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Autore: Martin Eden    05/03/2016    2 recensioni
Seguito de "Lo scrigno del potere" (pensavate di esservi liberati di me? :P)
Sono passati sei lunghi anni da quando Will Turner è ritornato nella sua Port Royal, sei lunghi anni a pensare che cosa farne della sua vita. Niente è andato secondo i suoi piani. Elodie Melody Sparrow è libera per mare, ma non gli è mai capitato di rivederla. Nè lei nè il suo squinternato fratello Jack Sparrow.
Ma se i loro destini si incrociassero di nuovo? E non certo per caso...
Storia scritta con l'aiuto di Fanny Jumping Sparrow, fedele compagna di avventure :)
Genere: Avventura, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pirati dei Caraibi - Avventure per mare'
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CAP. 6 –CHI DORME NON PIGLIA PESCI

 
  
   Jack e Will marciarono per un bel po’ nel più profondo silenzio, varcando la soglia di vicoli sconosciuti e eliminando la folla dai loro orizzonti. Nessuno dei due aveva voglia o sufficiente fiato per profferire parola sui recenti avvenimenti. Non sentivano nemmeno il bisogno di degnarsi di un’occhiata. Entrambi avevano altre cose a cui pensare, sebbene così diverse.
   Il pirata macchinava su come avrebbe potuto scaricare il compagno di viaggio, possibilmente in fretta. La sua era una missione all’insegna della più assoluta riservatezza, in primis con chi stava più vicino al piccolo William, ergo: lui stesso, Will  e Élodie. Era un riserbo che ci teneva a custodire. In particolare,  Élodie doveva già essersi accorta della sua assenza, e anche del suo mancato preavviso, come pure dell’irresponsabilità di cui sicuramente l’aveva tacciato. Probabilmente, era furibonda. Pazienza; in fondo non avrebbe potuto spiegarle il motivo di tutta quella fretta di distruggere i suoi piani. Non era nemmeno certo che intendesse ascoltarlo fino alla fine. Ma di sicuro una fine ci sarebbe stata, conoscendo Élodie, e Jack aveva tanta percezione di causa che non a cuor leggero immaginava che quella fine sarebbe stata la sua.
   Anche lei aveva i suoi torti, in quella complicata vicenda, ma chissà perché se ne scordava sempre al momento opportuno.
   Ma torniamo a Will. Teneva per mano il bambino mentre questi saltellava accanto alle sue gambe, si guardava in giro e osservava tutto, annusava tutto, sorrideva di fronte a tutto. Esplorava i dintorni con i suoi sensi ancora intonsi, con l’entusiasmo e la meraviglia di chi ancora vede solo la superficie increspata del mondo.
   Stavano dietro  a Jack, di buon passo. Il piccolo non pareva stanco, anzi. Indicava le cose con il dito, a volte senza nemmeno domandarsi di fronte a cosa si trovavano, che fosse un variopinto camaleonte in vendita, qualche gingillo tintinnante o forse solo uno strano tipo per strada. Will gli sussurrava dolcemente le risposte a quelle domande mai pronunciate. Se non fossero stati così gambe in spalla, sarebbe stato bello accompagnarlo di più in quella scoperta; purtroppo, vi dovevano rinunciare, e chissà quando ci sarebbe stata un’altra occasione.
   Girarono l’angolo e finalmente si imbatterono in un curioso viavai che aveva tutta l’aria di assomigliare alla dogana. Poco più in là, un recinto di paletti delimitava un campo di potere dall’altro, in corrispondenza della fila più lunga che avessero mai visto. Ovunque potessero voltarsi, c’erano giubbe rosse che marciavano solerti da una parte all’altra, con i fucili imbracciati.
   Jack si tuffò svelto dietro una pila di casse. Non si aspettava un simile traffico, oppure, non così ben controllato:
- Non ho mai visto tante aragoste nello stesso posto.- bofonchiò.
   Will lo raggiunse, tirando a sè il bambino, alquanto incuriosito. Gli adulti lo affascinavano sempre più, specialmente quando si facevano così seri.
- Dev’essere un’idea di Bellamy.- sospirò Will, guardandosi attorno. Sentiva la tensione che gli tirava i muscoli già indolenziti al solo pensiero di dover scappare di nuovo – Ci sta già cercando, a quanto pare. Avrà dato ordine di intensificare i controlli.-
- Non ne dubito...- asserì Jack, con una nota ironica nella voce – Passare la dogana è sempre stato un gioco da ragazzi, fuorchè in data odierna. Non che non me lo aspettassi;
(e ti pareva pensò will)
Probabilmente oggi il briccone non era dal governatore Swann per puro caso.-
   Ancora quella sensazione che Jack ne sapesse più di chiunque altro fece storcere la bocca a Will. Di nuovo fece capolino l’odio covato e represso in nome della sopravvivenza. Si ricordò dell’incontro con il famigerato boia, quegli occhi neri di brace che spuntavano da sotto il cappello e il tintinnio così insistente dei suoi gingilli. Non poteva ripensare a quell’immagine senza provare un brivido di freddo.
