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Autore: KH4    05/03/2016    1 recensioni
Estratto dal prologo:
"Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente. Non è nel tuo stile. Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai, essere la svolta di una situazione prossima al fallimento. Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo, e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore. La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile. Soltanto allora, ne saresti soddisfatto." 
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Marian Cross, Nuovo personaggio | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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Sulle orme del tradimento (parte 2)



Logo Hell's Road.

Hell’s Road.


25 / Sulle orme del tradimento.


Dopo essere andata alla deriva fra le pieghe del cielo notturno, l’Arca Bianca aveva cessato ogni movimento, limitandosi a galleggiare immobile mentre il corpo si disperdeva in milioni di frammenti grandi quanto le tante stelle in cielo. Nei pochi anfratti che ne tenevano ancora unito il cuore, Amèlie si muoveva completamente ricoperta di polvere; una velo di ragnatele ne annodava la lunga chioma in ciocche arricciate, scendenti ai lati del viso selenico, dove gli occhi ancor più neri schioccavano stilettate di indescrivibile ardore. Un qualsiasi commento ai suoi abiti malmessi o alle esigue tracce di rossetto incastrate fra i raggrinzimenti delle labbra le sarebbe scivolato via senza possibilità di attecchire; le sue mani si articolavano rapide in un oceano di carte e parole dal filo logico spezzato, a tratti fuorviante e inutile per il suo scopo.
La stanza del Quattordicesimo. Il solo suono disuniva la sua acidità per lo sporco e il dovere morale di scostarselo con la stessa imperatività di un mantra. Nell’infilarsi il taccuino nero in tasca, si era guardata attorno per una manciata di secondi scarsi prima di sostituire il pesante silenzio con un incessante fruscio cartaceo. Doveva sapere di più. Automatico, una priorità da colmare prima che il tempo a sua disposizione non la obbligasse a fuggire per mettersi in salvo. Se c’era la più remota possibilità di carpire anche solo un briciolo di tutta quella faccenda, non l’avrebbe sprecata a contemplare le pareti nella più inutile delle incredulità. Sfogliato un altro plico di appunti per un tempo inferiore ai venti secondi, lo lanciò via svogliatamente - come aveva fatto per tutti gli altri precedenti -, scattando in piedi; Timcampi sobbalzò appena, indietreggiando di qualche centimetro, ma finì per immobilizzarsi non appena lei lo incatenò con la sola forza dello sguardo. Intuiva il suo coinvolgimento, di qualunque natura essa fosse, e pretendeva conoscerne il ruolo.
- Tiiim. – Suadente, ne canticchiò il nome, scoprendo il collo nudo non appena inclinò la testa di lato.
Immediatamente, il boccino reagì come un bambino colto con le mani incastrate nel barattolo dei biscotti: scosse il corpo prima a destra e poi a sinistra, in un costante movimento impacciato che cercò di cancellare la visuale di quello sguardo ferino e della sua intenzione di smontarlo pezzo per pezzo qualora fosse stato necessario. L’anomala connessione del golem dorato a quella particolare ala dell’Arca Bianca incalzava imperterrita nella testa laboriosa della francese senza riuscire a trarre al dì fuori di lui un’ulteriore radice comune. Timcampi apparteneva al Generale Cross, esattamente come ciascun oggetto presente in quella stanza era stato di proprietà del Quattordicesimo. Ciò nonostante, il dubbio ne increspava la convinzione con fatti di incontestabile verità e domande di cognizione logica sfioranti l’assurdo.
- D’accordo: adesso basta con le stronzate. –
Le linee appuntite di Lucifer balenarono minacciose contro i fogli sollevatisi per aria. Quel gelido solleticare dava l’impressione di volersi burlare di lei, costretta a puntare la base della falce al pavimento per placare il forte capogiro che la investì. Alla sua anima innervosita rodeva che la stanchezza cominciasse a farsi sentire con le palpitazioni delle ferite a bruciare sotto le fasciature improvvisate, ma il vantaggio della solitudine era la totale assenza di occhi e mani che reputassero la sua debolezza come una valida ragione per aiutarla; sapeva di peccare in efficienza quando la sua testa era compressa in un cerchio di metallo che ne stringeva le viti contro le tempie e niente avrebbe potuto farle saltare i nervi più di quei fugaci contatti che ne pizzicavano la pelle scoperta, ma mai Amèlie Chevalier si era messa nella posizione di elemosinare aiuto e mai avrebbe contraccambiato eventuali gentilezze nei sui confronti con parole che sempre sostistuiva con il suo essere pronta a tornare in gioco come se nulla fosse accaduto. Indipendente, forte, orgogliosa. L'idea di dipendere dagli altri o di essere debole la repelleva al punto da ritenere più fattibile uccidersi con le proprie mani che lasciare una tale gioia ai suoi avversari. Ritrasse la falce soltanto dopo aver scrutato ogni angolo presente, focalizzando la propria attenzione su Timcampi, che aveva atteso di essere osservato prima di scomparire nella parete di sinistra, in un antro di cui la corvina svelò l’illusione non appena fu sufficientemente vicina da cogliere il semplice gioco d’incastro che i muri creavano. Un vistoso letto a baldacchino dominava la stanzetta con tendaggi e lenzuola dai sottili fili argentati, usati per cucire un intricato motivo sulla stoffa blu notte. La Maitresse della Rosa Nera si lasciò sfuggire un grugnito al ripensare quanto le mancasse il suo giaciglio, unica comodità che potesse addolcirne i muscoli atrofizzati.
Fra le pieghe impolverate scorse un piccolo bozzolo agitarsi.
- Tim? -
Le ali sporgevano luminose da sotto le lenzuola, dove la guancia paffuta strusciava in cerca di un calore estinto che l’Esorcista gli regalò con una carezza sulla tonda testolina; lo conosceva da troppi anni per affermare che non fosse in grado di comportarsi come un essere umano, ma il rammarico che espresse la lasciò semplicemente interdetta.
- Non sforzarti, stupidino –, mormorò all’accorgersi delle luminose gocce trasparenti che, in un coraggioso sforzo, il piccoletto cercava di trattenere.
Che la faccenda fosse più grande di lei lo aveva tenuto da conto sin dal principio, ma l’assurdo crocevia di nodi e legami impostosi le stava chiedendo di plasmare qualsiasi improbabilità in ipotesi, di scorgere nell’impensabile una finestra di valide possibilità. O rogne, nel comune linguaggio sboccato. Perché era di rogne che si trattava, in fondo; nessun’altra accozzaglia di snervanti proporzioni ne avrebbe obbligato i neuroni a non impazzire per il continuo martellare della testa. Fu in quel momento, lasciando vagare gli occhi lungo le linee delle lenzuola, che la mano corse ad afferrare un'inusualità che ne aveva fatto aggrottare la fronte. Sporgeva appena, quasi mimetizzato fra le sottili arricciature di ruvido argento, ma nel tastarlo Amèlie riconobbe il metallo di un pendente. 

