Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!
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Autore: MystOfTheStars    02/03/2016    1 recensioni
Si sa, l'unica cosa in grado di sconfiggere anche le più potenti e oscure tra le maledizioni è, naturalmente, il potere del vero amore.
Il neonato principe En viene maledetto da un demone malvagio e l'incantesimo oscuro potrà essere spezzato solo da un bacio. Tuttavia, sarà davvero difficile - se non impossibile - per i suoi tre spiriti guardiani riuscire a crescere il principino nel cuore della foresta, cercando anche di fargli trovare la persona giusta di cui innamorarsi. Per fortuna, il ragazzo potrebbe riuscire a trovare l'amore anche senza il loro aiuto...
[EnAtsu, IoRyuu, con la partecipazione di - quasi - tutto il cast dell'anime]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Kinugawa, En Yufuin, Kinshirou Kusatsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VII

 

Un cuore umano non può provare vero amore

 

 

 

 

 

"Lasciatelo perdere ed andiamocene, Principessa. È un impostore ed un poco di buono, non perdete il vostro tempo con lui!"

Akoya aveva preso la ragazza da parte e, per l'ennesima volta, stava cercando di convincerla a ignorare quelli che il demone considerava degli accompagnatori più che molesti.

"Oh, sciocchezze. Sono simpatici, no? Io mi sto divertendo," fu la risposta, mentre la principessa si liberava della dama di compagnia e tornava ad appoggiarsi con grazia al braccio che le veniva offerto dal suo cavaliere.

Akoya sbuffò, scuro in volto. Visto che aveva insistito così tanto per essere accompagnata, adesso avrebbe potuto avere la grazie di dare ascolto a ciò che le diceva. Stupidi umani... e stupidi Kinshiro e Ibushi, che erano spariti chissà dove e lo avevano lasciato da solo a fronteggiare quell'assurda situazione.

Purtroppo, non aveva molta scelta: sapeva di non poter far saltare la copertura, senza l'ordine espresso di Kinshiro, e quindi adesso era costretto a reggere quel teatrino imbarazzante, in cui nessuno era chi affermava di essere, eccezion fatta per la principessa. Akoya provava quasi pena per lei, ma se non voleva ascoltarlo e seguire i suoi consigli erano fatti suoi. Peccato solo che avrebbe dovuto andarci di mezzo anche lui.

"Vi state divertendo, non è così?" chiese con malcelato astio ad Io, che gli camminava di fianco. Come da copione e da regole di galateo, lo spirito della terra gli aveva offerto il braccio, ma Akoya lo aveva snobbato voltandosi dall'altra parte.

"Se proprio devo essere sincero, non particolarmente," ammise Io.

Akoya gli restituì un'occhiata fredda e carica di diffidenza.

"Non so a che gioco stiate giocando tu ed il tuo socio, ma non crediate che la faccenda sia finita qui. Se pensate di riuscire a metterci nel sacco con questo stupido travestimento vi sbagliate di grosso."

Io lo ascoltò senza battere ciglio, per niente intimidito.

"A dire il vero, la vostra piacevole presenza, per quanto gradita, non era preventivata."

Di fronte a loro, la neo coppietta sembrava divertirsi un mondo. Il principe (anzi, lo spirito che lo impersonava) flirtava continuamente, a metà tra lo scherzoso ed il galante, e la principessa si copriva graziosamente il volto con il ventaglio, distogliendo lo sguardo quando le avance si facevano troppo esplicite.

Tutto questo suscitava in Akoya qualcosa di molto simile ad un bruciore di stomaco.

"Credete davvero che questi metodi di corteggiamento da popolani possano far breccia nel cuore di una nobile? Spero per voi che il vero principe sia meglio educato di così, perché questo spettacolo è decisamente imbarazzante," commentò senza mezzi termini. Poi, come colto da un ripensamento, si strinse graziosamente nelle spalle e sorrise, appoggiandosi il ventaglio semiaperto sulle labbra.

"Già, ma che importa comunque? Il vostro principe non avrà mai l'occasione di sfoggiare le sue pessime maniere a corte."

Io aggrottò le sopracciglia, ma non si lasciò impressionare dalla minaccia.

"Davvero."

"Non ho idea di dove lo abbiate nascosto o come lo abbiate travestito, ma sono sicuro che Kinshiro lo troverà presto ed allora porremo fine a questi inutili giochetti," spiegò con malcelata soddisfazione.

Io mantenne un'espressione impassibile. Ovviamente, Akoya non era da solo e, se lui era lì in loro compagnia, gli altri due dovevano essere da qualche parte a cercare En. L'unico aspetto positivo della faccenda era che, se lo stavano cercando, voleva dire che non lo avevano ancora trovato e che quindi Yumoto avrebbe ancora potuto arrivare prima dei demoni.

Per un attimo, Io valutò la possibilità di abbandonare Ryuu e la principessa per poter dar man forte a Yumoto, ma poi scartò l'idea. Akoya avrebbe potuto seguirlo o, peggio, decidere di agire contro l'altro spirito e la ragazza, e non poteva permettersi di lasciarli in pericolo.

Come se gli avesse letto nel pensiero, Akoya gli posò aggraziatamente una mano guantata sull'avambraccio. Io gli lanciò un'occhiata sorpresa, mascherando il disagio con il distacco ed irrigidendosi come avvertì distintamente le unghie del demone premergli sulla pelle. Disinvolto, Akoya gli rivolse il più angelico dei sorrisi, abbassando appena le palpebre sui begli occhi color zaffiro.

Presi com'erano a guardarsi così intensamente, i due avrebbero potuto essere scambiati per una coppia di innamorati, persi l'uno nello sguardo dell'altro e dimentichi del mondo attorno. Così, qualcuno nella folla del mercato decise di approfittarsene.

Akoya sentì un improvviso strattone in vita. Il tempo di voltarsi per capire che cosa era successo, ed il ladruncolo stava già correndo via impunito, tra le mani il borsello ricamato che la dama portava in vita, appeso alla cintura.

"Questi pezzenti...!" mormorò tra i denti, adirato, prima di un uscirsene con un 'al ladro, aiutatemi!' molto più consono per il rango sociale che ostentava.