- Dici sul serio?- azzardò, dopo un breve silenzio di mancata tregua.
   Jack fece un cenno col capo:
- E’ astuto. Magari ti aveva già intercettato da un po’.-
   Will trattenne per un attimo il respiro. Jack trasudava una sicurezza, nelle sue apparenti chimere, che non gli piaceva. In base a cosa stava traendo quelle conclusioni che a Will parevano così gratuite? Cosa c’era nell’aria? Il suo fiuto, poco allenato, non riusciva a distinguere nessuna usta:
- Tu credi?- chiese, sempre più a disagio.
   Il pirata alzò le spalle con nonchalance. Se stava cercando di terrorizzarlo, gli stava venendo piuttosto bene. Ma Will non poteva permetterselo; non con il piccolo al suo fianco. Non con tutti quei pericoli intorno a loro, almeno finchè non avessero passato la dogana, verso terre ignote ma forse un pizzichino più accoglienti.
   Una guarda si voltò improvvisamente verso di loro e velocemente si abbassarono. Quella falce di cattiveria passò oltre, per fortuna. Attesero finchè non si fu allontanata, senza osare levare lo sguardo sulla strada, immobili come statue.
   Poi, lentamente, i loro cuori ripresero il consueto battito. Non erano nella posizione di vantaggio e non potevano rischiare di essere colti impreparati. Quante munizioni avevano ancora nella pistola?
   Il piccolo William prontamente si intromise tra quelle preoccupazioni:
- Che fai, zio Jack?- lasciò bruscamente la mano di Will e si arrampicò sulla schiena del pirata – Ti nascondi?-
   Era sinceramente sorpreso, ma non quanto Jack Sparrow nel sentirsi rivolgere quella domanda. A dire il vero, ne avvertì tutta la potenza, il suo implicito tocco molesto, fin dentro le ossa. D’improvviso afferrò il bambino piuttosto sgarbatamente e lo spostò di qualche passo, e si rialzò; torreggiando sopra di lui in tutta la sua altezza, gli rispose con una certa presenza di spirito, che Will però non gli aveva mai sentito nelle corde vocali.
- Ti pare che possa nascondermi, William?- ferito nell’orgoglio, si diresse a grandi passi verso la luce del sole. Non poteva perdere il suo prestigioso e proverbiale savoir-faire, nemmeno se ora gli avrebbe fatto decisamente comodo un atteggiamento più laissez-faire che mai. Come si suol dire, ça va sans dire.
   Non era esattamente il momento migliore per fare i piccati. Will fece appena in tempo a intercettare il pericolo prima che un paio di soldati sbucassero da un viottolo. Trascinò Jack di nuovo in basso e al tempo stesso tirò anche William da quella parte, prima che potesse dire qualsiasi cosa e metterli nei guai.
   Accidenti, che fatica essere padre! Ora cominciava a capire perché molti uomini si negavano quel ruolo. Oltretutto, a lui pareva di avere due figli, non uno solo.
   Sibilò a Jack di non muoversi di lì, poi si girò verso il bambino, tranquillizzandolo. Una carezza che non gli costò niente, ma che per il piccolo significò molto, dato che così sembrava che nessuno fosse arrabbiato con lui. Il comportamento di suo zio era stata una spiacevole sorpresa che voleva solo dimenticare al più presto. Non gli veniva certo facile, con gli occhiacci che Jack lanciava in tutte le direzioni, ma ci provò. A baba, dopotutto, era venuta un’idea.
- Sai, William, adesso faremo un gioco.- esordì Will, strizzandogli l’occhio.
   Il piccolo sorrise di gioia. Era da troppo tempo che non giocava con qualcuno: gli mancava. Gli mancava svagarsi e correre, e magari prendere in mano una finta spada. Qualsiasi cosa pur di risollevare l’umore della sua truppa, che viaggiava ad altezze alquanto modeste.
- Sì, baba!- cinguettò.
   Jack prestò orecchio, con un sopracciglio alzato. Aveva l’impressione che qualsiasi cosa intendesse uscire dalla bocca di William Turner non gli sarebbe mai potuta andare a genio. Perciò preparava lo stomaco e il palato a una boccata di amare rivelazioni; salvo poi ricucirle e rigirarle a suo piacimento, per il suo benessere.
- Ho qui due lasciapassare per la dogana.- disse Will, estraendo la loro salvezza da una tasca interna della camicia.
