Long live the lioness
“I still believe in your eyes
I just don’t care what
You’ve done in your life
And I’ll fly with you
I’ll fly with you”
L’Amour Toujours – Dzeko
& Torres (Tiësto Edit)
Roccia del Drago, due giorni dopo
Draghi.
Dèi, era stato…incredibile.
Non si era mai sentita così in
vita sua. Davvero, mai.
Tanto stupore e…no. Non era stato
stupore, perché sapeva che sarebbero arrivati.
Era stata un’attesa impaziente,
spasmodica, mentre la sua mente volava nell’immaginarsi come sarebbero stati. Aveva mai provato così tanta impazienza?
No.
Anzi…sì. Sulla nave per Dorne era stato…beh, però era stato diverso.
Ciò che le era rimasto più
impresso in assoluto quando quelle tre gigantesche bestie erano apparse all’orizzonte…era stata la potenza, la regalità, il timore
che incutevano. Ma avevano anche un lontano che di familiare, di rassicurante,
come se con il loro potere potessero…proteggerla. Quasi come Aegon del resto.
Sorrise, lasciando spiazzare lo
sguardo oltre la finestra della torre, che dava sull’entroterra roccioso e
aspro della Roccia del Drago.
La musica e le grida continuavano
a salire dalla tromba delle scale. La festa del resto era cominciata da non
molto tempo e sarebbe durata ancora a lungo.
Il principe non era troppo d’accordo,
ma l’arrivo della regina, della madre dei draghi, andava festeggiata.
Ma tutta quell’aria calda e
stantia, quel chiasso, quella massa di persone e tutto quel vino le avevano fatto
venire la nausea.
Non aveva quasi toccato vino,
come era possibile?
Ricontò rapidamente a mente i giorni.
Si. Quella nausea…anche per quel mese, il
suo ciclo stava arrivando.
Sospirò. Era l’ennesima ma sempre confortante conferma che il tè della luna funzionava
a dovere. E proprio a proposito di quello…doveva parlarne a Trystane. Seriamente questa volta. Senza farsi deviare
su altri discorsi. Era ora di decidere qualcosa, qualsiasi cosa essa fosse,
senza continuare a far finta di nulla, senza più temporeggiare.
Un rumore alle sue spalle la
distolse da questi pensieri.
Si voltò lentamente, mentre
metteva del tutto da parte quei ragionamenti.
In un primo momento il suo
sguardo non incrociò niente.
Ma poi i suoi occhi si
abbassarono e…
Aveva scelto di non partecipare
alla festa poiché…beh, di certo l’idea di tutto quel vino non gli dispiaceva,
anzi…
Ma il lunghissimo viaggio per
mare l’aveva completamente distrutto, nonostante fosse stato sobrio per ben
poco tempo durante la traversata.
Ora che erano lì però, non poteva
permettersi questi…gozzovigli. La
regina aveva bisogno di lui. Per quanto quel giovane principe e il suo strano
amico fossero tanto sicuri di sé, innegabilmente ambiziosi, ma anche molto
competenti, svegli, preparati, e soprattutto, pronti a rischiare tutto e a
mettere in gioco tutto ciò che avevano, lei aveva bisogno di lui. Loro…dèi, erano così giovani…avevano quella forza
così unica, quel sentirsi inarrestabili, quel credere di poter fare tutto, di
aver il potere, la forza per superare quegli ostacoli.
Scosse la testa, mentre
sovrappensiero saliva le scale.
Daenerys aveva voluto essere
lasciata sola, e lui aveva immediatamente ubbidito. Nonostante la profonda
fiducia che la giovane regina riponeva in lui, aveva imparato subito che era
meglio non opporsi mai, in modo diretto almeno, a lei.
E così, con una coppa di vino in
una mano e tante domande, ricordi e rimpianti nell’altra, si era avventurato
tra le mura della rocca dei draghi.
Inconsapevolmente, aveva
imboccato una rampa di scale che portava in cima a una delle torri.