Ancora prima che invocasse aiuto, però, Io si era lanciato all'inseguimento del malvivente - uno schiocco delle sue dita ed il selciato sotto i piedi dell'uomo si inarcò, spezzandosi e facendolo capitombolare rovinosamente a terra. Nessuno, però, si avvide di quanto avvenuto, perché il momento dopo il suolo era ritornato al suo stato normale ed il borseggiatore si ritrovava a terra senza sapere perché.

Io fu sopra di lui in un secondo, bloccandogli le mani dietro la schiena e recuperando il borsello. Il ladro tentò di ribellarsi, ma un paio di astanti diedero man forte allo spirito, impedendogli i movimenti.

"Qualcuno chiami le guardie!" fece subito la principessa, battendo poi le mani alla prodezza di Io. "Che prontezza di spirito avete, senza di voi avrebbe potuto farla franca," commentò, evidentemente ammirata per i suoi riflessi.

Io si esibì in un piccolo inchino e poi porse il borsello ad Akoya con un sorriso cortese.

"Trovo il furto di denaro qualcosa di veramente deprecabile, soprattutto quando viene commesso ai danni di una bella dama."

Per un momento, fu evidente quanto Akoya fosse tentato di storcere il naso e strappargli il borsello dalle mani, rispondendogli in malo modo, ma si trattenne e sul suo viso fiorì un sorriso di gratitudine.

"Vi ringrazio infinitamente," rispose, prendendo in mano il borsellino.

"Spero che le mie maniere siano alla vostra altezza in questo frangente, mia signora," rispose Io con una seconda riverenza, "nonché di avervi dimostrato che ci vuole ben più di una simile minaccia per incutermi timore."

Il sorriso di Akoya divenne gelido, ma non ebbe modo di rispondere a sua volta perché, in quel momento, un potente tuono fece riscuotere tutti i presenti.

Mentre gli astanti, attorno, si interrogavano sulla possibilità dell'arrivo di un temporale, gli occhi di Io ed Akoya tornarono ad incrociarsi. Il sorriso del demone mostrava una serafica ed autentica soddisfazione.

"Trovato," commentò, graziosamente nascondendo il volto dietro al ventaglio.

Io rimase impassibile esteriormente, mascherando il tuffo al cuore che aveva provato in quell'istante.

"Mia signora, ci conviene tornare a casa, non vorrei che venissimo colte dalla pioggia mentre siamo ancora qui," fece Akoya, dandogli le spalle con noncuranza per rivolgersi alla principessa.

Bastò lo scambio di un'occhiata eloquente tra Io e Ryuu perché anche il biondo accompagnatore della giovane si trovasse d'accordo.

"La vostra dama ha ragione, mia cara, non vorrei mai che vi prendeste un malanno solo perché volete rimanere in mia compagnia."

La principessa rise, mentre l'altro si chinava a baciarle la mano con fare galante.

Ancora qualche saluto formale, e le due dame si allontanarono; come furono sparite alla vista, Io e Ryuu si guardarono e, all'unisono, partirono di corsa alla ricerca di Yumoto, Vombato ed En.