   Era solo l’inizio di un lungo discorso, ma il pirata lo bloccò subito:
- Chi te li ha dati?!- esclamò Jack, a bocca aperta. Non era così facile ottenerli, né falsificarli, né tantomeno rubarli, specie in quel periodo di carestia di prodi imprese: come poteva averli Will Turner?
   L’altro si voltò lentamente e in modo del tutto indifferente, se non freddo, prese un bel respiro e sputò un nome:
- Elizabeth.-
  Questo bastò a Jack per tenere le fauci ben serrate su altre indisponenti domande:
- Ah.- fece, fingendo di interessarsi a una componente del paesaggio.
   Ma Will sapeva che di quel nome, il pirata aveva accarezzato ogni lettera. Anche se ora si mostrava il solito cinico, anche se ostentava quella superficialità che lo caratterizzava in ogni mossa, tranne che con il piccolo William, un’antica collera sommerse Will Turner; ma lui restò coraggiosamente a galla. Non era il momento, non era il luogo. Lui non era carne da dare in pasto a quel passato.
   Doveva rimandare a Dio solo sa quando, per l’ennesima volta.
   Riprese a spiegare, cercando di mantenere calmo il tono della voce, che già quasi stava per sfuggire al suo controllo:
- Ne ho solo due.- chiarì – Sono per me e per William.-
- Scusami tanto, milord, e io?- Jack, ripresosi dallo sconcerto, lo guardò con occhi fiammeggianti.
- Tu non eri...previsto, Jack.-
   Will sentì la gola farsi improvvisamente secca. Il pirata era piuttosto contrariato: lo vide voltarsi dall’altra parte, piuttosto astiosamente.
- Ah beh, se volete anche solo provare a cavarvela da soli, senza di me, credo di aver qualcosa di meglio da fare.- gli fece notare.
   Will scosse la testa:
- Non fare così, Jack. Dico sul serio.- tentò di rabbonirlo – Noi abbiamo bisogno di te.-
- Lo vedo!- stizzito, Jack accennò ai lasciapassare e per poco non gli venne da sputarci sopra. Quello era un bell’affare, nonché un bel guaio! Aveva quasi rischiato la vita per tornare a prenderli, aveva sfidato le ire del mare e di Élodie, un manipolo di filibustiere guardie e ci mancava solo Lord Bellamy, e poi...!
- Ho un piano per farti passare, Jack.-
   Il pirata storse il naso:
- Ma davvero...e quale sarebbe?-
- Dai, zio Jack, è un gioco!- il piccolo William si frappose ancora una volta tra loro, sorprendendoli entrambi. Incredibilmente, quell’eccitazione tornava comodo, a Will perlomeno: se questo poteva trattenere Jack dal fare sciocchezze, che fosse la benvenuta. Premesso e non concesso che lui volesse ancora far pare della loro ciurma.
- Adesso non ho voglia di giocare, William.- il pirata fu duro, impenetrabile. Non si chinò e non degnò di uno sguardo amichevole il nipote, che si fermò agghiacciato accanto a lui, senza osare nemmeno sfiorarlo. Lo guardava da sotto in su, ma non c’era per lui nessun gesto di tenerezza, da parte dello zio. Quello se ne stava a braccia conserte, voltato quasi di schiena. Aveva il cappello calato sugli occhi.
   A William venne voglia di piangere. Abbassò il viso, tormentandosi un lembo del vestito.
- Jack, ti prego...- insistette Will, alle sue spalle.
   In quel momento, si udì chiaro e inequivocabile un singhiozzo del piccolo. Stava per mettersi a piangere sul serio, e nessuno dei due uomini poteva anche solo immaginare quanto sarebbe stato forte quel pianto. Ma tutti e due lo temevano, come si temono le campanelle degli angeli quando giunge la propria ora. Inoltre, considerate le circostanze, non era il caso di attirare troppo l’attenzione senza un’adeguata copertura; cosa di cui, guarda caso, erano momentaneamente sprovvisti.
   Prima ancora che Will potesse inventarsi qualcosa, si accorse che Jack si era girato all’istante. Esitò ancora un secondo, il tempo di rendersi conto che in fondo il pirata stava solo cercando di fare il duro, ma in verità non aveva nessuna intenzione di andarsene. Probabilmente si stava burlando di loro, nel peggiore dei modi, come era sua abitudine. Certo, William era troppo piccolo per capire queste sottili astuzie da adulti: poteva solo soffrirne. Per questo piangeva. Perché gli sfuggiva qualcosa, e se l’avesse perduta temeva di perdere anche suo zio Jack.
   Nonostante tutto, però, il pirata era ancora un adulto. Quindi, come vide che la situazione stava precipitando, subito si sciolse da quella posa da sovrano in trono per accovacciarsi vicino a William, prenderlo tra le braccia e stringerlo a sé. Tutto sommato, non era affatto nella posizione di poter decidere cosa fosse giusto o sbagliato per loro, ma solo di dubitare della sanità mentale del suo compagno di viaggio, in cui non riponeva certo il massimo della fiducia.
