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Autore: Nykyo    05/03/2016    1 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI. Un genio incompreso

 

Quando lo squillo del campanello lo riscosse, Stiles stava rimestando nel piatto e tra i propri pensieri. Smise di pungolare con la forchetta una povera fetta di bacon che non gli aveva fatto niente di male e spinse via il tutto con una smorfia. La colazione era intonsa, non aveva mangiato un boccone. Dopo gli avvenimenti della notte precedente gli mancava l’appetito.

Alla parte di quello che era successo che gli ricordava la Nogitsune, Stiles aveva scelto di non pensare. La decisione di partenza era stata inconscia, la tenacia con cui ci si atteneva feroce. Ok, lui e Laura avevano vissuto un’esperienza fuori dal comune e parecchio inquietante, era innegabile, però non significava nulla di nulla. Di sicuro era avvenuto per caso o per qualche strano cortocircuito nel funzionamento dell’usuale capacità di Laura di attraversare persone e oggetti, tutto lì. I fantasmi possedevano la gente solo in qualche romanzetto gotico e nei film dell’orrore di serie B. I veri spettri non facevano così, lo si vedeva perfino in Harry Potter. I fantasmi si comportavano esattamente come Laura aveva sempre fatto: galleggiavano in giro, si infilavano dentro i muri o attraversavano la gente e poi sbucavano subito dall’altra parte; non erano mica demoni. Stiles di demoni ne sapeva qualcosa. Laura quando era in vena era capace di essere una vera stronza, ma non era un demone, nemmeno un po’.

Doveva essersi trattato di uno scompenso passeggero nella sua natura ectoplasmatica, o una faccenda di quel tipo. Capitolo chiuso.

Stiles si rifiutava di porsi domande. Non era nemmeno sicuro di non esserselo sognato, giusto? Era durato così poco. Ok, no, sognato no, ma non aveva importanza perché non sarebbe mai più successo. Quindi, mentre ciabattava ad aprire la porta, riuscì a concentrarsi di nuovo su tutt’altro. Per esempio sul domandarsi chi si sarebbe trovato davanti. Erano appena le 6.30 del mattino e se era normale che lui o suo padre fossero in piedi a quell’ora – lo Sceriffo era addirittura uscito da un pezzo, diretto al lavoro, con un’espressione parecchio preoccupata sul viso nel vedere Stiles che già ciondolava in giro, in pigiama e senza pace – non era comune che un ospite li andasse a cercare tanto presto. Salvo che per un’emergenza, ma in quei casi chi attendeva alla porta mostrava parecchia più impazienza. Scott era uno che si attaccava a campanello e cellulare contemporaneamente, per esempio, e se non bastava, malgrado non lo facesse di frequente come Derek, non disdegnava di saltare un davanzale o addirittura di ululare.

Chiunque ci fosse lì fuori non pareva infastidito dalla lentezza da tartaruga artritica che Stiles stava sfoggiando nell’andare ad aprirgli. Pareva scontato che non ci fosse un cataclisma incombente che aspettava dietro l’uscio. Niente Armageddon incombente, una volta tanto. Stiles ne era lieto, anche se quella constatazione non bastava a farlo stare meno in ansia. Per un istante si chiese se dietro il battente avrebbe trovato di nuovo Derek e pregò di cuore che non fosse quello il caso.

La sortita notturna di Derek in camera sua l’aveva spiazzato fin dal primo istante. Non che non fosse da Derek intrufolarsi in casa d’altri passando da una finestra, anzi, era una delle sue entrate a effetto preferite. Era da Derek anche aspettare il prossimo standosene seduto in silenzio nella semioscurità, manco stesse tendendo un agguato. Istinti lupeschi e carattere da bestione ingrugnito, nulla di nuovo sotto il sole o, per meglio dire, sotto la luna piena.

Quanto al metodo, quella della notte precedente era stata la “tipica visita standard di Derek Hale a un membro del branco”. Gli Hale, dal primo all’ultimo, sembravano considerare cose come passare dalla porta d’ingresso, annunciarsi e bussare alla stregua di un’inutile perdita di tempo. Il che regalava a Stiles la speranza che, in effetti, il visitatore mattutino non fosse Derek.

Comunque fosse, la sera prima Stiles si era sorpreso che Derek, nutrendo dubbi sulla tranquillità del branco e sentendosi inquieto, avesse cercato lui anziché Scott. Sul fatto che Derek fosse andato dritto da lui senza rivolgersi a nessun altro membro del branco Stiles non aveva avuto dubbi: con tutto il casino di Laura, Scott l’avrebbe avvisato se Derek avesse contattato lui o uno degli altri per fare loro il terzo grado. All’interno del branco, anche se a fin di bene, c’era pur sempre una congiura in atto e i congiurati stavano in allerta, pronti a coprirgli le spalle.