 

~~~

 

Il tuono riscosse anche Atsushi ed En dall'idillio che stavano vivendo. Allertato dal boato, il principe si mise in ginocchio, infilandosi in fretta gli occhiali che aveva abbandonato lì accanto sull'erba.

"Un temporale?"

Eppure avrebbe giurato che il cielo era stato completamente sgombro di nubi fino al momento in cui si erano rifugiati sotto il salice.

En si mise a sedere, incurante delle foglie che aveva tra i capelli.

"Chi se ne importa," disse, tirando Atsushi per la camicia, tentando di convincerlo a tornare a dedicarsi a lui, ma proprio in quell’attimo risuonò un secondo boato, questa volta più vicino, ed un vento furioso si mise a squassare i rami del salice.

"Forse è il caso di cercare riparo," fece pratico il principe, raccogliendo le sue cose e porgendo ad En la tunica che si era tolto.

Questo annuì, alzandosi e rivestendosi, anche se controvoglia.

"Sbrighiamoci prima che inizi a diluviare," lo spronò l'altro muovendo un paio di passi verso la cortina di rami che li separava dall'esterno. In quella, però, una folata di vento particolarmente violenta fece tremare la chioma dell'albero ed Atsushi si trovò improvvisamente respinto ed accecato dagli schiaffi di foglie e corteccia, che lo costrinsero ad arretrare.

"Ma che diamine...?!"

En era a fianco a lui, adesso, un braccio alzato a proteggersi il viso dai rami che, tutt'intorno, sembravano vorticare in ogni direzione, come presi in un turbinio di vento.  E tuttavia non era l'aria a smuoverli così, perché si spandevano dappertutto, ognuno secondo uno schema diverso, quasi animati da una volontà propria. Simili a tentacoli, si protendevano verso di loro come se volessero afferrarli, e forse era solo il rumore del vento, ma ai due ragazzi pareva che sibilassero come serpenti pronti a mordere.

Ad ogni passo che uno dei ragazzi faceva per uscire da sotto la coltre di foglie dell'albero, i colpi e le frustate dei rami si intensificavano, impedendo loro la vista ed i movimenti.

"Che cosa sta succedendo?"

"Non ne ho idea!"

I due erano costretti ad urlare per sopraffare il ruggito del vento e lo scroscio del fogliame tutt'attorno. Schiena contro schiena, non avevano dove andare per sfuggire a quelle voraci estremità verdi che incessantemente si protendevano per afferrargli caviglie e polsi, o per frustarli in viso. Atsushi, che aveva con sé solo un pugnale (più per bellezza che per altro), lo sfoderò, colpendo alla cieca quelle serpi che li assalivano da ogni direzione.

In tutta risposta, un ramo più tenace di altri gli si avviluppò attorno alle ginocchia, facendogli perdere l'equilibrio.

Il principe si aggrappò disperatamente alle spalle del compagno, trascinandolo a terra con sé. Veloce, En si protese per prendergli il pugnale dalle mani e tentare di recidere il ramo che ancora teneva prigioniero l’amico. Spezzato, questo strisciò via, ma nello stesso momento il ragazzo avvertì uno dei tentacoli strofinarglisi lungo il collo. Incrociò lo sguardo inorridito e disperato di Atsushi, sentendo le foglie insinuarsi sotto la catena del ciondolo ed il ramo cominciare a premergli sulla gola.

Un momento dopo, c'erano le dita dell'altro contro la pelle pulsante del suo collo, e si udì uno schiocco improvviso quando Atsushi strappò via il ramo.

"Dobbiamo andarcene!" gridò il principe.

Per un lungo istante, En ricambiò il suo sguardo pieno di terrore, prendendo coscienza del pericolo appena corso, ma poi si riscosse. Non c'era modo che uno stupido salice l'avesse vinta su di loro, non adesso.

"Nel fiume!" fece allora, spingendo avanti Atsushi ed arrancando dietro di lui, in parte a carponi ed in parte tentando di correre, i rami che continuavano a farli inciampare e ad impedir loro di alzarsi, strattonandoli, tentando di arpionarli e sferzandogli schiena e viso senza pietà.

Giunti alla sponda, la cortina di fronde era meno spessa, ma sibilava violentemente. Atsushi indugiò - oltre le foglie, appena sotto, si intravvedeva l'acqua, unica via di fuga da quel tutt'uno verde, ma sarebbero riusciti a raggiungerla?

Per un attimo, il principe si vide intrappolato, imbavagliato e legato da quei rami, che lo sollevavano da terra e lo strattonavano da ogni parte - poteva già quasi sentire il dolore alle braccia ed alle gambe - fino a che En lo spinse così forte da farlo cadere in acqua a faccia in giù. Dopo averlo costretto a gettarsi, il ragazzo si apprestò a seguirlo, ma prima che potesse muovere un solo passo un ramo gli si avvinghiò saldamente ad un avambraccio, impedendogli di saltare.

En, il pugnale ancora in mano, si voltò per cercare di recidere anche questo, ma quei tentacoli vegetali ora gli ricoprivano il viso e gli occhi, facendolo colpire alla cieca, tappandogli la bocca ed impedendogli di respirare.

Qualcos'altro gli si avvinghiò attorno ai fianchi, qualcosa di più solido e spesso, e per un momento En pensò che era finita, perché ora lo avrebbero stritolato a morte.

La cosa che avvertì un istante dopo, però, fu l'abbraccio gelido della corrente, la stretta ai suoi fianchi che diventava più forte e quella sul braccio che veniva improvvisamente meno.

L'acqua non era alta ma era impetuosa, nonostante l'apparenza tranquilla del fiume, e quando la testa di En riemerse oltre la superficie, sopra di lui la volta scura del salice aveva lasciato spazio al cielo.

Atsushi lo stringeva ancora a sé, tossendo e sputando mentre lottava per tenere il viso oltre il pelo dell'acqua. En gli passò un braccio attorno alle spalle, aiutandolo a tenersi a galla e remando con il braccio libero per raggiungere la sponda del fiume.

A fatica, i due si arrampicarono sulla riva e per un attimo vi rimasero distesi a riprendere fiato. En si staccò il pezzo di ramo che ancora gli stava attorcigliato attorno all'avambraccio; lì dove la carne era stata stretta nelle sue spire, la pelle era livida e scorticata.

"Che cosa diamine è successo?" chiese ancora ad alta voce.

Il salice, ancora in vista anche se ben distante da dove si trovavano adesso, ora sembrava un comune albero, le fronde che rispondevano alla forza del vento e non a qualche propria volontà omicida.

Accanto a lui, Atsushi si stava rimettendo in piedi. Era pallido, fradicio e coperto di foglie, ma stava bene.

"Andiamocene da qui, Enny, non è sicuro."

Il ragazzo annuì, prese la mano che gli veniva offerta e seguì il principe di corsa verso le strade del paese. Scossi com'erano per quanto appena accaduto, impiegarono del tempo per rendersi conto che, nonostante i tuoni che avevano sentito prima, non c'era alcun accenno di pioggia.

 

~~~

 

Kinshiro era in ginocchio sull'erba, non lontano dal salice, nella stessa posizione in cui si era accasciato poco dopo aver assistito alle effusioni tra i due principi. Si teneva una mano premuta sul petto ed aveva il volto cinereo, quasi l'atto stesso di esistere gli stesse causando fatica e dolore immensi.

"Sono riusciti a scappare," articolò alla fine, lanciando uno sguardo di fuoco su Ibushi, che era chino su di lui e stava, effettivamente, prestando poca attenzione alla coppia di umani.

"Non posso controllare l'acqua del fiume," si giustificò l'altro demone.

Kinshiro inspirò profondamente, chiudendo gli occhi. Anche così, poteva avvertire il ragazzo allontanarsi in tutta fretta dalla sponda, dirigendosi di nuovo al villaggio. Non poteva sentire la presenza di Atsushi, ma sapeva che i due erano assieme.

Ancora non poteva credere a ciò che avevano visto i suoi occhi, eppure doveva ben saperlo, lui, che gli umani erano inclini al tradimento. Non si capacitava assolutamente di come Atsushi avesse potuto ritrovarsi assieme al Principe Yufuin, ma non poteva negare o ignorare ciò di cui era stato testimone. Ritrovarlo avvinghiato così all'altro, inerme ed arrendevole nelle sue mani, in preda alla passione... No, alla lussuria, qualcosa di cui gli umani, tutti gli umani, sembravano essere vittime così facili.

Una nuova fitta al petto gli fece contorcere le labbra in una smorfia.

"Kinshiro..."

Sollevò una mano ad allontanare Ibushi, che aveva fatto per toccarlo, preoccupato. Non aveva bisogno dell'aiuto di nessuno, si disse il demone, doveva solo tenere a freno la rabbia, pensò cercando di respirare a fondo e di dissipare le immagini che ancora gli infestavano gli occhi.

Sentiva un artiglio arpionargli l'interno del petto, dietro lo sterno, e sapeva che stava scavando sempre più in profondità. Era doloroso, ma andava bene così: avrebbe avuto poteri ancora maggiori, non appena avesse recuperato il controllo di sé.