- Su, su...- provò a calmare il piccolo, battendogli una mano sulla schiena – Sono qui, William, non ti preoccupare.-
   Poi, Will fu parecchio sorpreso di sentirgli dire quelle parole:
- Mi dispiace.-
   Non si mosse. Lasciò che i due si coccolassero un po’: aveva l’impressione che ne avessero bisogno entrambi. Quell’istante apparteneva solo a loro. Non c’era di che essere gelosi.
   Il bambino cinse con le braccia il collo e la zazzera arruffata dello zio. Ormai riusciva quasi a fare il giro. Era cresciuto, ma non abbastanza per lui. Rimaneva sempre il suo piccolo William.
   Jack gli asciugò le lacrime con il colletto della sua veste:
- Su, adesso basta fare le femminucce. Noi siamo uomini. Noi dobbiamo giocare, giusto?- lo rincuorò con un sorriso furbo. Poi si rivolse a Will, che sussultò – In che cosa consiste questo gioco?-
   L’altro, dopo un attimo di sorpresa, si chinò vicino a loro. Tutti e tre confabulavano dietro quelle casse, come se in verità fossero tutti bambini in procinto di compiere la migliore (o la peggiore) delle loro marachelle:
- Ti prego, dimmi che è una cosa esaltante!- sghignazzò Jack – Almeno che mi diverta un po’!-
- Non so quanto ti potrà sembrare “esaltante”, Jack, ma di sicuro ti divertirai...- accondiscese Will, pregustandosi già la scena e l’espressione sulla faccia di Jack.
- Quanto?- volle sapere l’altro.
- Da morire.- anche Will sorrise, ma Jack un po’ meno.
 
   Poco più tardi, stava filando tutto pressoché liscio. Al piccolo William era sbocciato di nuovo il sorriso, e questa era una buona cosa; Jack era costretto a star fermo e a tacere, il che era un’altrettanta buona cosa. Will trasse un respiro un po’ più profondo, prima di calarsi completamente nella parte che si era assegnato.
   Tenendo per mano il bambino, accompagnava con una brutta cera la cassa da morto.
Dentro, Jack non poteva muoversi: era costretto alla posizione supina, le mani intrecciate sul petto, incartato come un pacco regalo tra fiori e bella seta. Quell’odore umidiccio gli dava la nausea, ma si trattenne dal lamentarsi. Quello era l’unico modo per passare a miglior vita, pensò con una punta di ironia.
   Sotto la schiena, avvertiva le ruote del carro che senza colpo ferire centravano ogni buca della strada, facendolo sobbalzare. L’avevano rubato lì al porto, così come quella specie di baule malconcio che doveva essere il suo letto di morte. Per fortuna, la seta attutiva un po’ lo sbattere quasi incessante delle sue membra contro il legno; ciononostante, provava un irresistibile impulso a scoperchiare la cassa per gridare “basta!” con tutta la forza di cui era capace. Ma no. Non poteva. Jack Sparrow era morto quel giorno, e con lui doveva esser morta anche la sua piratesca schiettezza.
   Non era la prima volta che tentava la fuga fingendosi una salma, ma doveva ammettere che avrebbe preferito che l’esperienza rimanesse singola. Nonostante le sue perplessità in materia, William era stato irremovibile come un mulo che pianta i piedi a terra. Niente da fare. Con gli animali non ci era mai andato veramente d’accordo. Aveva dovuto farsi andare bene il piano, dalla prima all’ultima lettera, compreso il passaggio che lo vedeva in quella scomoda posizione.
   D’un tratto, il carro si fermò con uno schiocco. Jack trasalì nel sentire alcune voci burbere che interrogavano circa il contenuto della cassa da morto. Il primo ostacolo, cui tuttavia si era preparato. Ecco che si entrava in scena: una punta di vanità si affacciò ai suoi occhi furbi.
   Will borbottò qualcosa a mo’ di scusa, o forse di spiegazione. Eppure, non doveva avere un tono sufficientemente convincente. Jack sentì che, nonostante le proteste del suo insperato compagno di viaggio, il pesante legno veniva lentamente scoperchiato. Ebbe tutto il tempo di riaggiustarsi in quello spazio angusto, affondare per benino nella stoffa, cercando di nascondere i capelli tra i fiori buttati dentro a casaccio e assumere un’aria tetra, cadaverica, per l’appunto. Era sempre stato un bravissimo attore, e ora era venuto il momento di dimostrarlo ancora una volta a un mondo che mai l’aveva apprezzato.