Giunse sulla sommità, entrando in
una stanza avvolta nella penombra.
Si accorse all’improvviso di non
essere solo.
Una alta figura femminile,
avvolta in un lungo abito rosso cremisi, si stagliava di fronte all’ampia
finestra dalla parte opposta della stanza. Una lunga cascata capelli dorati ricadeva
ordinata sulle spalle e sulla schiena, le braccia strette ai fianchi.
All’improvviso un brivido lo
attraversò. Una strana sensazione lo pervase…come se fosse un…déjà-vu.
E mentre cercava di dare un nome
a questa sensazione, la misteriosa figura si voltò.
Dèi.
Dèi.
Dèi.
Non credeva ai suoi occhi.
Come
diavolo era possibile? Che fosse…
Il suo sguardo cadde dapprima
sulla coppa, poi sulla quantità di vino rimasta e dopo ancora sulla sua
immagine riflessa del vermiglio liquido.
No,
non aveva affatto bevuto troppo. E allora come era possibile…
Tornò a guardarla.
E questo non fece che
moltiplicare nuovamente i sui dubbi.
No,
no, non era dannatamente possibile. Quella vista…era possibile che, che…che
fosse tornato indietro nel tempo? No, no. Cos’era? Forse un fantasma? Uno
scherz della sua memoria?
La sua faccia era l’esatta
rappresentazione dello sconcerto più assoluto, come…come se avesse davvero visto un fantasma.
Quei lineamenti, quei capelli,
quel corpo, quegli occhi…
“Cersei?” chiese, con voce a dir poco dubbiosa e incredula.
Nel vedere, nel realizzare chi
era quello di fronte a lei, era rimasta altrettanto sorpresa, altrettanto senza
fiato. Era passato così tanto tempo.
All’udire quel nome…beh, non poté
far altro che sorridere.
Scosse la testa divertita.
“Zio…ne è passato di tempo…” rispose con un filo di voce.
La reazione di Tyrion Lannister
fu…incredibile.
In un unico istante realizzò,
comprese, collegò mille pensieri diversi.
“Myrcella…?” chiese nuovamente, con tono non molto meno sconcertato,
sorpreso e incredulo di prima.
Lei annuì dolcemente in risposta,
altrettanto attonita al pensiero di quanto era passato, di quanto erano
cambiate le cose.
“Sei…dèi le assomigli in modo…”
Vaneggiò per un paio di secondi,
in cerca di parole per esprimere quello sconcerto.
“Spaventoso…sei…sei
bellissima…”
La principessa arrossì
lievemente, mentre intrecciava nuovamente le dita
Lo sconcerto non diminuiva.
“Sei
identica a tua madre”
Tyrion si bloccò. Stava per
aggiungere “e a tuo padre…”, ma si
trattenne. Tuttavia il suo sguardo, la sua espressione, lo tradirono.
E lei…e lei oramai sapeva.
“So…so di loro…” disse lei, abbassando lo sguardo.
Lui a momenti strabuzzò gli occhi,
a metà tra lo stupito e il grato…grato di
non dover continuarle a mentire sul quel fronte. Provò ad aggiungere qualcosa,
ma…
Myrcella mandò giù a fatica,
provando ad andare avanti.
“Penso che una parte di me
l’abbia sempre saputo…and i’m glad of
that…”
E mentre lui rimaneva nuovamente
senza parole, la principessa continuò, dando forma e suono a quelle parole che
aveva tenuto dentro di sé per troppo tempo.
“E soprattutto sento di doverti
ringraziare…ti sono grata…grata per la
promessa, per l’alleanza che stringesti con il principe Doran…”
Tornò ad intrecciare le mani in
grembo, senza poter fare a meno di sorridere.
“A Dorne ho trovato…molto più di quanto potessi mai immaginare…”
Stava per continuare, ma si
accorse che in fondo non ci volevano altre parole.
“Grazie…” sussurrò con un filo di voce.
Tryrion era a dir poco senza
parole. Ancora una volta.
“Davvero mi stai ringraziando…anche dopo che ti…” chiese, incredulo.