 

~~~

 

Una volta che furono di nuovo circondati dalle mura delle case del villaggio e dalle persone che ancora si affaccendavano per le strade, i due ragazzi furono colti da un senso di straniamento. Qualcuno gettava loro qualche strana occhiata (erano fradici d'acqua, sporchi di erba e foglie e con il viso arrossato dai colpi e dalla fatica), ma la normalità regnava ovunque. Se non altro, voleva dire che non avrebbero dovuto esserci altri pericoli in agguato.

Mentre percorrevano una delle vie principali, Atsushi si sentì chiamare: da un fondo alla strada, stavano arrivando le due guardie che avevano accompagnato lui e la principessa in città, e dal passo veloce con cui si stavano avvicinando apparivano sollevate nel rivedere il loro principe.

En strinse la mano di Atsushi.

"Ti aspetto nella foresta, sta' attento."

L'altro si voltò per dirgli di rimanere - avrebbero inventato qualcosa per giustificare la sua presenza, l'importante era che stesse al sicuro - ma En si era già dileguato in uno dei vicoli laterali.

"Vostra altezza! Che cosa vi è successo? Vi stavamo cercando!"

"Non è niente, sono, ehm, scivolato nel fiume mentre mi rinfrescavo, sì," provò ad inventarsi Atsushi, imbarazzato di fronte alle occhiate incredule e perplesse delle guardie.

 

~~~

 

"En!"

Il ragazzo si voltò in tempo per subire lo slancio di Yumoto in pieno petto. Istintivamente, ricambiò l'abbraccio.

"Per fortuna sei qui! Non riuscivamo più a trovarti!"

Per un attimo, En si ritrovò a considerare che, se la loro disavventura con il salice fosse finita male, i suoi cugini avrebbero potuto non scoprire mai che fine aveva fatto.

"Ah, ma sei tutto bagnato, cuginone!" fece Yumoto, aggrappandoglisi addosso.

"Già," fece, sistemandosi la camicia così da nascondere il ciondolo che portava al collo.

"En, dove accidenti ti eri cacciato? E che diamine ti è successo?"

Ryuu ed Io arrivarono subito dopo Yumoto, portando i cavalli, e lo squadrarono con aria incredula per qualche attimo.

"Bah, era troppo caldo, ho pensato di fare un bagno nel fiume."

Nonostante En non si aspettasse che gli altri accettassero quella spiegazione senza dire nulla, questi non sembrarono dare troppo peso alle sue parole.

"Vabbe', poco importa. Vieni, torniamo a casa."

"Quanta fretta..."

"Non li hai sentiti quei tuoni prima? Meglio avviarci prima che arrivi una tempesta."

En scrollò le spalle. Secondo lui non stava arrivando alcun temporale, ma era il primo a non voler rimanere più a lungo in quel posto, e quindi non sollevò alcuna obiezione.

 

Abbandonarono il paese di tutta fretta, ma l'aria era tranquilla, ora, e gli unici rumori che risuonavano nella calura del primo pomeriggio erano il frinire delle cicale nei campi e gli zoccoli dei loro cavalli al trotto.

"Ti sei veramente fatto il bagno nel fiume tutto vestito, cuginone?" chiese ad un tratto Yumoto, che aveva la camicia umida per il contatto con i vestiti di En. Fortunatamente, vista l'afa, questi si stavano asciugando velocemente.

"Tu che dici?" replicò il ragazzo, indicandosi con un gesto della mano. "Comunque, se proprio devo essere preciso, sono stato costretto a fare il bagno. Mi ero seduto a riposare sotto un salice sulla sponda del fiume, quando si è messo a tirare un vento fortissimo. I rami sembravano impazziti e si muovevano in tutte le direzioni, per un attimo ho pensato che volessero strozzarmi, così per scappare ho dovuto buttarmi in acqua," spiegò tranquillamente. Ora che il pericolo era ben alle sue spalle e che stavano tornando a casa nella quiete della campagna, gli sembrava che quello che era successo a lui ed Atsushi avesse dell'incredibile. Che fosse stato uno scherzo del vento e della loro immaginazione? Eppure, aveva visto la foresta piegata dal vento nei temporali, ma mai nulla di così furioso e, in un certo senso, maligno.

"Che dite, ha senso che un albero abbia cercato di strangolarmi?" fece, voltandosi verso Io e Ryuu.

I due lo stavano ascoltando con l'orrore negli occhi.

"Forse dovremmo andare più in fretta," fece Io, guardandosi attorno nervosamente e spronando il cavallo.

"L'albero non ci insegue mica," fece notare En rilassato.

Il cielo risuonò improvvisamente di un nuovo tuono. I tre spiriti si scambiarono uno sguardo di allarme. L'aria era diventata improvvisamente elettrica, potevano sentire i capelli rizzarsi sulla nuca.

"Be', che c'è?" fece ancora En, perplesso. "Non viene mica da piovere. Sarà qualche tuono dovuto al caldo."

"Yumoto, addormentalo, dobbiamo andarcene via di qui al più presto," comandò Io spronando il cavallo al galoppo.

Prima che En potesse protestare, Yumoto si sporse per passargli una mano sugli occhi. L'attimo dopo, il ragazzo si afflosciò tra le braccia dello spirito della luce, profondamente addormentato, suscitando le lamentele del vombato, che si ritrovò schiacciato sotto di lui.

I due cavalli ora galoppavano attraverso i campi; un altro tuono, più vicino stavolta, preannunciò di pochi istanti un fulmine che andò a schiantarsi a fianco a loro, esplodendo su un vecchio ceppo e facendo imbizzarrire gli animali, i quali, a questo punto, non avevano certo bisogno di ulteriori incoraggiamenti per correre alla massima velocità loro consentita.

Di fronte a loro, era già apparsa la linea scura degli alberi della foresta, ed i tronchi andavano man mano acquistando contorni e dettagli. Se fossero riusciti a guadagnare il loro riparo, avrebbero potuto procedere in sicurezza fino alla barriera magica che avevano apposto a protezione del bosco e sarebbero stati in salvo.

"Attenti!"

