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Autore: Nykyo    04/03/2016    1 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V. Un lupo in fuga

 

Stiles salì gli ultimi gradini strascicando i piedi. Li sentiva pesanti come quelli di un novantenne. Accidenti a lui e a quando aveva deciso di tentare una sortita fuori casa.

Erano trascorsi sei giorni dal momento in cui aveva evocato Laura per errore e nessuno dei due ne poteva già più di sopportare l'altro. Non che al principio fossero andati d'amore e d'accordo, ma più tempo trascorreva e più si davano sui nervi a vicenda.

Stiles di suo avrebbe fraternizzato, era curioso, aveva di continuo sulla punta della lingua domande che avrebbe voluto farle. Gli sarebbe piaciuto chiederle cose importanti, riguardo ai Licantropi; c'erano ancora un sacco di dettagli che non conosceva e che non avrebbe scoperto su internet, nozioni che, ad aspettare che gliele spiegasse Deaton, gli sarebbero venuti i capelli bianchi. Avrebbe voluto chiederle anche cose sciocche su Derek. Un mucchio di cose su Derek. Lui era ermetico come un'ostrica, e Laura era una delle persone che lo conosceva meglio in assoluto. Anche a non voler essere invasivo sui momenti più bui della vita di suo fratello, Stiles avrebbe potuto sommergerla di domande idiote. Farsi rivelare stronzate su Derek bambino, ad esempio. Se solo Laura fosse stata socievole e si fosse ammorbidita come aveva fatto Cora, che era partita in quarta, tutta minacce e rabbia per nulla repressa, e poi era riuscita a stabilire con Stiles una bella amicizia… Erano andati vicini a qualcosina di ulteriore, in realtà, ma a quello Stiles preferiva non pensare. Certi ricordi riguardanti Cora gli riportavano alla memoria attimi della sua storia con Malia e, soprattutto, lo rendevano dolorosamente conscio di avere una certa predilezione sentimentale per gli Hale. Non solo gli Hale dotati di curve e appartenenti al sesso femminile. Laura stessa gli sarebbe sembrata sexy e attraente, se non fosse stata una perenne spina nel culo. I sentimenti che lei gli suscitava erano un'altra faccenda. Stiles dubitava che, perfino in condizioni differenti, si sarebbe mai preso una cotta per Laura. O forse sì? Non voleva scoprirlo sul serio, all'accoppiata amore-Hale Stiles ultimamente aveva pensato anche troppo.

A ogni modo Laura non era Cora, non si era addolcita per niente, non ci pensava proprio. Collaborava un po' giusto perché ormai aveva capito che non importava quanti dispetti facesse, lei e Stiles restavano incatenati l'uno all'altra e avevano un raggio di non più di sette o otto metri entro cui convivere.

Laura doveva essersi resa conto che ricattare Stiles per farsi portare da Derek non funzionava, o aver deciso che la tecnica del continuo disturbo era sbagliata e che avrebbe pagato maggiormente un tormento meno mirato e più diluito nel tempo. Laura lo infastidiva ancora spessissimo e per principio, ma posto che non pareva intenzionata a ucciderlo in maniere fantasiose, tipo spingendolo al suicidio o cose del genere, era scesa a quel minimo di compromesso che consisteva nel lasciare che Stiles dormisse, mangiasse e fosse libero di usare il bagno e di cambiarsi i vestiti senza occhi indiscreti puntati addosso. Niente di paragonabile con iprimi due giorni, in cui Laura aveva messo in atto la guerriglia più dura, gli aveva ingombrato il letto e si era piazzata tra lui e il cibo costringendo Stiles ad attraversare il suo corpo ripetutamente se voleva mettere un boccone nello stomaco. Era stato uno strazio. Stiles era testardo ma gli era passata la fame e non era stato in grado di riposare, perché sdraiarsi a dormire con uno spettro sul letto non era fattibile.

Il tutto, poi, era stato punteggiato da istanti di profondo imbarazzo. Non avendo avuto a disposizione un set di palette segnapunti, Laura si era per lo meno astenuta dallo sfottò feroce tutte le volte che Stiles non aveva potuto evitare di mostrare un certo ammontare di pelle nuda, però non aveva mancato di farlo sentire come un bruco a cui avessero fregato la crisalide da sotto il culo peloso prima che potesse completare la muta. Era una Hale, le bastava avere un paio di sopracciglia e sollevarle, a volte all'unisono, per far sentire chiunque uno straccio vecchio. Che fosse bella come tutti gli Hale rendeva la sua aria di biasimo ancora più efficace. Stiles si amava poco già di suo, non ci voleva molto a fargli venire i complessi.