Stiles non aveva mancato di sentirsi in colpa al riguardo neppure per un minuto dell’ultima settimana, figurarsi quando Derek gli era comparso davanti senza preavviso. Tra quello e l’ansia di poter essere scoperto, Stiles non ci teneva davvero a fare il bis e affrontare Derek un’altra volta. Aveva già passato un sacco di tempo a rigirarsi nel letto, scacciando riflessioni indesiderate e assillandosi con il pensiero che, a prescindere dal fatto che doveva essersi trattato di un incidente momentaneo, Laura aveva accarezzato Derek usando le sue dita e Derek si era scansato nemmeno l’avessero punto con uno spillone arroventato. Ah, la gioia di scoprire che il tempo passava e Derek continuava a considerarlo solo un rompipalle a cui abbaiare addosso, da tenere a debita distanza. Stiles aveva pensato più volte che quella fase l’avessero superata, che lui e Derek avessero fatto un mucchio di progressi. Era evidente che si era sbagliato.

Derek era letteralmente fuggito, c’era poco da fraintendere. Stiles, però, avrebbe preferito non pensarci senza sosta per quasi tutta la notte. L’aveva fatto, invece, e si era scoperto abbattuto e deluso al punto che l’idea della ritirata di Derek gli era bastata per scacciare l’altro rovello che aveva comunque continuato ad assalirlo come una brutta musica di sottofondo.

Era ridicolo. Con un fantasma che gli trottava cupo alle calcagna, poi. Se Dio voleva Laura era rimasta sconvolta tanto quanto lui dall’incontro con Derek e si era chiusa in bagno per ore, anziché sbranarlo come Stiles si era aspettato. Era ricomparsa solo quando lui era sceso per colazione e, da allora, lo seguiva a distanza, muta come la tomba da cui lui e Scott l’avevano dissotterrata. Lugubre, sì, ma almeno lo stava lasciando un po’ in pace.

Era da idioti, eppure nei pochi metri che lo separavano dall’ingresso, Stiles aveva ricominciato da capo ad angustiarsi. E per che cosa? Perché di fatto aveva accarezzato una guancia a Derek e Derek non l’aveva presa bene. Il che la diceva lunga su diversi piccoli problemini sentimentali che Stiles avrebbe preferito non avere e non dover affrontare. Era ora che lo ammettesse almeno con se stesso: aveva una cotta per Derek. Non sapeva come fosse iniziata, ma l’aveva e pure notevole. Era cotto di un musone che a malapena lo tollerava e, pur se non di propria volontà, quella notte aveva fatto lo sdolcinato come se fosse stato sul punto di provarci. Perfino uno lento di comprendonio riguardo ai sentimenti come Derek non poteva che aver pensato malissimo dopo quella carezza. Bastava vedere come aveva reagito.

Dio, che casino immenso! Laura, Derek… perché gli Hale dovevano sempre incasinargli la vita? E perché avevano il vizio di farlo in coppia? Mettergli sottosopra l’esistenza uno alla volta pareva brutto?

Stiles sbuffò e accelerò il passo, evitando appositamente di dare anche solo un’occhiata a Laura, che continuava a galleggiare dietro le sue spalle in silenzio, con un grugno che faceva sembrare i bronci del fratello delle vezzose smorfiette. Cristo, se era deprimente. A guardarli dall’esterno, lei e Stiles dovevano sembrare fantasmi entrambi. L’una cupa e rancorosa come racconto gotico raccomandava, e l’altro affogato in un pantano di sentimentalismo inutile.

«Ah» sospirò Stiles e raddrizzò la schiena. «Arrivo!» strillò verso la porta che aveva finalmente raggiunto. Gli era parso di averci messo un secolo.

Strinse i denti e si preparò ad aprire. Sperava sul serio che fuori non ci fosse Derek, ma se ci fosse stato, bene, l’avrebbe affrontato.

 

 

 

«Sicuri che state bene?» chiese di nuovo Lydia, una volta che lei, Stiles e Laura furono riuniti in soggiorno, attorno al tavolo da pranzo su cui lei, sedendosi, aveva appoggiato la cartelletta contenente il frutto delle sue ricerche più recenti e, quasi sicuramente, anche risolutive. Almeno in teoria, e in più modi di quanti ciascuno di loro si sarebbe mai aspettato. Lydia era stata eccitatissima all’idea di discuterne, sebbene avesse ancora parecchie riserve e dettagli da sviscerare prima di raggiungere la certezza assoluta di non essersi fatta abbagliare da una mera illusione. Sino a che non fosse riuscita a togliersi ogni singolo dubbio, aveva intenzione di parlare con Stiles e Laura con cautela. Meglio tralasciare certi aspetti nebulosi, non ancora verificati e più complessi.

Per il resto, Lydia aveva fatto le ore piccole sulla traduzione che stava per mostrare a quei due e, malgrado il sonno perso, si era buttata giù dal letto dopo aver dormito giusto il necessario per non farfugliare o sbadigliare durante l’esposizione delle proprie scoperte. Si era detta che avrebbe scordato tutta la stanchezza davanti all’entusiasmo dei suoi amici; non che Laura fosse esattamente un’amica, e di sicuro a Lydia non faceva piacere vederle tormentare Stiles, ma nello stesso tempo non poteva fare a meno di empatizzare un pochino con lei. Chissà, forse ci era portata perché era una Banshee e Laura era un fantasma. Invece, altro che ripagare i suoi sforzi con esternazioni di felicità: non era ancora riuscita neppure a spiegare che aveva trovato il bandolo della matassa e che, in base a ciò che aveva scoperto, avrebbero potuto risolvere una volta per tutte quell’enorme pasticcio.