Ingoiò a fatica, ripensando a
quella colossale menzogna, quel colossale film mentale che Cersei aveva
costruito per il regno ma soprattutto per sé stessa. Quas gli venne da
sorridere, un sorriso malinconico, ironico, quasi a ridere di tutte le sue
sventure.
“Ti avranno detto che sono stato io a uccidere tuo fratello. Ma per
quanto odiassi Joff…non sono stato io.
Sospirò, un sospiro che gli venne
dritto dalla coscienza. Ricordava come Myrcella fosse sempre stata molto legata
al fratello più grande, di come fosse l’unica a cui lui non avesse mai torto in
alcun modo un capello. Sarebbe di certo stato meglio mentire in quella
situazione, in quella circostanza, e un abile manipolatore come Tyrion
Lannister lo sapeva benissimo. Eppure di fronte a quella…creatura angelica, che trasmetteva tanta innocenza, non…non se la sentì
di mentire.
“Ammetto che…che avrei voluto essere stato io. Ma non è stato così…diciamo che sono stato accusato poiché ero
il capro espiatorio perfetto.”
Sorrise al pensiero, mentre con
la mano faceva roteare il vino all’interno della coppa.
“La mia dolce sorellina voleva liberarsi di me…”
Myrcella era rimasta immobile a
quelle parole, paralizzata, con gli occhi sbarrati. Cosa stava dicendo? Nelle lettere che aveva ricevuto dopo il matrimonio
reale, dopo la tragedia…beh, l’accusa era chiara, perentoria. All’epoca
aveva stentato a crederci, e in seguito aveva fatto una fatica enorme ad
accettarlo. Del resto, aveva sempre voluto bene a suo zio. E vederlo come un assassino…non era facile. In fondo in fondo, non
aveva mai davvero creduto a quella versione
E
ora lui stava rimettendo tutto in discussione.
Provò a mettere ordine tra la
miriade di pensieri che le affollavano la testa, in un caos senza capo né coda,
fallendo però miseramente. Si arrese, e decise che domandare era meglio che
tirare a indovinare.
“Ma allora…” chiese, lasciando in sospeso in sospeso la domanda.
Tyrion sospirò.
“Beh, essendo stato prima
imprigionato e poi dall’altra parte del mondo…non ho potuto difendermi e indagare come avrei voluto.”
Si guardò i piedi, cercando le
parole giuste.
“Ma avendo ancora alcuni amici
nel continente occidentale…qualche informazione l’ho potuta ottenere.”
Myrcella oramai pendeva dalle sue
labbra, incuriosita e allo stesso tempo leggermente impaurita da quella che
poteva essere la sua risposta.
“Ho avuto delle soffiate, delle
dicerie…i moventi poi non mancavano a
nessuno. Ho considerato le occasioni
e…e poi ho semplicemente unito tutti puntini.”
Si fermò per un interminabile
istante.
“Non so esattamente come e con
l’aiuto di chi, ma…sono stati i Tyrell.”
La principessa inizialmente
rimase bloccata, immobile, sconvolta.
Cosa?
Aveva davvero sentito bene?
Potevano davvero averle fatto anche quello? E pensandoci, si rese
conto…che era vero. Che aveva senso. Del
resto…del resto Joff non sarebbe stato affatto facile da controllare, da
manipolare, da sottomettere. Mentre Tommen… Dèi, e quello che avevano fatto a Tommen
poi...non era altro che il secondo atto. Quindi…quindi erano stati loro in
entrambi, i casi.
Certo…
Come aveva fatto a non arrivarci
prima?
Senza rendersene conto, aveva
detto tutti questi pensieri ad alta voce.
Tyrion sorrise, un sorriso a metà
tra l’addolorato e l’orgoglioso.
Mentre nella mente della
principessa i ragionamenti ordinati lasciavano spazio a confuse, dolorose
immagini, ricordi e propositi di vendetta, lacrime corsero come minuscole perle
lungo le sue guance.
