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Autore: Sherly Liddell    26/03/2009    1 recensioni
Non credevo che mi sarebbe mai capitato, di provare anche questo dolore... ma come si dice: c'è sempre la prima volta...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se ne andò.

Rimasi immobile per qualche istante. Avevo un odore che assomigliava al vento freddo.
Non sapevo di niente. Il mio sguardo era vuoto.
Vuoto perché ero stata svuotata dalla maniera in cui tutto mi stava scivolando addosso così in fretta, senza poter fermare il tempo. Non sapevo di alcun profumo perché andandosene, se n'era andato qualunque frammento che apparteneva a me, al mio corpo.
e alla mia mente.
Cominciai a piangere. A buttare fuori il dolore che moriva tra le mie labbra e si dissolveva nel mio petto.

Stavo morendo di pianto.

Mi fece sentire in colpa da subito, nonostante non avessi niente da rimproverarmi.
Mi chiedevo il motivo di tanta sofferenza, se poi la strada che avevo scelto per entrambi era quella giusta. Sicuramente in salita, come sempre, ma era giusta. Giusta in tutti i sensi, perché era segno del bene che provavo per lui, e che continuavo a provare ininterrottamente, soffrendo avrebbe capito un giorno o l'altro e si sarebbe reso conto che per affrontare le situazioni difficili, quelle dove si dimostra chi si è veramente e quanto si è disposti a sacrificarsi per qualcuno per cui ne vale la pena, avrebbe dovuto affrontare nient'altro che se stesso, davanti ad uno specchio invisibile.
Era proprio questo in cui credevo, l'amore significa scendere a compromessi quando si sta con una persona. Trovare equilibrio altrimenti il gioco non vale veramente la candela. Non ce lo fa fare nessuno di stare insieme ad un individuo per poi annullarsi o imporre una tirannia. Accettare i difetti, riuscire, sforzarsi, star male se è necessario, pur di andare in contro, perché è arrivando ognuno a metà strada per poi incontrarsi che si capisce che si può amare davvero.
Era come trovarsi in una piscina. Io mi trovavo a galleggiare, aspettando che lui nuotasse la sua parte. E lui, proprio lui che accusava, offendeva, comandava, lui si aggrappava al bordo. Staccarsi era l'unica cosa che avrebbe salvato la relazione. Staccarsi e nuotare per starmi vicino.
Non so se fosse stata la paura, l'incapacità... Ma un giorno scelse di uscire da quella piscina lasciandomi sola nell'acqua. Sarei potuta affogare senza rimorsi. O sarei potuta uscire anche io.
No nessuna delle due. Io ho deciso di rimanere dov'ero. Perché credevo in quello che siamo stati. Perché ero pronta per affrontare la cosa, ma lui no. E quando l'altra parte batte in ritirata, la delusione ti entra dentro e non ti molla più.
Rimarrò lì finché non mi dimostrerà che ha sbagliato, che riconoscerà di essere stato ambiguo e fifone. Io non sono nessuna di quelle persone che nel suo passato gli hanno provocato un dispiacere. Aveva trovato la persona capace di aprirgli gli occhi, di farlo riflettere, e tutto questo perché lo amava dal profondo.
Non c'erano altre motivazioni.
Lo amavo.
Semplicissimo, senza spiegazioni. Lo amavo e non avevo intenzione di mollarlo. Non doveva tornare in dietro, doveva fare il passo in avanti, doveva maturare, doveva diventare un uomo. Doveva non diventare come le persone che lo hanno fatto soffrire.
Doveva capire che era stato lui a volere la fine, pur di non mostrare le sue carte, pur di non accettare i suoi errori.
Lasciarlo sbollire da solo era la cosa più sana che potessi fare.
Ero nel giusto e lo sapevo. Dovevo solamente aspettare adesso.
  
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