Per fortuna quella guerra di logoramento continuativo era durata poco. Laura aveva reso ben chiaro a Stiles che non lo voleva troppo debilitato o in preda a istinti autolesionistici. Non per pietà umana, a sentire lei. Solamente perché Stiles le serviva vivo e un briciolo in forze per arrivare a Derek. Da lì la concessione magnanima di cibo e sonno. Quanto alla faccenda della nudità e delle necessità fisiologiche, Laura aveva sentenziato quasi subito che stare a guardare le sue inutili chiappe pallide era una tortura più per lei che per Stiles e quindi non ci si sarebbe sottoposta oltre. Non che quel poco di tregua fosse sufficiente a far sì che Stiles tirasse davvero il fiato, ma era servito a tenerlo in piedi e a evitargli di sputtanarsi alla grande con suo padre.

Lo Sceriffo non era stupido, era preoccupato; le vedeva le occhiaie, aveva notato il nervosismo, e la sensazione di imbarazzo perenne che Stiles provava non gli era passata inosservata, anche se magari l'aveva confusa con altro, pensando che si trattasse di coda di paglia per chissà quale malefatta in progettazione. Stiles aveva dovuto rispondere a parecchie domande, sottoporsi ripetutamente allo scrutinio di uno sguardo allarmato e sparare un'infinità di palle. Ne diceva a pacchi in ogni caso.

I primi giorni era stato così difficile che si era dovuto chiudere in camera per la maggior parte della giornata ed era apparso ancora più sospetto. Ora che Laura passava le notti lontana dal suo letto, si girava dall'altra parte quando era nudo, restava fuori dalla porta del bagno e il più possibile lontana dal tavolo durante i pasti, era tutto più semplice. Non sopportabile, quello no, ma di sicuro più facile.

Stiles era troppo conscio della sua presenza per riuscire a dormire in modo davvero sereno e per più di quattro o cinque ore a notte, raramente di fila. Mangiava e il sapore del cibo non arrivava davvero alle papille gustative, gli pareva di ingoiare cartone qualunque cosa addentasse. Persino sotto la doccia aveva problemi a rilassarsi, però sopravviveva ed era in condizione di abbozzare e di tenere a bada lo Sceriffo.

Suo padre era dubbioso, lo sorvegliava e non ne faceva mistero, eppure non era in grado di scoprire cosa stava succedendo e se ne stava sì sul chi va là, ma abbastanza in disparte, pronto a intervenire in qualunque momento.

Scott non faceva che mandare messaggi ed era andato a trovare Stiles ogni santo giorno, il che era di conforto, anche se non risolveva quel accidenti di pasticcio. Anzi, rendeva Laura più silenziosa mentre Scott era presente e più aggressiva quando se ne andava. Dopo ogni visita lei non faceva che mugugnare frasi come: «Non ci posso credere. Alpha Naturale. Deve essere una presa in giro» o «Mi rifiuto! Non può essere, non quel buffone con gli occhioni da cucciolotto smarrito». Il top era stato: «Sul serio? Aladdin è l'Alpha dell'anno?»

Quando Stiles aveva provato a obiettare aveva ottenuto solo di far sì che Liam venisse paragonato a una nota scimmietta della Disney, e lui s'era preso del pappagallo. L'aver risposto con un piccatissimo: «Certo, e Derek è la tigre di Jasmine, mentre tuo zio è Jafar, peccato che tu come Genio della lampada sia un pelino troppo acida» non aveva aiutato molto. Perciò, malgrado per lui stare zitto fosse impossibile, Stiles cercava di non intavolare discussioni e siccome Laura era pur sempre una Hale, ossia una creatura geneticamente programmata per esprimersi per lo più a grugniti e monosillabi, non si poteva affermare che chiacchierassero un granché, salvo quando Lydia si faceva sentire con una telefonata o con un messaggio. Le sue rassicurazioni ed esortazioni a non perdere le speranze non tranquillizzavano né Stiles né Laura, però Lydia non era tipo da lasciarsi scoraggiare. Se diceva che stava studiando e cercando risposte lo stava facendo veramente e, prima o poi, avrebbe trovato quelle giuste, posto che ne esistessero.

Nel frattempo, rimanere murati vivi in camera non era il massimo della gioia e Stiles era arrivato al punto in cui non ce l'aveva fatta a rimanersene lì neppure per un minuto in più. A furia di restare in casa, sebbene non facesse che agitarsi e andare su e giù per le stanze – la sua quando suo padre era in circolazione, e anche tutte le altre quando aveva via libera – Stiles provava lo stesso senso di costrizione estrema che avrebbe provato se qualcuno l'avesse legato per ore. Lui sbuffava a intermittenza perché si sentiva impastoiato, Laura gli faceva eco grugnendo riguardo al fatto che tutto quel vagare per casa costringeva anche lei a un continuo spostarsi qua e là del tutto futile.