La sua idea era stata di annunciare trionfante che avevano davanti un genio, foriero di buone notizie, ma Stiles le aveva aperto la porta con una faccia così abbacchiata che Lydia si era zittita. Non che avesse creduto di trovarlo di buon umore, sapeva che lui e Laura si stavano infastidendo a vicenda, di proposito e non, che si sentivano prigionieri l’uno dell’altra e che non trovavano il modo giusto di interagire. Inoltre conosceva Stiles abbastanza bene da sapere che lui, in aggiunta, si stava di certo macerando tra l’insicurezza e la sensazione di aver combinato il peggior casino inerente a Derek che avrebbe mai potuto combinare.

Pazzesco come l’amore riusciva a complicare le cose, quando non le faceva sembrare da subito molto più semplici e naturali, come era successo a lei con Jordan. Stiles era praticamente un bugiardo patologico, non si peritava di sciorinare le panzane più smaccate in faccia a chiunque, non esclusi quelli che amava. Anzi, Lydia lo sapeva per esperienza, più li amava e più mentiva. Se le frottole avessero potuto formare un alone luminoso attorno a chi se ne sentiva propinare una, nessuno a Beacon Hills avrebbe potuto fissare lo Sceriffo Stilinski senza rimanere abbagliato. Stiles poteva sparare palle con la massima scioltezza e senza nessunissima remora, ma a volte gli rimordeva la coscienza nemmeno fosse stata la prima volta che gli toccava dire una bugia. Il caso presente era uno di quelli, Lydia lo sapeva. Bastava sentire il tono della sua voce o guardarlo negli occhi: Stiles si sentiva in colpa per il fatto che Laura era lì e lui non solo lo stava personalmente tenendo nascosto a Derek, ma stava costringendo tutto il branco a mentire. Ovviamente, i suoi rimorsi riguardavano anche il fatto di aver incastrato la sorella che Derek aveva tanto amato e tanto compianto in una situazione assurda.

Per cui, ok, appena visto il suo muso, ancora prima di varcare la soglia di casa o di rivolgere e lui e a Laura un vero e proprio saluto, Lydia aveva accantonato i desideri di gloria per domandare: «Stiles, tutto bene?» Anche se era stata convinta di conoscere già i motivi del suo malessere.

«Non troppo… ti spiegherò…» aveva mugugnato Stiles e poi aveva occhieggiato Laura.

A quel punto anche Lydia aveva fatto altrettanto e le era venuta meno la convinzione di sapere esattamente cosa stava succedendo. Dio, che muso storto! Riprese a scrutare Stiles, in attesa della sua risposta, e lo vide sbiancare.

«Derek.» Stiles masticò il nome tra i denti come se avesse un sapore amarissimo. «Ieri sera me lo sono ritrovato in camera, seduto sul letto, lo sai come fa lui, è un vizio, ma non importa come è entrato… era in camera mia tutto agitato, perché è Derek e non è che sia proprio Mr. Socievolezza, non ci telefona tutti i giorni, non fa una capatina per il tè e non si aspetta che noi lo chiamiamo a turno per chiacchierare, ma lo nota quando non ci facciamo vivi per niente. Così pare, se non altro. Dice che è preoccupato, che non capisce cosa stiamo combinando e perché lo stiamo evitando. Ha perfino detto che tu controlli se è vivo una volta alla settimana o una roba simile, e che si aspettava che lo facessi e invece… devi aver ferito i suoi sentimenti.»

Stiles fece una pausa, forse per riprendere fiato, e Lydia inarcò un sopracciglio, il cuore della bocca rimpicciolito in una smorfia di perplessità. Laura non diceva una parola, teneva lo sguardo fisso su Stiles e aveva la mandibola contratta. Fosse stata viva le sarebbe venuto un crampo.

«Non…» Pareva che Stiles fosse bloccato perché non riusciva a scegliere le parole, il che per lui era una novità non da poco. Lydia si sentì ancora più stupita, e vagamente sospettosa, nel guardarlo cercare l’attenzione di Laura e scambiare con lei quella che sembrava sul serio un’occhiata d’intesa. Che accidenti stavano complottando quei due?

«Derek ci ha presi in contropiede» riprese Stiles dopo un secondo e con un’espressione più calma. «Me soprattutto… un po’ anche Laura. Lei voleva vederlo, io naturalmente no, non stiamo a ricominciare con questa discussione, ok? Non adesso, vi prego. Tanto non cambia nulla…»

Laura rispose con un’alzata di spalle e continuò a starsene zitta, rimuginando pensieri inespressi.

