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Autore: MrsBlack4    02/03/2016    1 recensioni
Andromeda Black ha ormai lasciato da molti anni il suo posto ad Andromeda Tonks, ma di lei rimarrà sempre un'impronta tangibile, un eco assordante, un'ombra costante.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Andromeda Tonks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Dal Diario di Andromeda

 

Ultimamente mi sento piuttosto sola, Ninfadora è ad Hogwarts e Ted lavora tutto il giorno. Certo, ho il cottage di cui occuparmi, i libri mi tengono compagnia e faccio lunghe passeggiate. 

A volte, quando mi perdo volutamente tra i campi con un libro in mano, mi sembra che il tempo non sia trascorso, che io sia ancora una ragazzina spaventata dall’idea del futuro, che tutto quello che ho vissuto non è stato che un sogno, che Ted e Ninfadora non siano altro che due personaggi della mia fantasia così come la me stessa adulta. Quando avrò smesso di fantasticare e avrò ritrovato la strada di casa, il maniero dei Black si staglierà alla mia vista, maestoso ed imponente, riportandomi alla realtà, alla mia vera vita, quella a cui Andromeda Black deve tornare dopo essere fuggita per un po’. Mi sono solo presa qualche ora di pausa dai miei doveri di Black, ma so che devo tornare prima dell’ora del tè.

Ed è proprio l’ora del tè.  

La tazza di tè, su cui proprio adesso sto poggiando le mie labbra, è molto diversa da quella che utilizzerei se fossi a casa Black. Tanto per cominciare, non fa parte del servizio migliore del mondo magico, molto probabilmente la porcellana non è stata lavorata daGoblin, non ci sono rifiniture, fantasie, stemmi o iniziali. Ogni tazzina è di un colore diverso, e la vecchia teiera consente l’uscita a più fumo di quanto sia accettabile che ne esca. 
Non avevo mai preparato un tè prima di trasferirmi qui, non sapevo di perdermi qualcosa di meraviglioso come lo sbuffare di una teiera quando è sul fuoco. Posso anche abbondare con il burro o la marmellata sui toast, o mangiare qualche dolcetto di troppo, non ricevo per questo alcuna occhiata di biasimo. Anzi, Ted mi incoraggia sempre a mangiare di più, Ninfadora non ne ha bisogno, ha sempre un sano e gioioso appetito. 

Faccio sparire biscotti e tè con un colpo di bacchetta mentre ascolto, sempre malinconica, ma deliziata, lo scoppiettare del fuoco nel camino, il crepitio della legna e il ticchettio delle gocce di pioggia sul vetro della finestra. Mi avvolgo in una calda coperta di lana fatta a maglia dalla madre di Ted. E’ una donna incredibilmente gentile, ci ricopre di affetto e premure, mi dispiace non saper ricambiare la sua affettuosità come meriterebbe, ci ho provato, ma non ne sono capace.

Quella dei Black non è un’educazione, è un modo di essere. 

Quando piombai a casa loro, si sentiva quasi in dovere di adottarmi, e credo che soffrisse per la mia freddezza, ma imparòpresto a volermi bene, probabilmente più di quanto me ne abbia mai voluto la mia vera madre. Anche il padre di Ted era un uomo profondamente buono, e tanto intelligente come il figlio, insegnava letteratura inglese in una scuola superiore che i babbani chiamano “università”, e per questo gli devo molto: se non avesse tramandato al figlio la sua passione, Ted non mi avrebbe mai fatto conoscere i capolavori della letteratura babbana e io non mi sarei mai innamorata di lui. Anche il cottage in cui viviamo è stato un suo regalo, un posto incantevole ed accogliente, mi sono subito sentita a casa.

Ricordo che, la prima volta che ho visto casa nostra, ho capito subito che era perfetta per noi, non avremmo potuto vivere altrove. Lì, con Ted accanto, avrei finalmente trovato la serenità che tanto agognavo, il mio posto nel mondo. Era la conferma che mi serviva per far sparire ogni dubbio, ogni incertezza, per allontanare dalla mia mente ogni ricordo doloroso. Per la prima volta, la prospettiva del futuro non mi spaventava: ero dove dovevo essere. Diedi tardivamente ragione a Bellatrix che, sempre un’estate, ma di molti anni prima, mi aveva detto: Il nostro destino è già scritto, noi non possiamo far altro che assecondarlo. * A quel tempo, assecondare il mio destino non mi sembrava diverso dal dover indossare un abito che non mi apparteneva, non mi piaceva, ed era tanto stretto da togliermi il respiro. Ma quel giorno, provai finalmente sulla mia pelle quello che aveva sempre provato mia sorella: la consapevolezza di chi ero, cosa volevo e che lo avrei ottenuto. 

Anche la scelta di vivere in campagna era stata mia, Ted avrebbe voluto prendere una casa, non lontano da quella dei suoi, ma io non ero adatta ad una vita di comunità, specie se babbana, ovviamente non per razzismo, ma per inclinazione naturale, sia caratteriale che magica. Non mi ero mai trovata nella situazione di dover nascondere la magia e dico sinceramente che non ne sarei stata in grado. Sicuramente i Black mi avevano influenzata, ma il non poter essere liberamente me stessa era assolutamente inaccettabile qualunque fosse la ragione, ovunque fossi e con chiunque fossi.

I ricordi sono un meccanismo complesso, tanto sublimi, quanto spietati.