Myrcella sentì esplodere dentro
di sé un sentimento nuovo, forse già avvertito in passato, ma mai con tale
intensità. Una parte di lei ne ebbe quasi
paura. Non pensava di poter concepire…un simile odio. Ma ciò che loro le
avevano fatto... Entrambi. Glieli avevano portati via entrambi. Avevano
risvegliato qualcosa in lei, qualcosa che in fondo in fondo c’era sempre stato
ma che solo ora era venuto alla luce, in tutta la sua prorompente e
inarrestabile potenza emotiva.
“Pagheranno per questo…e per tutto il resto…” sussurrò lei, con un
filo di voce incrinata ma quanto mai in vita sua decisa e irremovibile.
Tyrion annuì, facendosi tutto
d’un tratto più serio.
“Pagheranno…tutti loro pagheranno per ciò che hanno fatto, durante
questa guerra dei draghi. Giustizia sarà fatta…” continuò lei, con la
medesima determinazione.
In risposta lui sospirò malinconicamente,
mentre cento ricordi gli ritornavano alla memoria. Si sentì improvvisamente
vecchio. L’idea che Tyrion Lannister aveva della giustizia…beh, era il
risultato del soprapporsi di tante esperienze, troppe delle quali tutt’altro
che piacevoli da rimembrare.
“La giustizia ha sempre un prezzo…” aggiunse lui, con fare
perentorio.
Myrcella questa volta rispose
d’impulso, senza nemmeno pensarci.
Tyrion scosse il capo, sorridendo
amaramente mentre abbassava lo sguardo.
“Anche in questo, sei esattamente come tua madre.”
Riformulò
i pensieri, per continuare il discorso.
"Non
mette in dubbio che tu voglia giustizia…però…” aggiunse, con il suo tipico tono
discorsivo, ragionato, logico.
Ma alla principessa sorse a
questo punto spontanea una domanda. Il riferimento fatto a da lui a sua madre
l’aveva innescata e per quanto fosse fuori contesto, non poté trattenersi dal
porla.
“Mi chiedo perché siate così…così diversi tra voi…”
Lui fu ulteriormente preso in
contropiede da questa domanda. Dèi, non
finiva di stupirlo, di sorprenderlo. Sospirò, mentre si chiedeva se fosse
davvero il caso di rivelarle anche quello. Un nuovo sguardo alla nipote gli
bastò come risposta. Non aveva più senso
continuare a mentirle, seppur per proteggerla. Quel tempo era passato.
“Non sai quanti se lo siano
chiesti…quanto io me lo sia chiesto…” aggiunse
sorridendo amaramente.
Avrebbe potuto fare un discorso
lungo, articolato, esauriente, che coprisse ogni punto. Indubbiamente Tyrion
Lannister ne era capace. Ma decise di lasciare per una volta da parte le sue doti
di oratore e di persuasore, e di andare dritto alla verità.
“Siamo così diversi perché in
fondo…il nostro sangue è diverso…”
Myrcella lo fissò esterrefatta,
chiedendosi cosa volesse dire. Sangue
diverso?
Tyrion prese un lungo respiro,
facendo cadere per un secondo lo sguardo.
“Twin Lannister” cominciò, con
tono ironicamente solenne “mi ha sempre odiato…sono sempre stato…inopportuno. Inopportuno al nome dei
Lannister, al grande condottiero del leone, a tutto. Avevo ucciso sua moglie
nascendo, ero così…orrendamente diverso. Scaricò la colpa di tutto ciò su…su un
immaginario tradimento di mia madre. Non poteva che essere andata così del
resto…”
Mentre pronunciava quelle parole
gli si poteva chiaramente leggere in faccia tutto il disprezzo, il risentimento
e il…senso di rivincita? Ma come...?
Lui continuò.
“Il
sangue leone, il sangue di Twin Lannister non poteva aver generato un tale
mostro. Di certo…di certo era frutto di un tradimento, di un altro uomo.”