«Perché no?» si era detto Stiles alla fine e, nel cercare le chiavi della macchina, aveva pensato a Derek e aveva trovato in fondo al cuore gentilezza e pazienza sufficienti per chiedere a Laura il permesso di uscire. Come se ne avesse il dovere.

Laura era subdola. Anche quello gli Hale l'avevano nel sangue, chi a grandi chi a piccole dosi, tutti tranne Derek. Ironia della sorte, Laura doveva avere ereditato da qualche avo una quota di sadismo manipolatorio non tanto diversa da quella di Peter. Aveva annuito, cazzo. Non con un sorriso, se no Stiles non ci sarebbe cascato. No, Laura aveva risposto con un cenno a metà tra l'annoiato e il rassegnato e si era messa subito alle sue costole, senza protestare, solo borbottando ad arte.

«Oh, grazie, Dio!» aveva pensato Stiles.

Uscire a prendere una boccata d'aria gli era sembrata una buona idea, invece si era rivelato un disastro. Prima di tutto una volta fuori, al momento di salire sulla Jeep si era reso conto all'istante che Laura non avrebbe mai cooperato. La sua arrendevolezza era stata una finta. Figurarsi! Come accidenti gli era mai venuto in mente che lei potesse comportarsi in modo civile e ragionevole, anziché approfittarne per torturarlo come al solito? Cosa gli era passato per il cervello nel credere che Laura si sarebbe accomodata sul sedile del passeggero, o su quello posteriore, fingendo di stare più o meno seduta come una persona normale e ancora viva? Ovviamente Stiles si era solo illuso.

Laura aveva emesso un sonoro «Snort!» – sì, esatto, aveva fatto proprio «Snort!» come nei fumetti – e si era piazzata all'esterno, sul cofano. Per sedersi si era seduta eccome, anche se il suo corpo evanescente non le aveva consentito che di galleggiare a pochi centimetri dal metallo della vecchia Jeep e di oltrepassarlo di tanto in tanto, quando lei era stata un filo distratta o quando la macchina aveva preso una buca.

Stiles, nel vederla sistemarsi in quel modo, aveva provato l'impulso immediato a scendere di corsa dall'auto, sbattere la portiera, fare dietrofront e ritrascinarla in casa con sé, volente o nolente, perché tanto non potevano allontanarsi l'uno dall'altra se non di pochi metri. Se avesse voluto essere sul serio meschino avrebbe potuto usare quella limitazione in così tante maniere creative... ma non lo era, non riusciva a esserlo, sia per via del senso di colpa sia perché quella era la sorella di Derek. Per essere più precisi, era la sorella che Derek aveva seppellito con ogni onore a costo di avvelenarsi e che lui aveva dissotterrato, usato per farlo arrestate e infine evocato con l'intento di farne una specie di piccolo aiutante magico del potente Emissario a venire che si era ficcato in testa di diventare.

Che coglione! Dio, che enormissimo coglione! Non aveva alcun bisogno che fosse Laura a rinfacciarglielo di continuo. Lei lo faceva comunque e, a quanto sembrava, non senza una dose di perfido divertimento, malgrado negasse di averci preso il minimo gusto. Di fatto non perdeva occasione per dargli il tormento, e chiunque fosse stato appena meno testardo di Stiles a quell'ora si sarebbe arreso circa un milione di volte. Lui aveva opposto resistenza come poteva; d’accordo che non voleva offendere Laura gratuitamente, ma non intendeva neppure lasciare che lei continuasse a mettergli i piedi in testa. Inoltre Stiles possedeva un orgoglio capace di mostrarsi battagliero perfino quando il suo proprietario si riteneva in torto marcio. Di conseguenza, piuttosto che darla vinta a un fantasma isterico e vendicativo e smontare dalla Jeep, Stiles aveva stretto i denti, aveva avviato il motore ed era partito sgommando.

Laura non si era scomposta per niente. Non si era nemmeno spettinata, visto che era uno spettro. Avesse avuto con sé la versione fantasmatica di una limetta per le unghie quasi certamente l'avrebbe usata per darsi un tono ancora più noncurante e insopportabile.