   Due facce rubizze si affacciarono su di lui. Jack rimase perfettamente immobile, con gli occhi chiusi, anche se l’aria fresca che entrava nel suo finto mausoleo gli faceva venir voglia di respirare a pieni polmoni. Avvertì lo sguardo indagatore di due soldati sul suo bel muso, fin troppo vicino, per i suoi gusti.
   Ma si trattenne. Era quello, il suo ruolo. Ai morti non fa nè caldo né freddo un centimetro in più o in meno.
   Ma lui non era ancora morto, accidenti!
   Uno dei due soldati si tirò indietro disgustato:
- C’è un odore qua dentro da far vomitare i polli.- ci tenne a far notare, e Jack in silenzio gli diede ragionissima, per quanto odiasse lasciarla vinta alle aragoste – Per fortuna che è morto!-
   Jack fece un incredibile sforzo per non toccarsi immediatamente i testicoli. Aveva intenzione di vivere ancora molto, molto a lungo, avrebbe voluto gridare in faccia a quella testa di rapa. Non che sarebbe servito a renderlo più intelligente, ma uno sfogo non aveva mai fatto male a nessuno.
   Poi ripensò a tutti gli scontri nati da possibili “sfoghi” e si corresse: quasi a nessuno.
- Ma non trovi assomigli a qualcuno?- intervenne un’altra guardia.
   A Will si rizzarono tutti i peli del corpo. La fama di Jack era troppo conosciuta ed estesa per poter anche solo permettersi il lusso di pensare che qualche paladino della giustizia non ne avesse mai sentito parlare. Nonostante i fiori e i drappi, il pizzetto del pirata parlava chiaro, più di qualsivoglia eloquente mandato di cattura.
   Strinse forte la manina di William che, inaspettatamente, non disse nulla. Era visibilmente confuso, e il sentore che qualcosa non stesse andando per il verso giusto si era fatto strada pure in lui; ciononostante, si stava comportando da vero ometto, lasciando che quella paura gli scivolasse addosso come se niente fosse.
   La guardia che aveva proferito parola si piegò su Jack, andandogli vicino (ancora troppo vicino, secondo i gusti del pirata, che quasi ne sentiva l’odore stinto di integrità morale) e gli sferrò un cricchetto sul naso.
   Jack pensò che avrebbe voluto ucciderlo.
   Il piccolo William cominciò a dimenarsi, e a frignare. La guardia si voltò a guardarlo, come se avesse intuito qualcosa che non gli piaceva, ma a cui non poteva sottrarsi. Il bambino la fissò coraggiosamente negli occhi, sporgendo il labbro inferiore. Will cercò di stringerlo di più a sé, ma il pargolo, questa volta, si rifiutò. Non mandava giù il fatto che stessero dando fastidio a suo zio Jack; era solo un gioco, ma quei tipi in giubba rossa lo stavano rovinando. E i loro sorrisetti sotto i baffi non gli piacevano affatto.
   Improvvisamente, si divincolò dalla stretta di Will, andò dritto dritto alla guardia e altrettanto improvvisamente gli mollò un potente calcio negli stinchi, strappandogli un lamento di dolore acuto.
   A quel punto fu il panico. Will si precipitò ad afferrare il bambino, prima che qualcuno potesse portarglielo via dalla mani. La guardia saltellava di  dolore e li seccava con il suo odio: probabilmente si stava inventando una scusa per arrestarli, non farli passare, fargliela pagare.
   William era incontenibile. La sua voce era diventata un lamento imperterrito e scalciava come un animale. Will tentò di calmarlo, di farlo stare zitto, ma non ci fu niente da fare:
- E’ complicato...- balbettò quelle parole come una scusa, per distrarre le guardie dai loro intenti – Lui era molto affezionato a suo zio. E’ stato un trauma per lui...è ancora un po’ agitato, scusateci.-
   Intanto, cercava disperatamente di far tacere William:
- William, non ricordi il nostro gioco?- gli sussurrò all’orecchio, sperando che le aragoste non lo sentissero – William, devi stare fermo!-
- Ha fatto male a zio Jack!- si ribellò il piccolo – Brutti, cattivi!- e seguitava a dimenarsi sempre di più.
   Per Jack quel pianto era una lama che passava a filo di rasoio sul suo cuore. Non poteva sapere quanto avrebbe resistito, ma secondo i suoi calcoli non doveva mancare molto. Niente era andato per il verso giusto, quindi seguire i piani ora gli sembrava un’inutile perdita di tempo.
   Le guardie, dopo un primo impatto un po’ brutale, si resero conto della situazione e quasi se ne dispiacquero. Tuttavia, quei poveracci in cerca di Dio solo sa cosa, vestiti con quegli abiti logori, con quel bambino che si dibatteva nella polvere, due vite così diverse dalle loro pasciute esistenze, strappò alle guardie un risolino.