La risata di Tyrion a questo
punto fu quasi vendicativa. Una risata soddisfatta, piena, che esprimeva in
pieno ciò che sentiva. Una sensazione
magnifica, che riusciva quasi a controbilanciare tutti quegli anni di
soggezione psicologica, di continue, infinite crudeli critiche. Quasi come si
stesse finalmente prendendo una vendetta, o meglio, una rivincita sul padre che
l’aveva trattato come un abominio per tanti anni.
“La
verità a volte è paradossale, come in questo caso.
E in fondo in fondo, sono certo che anche lui ha sempre saputo…che io ero il suo unico vero figlio.”
Si morse il labbro, mentre la
medesima espressione continuava a troneggiargli sul volto.
“Dev’è essere stato incredibilmente
abile a mentire a sé stesso, così bene, per così tanti anni…crescere i figli del suo peggior nemico come
i suoi, e disprezzare con tale atroce ferocia, rifiutare con tutte le sue
forze l’unico vero frutto del suo matrimonio.”
Fece una breve pausa, mandando
giù il vino rimasto nella coppa.
"E dèi…forse alla fine si era davvero riuscito a convincere che Jaime e Cersei
non fossero figli di Aerys…”
Mentre lui rigirava la coppa
vuota nella mano, con fare incredibilmente rilassato e quasi…soddisfatto, lei…
Le parole di lui erano state così
veloci e così incredibili da non lasciarle il tempo di rimanere sconcertata. E
ora…una serie di rapidi e consequenziali pensieri si susseguirono nella sua
mente.
Aveva da sempre percepito la
colossale ostilità che tutti mostravano nei confronti di suo zio. Twin, sua
madre, persino Joff. Non era certo cieca ed ingenua. Ma era pur sempre una bambina all’epoca…
Ma era stato ciò che lui aveva
detto dopo che… I gemelli del leone non erano figli di Twin, ma del re Aerys? I
suoi…i suoi genitori frutto del
tradimento di sua nonna con il re folle?
Tutto le sembrava così assurdo,
così sconvolgente. Eppure non mise in dubbio nemmeno per un secondo le parole
dello zio. Tyrion Lannister aveva tanti difetti, ma non si poteva dire che
mancasse di astuzia, ingegno, intelligenza. In questo era proprio…figlio di Twin Lannister. Mentre sua
madre…beh, per quanto impegno ci mettesse, nel gestire il regno non aveva mai
brillato. E…
Dèi,
era tutto vero. Tutto combaciava, tutto aveva senso
E se quello era vero…
In un unico, interminabile
istante, la principessa di Dorne si sentì gelare. Un brivido la percorse dalla
testa ai piedi. Aveva quasi paura a formulare il pensiero, a concepire il fine
logico del suo ragionamento.
Se
loro erano…
Senza sapere dove o come, trovò
un filo di voce per porre quella domanda, la cui risposta le faceva incredibilmente
paura.
“Quindi
io sono…” ogni ulteriore suono le morì in
gola, mentre metà di lei bramava ardentemente la risposta, e l’altra metà era
letteralmente terrorizzata dalla possibile risposta.
La voce di Tyrion Lannister venne
a risolvere quel conflitto interiore.
“Sì.
Hai in te tanto sangue del leone quanto…quanto
sangue del drago.”
Per un interminabile istante lui si
fermò, a prendere fiato mentre soppesava quelle incredibili quanto vere parole.
“Sei
tanto Lannister…quanto Targaryen.”
- - - - - -
Stoccata.
Taglio basso. Recupero a destra. Parata ascendente. Diagonale di piatto al
fianco sinistro. Schivata bassa. Affondo dritto al centro petto.
L’acqua nera della baia e le
mille stelle del cielo guardavano lui e la spada volteggiare armoniosi,
fendendo l’aria della notte, come una
sola cosa, un solo corpo.
Stoccata.
Taglio basso. Recupero a destra. Parata ascendente. Diagonale di piatto al
fianco sinistro. Schivata bassa. Affondo dritto al centro petto.