Mentre gridava il suo avvertimento, Ryuu estrasse la sua bacchetta e dalla punta scaturì un getto di luce infuocata. Il raggio andò a collidere perfettamente con un secondo fulmine, causando un'esplosione sopra le loro teste, ed il boato quasi li fece cadere di sella.

"Più veloci!" incoraggiò Yumoto. Per una volta, era il vombato che si teneva disperatamente stretto a lui, per paura di perdere la presa e finire a terra.

Davanti a loro, i primi alberi erano ormai prossimi.

L'aria sembrò nuovamente solidificarsi attorno a loro, e gli spiriti alzarono gli occhi al cielo in tempo per vedere un nuovo fulmine solcare l'azzurro, spaccandosi in due esattamente sopra le loro teste. Un getto di luce fluida scaturì dalla bacchetta di Yumoto, andando a colpire una delle due diramazioni, mentre la seconda si infranse sullo scudo opaco creato dalla magia di Io.

"Ci siamo quasi, forza!" incoraggiò Ryuu. Una volta nel bosco, non sarebbero stati un bersaglio facile per i fulmini.

Spronando i cavalli al loro limite, riuscirono ad evitare un ultimo fulmine e guadagnarono il riparo degli alberi. Questi potevano offrire loro nascondiglio, ma gli impedivano di procedere altrettanto velocemente.

"Yumoto!" chiamò Ryuu, tirando le briglie del cavallo prima che questo inciampasse da qualche parte e cadesse rovinosamente a terra. "Rallenta! Di questo passo ci perderemo di vista!"

Lo spirito della luce, infatti, si era buttato a capofitto in mezzo ai tronchi, e gli altri due trovavano impossibile seguirlo.

Yumoto, ormai molto avanti rispetto a loro, li sentì comunque e fece rallentare l'animale, girandosi indietro per far sapere loro che aveva capito, ma come si voltò, si trovò davanti solo una parete di oscurità.

Il cavallo si imbizzarrì e scalciò, mentre Yumoto tentava di tenerlo a bada nell'improvviso buio che li aveva circondati.

"Tenebre maledette!" disse Vombato, arrampicandosi sulla sua tunica.

Attorno a loro, sulla foresta era piombato anche il silenzio. Le bestie selvatiche, spaventate dall'improvvisa assenza di luce, erano zitte ed immobili, in attesa.

Un momento dopo, però, le piante intorno a loro vennero illuminate dal bagliore proveniente dallo scettro e dal corpo stesso di Yumoto. La sua luce dorata e calda illuminava i tronchi nel raggio di qualche metro, ma si esauriva nel buio che formava una parete solida contro cui nemmeno la sua magia poteva spingersi. Lo spirito, non perdendosi d'animo, spronò il cavallo ad andare avanti.

"Ryuu! Io!" chiamò gli amici, sperando che fossero ancora a portata d'orecchio, ma le tenebre attorno a lui rimasero silenziose.

Le unghie del vombato gli pizzicarono appena la pelle sotto la stoffa della tunica. "Dobbiamo mettere En al sicuro al più presto," gli bisbigliò in un orecchio, accennando con il naso al ragazzo che, appoggiato a Yumoto, stava ancora dormendo profondamente.

Lo spirito annuì, consapevole che quella era la loro priorità, anche se lasciare indietro gli altri due non gli andava affatto. I demoni, comunque, cercavano il principe, non gli spiriti, e gli sarebbero stati addosso immediatamente, se non avesse raggiunto la barriera protettiva del loro incantesimo. Non era distante, Yumoto lo sentiva, e così spronò il cavallo ad andare più veloce, perforando le tenebre magiche con il suo raggio di luce.