Stiles ci aveva messo giusto un isolato a capire che quel giro in macchina era stato una pessima trovata. Non che avesse dubitato di essere il solo che poteva vedere Laura, sistemata a mezz'aria e a gambe incrociate lì fuori sul cofano. Per quel che ne sapevano lui e il branco, Lydia e la povera Meredith erano le uniche Banshee presenti a Beacon Hills. Insomma, Stiles non aveva avuto paura che qualcuno potesse effettivamente vederlo andarsene a spasso con il fantasma di una bella brunetta imbronciata a decorare il muso della sua fida Jeep come una specie di versione spettrale di Nelly, la statuina simbolo della Rolls Royce. Statuina di cui Stiles era tra i pochi nerd a conoscere il nomignolo, ok, ma non era quello il punto. Il punto era il suo senso del ridicolo. A tutto c'era un limite, cavolo!

Ok, Laura la vedevano soltanto lui e Lydia e, sì, Stiles poteva guardarle attraverso quindi, anche se si era ritrovato con una visuale della strada un pochino fuori fuoco non aveva rischiato di schiantarsi o di dover zigzagare alla cieca come uno scemo.  Non che quello cambiasse le carte in tavola: solo perché poteva vederla solo lui, non voleva dire che Laura non fosse stata lì per tutto il tempo. A Stiles era parso di aver sforato alla grande il muro del grottesco. No, proprio no, non c'era stato verso.

Era uscito di casa per cercare un po' di pace, non per avere la netta sensazione che la situazione fosse addirittura peggiore del previsto. Così alla fine perfino lui aveva gettato la spugna, fatto inversione e ripercorso la strada di casa il più velocemente possibile, stando ben attento a non violare nessuna regola del codice stradale, perché farsi fermare da uno degli agenti di suo padre sarebbe stato proprio il colmo.

Ed eccolo lì, sfiduciato e sbuffante davanti alla porta della propria stanza. Un prigioniero del suo stesso incantesimo, ecco cosa era diventato, e si fottesse la vocina mentale che, usando il tono di Deaton, si incaponiva a insistere che un rito druidico non era un incantesimo, gli incantesimi erano diavolerie idiote da maghetti dei libri per ragazzini. Intanto nella realtà Deaton era chissà dove a farsi gli affaracci propri, e Stiles era arcistufo, di tutto e di tutti. Voleva tornarsene in camera, impadronirsi del letto, se mai gli fosse stato concesso, e morire di inedia o scomparire nel nulla.

Laura, naturalmente, era un passo dietro di lui e non la smetteva di innervosirlo producendo una serie infinita di rumorini giudicanti che non erano neppure monosillabi, no, non arrivavano neanche vicini a esserlo, ma erano irritanti e colpivano il segno più di mille parole.

Quello era un altro dei vezzi di Laura, uno dei suoi metodi di disturbo preferiti. Stiles aveva provato diverse volte ad annegare i suoi mugugni in un mare di ragionamenti fatti a voce alta, più per zittirli che perché servisse a qualcosa, però non ci era mai riuscito. Che Laura lo avesse ascoltato in silenzio, dandogli le spalle e senza degnarlo di uno sguardo, o che si fosse voltata a fulminarlo con due occhi da demonio degli inferi, non era cambiato niente. Stiles alla lunga aveva perso lo slancio.

Quel giorno soprattutto Laura l'aveva zittito. Era incredibile, faticava a crederci lui per primo, eppure era così. Laura gli aveva tappato la bocca, e per farlo le era bastato essere presente.

La verità era che Stiles si era come spento in quanto, una volta tanto, non era stato capace di convincere nemmeno se stesso. E sì che aveva sulla coscienza pesi molto più grossi di Laura Hale, macigni in alcuni casi. Era che Laura aveva un modo di inchiodarlo, forse anche solo per la somiglianza con Derek...

Stiles emise un sospiro più forte – poco dignitoso, sì, ma era così stanco – e spinse la porta a capo chino.

«Dov'eri finito? Dove siete finiti un po' tutti, ultimamente? Sono giorni che nessuno di voi si fa vivo.»

Per quanto la domanda avesse colto Stiles impreparato, era stata giusto una goccia di pioggia inattesa in una giornata di sole sfolgorante, se paragonata alla presenza nella sua stanza della persona che l'aveva posta. Derek. Oh. Merda. Derek!

Era una doccia fredda, no, anzi, una cascata gelata, ecco, e Stiles ci era finito sotto all'improvviso e si era congelato sul posto.

«Ah...» fu il massimo che riuscì a cavarsi di bocca. Si sentiva le gambe molli, il cuore in gola e il cervello in fiamme. Davanti a un lupo mannaro con i super-sensi che potevano captare ogni minuscola sfumatura sbagliata o indiziante che provenisse dal suo battito cardiaco, dal suo respiro e dal suo odore.