Quante volte aveva ripetuto
quella sequenza? Forse milioni…
Connington gliel’aveva insegnata
mettendogli in mano a sette anni la sua prima spada. E da allora, non aveva mai
smesso di ripeterla.
Oramai non doveva neppure più
concentrarsi, prestarci attenzione. Il suo corpo eseguiva meccanicamente quei
movimenti. E ripetere all’infinito quei colpi, sempre più armoniosamente,
sempre più velocemente, lo aiutava a staccarsi dal mondo, a liberare la mente.
E
in quei giorni, ne aveva davvero bisogno.
Prese un lungo sospiro, scostando
con la mano libera i capelli argentei che erano caduti a coprirgli il viso.
Stoccata.
Taglio basso. Recupero a destra. Parata ascendente. Diagonale di piatto al
fianco sinistro. Schivata bassa. Affondo dritto al centro petto.
Andò avanti così a lungo,
immaginando di colpire i suoi nemici, disegnando i loro volti, le loro
sembianze nella sua mente.
Loras
Tyrell. Affondo dritto al cuore.
Ramsay
Bolton. Diagonale al costato.
Robert
Baratheon.
Per l’uomo che aveva ucciso suo
padre, per quell’usurpatore di cui tanto aveva sentito parlare e narrare,
immaginava sempre le fini più atroci.
Colpi
bassi, diagonali veloci. Lo sbilancio. Lui avanza. Mi scosto a sinistra.
Sgambetto con il ginocchio. Cade a terra. Si apre una fessura tra l’elmo e la
placca dorsale. Blackfyre si infila rapida e spietata in quella sottile
apertura.
E
la testa del cervo usurpatore cade per terra, in una cascata di sangue nero.
E…
Applausi? Che diamine?
Il principe del drago scosse la
testa, scacciando tutti quelle
immagini fantastiche e uscendo repentinamente da quel combattimento immaginario...
Si, era davvero un applauso. Ma chi diavolo...
Di scatto si girò.
Nella penombra della notte, rotta
solo dalla flebile luce del firmamento, ci mise qualche secondo per mettere a
fuoco la figura che l’aveva raggiunto sul molo.
E rimase non poco stupito quando
finalmente i suoi occhi riuscirono a distinguerla.
Arianne.
Il giovane drago rimase
inizialmente sorpreso, molto sorpreso. Cosa
ci faceva lì? Ancora incredulo mosse un paio di passi verso di lei, con
fare confuso e incerto.
E in tutto questo il principe si
era dimenticato di abbassare la spada, che brandiva ancora in posizione
d’attacco.
“Mi arrendo” disse lei alzando le mani, con tono ironicamente
spaventato.
Aegon scosse la testa divertito,
rilassando e distendendo finalmente i muscoli, abbassando Blackfyre e andando a
riporla nel fodero sul suo fianco.
“Milady” disse lui, cercando di rimanere serio
e abbozzando un inchino appoggiando un ginocchio a terra.
La principessa di Dorne sorrise,
a metà tra il compiaciuto e il divertito.
“Cosa fate in giro da sola nel
cuore della notte?” chiese il giovane drago, con lo stesso tono, che tentava di
sembrare serio e quasi moralista, ma falliva miseramente.
"La Roccia del Drago è…suggestiva a quest’ora…quasi soprannaturale, magica” rispose
Arianne.
Il principe annuì, guardandosi
per un istante attorno.
“Come
te del resto…” aggiunse lei, quasi
maliziosamente.
Aegon sorrise, scostandosi con la
mano una ciocca di capelli che gli era finita sul volto durante il
combattimento. Questo gesto catturò l’attenzione di lei, e le riportò alla
memoria…
"Questi capelli…tutto
questo…argento…”
Cominciò a dire, mentre quei
lontani ricordi le riaffluivano alla memoria.
“Non ricordo molto…anzi, quasi
nulla. Però…”
Aegon la fissava stupito e
incuriosito allo stesso tempo, chiedendosi di cosa stesse parlando.