Lydia era sempre più sospettosa, però iniziava a comprendere che brutto quarto d’ora doveva aver passato Stiles e a sentirsi solidale con lui e in vena di consolarlo. Eppure restava stupita. «Derek è venuto a farti il terzo grado perché io non controllo su base settimanale se è vivo o morto? Derek? Anche se è vero che lo… non pensavo l’avesse notato. Beh, ci credo che sei sottosopra, Stiles, che cosa gli hai risposto? Devo telefonargli o… no, no, sembrerebbe ancora più ambiguo.»

Le parve che Stiles e Laura si fossero di nuovo guardati come per accordarsi. Non che le dispiacesse se trovavano un modo per concordare su qualcosa, semmai era il fatto che gliela nascondessero che le piaceva meno. Era anche vero che lei per prima stava premeditando una notevole omissione; di conseguenza, scelse di rimanere guardinga e di indagare in seguito e,  quando Stiles le rispose che non doveva preoccuparsi troppo, finse di credergli.

«Sul serio» concluse Stiles, fissandosi le mani e aprendo e chiudendo la destra come sovrappensiero, quasi che non fosse sicuro che fosse la sua. «È stato un bello spavento, considerando che non potevo mica dirgli “Ehi, amico, volevo giusto chiamarti, ma poi ho evocato il fantasma di tua sorella e ora è lei qui, anche se non puoi né vederla né sentirla”. No, non il massimo della vita. Alla fine Derek se ne è andato e basta. Non ha insistito…» Su quell’ultima parola la bocca di Stiles prese una strana piega ironica. «È andato via e basta, ok? Non ha capito cosa sta bollendo in pentola. Direi che comunque dobbiamo stare più attenti per il futuro. Scomparire in massa non è stata una gran pensata.»

Lydia decise di dargli corda, almeno per il momento, e annuì, evitando perfino di chiedere a Laura cosa ne pensasse, sia perché lo immaginava, sia perché era certa che se lei avesse voluto dire la sua l’avrebbero sentita forte e chiara. Evidentemente stava reggendo il gioco a Stiles. Beh, da un lato meglio così, visto e considerato cosa Lydia stava per dire a entrambi.

«Cos’hai trovato?» le diede il La Stiles, dimostrandosi ancora una volta ansioso di cambiare argomento. «Mi spiace che ti tocchi fare tutto il lavoro di ricerca, non sono riuscito a recuperare nient’altro di utile su internet e non riesco a uscire, è…»

«Si vergogna che ci vedano insieme» ironizzò Laura, interrompendolo e spiccicando finalmente parola. «Non mi ama abbastanza per rendere pubblico il nostro legame e sottoporlo al giudizio del mondo. E dire che io volevo presentarlo ai parenti.» Fece una brevissima pausa e scosse il capo. «Se abbiamo finito con i convenevoli e le cazzate, mi piacerebbe sentire qualche buona notizia e subito.»

Lydia stava per ribattere a tono quando Laura parlò di nuovo, rivolgendosi direttamente a lei e con la voce che vibrava di effettiva gentilezza. «Per favore, Lydia, dicci se hai novità positive.»

Lydia gettò un occhio su Stiles, che annuì. Dubbiosa ma decisa, lei aprì la cartella e sparpagliò il suo tesoro di documenti sul ripiano del tavolo. Per lo più erano fotocopie, più due fotografie nel formato usato per gli ingrandimenti.

«Ho novità, sì» rispose mentre riordinava gli appunti, sistemava le foto da un lato e metteva in cima al resto un quadernetto aperto su cui spiccavano note scritte nella sua calligrafia ordinatissima.

«Vi ricordate quel primo accenno a una soluzione che avevo trovato leggendo la chiosa a un vecchio manoscritto?» chiese e, al cenno affermativo da parte di Stiles e Laura, spinse una fotocopia verso il centro del tavolo, in modo che potessero vederla bene entrambi. «Ho deciso che era l’indizio più promettente che avevamo e ho cercato di recuperare sia il testo originario che il monaco aveva annotato, sia la versione estesa dei suoi commenti a margine, cioè della sua chiosa, appunto.»

«Deve essere un manoscritto molto antico» osservò Laura stupita. «Anche se vedo che queste sono solo foto del grimorio originario. Come hai…»

Lydia non le diede tempo di finire. «Ho i miei contatti, sia qui che in Francia.» Le sorrise, orgogliosa dell’effetto che la sua affermazione stava producendo. Non era un compito facile lasciare Laura Hale ammutolita, e Lydia non poteva affermare che le dispiacesse di esserci appena riuscita. Piuttosto preferì tralasciare il dettaglio che il contatto in questione si chiamasse Argent di cognome. Beh, circa. Tecnicamente le foto le aveva mandate Isaac dalla sua casella mail, e Isaac non era un Argent e nemmeno un cacciatore; era un Licantropo e per di più uno dei Beta di Derek, quindi magari a Laura, malgrado non lo conoscesse di persona, sarebbe anche andato a genio il pensiero che lui li stesse aiutando. Già… non ci fosse stato il fatto che poi avrebbero dovuto spiegarle come ci era finito uno dei Beta di Derek “tra le fila del nemico”. Lydia non era certa che Stiles le avesse raccontato quella parte della storia del vecchio branco di Derek, ed era sicura che avesse omesso ogni accenno alla motivo per cui Isaac aveva lasciato Beacon Hills, perché della morte di Allison lui non parlava. In ogni caso, nel dubbio, non voleva rischiare.