 

~~~

 

Alle sue spalle, troppo distante per essere notato nell'oscurità, c'era un altro globo di luce, più fievole ed instabile. Una cortina di piccole fiamme faceva strada a Ryuu ed Io, che avanzavano cautamente nel buio ovattato dell'incantesimo malvagio che li aveva sommersi.

Lo spirito del fuoco sedeva quanto più indietro sulla sella, quasi appoggiandosi all'altro alle sue spalle, probabilmente pentendosi di aver preso lui le briglie del cavallo.

"Ehi, non starmi troppo addosso," protestò Io, "sei così spaventato?"

"N-non sono spaventato! È che detesto questo tipo di magie," rispose Ryuu.

Dietro di lui, l'altro spirito sospirò ma gli passò un braccio attorno al fianco in maniera protettiva, e Ryuu si rilassò impercettibilmente.

La bacchetta stretta nell'altra mano e pronta all'uso, Io annuì. "Fino a che non riusciamo a trovare e mettere fuori gioco chi l'ha messa in atto, è impossibile disfarsene."

"E scommetto che quei demoni sono troppo pavidi per mostrarsi a noi, vero?" Ryuu rincarò, a voce più alta, ora, scrutando il nero circostante.

Nonostante il tono spavaldo, fece un salto sulla sella quando, in risposta, arrivò una risata divertita.

"Fatina dei fiammiferi è un soprannome più che appropriato, no? Che graziosa fila di candeline che vi precede. Non andrete molto lontani, così, però..."

"Akoya, maledetto! Quante volte mi tocca incontrare il tuo brutto muso oggi?"

Il fuoco attorno al loro cavallo crebbe a formare un muro di fiamme, illuminando quasi a giorno la zona circostante.

"Fossi in te, mi preoccuperei piuttosto per quello che vedo nello specchio ogni mattina."

Akoya ed Ibushi, serafici, stavano in piedi sul ramo di un albero di fronte a loro. Il primo aveva ormai abbandonato il suo travestimento umano ed era ammantato di scuro, come l'altro.

"Perché non sollevate questo muro di tenebre e non ci combattete apertamente, eh? O vi facciamo troppa paura?" li sfidò Ryuu, puntando verso di loro la punta della sua bacchetta.

Akoya si strinse nelle spalle, giocherellando con una ciocca di capelli.

"Perché rendervi la vita più facile, se possiamo complicarvela? Comunque, non sono io ad aver lanciato quest'incantesimo. Di mio non amo troppo il buio, preferisco sempre che la mia bellezza venga ammirata alla luce del sole, naturalmente," spiegò in tono provocatorio, spostandosi con grazia per evitare un raggio infuocato che gli era stato scagliato da un Ryuu innervosito.

"Sembra proprio che queste tenebre vi rendano mezzi ciechi, me ne rammarico," commentò Ibushi, imperturbabile.

"Ma dico io, vi sentite quando parlate?!"

Ryuu strinse la bacchetta e la punta a forma di fiamma cominciò a brillare, preparando un nuovo incantesimo. I demoni, tuttavia, non erano intenzionati a lasciarlo fare come credeva.

Il cavallo nitrì e cercò di impennarsi, spaventato dall'improvvisa eruzione di terra e virgulti attorno ai suoi zoccoli, ma le sue lunghe zampe vennero subito intrappolate da un groviglio di rovi, che si arrampicarono violentemente lungo il corpo dell'animale e dei due spiriti che lo cavalcano

Ryuu imprecò, l'incantesimo che stava preparando dissolto nella commozione del momento, sentendo le spine dei rovi mordergli la pelle delle braccia e del collo. I rami si ingrossavano attorno a loro, imprigionandoli con forza.

Dalla bacchetta dello spirito scaturirono altre fiamme, ed i virgulti che attentavano al suo volto bruciarono.

"Scortesi," commentò Akoya acido ed accanto a lui Ibushi mosse le mani. Un vento gelido spense il fuoco che ardeva i rovi, aiutandoli a ricrescere.

"Io..." Ryuu invocò, tossendo soffocato dal fumo e dai rami che gli si stavano arrampicando sulla faccia.

Dietro di lui, lo spirito della terra non poteva rispondere, ricoperto com'era dalle spine evocate da Akoya. Ciò non voleva dire, però, che si fosse arreso.

Proprio nel momento in cui i due demoni stavano ormai sorridendo soddisfatti, la terra tremò. L'albero su cui i due erano sistemati oscillò vistosamente, le radici scosse da movimenti sotterranei, e furono costretti a saltare giù, atterrando malamente sul suolo che cambiava violentemente forma sotto i loro piedi.

Avvertendo il venir meno della forza nei rovi che lo costringevano, Ryuu esplose. Le fiamme, emanando direttamente dal suo corpo, avvolsero i rami appuntiti, facendoli avvampare.

Akoya tentò di riviverli, evocandone di nuovi, ma il suolo sotto il cavallo e tutto intorno a loro si era ora trasformato in una solida lastra di pietra, che impediva ai rovi magici di attecchire e svilupparsi. Il demone, infuriato, lanciò un'esclamazione di frustrazione.

I rami attorno ad Io avvizzirono e caddero a terra, e lo spirito ne riemerse un po' spettinato, ma con un'espressione decisa in volto.

Ryuu gli sorrise, felice di sapere di poter contare, come sempre, sui poteri del compagno.

"Adesso forse potete smetterla di usare trucchetti fastidiosi e farci la cortesia di lasciarci passare," suggerì Io, che non aveva particolare voglia di combattere.

I due demoni, però, erano piantati in piedi di fronte a loro, e non c'erano, evidentemente, molte possibilità di scelta.

 

~~~

 

Nell'oscurità, Yumoto continuava a procedere lentamente, con Vombato ed En stretti a lui e, in definitiva, di nessun aiuto. Le piante del sottobosco e gli alberi gli scorrevano attorno come fantasmi, illuminati dalla sua luce magica per il breve tempo del tragitto di fronte a loro, per sparire subito dopo, inghiottiti dalle tenebre.

L'incantesimo di protezione non era molto distante da dove si trovava, ma raggiungerlo non era facile; anzi, già da qualche tempo Yumoto temeva di star muovendosi in circolo, costretto ogni volta a scegliere il percorso più facile per il cavallo nel sottobosco che ora saliva, ora ridiscendeva bruscamente con pendenze che, alla tenue luce del suo incantesimo, non era facile valutare.

Avrebbe anche lasciato indietro l'animale se non avesse dovuto pensare ad En, visto che trasportarlo da solo in mezzo alla foresta era fuori questione.

"Così non va," fece Yumoto parlando a Vombato, quando per l'ennesima volta fu costretto a voltare il cavallo e tornare indietro. "Stiamo girando in tondo, di questo passo ci troveranno..."

"Ad onor del vero, vi ho già trovati da un po'."

Le tenebre di fronte al cavallo presero forma all'improvviso, solidificandosi in una figura scura e rivelando un volto bianco su cui si aprirono due occhi scarlatti, vividi come tizzoni ardenti. Più in basso, si mossero due mani altrettanto pallide, dalle dita che sembravano artigli.

Colto alla sprovvista, Yumoto puntò di scatto lo scettro verso l'apparizione. Alla luce magica, il buio sembrò retrocedere, rivelando Kinshiro, vestito delle tenebre stesse, che li osservava pacatamente, con la stessa calma ostentata da un felino prima di spiccare l'ultimo balzo sulla sua preda.

"E' stato interessante vedervi girare a vuoto fino ad ora," commentò tranquillamente, "ma adesso ne ho più che a sufficienza."

Protese una mano pallida con un gesto imperativo nella direzione dello spirito della luce. "Consegnami il principe e io farò dissolvere queste tenebre, così tu ed i tuoi amici sarete liberi."

Yumoto scosse la testa con forza. Il cavallo sbuffava, spaventato, e lo spirito faticò per tenerlo fermo. Non aveva alcuna intenzione di cedere al ricatto del demone.

"Che cosa vuoi fargli, si può sapere? Non ha colpe nei tuoi confronti, non hai ragione di volergli male!"

I tizzoni accesi negli occhi di Kinshiro balenarono d'ira.

"Non ho intenzione di spiegare ad uno spirito semplice come te i motivi delle mie azioni. Quanto al resto, non ho ancora un'idea ben chiara su cosa potrei farmene del principe, ma sono sicuro che mi verrà in mente qualcosa, se ci penso bene."

Le braci erano gelide, ora, e rilucevano assetate.

Yumoto strinse a sé il ragazzo con fare protettivo. Poteva sembrare un po' ridicolo, dato che En era molto più alto di Yumoto, ma in quel momento nessuno degli astanti trovava la situazione divertente.