“Il mio prozio Lewyn mi portò insieme
a lui con una delegazione da Dorne alla capitale. All’epoca non lo sapevo, ma
la guerra era alle porte…e quella missione…beh, serviva a rassicurare Aerys
della fedeltà di Dorne…”
Sospirò, cercando di discernere
quei ricordi confusi.
“Ufficialmente ci recammo nella
capitale per far visita a tua madre e…a
te”
Il principe abbozzò un sorriso,
insieme a un’espressione accigliata, ancora confuso da quello che lei stava
raccontando.
“Ti ripeto, ricordo poco. Ma uno
delle poche immagini che rimembro è quella di…”
Prese fiato, preparando quelle
parole.
“Tua sorella…”
Aegon sussultò, spalancando gli
occhi. Ogni sua reazione fu però bloccata dallo stupore, dallo stupore più
totale. Di certo non era ciò che si aspettava quando l’aveva vista giungere sul
molo.
"Non
so bene perché questa immagine, la sua immagine mi sia rimasta tanto impressa
in mente…”
Abbassò un istante lo sguardo,
tornando poi a fissare il giovane drago in volto.
“Fin da subito mi fece la tua stessa
impressione…tanto perfetta, tanto regale, tanto…soprannaturale da parere…al di sopra del mondo, fuori dalla realtà.
Come un angelo”
Anelò per qualche interminabile
istante, in cerca delle parole adatte a esprimere quell’immagine, quel ricordo.
"E poi quei capelli
chiarissimi, fili sottilissimi che sembravano d’argento puro…e quegli occhi
viola, così piccoli, ma così…profondi,
infiniti”
Sorrise nostalgicamente,
accavallando le labbra.
“Io avevo sei anni, lei forse cinque…e la sua
immagine è forse l’unica cosa che mi ricordo davvero di quel viaggio, tutto il
resto non è altro che un’opaca e confusa memoria…”
La voce quasi si fece commossa,
si incrinò leggermente mentre pronunciava quelle parole.
"E
ora io rivedo, rivedo in te, rivedo nel tuo volto i suoi tratti, rivedo lei in
questi occhi viola, in questi capelli argentei…in te rivedo lei”
Lo sguardo le si perse
involontariamente nel vuoto per un istante, e quando tornò a fuoco…
Era solo la prima che si trovava
così vicina, sola, a faccia faccia con il principe del drago, eppure vide i
suoi occhi farsi lucidi, cosa che accadeva tutt’altro che spesso.
Quella
era una cosa che gli bruciavano, o meglio, per cui si dannava di più, che
rimpiangeva maggiormente. Non averla mai conosciuta.
E se questo racconto gli aveva
fornito almeno un’opinione diretta, qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa da
ricordare, qualcosa da custodire dentro di sé, da fare suo, dall’altra parte
era un’ulteriore motivo di sofferenza e di rimpianto, che innescava domande,
ipotesi e ragionamenti senza senso né fine.
Se
solo… E se invece… Se fosse andata così… Ma se…
Quante, quante volte si era posto
quelle domande? Quante volte aveva sognato la vita, l’esistenza che la guerra
innescata dalla follia di suo padre gli aveva portato via? Quante volte aveva
provato a immaginare, a disegnare nella sua mente i tratti, i lineamenti, il
volto di quella sorella che mai aveva e avrebbe conosciuto?
E ora aveva una, seppur confusa e
incompleta, testimonianza, un, seppur precario, appiglio, una, seppur flebile,
luce che poteva guidare quei suoi sogni. E…
“No.
No. No.” Si urlò da solo in testa,
chiudendo gli occhi e inghiottendo a fatica.
Davvero
voleva continuare così? Portarsi dietro per tutta la vita quei sogni di
bambino, quelle fantasie che mai e poi mai gli avrebbero procurato altro che
sofferenza. Non voleva, non poteva, continuare così. Non ora che stava per dare
inizio a una guerra, non ora che si stava lanciando in una conquista tanto
audace quanto folle…
Non
ora che avrebbe avuto, che aveva, due magnifiche regine al suo fianco.