Il ricordo è l’unico paradiso dal quale non possiamo essere cacciati.* 
K. D. Campbell.

Così recitavano le parole marchiate a fuoco sul ruvido ciondolo di quella lunga catenina dorata sfilata da sotto il copriletto sfatto. E neanche a voler complicare ulteriormente la questione, sull'altra faccia svettava un blasone identico a quello scorto nel corridoio precedente la stanza segreta. 
- Adesso che hai da agitarti? –
Espirando l’aria malsana del posto, piegò il collo, richiamata dalle movenze del boccino, riscosso dal suo triste torpore per cimentarsi in qualcosa che la francese non riuscì a spiegarsi: tirava, spingeva, si muoveva a destra e a sinistra, il tutto condito da un’inusuale trepidazione che però pareva sapere esattamente cosa cercare. Quando finalmente ebbe finito di rovistare, sbucò fuori con la boccuccia impegnata a reggere un consunto libro grande il quadruplo di lui. Il gancio di chiusura stipava un contenuto dismesso e profondamente danneggiato; angoli di fogli bruciacchiati sporgevano senza il benché minimo senso dell’ordine. Nessun titolo, nessuna firma o segno esterno che non fosse il lieve puzzo di pelle morbida che ne aveva consumato l'eleganza. 
- Era suo? – Domandò al golem dorato, intento a scuotere il corpicino tondeggiante per ripulirsi grossolanamente dalla polvere – Era del Quattordicesimo? –
Timcampi tacque, fissandole il viso con quell’insistente immobilità rassomigliante una chiara sollecitazione al darsi una risposta da sola. Instillato il dubbio, non rimaneva che trovare conferma a quella connessione, munita di più ramificazioni di quante Amèlie potesse stimare e che per una maniaca estremista del controllo quale era lei, possedere era l’unica maniera per non rimetterci il senno.
Notò immediatamente la dissomiglianza che contraddistingueva le pagine ruvide del taccuino a quelle di carta velina tastando il cuoio pesante della copertina, celante una contenuto per la maggior parte tramutato in cenere. Il poco rimasto rischiò di scivolarle in grembo, un esiguo malloppo di indefinitia utilità.
- Una data che risale a più di trent’anni fa e una seconda calligrafia -, scoprì la donna nel dare una lettura approssimativa del contenuto – Mi dirai tu quello che voglio sapere? –