"E voi che intendete fare con lui, eh?" Kinshiro ritorse la domanda. "So che siete riusciti ad alterare la mia maledizione. Un sonno eterno gli avete regalato, invece della morte; davvero un gran cambiamento, complimenti."

"Solo se la tua maledizione lo colpirà!" protestò Vombato, spuntando per quanto poteva da dietro En.

Un angolo della bocca di Kinshiro si piegò all'insù, conferendogli un'espressione gelidamente divertita.

"Le mie maledizioni colpiscono sempre."

Ora che era così vicino ad En e lo teneva stretto a sé, circondato com'era dalla sua aura magica, Yumoto poteva sentire l'incantesimo che gli aveva lanciato quale dono a pochi giorni dalla sua nascita. Era come un guscio silenzioso che circondava l'ago della maledizione - questo pulsava quietamente nel petto del principe, vicino al suo cuore, pronto ad affondare, quando fosse stato il tempo.

"Anche se lo colpisce, potrà sempre essere spezzata!" insisté lo spirito.

Il mezzo sorriso scomparve dalle labbra di Kinshiro, per lasciare spazio ad una smorfia d'odio.

"Spezzata? Già, dal bacio del vero amore, non è così?"

La furia del demone divenne improvvisamente visibile. La luce di Yumoto si ritrasse e Kinshiro venne avvolto da un'aura velenosa, fosforescente, in cui si mischiavano ombre di viola e verde.

Lo spirito strinse a sé En ed il vombato, sentendosi nauseato dalla rabbia che trasudava da quella luce cangiante.

"Gli umani non possono provare vero amore!"

Il volto di Kinshiro era livido ed i suoi occhi erano circondati da ombre violacee.

"Non c'è posto nel loro cuore se non per cupidigia, lussuria e tradimento! Il vostro principe cadrà in un sonno eterno e niente e nessuno potrà risvegliarlo!"

Le tenebre esplosero ed investirono Yumoto con tutta la furia del demone. Era una rabbia selvaggia, un rancore profondo e violento. Per un attimo, Yumoto ne fu accecato ed il cavallo si impennò così tanto da disarcionarlo, facendolo cadere assieme ad En ed al Vombato.

Quando lo spirito sbatté a terra, il bagliore che emanava vacillò e tutto attorno a loro divenne tenebra. La luce lo avvolse nuovamente l'attimo dopo, solo per illuminare il volto di Kinshiro, a poca distanza da lui, che posava le dita su En in maniera stranamente delicata.

"Non lo toccare!" Yumoto si sporse verso di lui, con una vampata di luce che schiaffeggiò le mani di Kinshiro. Il demone sollevò di scatto la testa verso di lui, ed al suo gesto una nuova, violenta ondata di tenebre colpì lo spirito, facendolo finire a qualche metro di distanza.

Kinshiro era in piedi, adesso, ed En, sempre addormentato, levitava di fronte a lui, sollevato da tenui spirali di ombra. Il demone lo osservava con sguardo freddo, imperscrutabile, ma senza una minima traccia di vittoria o soddisfazione negli occhi. Aveva una mano alzata sopra di lui, evidentemente pronta a scagliare qualche incantesimo. Yumoto si sollevò, tentando di raggiungere la bacchetta che era rotolata lontano da lui nell'impatto, consapevole tuttavia che non avrebbe fatto in tempo - l'istante in cui la strinse tra le dita, però, sentì un'esclamazione di dolore provenire dal demone.

Lo spirito fece appena in tempo a voltarsi per vedere il Vombato solidamente aggrappato alla gamba sinistra di Kinshiro, i suo spessi denti affondati sopra la caviglia dell'altro.

Con un grido di frustrazione, questo cercò di calciarlo via, ma in quel momento Yumoto gli rivolse contro la bacchetta ed il raggio di luce magica che ne scaturì. Colto con le difese abbassate, Kinshiro fece appena a tempo a farsi scudo con una parete d'ombra prima di essere colpito, ma perse la presa sui tentacoli d'oscurità che si erano impossessati di En.

Prima che questo crollasse a terra, Yumoto fu accanto a lui, reggendolo e depositandolo gentilmente in mezzo all'erba. L'attenzione dello spirito, però, era focalizzata su Kinshiro.

Scavalcò il ragazzo addormentato, la bacchetta tesa innanzi a sé per tenere a bada il demone.

Vombato, lì accanto, lo osservava con il pelo ritto sulla schiena. Ai suoi occhi di creatura magica, lo scontro tra le due auree appariva in tutta la sua imponenza. Da un lato, quella dorata di Yumoto, vivida e sfavillante; dall'altro, quella buia che avvolgeva Kinshiro, che emanava nauseabondi bagliori viola e verdi, violenta e furiosa.

"Perché hai abbandonato la luce?" chiese Yumoto, riuscendo a muovere un passo in avanti. Per un momento, l'aura di Kinshiro tremò, riducendosi impercettibilmente.

"E tu perché continui a servire gli umani ed a sottomettere a loro la tua magia?"

Le tenebre che avvolgevano il demone balenarono ancora e la distanza tra le due creature si accorciò ulteriormente, mentre Yumoto avanzava a fatica.

"Perché è quello che uno spirito della luce dovrebbe fare... Torna sui tuoi passi!" fece, a metà tra un ordine ed una supplica.

In quell'attimo, l'aura di Kinshiro svanì. Sbilanciato, Yumoto barcollò in avanti ed il demone fu su di lui, ora impugnando tra le mani una spada fatta di tenebre. L'affondo venne bloccato per un soffio dallo spirito, ma tutto ciò che si frapponeva tra la sua gola e la lama nera adesso era la sua bacchetta. Per un lungo istante, rimasero immobili, mentre ognuno cercava di prevalere sull'altro, e Yumoto, ora che era così vicino al demone, lo avvertì di nuovo - era simile all'ago della maledizione conficcato nel petto di En, ma era più potente, più malvagio.

Spalancò gli occhi color rubino, cercando quelli del demone.

"Tu... Anche tu sei-"

"Taci!" sibilò Kinshiro, un momento prima di essere scaraventato via da un'esplosione di fiamme.