   William lo udì. Fu per lui una presa in giro crudele, che lo fece imbastardire ancora di più, tanto che non bastavano più due mani a reggerlo. Soffiava come un gatto a cui è stata pestata la coda.
- Ecco i documenti!- si affrettò Will, porgendo i due pezzi di carta – Perdonateci...-
   Ormai era una lotta tra titani.
   Le guardie se la presero comoda con quei fogli, come se ci godessero a tenerli lì. Sulla carta non si parlava di un trasporto eventuale di merci, o di morti, e la cosa parve loro strana. Si presero del tempo per pensarci, nonostante il piagnisteo incessante di William.
   A Jack fremettero i baffi.
   Ci stavano mettendo troppo tempo, maledizione!
   Poi, senza preavviso alcuno, il pirata avvertì chiaro e dritto uno sputo contro la sua coriacea pelle. Non poteva vedere, né sapere chi fosse stato, ma dell’agglomerato di saliva e tabacco masticato male che ora lasciava una schifosissima bava candendo lungo la sua guancia non proprio fresca di rasoio, di quella poteva essere certo come la morte. Qualcuno aveva voluto riservargli quell’ultimo saluto in un modo non proprio trionfale, al contrario, si era divertito ad oltraggiarlo oltremodo, vivo o morto che fosse. Al contempo, avevo voluto ferire Will e William in un ultimo e disperato tentativo.
   Jack pensò che non a caso quello sarebbe stato il suo ultimo tentativo.
   La messinscena era penosamente finita.
- Ora basta!- se ne venne fuori, catapultandosi seduto nella cassa da morto e lisciandosi via lo sputo. La sua voce tonante riecheggiò paurosamente nel silenzio appena nato, e i suoi occhi scuri che passavano in rassegna i volti dei presenti si piantarono improvvisamente in quelle di uno delle due guardie.
   Quella impallidì a vista d’occhio. Istintivamente si toccò il cappello, sotto al quale la pelle e i capelli si facevano velocemente appiccicosi per il sudore:
- Il morto ha parlato!- gridò - Oh mio Dio! Il morto ha parlato!-
   Il suo tono di voce era stridulo e a dir poco irritante, secondo Jack. Balzò fuori dalla cassa e si diresse verso di lui, intenzionato a zittirlo, ma come gli si parò davanti e fece per afferrarlo, quello svenne, prima che potesse fargli alcunché, e gli rovinò addosso.
   Il pirata lo scostò con disgusto, strappando un gridolino schifato all’altra guardia; subito la stese con un pugno.
- E che diavolo!- inveì, per la gioia di William, che ora saltellava tutto contento.
- Zio Jack!- gli occhi del piccolo si illuminarono – Sei il migliore!-
   Will si mise furiosamente le mani tra i capelli:
- Bell’affare, Jack!- eruppe, piuttosto nervoso – Avevamo proprio bisogno di farci riconoscere!-
- Prima di tutto, vedi di farti riconoscere un po’ di dignità, pivello.- lo rimbeccò Jack, tutto sulle sue – Pur di passare dall’altra parte, avresti permesso che calpestassero le mie spoglie, ricoprendole di insulti verbali e fisici? Non brilli di certo per amore parentale...ciò mi preoccupa!-
   La predica non piacque per nulla a Will, ma non fece in tempo a replicare. A quel semplice alterco, erano già sopraggiunte altre guardie, fucili e baionette alla mano, e anche piuttosto agguerrite.
   Will tirò fuori un pugnale e Jack la sua pistola, opportunamente ricaricata. Si misero schiena contro schiena e il piccolo William si rifugiò tra le loro gambe.
- Ehi, tu!- urlò qualcuno – Dannato Jack Sparrow! Bile rafferma!-
   Jack si voltò e anche se non riconobbe il viso del marinaio che gli era comparso subito di fronte, intuì che con costui dovevano esserci ancora parecchi suoi affari in sospeso. Del resto, dimenticare era la sua arte più affinata. Anche ora, per esempio, si era dimenticato profferirsi almeno in un saluto, prima di sparare.
   L’uomo cadde a terra, dimenandosi come un ossesso, mentre le guardie inciampavano su di lui, correvano in tutte le direzioni e prendevano posizione per accerchiarli in un nido di fuoco.
  Will si rivolse a Jack:
- Hai “amici” ovunque, vedo!- gli fece notare, piuttosto avvelenato.
   Il pirata alzò le spalle:
- E’ solo un modo diverso di essere popolari!- si profuse in una smorfietta compiaciuta, poi gli diede uno spintone tale che ruzzolarono per terra tutti e tre, dividendosi.