Agosto.
Quanti giorni sono trascorsi? A malapena sono consapevole di essere io, sempre che lo sia…
E’ difficile dirlo quando ti svegli senza esserti reso conto di dove ti sei addormentato,
dopo che il dolore ha terminato di estraniarti dal tuo corpo.
Il mondo scorre, vive…Mentre io sono appena padrone di me stesso.
Lui starà bene? E’ la sola cosa che mi preoccupa.

Dicembre.
Sto scivolando…Sempre di più…
Fa così male…Così male…Che non riesco a respingere l’impressione di stare soffocando nel mio sangue.
Posso vederlo agitarsi all’interno dello specchio mentre mi trasmette con la sua folle pazienza una resa che riflette tutta la mia inettitudine.

Giugno.
Niente di quanto mi è sempre stato caro pare essere rimasto lo stesso.
Il sole brucia...Tutte le sensazioni impresse nei pochi istanti trascorsi sotto la sua luce sono annichilite nella solitudine dei miei respiri.

La verità è che come esistenza sono sempre stato piuttosto labile e non credo di aver mai fatto nulla per dimostrare il contrario: soltanto la tua vicinanza colmava il mio disorientamento.
Dimmi, Neah, adesso che non è più così…Riusciresti ancora a volermi bene?


Amèlie proseguì nella lettura scoprendo con forte disappunto che enormi macchie di inchiostro essiccato ricoprivano gli scritti già tartassati da violente cancellature. Tutto materiale pressoché irrecuperabile, a cui si aggiungevano ulteriori riquadri di carta sopra cui si era formato una spessa crosta scura, sebbene per quegli ultimi sussistesse una possibilità di recupero più alta delle altre. Il meccanismo che teneva ben in moto la sua mente volò verso un futuro progettato per i piccoli obiettivi che ordinatamente stilò a seconda delle priorità: capire chi fosse l’autore di quelle parole visibilmente intrise di una paura che ne aveva storpiato la calligrafia rientrava fra quelle, oltre al primo nome significativo. L’unica certezza in suo possesso era che il crescente timore trascritto in ogni riga non appartenesse a chi aveva scritto la dedica nella pagina iniziale, ne al Quattordicesimo. Non si trattava di una semplice questione calligrafica, ma di due caratteri diametralmente nati per essere l’uno l’opposto dell’altro.

Ottobre.
Tu e io ci siamo sempre comportati come se il mondo attorno a noi non potesse esistere senza che fossimo insieme.
Ho sempre cercato di raggiungerti, in qualunque momento, in qualunque posto;
il solo calpestare la tua ombra mi rassicurava, come se, di punto in bianco, fossi ritornato in possesso di una parte di me che credevo perduta.
Adesso riesco a capire il perché.
Quando scorgo il mio viso nel vetro posso vedere la ragione nascosta dietro il desiderio di rimanerti a fianco e il pensiero che tu condivida questa sorte mi terrorizza più di tutti i miei incubi.
Devi fuggire, Neah. Ovunque tu ti trovi in questo momento e qualunque siano le tue intenzioni, non guardarti mai indietro.
Niente mi conforterebbe più del saperti al sicuro, in un posto dove le mie mani non potranno mai trovarti.