"Yumoto! Tutto bene?"

Ryuu ed Io approdarono sulla scena, saltando giù dal cavallo per raccogliere En ed il vombato.

"Siamo riusciti a bloccare gli altri due per un po', ma non abbiamo molto tempo prima che ci siano addosso."

Entrambi gli spiriti erano sporchi di foglie e terra, ma apparivano ancora decisamente combattivi. Kinshiro, sbalzato in là dall'esplosione di fiamme, si stava rialzando e sembrava ugualmente intenzionato a dargli ancora del filo da torcere.

"Su di lui, allora!" fece Yumoto, e gli altri due obbedirono. I loro incantesimi si mischiarono, investendo il demone di fuoco vivo e quasi solido, e per un momento tutte le sue forze furono dirette a contrastare l'attacco combinato dei due spiriti. Yumoto colpì allora, ed il raggio della sua bacchetta, sottile ed affilato, centrò Kinshiro in pieno petto, perforando la sua aura.

Questa tremò e crollò, lasciandolo privo di difesa contro la magia dei tre spiriti. Per qualche momento il demone svanì un mezzo ad un'esplosione di luce rossa e dorata, ed all'improvviso le tenebre maledette che avevano avvolto la foresta si dissiparono.

"Sbrighiamoci, o gli altri ci raggiungeranno," gridò Io, montando prontamente a cavallo, stringendo a sé En prima di spronare l'animale tra gli alberi. Ryuu e Yumoto recuperarono l'altra cavalcatura e lo seguirono al galoppo, senza voltarsi indietro.

Con la strada ora chiara davanti a loro, riuscirono a varcare la barriera magica che avevano eretto a protezione della loro casa nei boschi.

 

Come se la lasciarono alle spalle e furono in salvo nella parte di foresta incantata, i tre spiriti fecero fermare i cavalli e scivolarono giù di sella. Yumoto e Ryuu si buttarono nell'erba, esausti, mentre Io esaminava En che dormiva beatamente, ancora avvolto nel sonno magico.

"Sembra illeso," commentò togliendogli rami e foglie dai capelli. In realtà, aveva mani e volto coperti di graffi, ma lo spirito non si riferiva alle ferite o ai lividi.

"Kinshiro non gli ha fatto niente," confermò Yumoto.

Accanto a lui, il vombato lo osservava con preoccupazione.

"Tu stai bene?"

Lo spirito della luce annuì, allungando una mano ad accarezzare la testa del vombato per rassicurarlo.

"Sì, ma è stata una faticaccia."

"L'abbiamo... L'abbiamo ucciso...?" chiese quindi Ryuu, che in quel momento si sentiva troppo esausto per muoversi.

Io si sedette accanto a lui, scuotendo la testa.

"Ne dubito fortemente, ma dovremmo averlo messo fuori gioco abbastanza a lungo per stare tranquilli per un po'."

Lo spirito della terra scostò una ciocca di capelli dalla fronte dell'altro, che gli rivolse un sorriso.

"Sei stato proprio in gamba, prima."

Io ricambiò il sorriso, ma non senza una punta di disapprovazione, mentre con le dita gli ripuliva una guancia dallo sporco della battaglia.

"Dovresti essere più parco con la tua magia. Se agisci sempre così d'impulso, è naturale che tu ti esaurisca subito."

Ryuu rise e si strinse nelle spalle. Io era decisamente più bravo di lui a risparmiare sulle proprie forze, lo spirito del fuoco non poteva farci niente se non sapeva trattenersi.

"Sanno della nostra contromaledizione," li interruppe Yumoto a quel punto. Si era rimesso a sedere, lo sguardo insolitamente preoccupato e pensieroso.

"Vuol dire che dobbiamo proteggere anche la principessa, o anche lei si troverà in pericolo," ne dedusse Ryuu, per poi aggiungere, come colto da un pensiero improvviso: "A proposito, c'era proprio il bisogno di fare l'eroe lì al villaggio? Certo Akoya non ti ha dimostrato molta gratitudine per avergli restituito il borsellino!"

Rivolse ad Io uno sguardo di accusa, ma l'altro si strinse semplicemente nelle spalle.

"Non posso tollerare la vista dei borseggiatori, è stato più forte di me."

"E poi sono io quello che agisce d'impulso...!"

"Inoltre, penso che ci sia qualcosa che non va in Kinshiro," ragionò sempre a voce alta Yumoto.

Ryuu lo guardò, perplesso.

"Amico, posso farti un lungo elenco di tutte le cose che non vanno in quel demone."

"Quello che voglio dire è che non sta agendo da solo. Ho sentito qualcosa dentro di lui," provò a spiegare Yumoto, ma poi scosse la testa. Se nemmeno lui sapeva di che cosa poteva trattarsi, tentare di farlo capire agli altri era un'impresa impossibile.

Io si rimise in piedi e si ripulì alla bell'e meglio i vestiti.

"Svegliamo En, piuttosto. Non mi va di reggerlo fino a casa," fece, pratico.

"Già, ma prima inventiamoci una scusa plausibile per spiegare tutto questo casino," concordò Ryuu, provando ad alzarsi a sua volta ma ricadendo sull'erba con un sospiro stanco. Per un momento, lo spirito del fuoco abbassò la testa, demotivato, e Vombato sbuffò con disapprovazione.

"Ma ditemi voi, come faremo a far fronte a tutti questi pericoli se non avete nemmeno la forza di ritornare a casa?"

"Prepareremo un piano di battaglia! Quei demoni non ci fanno mica paura!" affermò Yumoto, ora di nuovo allegro, prendendo in braccio l'animale rosa.

"Ed ora silenzio sull'argomento, va bene?"

I quattro annuirono; per il momento, era ancora meglio tenere En all'oscuro di tutto.


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NOTE: sono piuttosto soddisfatta della pubblicazione di questo capitolo, perché segna la fine della prima metà della storia. E' buffo perché questa fanfiction avrebbe dovuto essere molto più corta e, comunque, molto meno angst, nei piani iniziali, ma si sa che trame e personaggi fanno un po' quel che vogliono (e io li assecondo il più delle volte).

 

  
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