   Jack, con il piccolo William, rotolò fino a un carro abbandonato. Subito vi si infilò sotto, prevedendo con esatta certezza che tutta la gente normale, in coda alla dogana, si sarebbe presto barricata lì intorno, cercando di proteggersi da tutto quel chiasso. Così fu, almeno per una buona metà della folla; l’altra metà si stava spargendo tutt’intorno, come un mare mosso. Con tutta la gente che vi era lì intorno, nessuna guardia avrebbe potuto sparare senza rischiare di beccare qualche innocente.
   Nel frattempo, ripreso un po’ di fiato mentre si teneva stretto stretto suo nipote, Jack cercò di pensare il più in fretta possibile.
   Erano poco lontani dalla casetta del doganiere. Ora non la vedeva, ma era possibile che fosse vuota, dato che tutti correvano dappertutto con le armi in mano. Gente comune e guardie, doganiere compreso, parevano avere un sacco da fare. Non era una situazione che si dice tranquilla, ma doveva tentare qualcosa.
   Dove era finito Will Turner?
   - Baba!- il bambino si dimenò tra le sue braccia, e Jack si voltò, la pistola pronta a far fuoco.
   Ecco, ora lo vedeva pure lui. Will Turner combatteva a mani nude con un’aragosta, cercando di impossessarsi di una baionetta. Gli altri nemici, visto il pasticcio combinato, erano troppo occupate a cercare di serrare i  ranghi e tenere in ordine i postulanti della dogana. Invano, ormai era girata voce dei banditi e tutti sembravano impazziti.
   Finalmente Will Turner riuscì a spuntarla. Con un calcio, buttò a mare la guardia e si tenne la baionetta. Con quella mirò e sparò a un simpatizzante della giustizia che intendeva a tutti i costi arrestarlo. Eccolo di nuovo dall’altra parte della barricata. Probabilmente, non l’aveva più riattraversata da quando aveva conosciuto Jack.
   Non potevano perdere tempo in quel modo. Il pirata uscì dal suo angusto nascondiglio, gambe e William in spalla. Raggiunse il suo compare, per quanto detestasse doverlo considerare tale; lo afferrò per un braccio, evitando per un pelo una gomitata che subito Will aveva tentato di sferrargli, preso alla sprovvista.
- Andiamo via!- gli gridò, al di sopra del frastuono.
   Lo spinse verso la casetta del doganiere, poco lontana. Questa si trovava non lontano dalla linea di demarcazione, poco oltre la piazzetta, al limitare del paese. Pareva deserta, per il momento, visto che tutti erano fuori a mugghiare come ossessi.
   Si intrufolarono dentro. Dopo quelle ore passate sotto la canicola, il luogo pareva fresco, ombroso e accogliente, più di quanto loro ne avessero necessità. Sarebbe stato un sogno potersi fermare lì, almeno per un po’, almeno per calmarsi e raccogliere le idee. Ma non c’era tempo nemmeno per respirare.
   Jack si diresse subito verso una porticina laterale. Prima che Will potesse dire qualcosa, il filibustiere la aprì e, scoperto un piccolo bugigattolo, ci ficcò dentro il nipote:
- Ssssst!- gli fece segno, e la richiuse.
   Will era senza parole.
   Di colpo, i vetri della finestra si frantumarono in mille pezzi. I due si gettarono a terra, sotto uno sciame tagliente, che ferì loro le mani e gli occhi. Qualcosa aveva urtato la finestra e l’aveva spaccata, ma in controluce sarebbe stato faticoso definire cosa fosse.
   Jack scosse la testa. Era poco interessato a domande oziose:
- Io e il mio sesto senso ormai siamo una cosa sola!- si congratulò amaramente con se stesso.
   Dalla porta proruppero un paio di guardie, che si gettarono su di loro. Will e Jack si difesero strenuamente, cercando di tenersi strette la pistola e la baionetta, le uniche cose che dessero loro sicurezza in quel momento.
   Era una lotta impari. Stesa una guardia, ne arrivava un’altra, e poi un’altra. Quello che doveva essere un rifugio si era trasformato in una prigione, peggio di quello che Jack aveva previsto. Se solo fossero riusciti a raggiungere il piano superiore, probabilmente avrebbero potuto cercare via di fuga attraverso i tetti. Ma come fare ad arrivarci?
   Mentre ancora menava fendenti, anche a mani nude, avvertì un grido. Qualcuno aveva strillato così forte da trapanargli i timpani. Anche gli altri lo avevano sentito. Un attimo di distrazione che costò caro al soldato che stava cercando di soverchiarlo, perché Jack, con un colpo ben mirato alla carotide, lo mandò a terra.
   Pure Will si era voltato, e quello che vide lo atterrì.