Bene, meraviglioso, spettacolare! Se fosse esistita una lotteria della sfiga legata agli Hale Stiles avrebbe potuto dichiarare serenamente di aver pescato il biglietto vincente. Ora sì che stava per andare tutto a puttane.

Derek, che l'aveva aspettato seduto sul bordo del letto a luce spenta, lo vide sbiancare e gli scoccò un'occhiata irrequieta.

«Ok, cosa diavolo state combinando?» Il tono di Derek suonava deluso e inquieto. «Scott di norma mi manda un messaggio al giorno, e dopo la faccenda in Messico se non rispondo entro ventiquattro ore piomba al loft tutto trafelato. Lydia da quando è arrivata alla mia porta urlante in piena notte controlla se sono vivo almeno una volta a settimana, anche se fa finta di niente e tu... tu di solito sei sempre in mezzo ai piedi di tutti, nemmeno avessi il dono dell'ubiquità. E ora...»

«Wow, wow, wow, ragazzone, frena!» lo investì Stiles interrompendolo, non tanto perché sapesse come rispondere, più che altro per togliergli l'occasione di proseguire e di dire qualcosa a cui sarebbe stato ancora meno in grado di replicare. «Che è successo a te? Vai come un treno, non ti avevo mai sentito fare un discorso così lungo da che ti conosco.»

Era vero. Derek era il contrario vivente dell'eloquenza. D'altro canto non era da Derek neppure mostrarsi tanto in ansia per il branco e nello specifico per lui. Era strano che avesse teso quell'imboscata a lui invece che a Scott. Stiles scosse il capo con vigore. Non era quello il frangente adatto per compiacersi del dettaglio che Derek fosse andato da lui e non da Scott o da qualcun altro.

Non poteva starsene a chiacchierare o a fare la bella statuina, doveva muoversi a trovare una scusa plausibile da spacciare a Derek per spedirlo via di corsa e almeno un po' rassicurato.

Fece per aprire la bocca, dato che un silenzio prolungato avrebbe reso Derek più sospettoso e gli avrebbe dato tempo per annusare puzza di bruciato, quando fu colto da un brivido inatteso, simile a quello che lo aveva scosso tutte le volte che Laura gli era passata attraverso. Quello, però, non era mai stato così intenso e non l'aveva fatto stare così male. Gli pareva di essere stato trafitto da una lama rovente e, nello stesso tempo, fatta di ghiaccio.

Stiles vacillò, senza raccapezzarsi su cosa stesse accadendo, e un secondo dopo il buio lo avvolse e lo risucchiò, spegnendo i suoi sensi. Gli ci volle solo un batter di ciglia per riaversi del tutto, o almeno così gli parve, finché non si accorse che era sì vigile e presente e si reggeva in piedi, ma non poteva parlare, non poteva muoversi, non aveva alcun controllo sulle facoltà del proprio corpo. Era assurdo e spaventoso, assomigliava a quello che aveva provato con la Nogitsune e Stiles non riusciva a capacitarsi che stesse succedendo di nuovo.

 

 

«Derek!»  Laura non sapeva se l'aveva detto a voce alta o solo pensato. Di una cosa era certa: era entrata nella stanza, al seguito di Stiles, aveva alzato lo sguardo e le ara bastata un'occhiata al fratello per non capire più niente.

Non se l'era aspettato. Non era preparata, malgrado il trovare un modo per incontrarlo fosse stato per giorni il suo maggior rovello. Aveva visto Derek e il cuore le si era prima fermato e poi stretto nel petto. Che dolore assurdo da provare, quando non c'era nessun vero muscolo cardiaco che battesse dentro la sua cassa toracica incorporea.

Se fosse stata viva avrebbe pianto, di sollievo e di rabbia, a pugni stretti, mordendosi un labbro per non singhiozzare. Dio, Derek, Derek, il suo stupido, preziosissimo Derek… quanto le era mancato.

Trovarselo davanti e desiderare di potergli parlare, di essere vista da lui, di toccarlo, fu un tutt'uno e la spinse ad agire in maniera automatica. Allungò una mano senza riflettere, semplicemente perché aveva bisogno di farlo. Le sarebbe piaciuto abbracciare il fratello, ma la necessità primaria per cui, invece, gli sfiorò il viso in una carezza lenta e tremolante, fu quella di essere certa che non si stava illudendo, che Derek era sul serio lì con lei. Era sano e salvo, nonostante il fatto che, quando suo malgrado aveva dovuto abbandonarlo, l'aveva lasciato in un mare di guai e in potenziale pericolo di vita.

