mi giuri di non aver preso altri ossi nel mentre.-

Restò in silenzio, ingoiando il boccone amaro che quel corpo senza vita stava sputando. Un uomo morto non ha alcuna ragione di mentire. Cominciò a provare empatia nei suoi confronti.

-Mi dispiace- disse senza guardarlo in faccia. –Ascolta- quello gli rispose, ma non aggiunse altro.

-Senti, io devo andare avanti…- fece per andarsene, ma venne fermato:

-Ascolta- lo fissò interdetto: -dimmi, Steve-

Fece una breve pausa poi esordì: -avevo una pappagallina. Non so se sia ancora viva, ma era l’unica creatura a cui volessi bene. Potresti darle un messaggio da parte mia?-

Il soldato si ammutolì; era assurdo portare un messaggio ad un volatile, ma non volle negare questo piccolo favore al compagno d’arme: -Dimmi-

-Ascolta- e lui si avvicinò, ma per qualche secondo non disse nulla, così, trattenendo il fiato per la puzza, si fece ancora più vicino:

-Dille che Polly vuole un biscotto!- E rise sguaiatamente della propria sfacciataggine, facendolo sentire un idiota.

-Vaffanculo, Steve, questa è la prima ed ultima volta che cerco di farti un favore!-

-E questa è la quarta volta che ti dico di ascoltare.- Ci mise un secondo a realizzare, poi capì. Gli spari erano finiti, ma la sua sigaretta no.

-Sei fottuto, frocetto!- lo schernì per poi ridere ancora. Quello si guardò attorno in preda al panico, ormai sapevano che c’era qualcuno lì. Non sapendo cos’altro fare si accasciò a terra e sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime.

-Ehi, non fare lo stronzo- Steve rincarò la dose.

Sapeva di essere fatto. Non c’era nessun modo per scappare adesso. In quel letamaio di trincea il prossimo pazzo avrebbe parlato con due cadaveri entrambi morti per la stessa sigaretta. Forse il governo aveva ragione a dire che il fumo uccide, ma avrebbero dovuto essere un po’ più specifici sui pacchetti.

-Non fare lo stronzo- ripeté Steve, con una parodia di umanità nella voce: -Lasciami un paio di note…-

Lo guardò tra le lacrime, con aria incredula. Non c’era tempo e mise la cicca tra le labbra in putrefazione del compagno. Magari c’erano un paio di larve che si sarebbero dovute porre il problema di smettere di fumare, una volta diventate mosche. Magari avrebbero apprezzato gli zampironi.

-Steve, io…-

-Ma che cazzo io ed io. Mica lo faccio per te, finocchio! È solo che, pensa quel bastardo che mi ha inculato. Pensa la figura di merda che si fa quando deve spararmi due volte per ammazzarmi davvero. Che sta sprecando un proiettile per della stupida carne per vermi!-

Stavolta le sue risate non riuscirono a coprire del tutto l’autocommiserazione nelle sue parole.

-Steve, non sei mai stato un uomo buono o degno di rispetto. Ma sei il cadavere con le palle più grosse di tutta questa fogna…- gli porse i suoi rispetti.

-Già, beh, a te devono ancora scendere, a giudicare da come frignavi poco fa, froc…- le sue parole furono coperte dal rumore della carne che si apriva come una rosa di sangue sporco. Ora che non aveva più una bocca era difficile sentirlo parlare, persino con tutta la pazzia del soldato.

Quando ti sparano i cecchini non lo senti, sono troppo lontani. L’unico rumore che senti sono i passi della Morte. E da qui era già passata. In fondo è stato come sedersi su un meteorite: è statisticamente impossibile che ne cada un altro nello stesso punto, così ti bruci il culo, ma sopravvivi, fino alla prossima pioggia di meteoriti.

Il silenzio durò per un lasso interminabile di tempo. Passò il tempo esaminando la pala da giardino e quando anche quella prese ad annoiarlo, scavò una piccola tomba. Troppo piccola per Steve, ma poteva metterci dentro quello che restava della sua sigaretta. Un gesto simbolico. Riempì la fossa di terreno umido, molliccio e viscido, appiattendolo con il rovescio della paletta. Ecco fatto, una bella tomba in miniatura. Non aveva una lapide e non avrebbe saputo cosa scriverci. “Polly” forse.
Pensò un attimo ad una piccola preghiera da fare, ma non gli venivano in mente parole, quindi restò in silenzio finché non sentì il rumore di tempesta che erano gli spari.

-Vivaddio sparano- disse in memoria di Steve. O di Polly. O della sigaretta di uno di loro due.

   
 
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