Laura doveva essere stata in gamba da viva. Aveva fatto da madre a Derek, l’aveva tenuto a galla dopo l’incendio, si era fatta carico praticamente da sola sia del ruolo di capofamiglia sia di quello di capobranco. Non doveva aver vissuto una vita facile ed era stata brava nell’inculcare nella testa dura del fratello, e anche nel suo cuore, quel tipo di speranza tenace e dura a morire e quel tipo di coraggio e di forza d’animo che tutt’ora lo sorreggevano. Se, nonostante le mille traversie, non ultimo l’averla persa tanto giovane, Derek era ancora in piedi, un certo merito Laura doveva pur averlo. Solo che era così furibonda per ciò che le stava succedendo attualmente da essere diventata prevenuta. La diffidenza era di famiglia, a quanto pareva. Comunque fosse, Lydia preferiva andarci con i piedi di piombo e visto che Laura non le stava domandando chi fossero i suoi tanto vantati contatti – magari pensava che Lydia potesse contare su una sorellanza internazionale di Banshee – era meglio lasciar cadere l’argomento, prima che Stiles la tradisse con un accenno a Chris.

«Ho fatto bene a recuperare il testo intero» dichiarò, riprendendo subito il filo del discorso. «Ci ho messo tutta la notte a tradurlo in modo soddisfacente, ma sono sicura di non aver fatto errori e ho trovato un passo interessantissimo.» Tamburellò sui suoi appunti, incapace di rinunciare al gusto di creare un briciolo di suspense.

Stiles e Laura parevano essersi rianimati un tantino, anche se meno di quanto lei avrebbe sperato. Entrambi rimasero a fissarla in attesa senza omaggiarla nemmeno di un’esortazione carica di fervore, Stiles tormentandosi distrattamente le mani e Laura rigida come una statua.

Lydia scosse impercettibilmente il capo e iniziò a leggere dal notes. «Uno spirito che sia stato richiamato su questa terra da un Emissario, allo scopo di diventare il suo Tramite, potrà tornare libero se vorrà davvero sacrificare il proprio interesse a quello del branco.»

Laura la guardò come se non avesse compreso. Perfino Stiles sembrava un po’ deluso. Non c’era proprio verso che le dessero soddisfazione! Ok, forse avrebbero tirato fuori la giusta dose di entusiasmo se Lydia avesse parlato più chiaro ancora, ma le implicazioni di ciò che il grimorio affermava erano tutte lì, nel testo come nella sua traduzione. Sul serio non ci arrivavano?

Lydia aveva letto il punto incriminato nella versione che, traducendo, aveva cercato di rendere meno aulica e astrusa per un eventuale lettore moderno, però non aveva tralasciato nulla di nulla del significato. Le venne quasi voglia di azzardare un commento che indirizzasse il suo piccolo pubblico verso quell’ulteriore idea che a lei era venuta fin dalla prima lettura. Si trattenne ricordando a se stessa che, anche se sentiva di aver ragione, ed essendo una Banshee c’erano ancora più possibilità che la sua intuizione fosse giusta, non poteva esserne sicura. La sola certezza era che, se Laura avesse smesso di fare la testarda e si fosse ammansita, comportandosi davvero da buon Tramite, in realtà avrebbe potuto sganciarsi da Stiles, se era quello che voleva.

Lydia lo ribadì a voce alta.

«Che secondo quel libro dobbiamo collaborare ce l’avevi già detto.» Laura si strinse nelle spalle. «Cosa c’è di tanto nuovo ed elettrizzante?»

Stiles stava iniziando una tirata similare. Una di quelle in cui vomitava un fiume di parole anche peggiore del solito perché era agitato. Il classico sfogo tipico di Stiles, in cui i concetti venivano ribaditi ottocento volte nella stessa frase. Stiles quando perdeva il controllo tendeva a essere ridondante. Lydia lo sapeva e lo zittì chiamandolo per nome con tono perentorio.

«Non mi sembra affatto la stessa cosa che avevamo dedotto dalle sole chiose» obiettò rivolta a Laura, non appena riebbe la parola. «L’amanuense non aveva capito il senso di almeno uno o due termini, o meglio, aveva semplificato a modo suo il significato originario, traviandolo senza accorgersene. Qui non si parla più di collaborare. Qui si parla di interesse del branco e di metterlo davanti a quello del Tramite. Tu sei il Tramite, Laura. Lo so che non sei felice di esserlo, di stare vicino a Stiles e nemmeno del fatto che stiamo tenendo Derek all’oscuro. Ma vuoi fidarti di me? Il solo modo che hai per liberarti è fare come c’è scritto nel grimorio. Non esiste un’altra soluzione.»