- Che altro c’è? -
Un sinistro luccichio sfilò scintillante sull’ultima pagina rimasta. La francese sollevò il mento riuscendo ad adocchiarne la flebile scia violacea assottigliarsi dietro una tenda di velluto rosso; con il resto dello scritto illeggibile, chiuse il tomo con tutta la delicatezza necessaria a impedirle di ritrovarsi fra le mani più brandelli di carta di quanti ne avesse trovati all’inizio. La rapidità con cui scese dal letto e divise il piccolo sipario spiegò una rientranza cullata dalla penombra che le restituì un’immagine straordinariamente luminosa. Uno specchio incastonato nella parete in fondo ne catturò ogni movenza mentre gli si avvicinava con l’eco dei tacchi a misurarne la distanza.
Da perfetta amante della propria immagine, la grandezza di quella lastra poteva compiacere l’ego di Amèlie e molto altro che al momento non le occorresse esternare, ma fermatasi a pugno di metri, le viscere nel suo stomaco si contorsero in una morsa quasi dolorosa. La conoscenza era un dono da curare costantemente e il prezzo per il suo ottenimento consisteva nel rincorrerla per tutta la vita. La tenebrosità nei suoi occhi rifiutò quel compromesso nel preciso istante in cui concepì che il suo sbirciare l’avrebbe costretta a giocare fino alla fine. Era veramente pronta a gettarsi in un caccia ossessiva di tale portata? C’era il fondato pericolo di perdersi in qualcosa di molto più mostruoso dei comuni Akuma e il confine che divideva la curiosità dall’ossessione propendeva ad assottigliarsi facilmente. La grande copia di sé, mirata troppe volte nelle ultime ore, le diede inspiegabilmente fastidio e non per le abrasioni e i tagli che le dita avevano toccato per saggiarne la profondità. Le dava l'impressione di cogliere parti destinate a rimanere tacite per un bene superiore, odiosi difetti basati sulla convinzione che l’uomo in sé fosse una creatura a più strati, lei compresa.
Decise di non pensarci. Non le occorreva sapere, non ora, anzi, mai; se davvero non avesse voluto correre rischi avrebbe mandato a quel paese tutta la questione ancora prima di mettere piede a Edo. E quanto alla sua immagine troppo nitida...Non era lei a doverla a temere, ma tutti gli altri.
L’unica necessità da colmare si focalizzava sul gioiello che sfilò con abile colpo di falce dall'elaborata cornice di pietra, fra arricciature che ne avviluppavano la superficie vetrosa senza scalfirla. Il Globo Alchemico planò nel palmo della sua mano sferzando un viola d’oscurità luminescente; constare che al suo interno si agitavano bianchi simboli appartenenti a un alfabeto moderno fece quasi credere ad Amèlie che, forse, un minimo di misericordia era stato messo da parte per la sua anima dannata. Lo girò fra le dita studiandone il colore frastagliato da lampi azzurrini; la dimensione poco più grande di un golem da ricezione le suggerì che si trattava soltanto di mezzo incantesimo. L’altro pezzo doveva essere stato nascosto altrove, ma era proprio la locazione che insospettì la francese. Il Globo Alchemico funzionava esattamente come una Chiave Alchemica: lo si usava per aprire una porta e la sua maggiore utilità stava nel poter essere scomposto in più parti, per tutelare maggiormente qualsiasi segreto dovesse proteggere. Ma in quel caso occorreva che i pezzi fossero a portata di mano o che ci fossero più persone nei posti dove i frammenti erano stati nascosti, perché l’unica maniera di aprire una porta segreta con un Globo Alchemico diviso era ricomporne la catena di simboli: una volta riordinato il primo pezzo, si avevano a malapena sette secondi per fissare l’altro e così fino alla ricostruzione completa, concludente con lo sbloccare del meccanismo che proteggeva.
- Allora è per questo che ti servivo… - Ed espresse il suo personale giudizio con un suono derisorio misto al disprezzo, che fuoriuscì dalle sue labbra mentre articolava il polso in un movimento morbido e circolare -  דיסק שעתוק*. –
Una morbida sferetta di luce rossa si accumulò nel palmo orizzontale della francese, diramando un paio di linee che si intrecciarono e chiusero in due cerchi paralleli soprastanti le dita ritte. Simboli alchemici identici a quelli racchiusi nel gemella violetta fecero la loro comparsa uno a uno, posandosi ad altezze diverse sulle linee create fino a comporre un disco ovale di rotazione oraria che Amèlie, una volta completo, sovrappose alla sfera scura, facendola lievitare al suo interno. L’ordine originale non sembrava essere stato trascritto in base a una combinazione personale, quindi non restava altro che risistemare la catena seguendo quello alfabetico.
- רְצוּעָה*. – Sfiorati i simboli impressi sul disco, questi si infiltrarono nel palmo di Amèlie che, pigiato l’ultimo, chiuse la mano in un pugno solido.
Il filamento bianco che scivolò nel Globo Alchemico una volta che la mano si fu riaperta ne agitò il contenuto acquoso, mescolandone freneticamente il contenuto; la catena iniziò a ricomporsi lentamente, dalla coda alla punta, attorcigliandosi in una spirale che si immobilizzò nel centro una volta completata anche la testa. All’udirsi di un eco sordo, uno schiocco metallico penzolante da qualche soffitto distante, il vetro liscio della sfera si riempì macchie opache, scricchiolando fino a diventare una comune pietra.
- Così dovrebbe andare. –
E avrebbe sospirato soddisfatta di ciò, se una violenta scossa non ne avesse innalzato il pavimento sotto i suoi piedi. Il fianco ferito incontrò l’abbraccio del muro e un gemito strozzato espresse tutto il furore della Maitresse della Rosa Nera per l’odiosa improvvisata.
- Dannazione! Tim! Tim!!! – Si lanciò fuori dalla stanza con il rombo di migliaia di petardi a fischiarle nelle orecchie, esplodendo con l’apertura di un cratere minaccioso che iniziò a rincorrerla.
Per miracolo riuscì a schivare uno scaffale pronto a travolgerla non appena fu ritornata nella grande sala, infestata dall’assordante rumoreggiare del Download. L’uscita, lontana quanto bastava per rendere la traversata ancor più incalzante, balenò nella sua visuale fra cascate di detriti e violente fiaccolate dagli accecanti bagliori, con la scia dorata della coda di Timcampi che già aveva varcato la soglia senza aspettarla. Voltarsi o soltanto creare la giusta strada nella propria mente avrebbero richiesto secondi di cui l’istinto poteva fare a meno; la distruzione della stanza imperversava in una concatenazione dagli sbocchi che inghiottì l’entrata gorgogliando affamata. Le gambe di Amèlie si mossero prima di qualsiasi altro imminente disastro verso il fondo sprigionante quella salvezza che aveva tutta l’intenzione di afferrare, ma ad un passo dal raggiungere la corta rampa di scale il pavimento le risucchiò una gamba in una profonda crepatura.
- Vogliamo scherzare?!? – Ruggì.
Non ebbe nemmeno il tempo di evocare Lucifer per liberarsi dell’impiccio con uno dei suoi devastanti colpi: il Download la raggiunse, con ormai la biblioteca quasi del tutto terminata e cinque scaffali duri come l’acciaio che la seppellirono viva.