Laura non aveva un carattere facile. Sapeva di non averlo, e se per caso un tempo era davvero esistita una Laura Hale più morbida e facile da raddolcire, una Laura ottimista, magari un po' superficiale però piena di sogni e di speranze per il futuro, come tante altre ragazze, beh, quella Laura era morta nell'incendio che le aveva distrutto la famiglia. Banale ma vero, quando suo zio l'aveva tradita e uccisa era stato come se avesse spezzato il filo di una vita che si era già interrotta una volta. Quel filo, dopo la morte dei suoi, Laura l'aveva riannodato con rabbia e caparbietà e se il nodo aveva tenuto era stato solo perché le era rimasto Derek. Aveva avuto qualcuno che amava di cui occuparsi, qualcuno affranto e spaventato perfino più di lei, da curare e da tenere a galla, ma anche a cui aggrapparsi per non andare a fondo. Perciò Laura non si stupì di quanto la sua carezza stesse scorrendo sulla pelle di Derek in modo disperato e carico d'affetto, né si sentì imbarazzata al pensiero che Stiles li stesse osservando; non si ricordava neppure che al mondo esistesse altro che Derek, di Stiles si era scordata del tutto.

Il sentimento aveva preso il sopravvento, altrimenti prima di compiere un gesto così familiare e denso di emozione Laura si sarebbe ricordata che era un fantasma, e che il suo tocco avrebbe dovuto trapassare Derek. Invece la sua mano era ferma sul viso del fratello e, sotto i polpastrelli, Laura avvertiva il suo calore, il raspare della barba, ogni singolo dettaglio che avrebbe dovuto esserle precluso.

Laura non fece in tempo a domandarsi che accidenti stava succedendo che Derek schizzò via, arretrando e allontanandosi a occhi sgranati.

Per Laura scorgere la sua espressione stranita e vederlo arrossire come un peperone fu come ricevere una scossa dal teaser di un cacciatore. Non che l’avesse mai sperimentato di persona, ma aveva sentito tante di quelle storie a New York, dove i branchi troppo spesso somigliavano più a gang giovanili che a una famiglia e a un rifugio sicuro, e dove i cacciatori si comportavano di conseguenza. Anche per quel motivo Laura non si era sforzata molto di frequentare altri Licantropi e aveva tenuto un basso profilo. Lei e Derek erano stati più vulnerabili in due, ma erano stati branco; Alpha e Beta, sorella e fratello, tutto l'uno per l'altra, e al diavolo il resto del mondo. Proteggere Derek e rimettersi in piedi, quelle erano state le priorità di Laura. Derek era ancora la sua priorità, nonostante fosse morta. E lui, anziché correrle incontro ed essere felice di vederla, la stava fissando con uno sguardo che le stava bucando lo stomaco, che ne possedesse uno o meno. Derek si era pietrificato, non parlava, non si muoveva e aveva una faccia...

L'illuminazione giunse nell'attimo in cui lo vide scuotere il capo, grugnire due o tre parole incomprensibili e voltarsi verso la finestra ancora aperta. Doveva essere entrato nella stanza saltando il davanzale. Derek e i suoi modi allucinanti. Non era mai riuscito a correggerlo più di tanto.

I pensieri di Laura si fusero in un’unica frase: «Non andare!»

Questa volta fu certa che le fosse uscita di bocca, ma la voce che aveva pronunciato la preghiera non era stata la sua. Mentre Derek girava il capo per scoccarle una strana occhiata da dietro la spalla, lei raggelò, trafitta da una nuova scossa, questa volta quella della comprensione. In un secondo Laura capì che Derek non stava vedendo lei, stava vedendo Stiles. Non era la sua voce quella che il fratello sentiva e, di conseguenza, Derek non aveva modo di riconoscerla e di sapere che era lei che gli aveva accarezzato una guancia con il fare intimo di chi non solo è parte del tuo branco, ma è anche sangue del tuo sangue.

Laura lo realizzò troppo tardi, quando Derek era già accanto alla finestra: chissà come, lei stava possedendo Stiles. Era folle. Stiles doveva essersi trovato in mezzo ai piedi mentre lei scattava verso Derek e anziché passargli attraverso come al solito...

Che imbecille! Per Derek la sola persona presente nella stanza era Stiles, e Stiles aveva appena tenuto un comportamento a dir poco imbarazzante. Derek era andato a cercarlo per avere informazioni sul branco, non per farsi fare le moine da un moccioso in camicia di flanella.

Laura doveva raggiungerlo, ma non appena tentò di muoversi una vocetta pignola nel suo inconscio le rammentò che non aveva idea di cosa stava facendo. Non aveva mai posseduto un vivente, non sapeva come fare. C'era riuscita per mero caso e ora che sapeva cosa stava capitando era anche consapevole di essere una tabula rasa sull'argomento possessioni. Quella riflessione durò giusto un battito di ciglia o due, eppure bastò a mandarla nel panico. Si era accaparrata il corpo, la voce e i sensi di Stiles per puro istinto, e li perse nell'istante in cui ne fu certa al cento per cento.