Stiles sembrava ancora abbattuto, Laura invece la affrontò battagliera. «Di te mi fido. Potrei chiederti come diavolo faccio a sapere se hai tradotto giusto e fare un milione di altre domande, ma mi fido. Qualcosa mi dice che non sbaglio. Ma quale sarebbe l’interesse del branco a cui sacrificare il mio, secondo te? Ti sembra così ovvio e lampante?»

Lydia fece un cenno per impedire che Stiles rispondesse, perché gli si leggeva chiaro in viso che stava per esplodere di nuovo.

«Forse» esordì, sostenendo lo sguardo di Laura senza la minima esitazione, «se anziché continuare a fare i dispetti a Stiles o a opporti a qualsiasi cosa, tu provassi prima di tutto a rilassarti un po’, a conoscere Stiles, a capire perché desiderava che il branco un domani avesse un Tramite, curiosità a parte, piano piano ne verreste a capo. Forse devi solo iniziare a comportarti davvero come un Tramite per poter smettere di esserlo. Ci hai mai pensato?»

Con sua grande sorpresa, Laura dapprima si rabbuiò ancora di più ma, dopo un istante, parve decisa a ragionarci su davvero e a farlo subito.

Lydia intanto osservò Stiles e sperò che riuscisse a rimanere in silenzio ancora per un paio di minuti. Stiles somigliava a una pentola di fagioli in ebollizione e borbottava sottovoce. Malgrado ciò riuscì a cucirsi la bocca e concesse a Laura un pausa di silenzio di lunghezza notevole. Alla fine Laura sospirò e, per quanto non apparisse contenta, annuì con il capo.

«Ok» disse asciutta. «Proviamo. Se è quello che devo fare, ci sto. Tanto è chiaro che Derek non mi vede, neppure quando sono sotto il suo naso, e voi non gli direte mai che sono qui, quindi va bene, mi arrendo. Tregua. Nel frattempo spero che anche voi riflettiate su quanto è importante per me parlare con mio fratello e io… farò del mio meglio per essere accomodante. Ok. Farò il Tramite come dici tu, Lydia. Se… se Stiles ha domande da pormi sulla Licantropia, sugli Hale, su faccende da Emissario, posto che io sappia come, gli risponderò. Farò la mia parte.»

Anche se non stava più guardando Stiles, Lydia lo sentì tirare il fiato. Dubitava che lui fosse davvero convinto e lei stessa non era stupida, aveva notato la fatica immensa che aveva permeato il discorso di Laura. Doveva essersi sforzata anche solo per non accostare un insulto al nome di Stiles, come faceva di norma. Restava il fatto che quello sforzo Laura l’aveva fatto.

Lydia decise di concederle fiducia e anche di sperare che una collaborazione tra quei due potesse funzionare davvero. Se lo augurava di tutto cuore, per il bene di entrambi.

 

 

 

Laura credeva sul serio in Lydia. Quella ragazza era proprio sveglia e si vedeva. Era intelligente, volitiva e determinata. Si era procurata chissà come e in soli sei giorni le pagine più rilevanti di un grimorio così antico che avrebbe anche potuto non esisterne più nemmeno una copia. E quell’una che evidentemente esisteva ancora non poteva che essere in mano a qualche collezionista o conservata in un museo. Dio solo sapeva come Lydia aveva ottenuto le foto del libro. Ma l’aveva fatto e, se da un lato l’istinto diceva a Laura di non indagare troppo sul metodo, dall’altro le diceva anche che gli ingrandimenti erano davvero quelli del grimorio in questione e che Lydia Martin non era una che sbagliava traduzione. Santo cielo, all’età di Lydia la gente di norma non avrebbe saputo dove mettere le mani per tradurre un testo simile, e lei invece… era una cosa che Laura le aveva letto in faccia: Lydia aveva tradotto correttamente. Quindi ciò che aveva riferito loro era esatto. Il che a Laura sarebbe parso ottimo, non fosse stato per due motivi.

Uno: non capiva proprio quale fosse questo tanto fondamentale interesse del branco che avrebbe dovuto mettere davanti al proprio. Non capiva neppure come si potesse parlare di branco riferendosi a quel gruppo tanto eterogeneo di creature, figurarsi immaginare che esistesse un interesse comune a tutte a cui lei dovesse sacrificarsi.

Due: non importava quanto lei desiderasse tornarsene al suo bell’angoletto di oblio, lontano da futuri Emissari idioti, non si sarebbe mossa prima di aver risolto la questione di suo fratello. Derek stava sprecando la sua vita e il suo tempo nel branco sbagliato e, dal momento che era a Beacon Hills ed era in possesso della propria coscienza, Laura riteneva un proprio dovere inderogabile farglielo capire e spedirlo da Cora. Se Cora era viva il posto di Derek era accanto a lei, punto e basta. Cora era branco e famiglia, gli altri non contavano. Era così che funzionava, specie per i Lupi Mannari nati. Non c’era nemmeno da pensarci.