Note di fine capitolo:

1*: Aneddoto di Jean Paul.
2*: Disco di trascrizione (Ebraico).
3* Legamento (Ebraico).
Dunque, rieccoci. Cosa dire…Ho praticamente riscritto questo capitolo due o tre volte prima che fosse quantomeno decente. La verità è che venendo a conoscenza degli ultimi sviluppi di D Gray Man (che ho adorato con tutta me stessa), non ho potuto fare a meno di ritoccare parti che avevo lasciato in sospeso, arrivando anche a riscriverle completamente; a chiunque non seguisse la storia del manga (i suoi recenti sviluppi, intendo), avverto che in futuro, forse, potrebbero esserci degli spoiler, se già non ce ne sono; uno dei motivi del mio incommensurabile ritardo è proprio il desiderio di dire “ma non dire”, svelando un pezzettino per volta la trama, ma senza svelare tutto il mistero subito. Con cià non intendo dire che si verrà a sapere tutto, preciso sin da ora. La mia storia è centrata su Amèlie, che, dopo trascinata per mezzo mondo e fatto combattere fino allo sfinimento dei suoi nervi, ho amorevolmente seppellito sotto cinque tonnetale di scaffali mentre Timcampi se ne andava via senza preoccuparsi di lei ^^. Il suo destino sarà svelato la prossima volta. A presto!
  
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