Derek mugugnò ancora qualcosa e saltò fuori, nella notte che iniziava a calare sulla città con il suo esercito di minuscole stelle.

In un altro momento Laura si sarebbe interrogata a lungo sul fenomeno di cui era appena stata partecipe, si sarebbe arrovellata fino a scoprirne tutte le potenzialità e il meccanismo, invece il suo cervello era fuori uso e il suo cuore era volato fuori dalla finestra insieme al fratello. Laura si slanciò quasi che potesse riprenderli entrambi e non si diede nemmeno la briga di fingere un vero salto oltre il davanzale. Superò il vano della finestra, i vetri, il legno del saliscendi, oltrepassandoli senza problemi, nella miglior tradizione dei fantasmi. Nessuno spettro tormentato che si rispettasse si era mai fatto fermare da inezie quali un muro, una vetrata o cose simili. Laura non fu da meno. Ciò che arrestò la sua corsa sulla scia di Derek fu il legame con Stiles; quel maledetto ruolo di Tramite che Laura non aveva mai desiderato e che per sei giorni aveva limitato la sua libertà in mille maniere, non ultimo impedendole, se l'avesse voluto, di tornarsene nella pace assoluta dell'aldilà da cui era stata evocata.

Laura se l'era chiesto, se quello in cui era finita una volta disseppellita, il nulla totale che l'aveva ingoiata tanto tempo prima e da cui era stata risvegliata, era il comune oltretomba, ammesso che esistesse qualcosa del genere. La risposta che si era data era che non ne era certa. Forse no, forse una volta dissotterrata per un qualche strano motivo non era più riuscita a restare a Beacon Hills come fantasma e, siccome non era stato nelle sue intenzioni svanire e lasciare Derek da solo, anziché passare veramente oltre era finita in un limbo personale. Magari era rimasta lì anche perché era destinata un domani a diventare un Tramite. Chissà, non poteva dirlo, erano solamente le elucubrazioni vaghe che aveva partorito nei momenti in cui non era stata troppo impegnata ad ammattire, a incazzarsi contro Stiles e, soprattutto, a pensare a Derek. Derek a parte, per tutto il tempo si era detta che preferiva tornare in quel vuoto completo di coscienza che essere costretta in un ruolo che non le si addiceva accanto a qualcuno che non le piaceva. Era stata più che decisa a ritornare al suo mondo dei morti, se esisteva il modo per farlo, solo che prima voleva parlare con suo fratello, convincerlo a fare le scelte giuste, accertarsi, a differenza che in passato, che al momento di dirgli addio lo avrebbe lasciato al sicuro. Invece, quando finalmente Derek era stato a portata di mano, Laura non aveva ottenuto nulla di quanto aveva sperato. Anzi, dopo un paio di metri si era frenata a mezz'aria, fuori da una finestra, con nient'altro che il nulla sotto di sé. Oltre ad avere il cuore in pezzi, si sentiva umiliata e ridicola. Era come andata a sbattere contro una parete di gomma, e già quello sarebbe stato abbastanza comico di per sé, ma no, figurarsi se bastava, e dunque mentre chiunque altro sarebbe precipitato di sotto lei era rimbalzata indietro fluttuando, fin quasi a rinfilarsi in casa attraverso la finestra che aveva alle spalle. Non sentiva Stiles ridere di quel miserando spettacolo, ma sapeva di essere grottesca. Peggio di Wile. E. Coyote. Pensare che da viva avrebbe potuto carambolare graziosamente su se stessa, chiusa in una stretta palla tutta muscoli e agilità ferina, atterrare in giardino e poi rialzarsi con stile e con poderosa eleganza. Magari! Invece ormai era condannata a galleggiare e a rimbalzare come in un cartone animato.

Sarebbe stato ironico al punto di farla sghignazzare di se stessa, non fosse stato che, proprio mentre andava a cozzare con violenza contro la barriera invisibile che la ingabbiava, aveva visto Derek spiccare la corsa, trasformarsi in un enorme lupo nero e sparire dietro l'angolo. Nuovamente lontano da lei, un'altra volta impossibile da raggiungere e del tutto ignaro della sua presenza a Beacon Hills. Altroché autoironia, Laura era in vena di compatirsi ed era così addolorata da quell'occasione mancata con il fratello che nemmeno la rabbia riuscì a riscuoterla. Si sentiva sola, vuota e inutile, voleva appallottolarsi in una qualche tana nascosta e leccarsi le ferite.