Ergo, anche se si era detta volenterosa di arrendersi e di collaborare con Stiles, Laura in effetti non ne aveva affatto intenzione. Aveva i suoi piani e solo una volta portati a termine quelli avrebbe riflettuto sul testo del grimorio. Nel frattempo era disposta a fingere. Non voleva che nessuno la ostacolasse e quindi in apparenza si sarebbe ammansita. Sarebbe addirittura stata gentile con Stiles, se necessario, avrebbe risposto alle sue domande sceme. Si sarebbe mostrata rassegnata e docile come un agnellino, se era quello il modo per ottenere ciò che voleva. Nel mentre, avrebbe studiato un piano per avvicinarsi a Derek.

Se ripensava all’incontro fugace della sera prima le si stringeva ancora il petto e il cuore le faceva talmente male che le sembrava di essere di nuovo viva. Beh, comunque non poteva lasciarsi distrarre dall’emotività, doveva riflettere. Quello che era successo con Stiles era stato sconvolgente, sì, ma poteva tornarle utile. La prima domanda da porsi era: cosa era accaduto con esattezza?

Finché Lydia non era andata via, salutando lei e Stiles con un sorriso sia inquieto che speranzoso, Laura non era riuscita a concentrarsi. Ragion per cui, subito dopo che avevano accompagnato Lydia alla porta, lei si era smarcata immediatamente.

«Se non ti spiace» aveva annunciato, lasciando trasparire un pizzico di irritazione, perché cominciare a comportarsi fin da subito come uno zuccherino l’avrebbe solo resa sospetta, «possiamo iniziare a collaborare da domani. Sono ancora sottosopra per… lo sai. Se per te è lo stesso, oggi proporrei di limitarci alla tregua. Fai qualunque cosa tu debba o voglia fare e io me ne starò il più in disparte possibile. Se vuoi uscire mi sistemerò dentro la macchina. Come preferisci. Solamente non ho una gran voglia di parlare, per oggi.»

Stiles aveva annuito con vigore ed erano tornati in camera sua. Lui si era gettato sul letto, in una posa scomposta a pancia in giù, tenendo il viso rivolto verso il muro.

Per quel che Laura riusciva a capire, dopo un po’ si era addormentato. Meglio così. Le aveva concesso giusto il silenzio e la calma necessari per pensare. E Laura stava pensando da quasi un’ora. Era arrivata a una conclusione entro i primi dieci minuti, malgrado stesse ancora lottando contro una certa incredulità di fondo. Il suo cervello era testardo e continuava a ripeterle che lei sapeva benissimo cosa era successo con Stiles la notte precedente.

Laura, alla vista di Derek, aveva agito seguendo un istinto che non si era aspettata di possedere, che l'aveva spinta in una direzione ben precisa. Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma era come se una fonte di conoscenza si fosse sbloccata dentro di lei e le avesse suggerito il da farsi.

Detto a voce alta sarebbe suonato folle, o forse no. In fondo chi meglio di una come Laura, che era Licantropo per nascita, sapeva quanto era giusto il detto “Dietro ogni leggenda c'è un fondo di verità”? Nelle leggende i fantasmi spesso possedevano i vivi e utilizzavano i loro corpi a piacimento, servendosene per fare cose che altrimenti sarebbero state precluse alle loro forme incorporee. Laura aveva usato le corde vocali di Stiles, aveva mosso il suo corpo e accarezzato Derek tramite le sue mani. Non se l'era sognato, e non aveva solo immaginato di trovarsi dentro di lui, la sua essenza – l’anima, per così dire – era stata racchiusa nella carne viva di Stiles. Di norma Laura gli passava attraverso, ma davanti a Derek le cose erano andate in modo diverso.

Ah! Aveva sul serio toccato il fratello. Se si concentrava poteva ancora avvertire la sensazione del viso di Derek sotto le dita. Barba lunga a parte, era stato tutto così familiare, come se non fossero passati anni dall’ultima volta che Laura aveva compiuto un gesto affettuoso nei suoi confronti. Contemporaneamente, le era parso che, mentre lei era sperduta nel nulla eterno, ogni cosa fosse cambiata. Derek era un uomo fatto ormai. Aveva ancora quel perenne dolore nello sguardo, e le sue labbra piegavano sempre verso il basso, ma… Laura non era in grado di rendere le sue emozioni meno ingarbugliate e di spiegarsi meglio, perfino con se stessa.

«Dovrebbe avere più cura di se stesso, però. Aveva le occhiaie, e quel cavolo di barba…» mugugnò a voce bassissima, o forse si limitò solo a pensarlo.

Che le piacesse o meno, Derek era cambiato, sì. Era cresciuto ulteriormente, senza poterla avere accanto, e doveva essere stato forgiato una volta per tutte dalla lunga serie di avvenimenti che Stiles le aveva riferito. Su quello che aveva passato mentre lei non c’era, in quel momento Laura non voleva spaccarsi mente e cuore. Tanto non poteva tornare indietro per proteggere il fratello, anche se avrebbe dato qualunque cosa pur di riuscirci.