Mi alzo improvvisamente per prendere una boccata d’aria, apro la finestra, e annuso, già più calma, l’odore della pioggia. Adesso non piove più, ed è già buio, Ted arriverà a momenti: devo iniziare a preparare la cena. Sono contenta di avere qualcosa da fare che mi tenga la mente occupata, ho sempre pensato troppo, ma ormai fuggo dai miei pensieri come un tempo fuggivo da casa.

*

Ted è tornato bagnato fradicio, ridendo divertito, e con il suo buon umore, come al solito, ha contagiato anche me. Mi rendo conto di dipendere da lui totalmente, ho infranto un’altra delle regole più sacre ai Black: esisti sempre e solo tu, gli altri vengono dopo. Invece, io ho affidato a Ted la mia vita, il mio cuore e la mia felicità. La mia esistenza dipende da lui. Lo affermo orgogliosamente, ma ne sono anche spaventata. E’ una cosa che mi rende vulnerabile, e credo che, a questo, non mi ci abituerò mai.

Ted si è addormentato sul divano ed io, senza neppure rendermene conto, mi dirigo in punta di piedi nella stanza di Ninfadora. Mi manca così tanto. 

La giovinezza di mia figlia è profondamente diversa da quella che fu la mia. Anche noi lo siamo, e non sempre è facile comprenderci. Il non sentirmi capita è sempre stato per me motivo di sofferenza, mi ci sono abituata tanto da languire nell’incomprensione. Mi piacerebbe sapermi scusare con mia figlia per i troppi silenzi e per le poche parole, per i troppi segreti, per le troppe cose non dette e che mai le dirò, e anche per questa mia incapacità di mostrarmi vulnerabile, umana, che tanto lei mi rimprovera. 

Hai ragione Dora, per fortuna sei come tuo padre, proprio come io volevo che fossi: diversa da me.

Come lui, non hai paura di amare e di essere te stessa, ed io non potrei esserne più felice.

Tu, invece, sei convinta che io sia perfetta, e che vorrei che anche tu lo fossi, ma ti sbagli di grosso: voglio che tu stia ben lontana dalla perfezione, che è pericolosa, letale.

Tu non sai ancora, bambina mia, che gli assoluti non sono univoci, ma possiedono due volti inscindibili e contrari, i lineamenti e le fattezze di uno si perdono nell’altro, tanto da renderne impossibile la distinzione.

Non sei tu ad essere manchevole, sono io ad essere maledetta, e mentre le tue debolezze si fortificano alla luce del sole che le fa risplendere e brillare, le mie marciscono nell’oscurità, espandendosi, indebolendomi, nutrendosi della mia vita.

Anche i suoi vestiti non potrebbero essere più diversi da quelli che io indossavo alla sua età. Io non ho mai avuto un paio di pantaloni e Ninfadora detesta le gonne e i vestiti. Non c’è neanche un abito elegante nel suo armadio ed io non ne possedevo uno che non lo fosse. 

Se mi guardo allo specchio, posso ancora vedermi com’ero, e a volte, mi dimentico quasi chi sono.

E’ come se il vetro in cui mi rifletto fosse il labile passaggio da un mondo all’altro, tutto quello che mi separa da un’altra vita, una vita che ho vissuto, ma che ogni giorno appare più remota, più evanescente finché non si impone prepotentemente nella fissità dell’immagine e a quel punto è tornata, ed è reale.

Sono io, e sono più giovane, più bella, con un elegante abito da sera. Sto scendendo la scalinata di casa mia, Villa Black, dove è in corso una festa.

La sala da ballo è sontuosa come sempre, satura della musica e delle chiacchiere degli invitati, ma non c’è frastuono: tutto è perfetto. Ed anche io, Andromeda Black, lo sono.

Prendo un calice di Idromele, sorseggio appena, saluto tutti in modo educato e contenuto, con quel sorriso appena percettibile che mi hanno insegnato a fare e quell’aria indefinibile che sottolinea il voluto e dovuto distacco tra me e loro. 

Mia madre e mia zia mi osservano, esaminandomi, dalle due parti opposte della sala, mentre mio padre, preso dalla discussione, non si accorge neanche del mio arrivo.

In un attimo, Rabastan Lestrange è accanto a me, mi porge il braccio, sorridendomi, io ricambio il suo sorriso con più calore di quello che avevo riservato agli altri, ed è solo quando poso la mia mano sul suo braccio che mi rendo conto dell’anello che ho al dito. Immediatamente, il mio sguardo vaga disorientato per la salain cerca delle mie sorelle: Narcissa danza amabilmente con il suo Malfoye Bellatrix è troppo distante per incrociare il mio sguardo, parla con Rodolphus, che la tiene per un fianco.

E’ a quel punto che scosto lo sguardo, che mi rifiuto di continuare a guardare, a guardarmi.

Perfino io abbandono Andromeda Black, che è più bella, più giovane, ma non è libera, ed è infelice.

Adesso, sono Andromeda Tonks, e la cosa più difficile e più importante, che io abbia dovuto fare, non è stata voltare le spalle alla mia famiglia, ma perdonarmi per averle voltate a lei, ad Andromeda Black.

Torno da Ted più in fretta che posso, illudendomi, come al solito, di riuscire a lasciare indietro i fantasmi del mio passato. Mi siedo accanto a lui, che mi abbraccia inconsciamente, e sto di nuovo bene.

 

 

 

 

 

 

 Angolo autrice: Non pubblico una storia da tanto, troppo tempo, e non ne scrivo da altrettanto. Andromeda si adatta a questo particolare momento della mia vita e scrivere di lei è stato, per me, più che naturale.

Spero di non essere troppo arrugginita e grazie per aver letto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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