Rientrò in casa mogia, a capo chino, e non cercò Stiles, nemmeno con lo sguardo. Non voleva vederlo, se l'avesse guardato in faccia lui avrebbe visto com'era ridotta, si sarebbe accorto di quanto era abbattuta e sarebbe stato ancora più umiliante. E poi non erano affari di Stiles, il male che le faceva il pensiero che Derek era stato così vicino senza riconoscerla – forse una parte del suo cuore aveva sperato in un piccolo miracolo. Magari con i sensi da Licantropo di Derek... – e senza poter comunicare con lei, era privato. Punto. A meno di non volersi mettere a discutere, e allora sì che Laura era sicura di ritrovarsi alla fine talmente arrabbiata da diventare pericolosa, fantasma o non fantasma. Non voleva rischiare.

C'erano momenti in cui la rabbia era tutto ciò che avevi, ti teneva a galla, ti dava forza, ti aiutava a tirare fuori il massimo risvegliando sia la potenza del lupo che il coraggio dell'umano. In altre occasioni, invece, era meglio arrendersi per un po', lasciar sedimentare il dolore fino in fondo e pregare di venirne fuori più forti. Laura pensava di trovarsi esattamente nella seconda situazione e sfilò nella stanza senza essere neppure certa che Stiles ci fosse. Del resto se c'era, tanto per cambiare, aveva ritenuto più saggio e prudente tacere. Non lo sentì emettere un fiato. Per quel che ne sapeva avrebbe potuto essersi ficcato sotto il letto in trepida attesa della sua ira funesta e della sua vendetta, o trovarsi appena oltre la porta chiusa della stanza. Laura non diede un'occhiata in giro per verificare se Stiles era lì e dove, non le importava. Non voleva proprio che le importasse.

Calcolò a mente la distanza che poteva coprire senza essere richiamata indietro in uno di quegli odiosi rimbalzi e attraversò il muro di divisione tra camera da letto e bagno. Onta per onta, meglio se trascorreva la notte lì.

Mentre si sistemava nel modo più dignitoso possibile, accartocciata in uno degli angoli, chiuse gli occhi e desiderò con tutta l'anima di poter piangere. Sarebbe stato utile poterlo fare e poi appoggiare il viso contro le piastrelle fresche e lisce, una volta finito lo sfogo. Le avrebbe dato conforto. Le consolazioni umane le erano state precluse dalla prima all'ultima, anche quelle tanto sciocche. Certe sensazioni a volte le mancavano con violenza, proprio come Derek.

Derek. Ecco, quella era la sua unica, misera gioia, malgrado fosse anche il suo principale tormento: Derek era ancora vivo, sembrava in salute e per un istante si erano toccati.

Derek era capace di diventare un lupo, ora. Un lupo bellissimo, gigantesco, possente. Se provava a riflettere con calma Laura ne era fiera. Era una cosa che anche lei era riuscita a fare, e prima di lei la mamma. La trasformazione restava in ogni caso non comune e il fatto che a Derek riuscisse per Laura era una gran soddisfazione. Eppure anche quel dettaglio le pareva avvelenato dal timore che Derek avesse avuto bisogno di lei mentre lei non c'era.

Laura se lo ricordava, quanto era stato delicato il periodo di assestamento dopo aver imparato a cambiare forma fino a diventare un lupo, e quanto era stato intimo e importante e come era stato più facile superare certe difficoltà avendo Derek accanto e leggendogli orgoglio e approvazione negli occhi. Sapeva che, nella lupa in cui era stata capace di tramutarsi, Derek aveva rivisto la loro madre. Le pareva ingiusto che lui fosse passato attraverso un cambiamento così radicale in mezzo a un branco che non era tecnicamente né il suo né un vero branco, mentre avrebbe potuto tenersi stretta Cora, che era come lui e avrebbe rappresentato anche sangue e famiglia. Le pareva sbagliato, la mandava al manicomio e se Stiles probabilmente stava per addormentarsi, nella stanza accanto, lei non poteva sperare nell'aiuto provvidenziale del sonno che portasse via i troppi pensieri cupi.

Laura era un fantasma, i fantasmi non dormono. I fantasmi vegliano e si macerano nell'angoscia per il passato e per i vivi, lo dicono tutti i racconti. Lei non era da meno, a quanto pareva, perciò strinse metaforicamente i denti, sospirò e si raggomitolò su se stessa quanto più poteva, preparandosi alla nottata di veglia che l'attendeva. Fu lieta che Stiles non accennasse ad andare a cercarla. Se proprio doveva rimuginare, almeno avrebbe rimuginato in pace.

 

 

   
 
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