Per distrarsi dall’idea di tutte quelle traversie, che comprendevano tra l’altro Cora in fin di vita – il pensiero riempiva Laura di un misto inestricabile di rabbia e di orgoglio da sorella maggiore – si concentrò sul domandarsi che cosa avesse spinto Derek fino in camera di Stiles.

Derek aveva parlato poco e, soprattutto, Laura non aveva sentito quasi nulla di ciò che aveva detto a Stiles. Certo, aveva visto il fratello muovere le labbra, aveva colto la sua preoccupazione e afferrato vagamente un tono di lamentela riguardo a qualcosa legato al branco e a come lo trattavano, ma in effetti era stata troppo sconvolta ed emozionata per riuscire ad ascoltarlo davvero. Più che la conversazione in sé aveva trovato rivelatore il discorso di Stiles a Lydia di poche ore prima.

Chissà perché, poi, Derek per muovere le sue rimostranze sul fatto che lo stessero ignorando aveva scelto proprio Stiles e non Scott che era l'Alpha. Ok, Scott era un ragazzetto cretino, ma rimaneva il capobranco. Uno di quelli potenti, per giunta, sebbene Laura odiasse ammetterlo. Ogni santa volta che Scott arrivava lì da Stiles per verificare che andasse tutto bene – come diavolo avrebbe potuto? Dio, che accozzaglia di stupidi! – si ostinava a cercare di parlarle direttamente e non c'era volta che non si rendesse ridicolo tentando di azzeccare la sua posizione per rivolgersi a lei con naturalezza, finendo con l'apostrofare un muro, una lampada, lo scaffale. Non era mai un bello spettacolo.  Ciononostante, anche se era un coglione, almeno agli occhi di Laura, Scott sembrava essere davvero un Alpha Naturale, dunque qualche dote doveva pur possederla. E poi era l'Alpha del branco a cui suo fratello si ostinava ad aggregarsi. Derek lo sapeva che in caso di necessità, di dubbio o di pericolo bisognava interpellare l'Alpha per primo. Derek era Derek, ok, ma quelle erano le basi, santo cielo.

Eppure Derek era corso da Stiles, non da Scott, e Laura non se ne capacitava. A meno che... sì, aveva una sua logica, Derek doveva essere andato a parlare con Stiles in quanto Emissario del branco. In fin dei conti quel gruppo eterogeneo di creature assurde – le avevano detto che contava perfino una Kitsune, anche se Laura non l'aveva mai vista perché era via con i genitori per le vacanze estive. Una Kitsune, roba da matti. Lupi e volpi non andavano d'accordo, era risaputo – non era il branco originario di Derek. Non avrebbe dovuto mai esserlo, ecco. Specie con Cora viva e un'altra Hale, quella Malia che a quanto pareva era sua cugina, in giro chissà dove. Però Derek, il cielo sapeva perché, si era convinto di dover restare a Beacon Hills e di doversi unire a quegli adolescenti senza arte né parte. Nulla di strano che un branco così mal assemblato considerasse un novizio druido alla stregua di un vero Emissario e che Derek si stesse adeguando. Solo che restava una situazione folle e senza senso e, a maggior ragione, Laura non poteva aspettare oltre, doveva parlarne con Derek e farlo ragionare.

Stiles non avrebbe mai lasciato che si incontrassero di nuovo. Non c’era da farsi illusioni sul punto. Laura lo dava per scontato, ma non intendeva scoraggiarsi.

Quando l’aveva posseduto, anche se era durato un attimo, Stiles aveva fatto ciò che voleva lei. Più che logico, era così che funzionavano le possessioni, almeno nei libri e nei film, che erano la sola fonte su cui Laura potesse contare, visto che era stata la prima volta che possedeva qualcuno e quindi poteva dirsi una novellina inesperta. Il nocciolo della questione era proprio quello: il posseduto non poteva fare altro che arrendersi alla volontà dell’ospite.

Se fosse riuscita a rifarlo e a possedere Stiles un’altra volta e più a lungo, avrebbe potuto andare da Derek, dirgli che era lei, convincerlo.

Sul momento, la notte prima, era andata in panico e aveva perso il potere di controllare il corpo di Stiles. Poco male. Se era stata in grado di muoversi e parlare attraverso di lui voleva dire che aveva la capacità per riuscirci di nuovo. Doveva solo concentrarsi e sperimentare un po’, magari mentre Stiles era addormentato, perché era difficile immaginare che da sveglio l’avrebbe lasciata tentare. A nessuno piace l’idea che qualcun altro prenda il suo corpo in prestito e poi Stiles non voleva che lei e Derek si parlassero. Inoltre in qualche racconto, se Laura non si sbagliava, c’era scritto che chi è in stato di incoscienza fin da subito è più facile da possedere. II concetto non era illogico.

Laura non sapeva ancora dove trovare Derek e anche quello era un problema, ok, ma l’avrebbe ovviato in seguito. Prima doveva essere sicura che, se lo desiderava, Stiles le avrebbe fatto da perfetto tramite, anche se non nel modo in cui lui avrebbe inteso il termine.

 

   
 
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