Pensando questo tornò a guardare
Arianne, che era rimasta immobile di fronte a lui, con gli occhi persi oltre
l’orizzonte, lasciandolo libero di sfogarsi nei suoi pensieri.
L’istinto gli suggerì queste
parole, che uscirono spontanee.
“Grazie Arianne…”
Lei tornò a guardarlo addolcita,
quasi imbarazzata da quel ringraziamento di cui non colse subito il
significato, la grandezza.
“Grazie per questo, grazie per…tutto”
Gli occhi di lei parvero domandargli
“Tutto cosa?”
Aegon scosse la testa, provando a
esprimere tutta la gratitudine che sentiva.
“Per questo racconto, per…”
La sua voce si commosse,
ripensando al rischio, alla sfida che lei aveva accettato senza alcun timore. Ripensò alla fiducia che fin da subito la
principessa di Dorne aveva riposto in lui.
“Ti sei posta come base dell’alleanza tra il drago e la vipera,
accentando di sposare un uomo che non avevi mai conosciuto…”
Arianne sorrise, quasi sorpresa
da tanta gratitudine.
“Credo, crediamo che sostenerti
nel riprenderti ciò che è tua…sia la cosa in assoluto più giusta…lo dobbiamo, lo devo al sangue del mio sangue.”
Aegon sospirò
Si fissarono per un interminabile
istante.
Forse inconsapevolmente, o forse no, la mano del principe andò a cercare
quella di lei.
E così, per mano, si
rincamminarono verso il castello, mentre le parole fluivano copiose, limpide,
sincere.
Da quel momento in poi, avrebbero
lentamente imparato a conoscersi, a fidarsi l’uno dell’altra: Aegon a fare
affidamento sull’esperienza e l’astuzia di lei, Arianne a seguire, ad assecondare,
a consigliare, a tenere a bada l’ambizione e l’indole del principe del drago.
Avrebbero cercato rifugio, sicurezza, certezze l’uno nell’altra, in un rapporto
che fin da subito ebbe qualcosa di più…una
fiducia stretta, inscindibile, indiscutibile.
Spesso nel passato del continente
occidentale, i periodi migliori erano stati quelli in cui un re e una regina
avevano regnato uniti, concordi, facendo affidamento l’uno sull’altra.
E facendo fede a ciò, il regno di
Aegon Targaryen, sesto del suo nome, si prospettava come il migliore che i
Sette Regni avessero conosciuto negli ultimi decenni.
Note dell’autore:
eccomi nuovamente qui.
Perdonato per l’ennesima volta
il ritardo, ma gli impegni non mi danno tregua.
Dunque, ho (follemente)
accettato questo rischio. Inserire Tyrion. Un “rischio” vista la difficoltà,
l’indole, le mille sfaccettature del personaggio, che non è affatto facile da
“piegare” alle mie intenzioni narrative. Ma soprattutto, so di rischiare con…voi. Sarei anche io il primo a dare di
matto per un Tyrion reso male, rovinato, poco fedele all’originale. Spero davvero
di non aver commesso tali errori.
Per il resto…Rhaenys. Diciamo
che ho un po’ cambiato le cose. Dai libri sappiamo che Rhaenys era molto più
dorniana che Targaryen e che non arrivò mai l’età a cui ho “ambientato” questo
incontro. Ma rimanendo fedele all’originale non sarei riuscito a rendere come
volevo questo incontro, che sarebbe risultato meno “poetico”, non so se capite…mi
piaceva troppo l’idea di questo incontro, e soprattutto di far “conoscere” in
questo modo ad Aegon la sorella.
E niente, dopo tutte queste
spiegazioni, fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto. Ribadisco che sono
apertissimo al feedback e ringrazio ancora tutti i recensori abituali e non.
Per quanto riguarda il prossimo
capitolo, vi preannuncio che sarà al 100% Aegon-centrico, con un po’ di
passato, presente e futuro.
Alla prossima quindi.
E ovviamente, long live the lioness
Luke