   Il piccolo William era riuscito a uscire dallo sgabuzzino e ora se ne stava attaccato alla gamba di una guardia, mordendola con quanta forza avesse nel corpo e nei dentini ancora da latte. Buon sangue non mente, pensò Jack, ricordando per un fugace momento i bei tempi andati. Adesso c’era suo nipote a portare avanti l’onorevole discendenza!
   Sia Will che il pirata corsero verso il bambino e la malcapitata guardia. Liberata e malmenata questa, presero il piccolo e corsero su per le polverose scale che intanto erano riusciti a individuare.
   Will era davanti e teneva il bimbo con forza. Quell’attimo in cui aveva fiutato il pericolo, rischiando di non esserci per fare il suo dovere, lo aveva scosso fin  dentro le budella. Il sangue del proprio sangue trasmette un’energia tale da non potere più ignorarla, e acuisce i sensi più di ogni altra cosa. Non l’avrebbe mai lasciato andare, mai, sarebbe morto piuttosto.
   Jack gli proteggeva le spalle con gli ultimi colpi che aveva nella pistola. Presto sarebbe risultata completamente inutilizzabile, lo sapeva. Confidava, però, che gli venisse una genialata proprio nel momento in cui si sarebbe scaricata.
   I soldati stavano loro alle calcagna.
   Arrivati in cima ai gradini, incontrarono una porta. La spalancarono e si ritrovarono in una polverosa mansarda, adibita a mo’ di magazzino. C’erano oggetti di ogni sorta, sparsi lì dentro senza un senso preciso.
   Sprangarono la porta con il catenaccio arrugginito e si misero a cercare delle armi, in fretta. Potevano essercene di confiscate, lì intorno. Vattelapesca sapere dove!
   Le guardie stavano già cercando di forzare la porta. Un rumore sordo, insistente, che agitava il piccolo William più del necessario. Will tentò di coinvolgerlo nella loro ricerca, ma fu inutile. Il bambino sembrava essersi rifugiato in un mondo tutto suo, in cui ci teneva a stare finchè non fosse tutto finito. Era spaventatissimo. Persino Jack se n’era fatto caso:
- Dobbiamo portarlo via da qui, al più presto!- soffiò incollerito.
   Non sopportava l’idea di vedere suo nipote in quello stato.
   Intanto, aveva scovato una pistola di nuova tiratura, con un sacco di proiettili e curiosi gingilli che probabilmente appartenevano alla stessa. Sembrava di grosso calibro, e con possibilità di fare più danni di quanti se ne potessero solo immaginare. A Jack brillarono gli occhi. Era sempre un piacere rubare ciò che andava scandalosamente di moda.
   La intascò proprio mentre, con un terribile schiocco, la porta saltava e le aragoste irrompevano gridando nella stanza.
   Will, afferrati i primi oggetti che gli capitarono sottomano, cominciò a lanciarli, centrando quanto più possibile le fronti dei nemici e facendoli crollare a terra. I corpi caduti attutivano la furia di quelli che venivano poi, rallentandoli sulla soglia dell’arena. Il pirata dava una mano di buona lena a farli aumentare, ma con la coda dell’occhio aveva sempre sotto controllo una piccola pulce, che ora, terrorizzata, stava dirigendosi a rotta di collo verso il balcone oltre la porta-finestra alle loro spalle. Oltre quella, solo una balaustra, un vaso di fiori e qualcosa come quattro metri di vuoto che li separavano dalla strada sottostante.
   A Jack vennero i sudori freddi:
- William!- gridò.
   A quel grido, Will si voltò, atterrò un nemico e in un attimo balzò più vicino al pirata:
- No, non tu!- inveì questi, stizzito, allontanandolo.
   Subito schizzò verso il balcone e prima che il bambino potesse fare scherzi lo afferrò per la collottola e lo trasse a sé. Poi gli venne un’idea.
   La distanza tra loro e il prossimo tetto era infinitesimale. Meglio di quanto avrebbe potuto chiedere dalla vita. La vecchia idea di raggiungere la frontiera attraverso una passeggiata dall’alto rispuntò a far capolino nella sua mente. C’era una possibilità. C’era una speranza, se fosse filato tutto liscio.
   Era sufficiente un po’ di coraggio. Che lui aveva.
- Ci sarà un giorno in cui vi potrete vantare di aver visto il pirata Jack da vicino, ma MOLTO da vicino, fin troppo da vicino!- gridò quasi al cielo, e Will vide che prendeva la rincorsa, mentre lui malmenava una povera guardia malcapitata. Credette di capire cosa stava per fare.
   Non fece in tempo a pensarlo. Jack continuò sicuro:
- Ma non è questo il giorno!- e con una pernacchia si lanciò oltre il balcone, il bambino ben saldo addosso.
   Atterrò sull’altro tetto con un tonfo, e sano e salvo corse via.
   Will lo seguì, il fiato corto, con i proiettili che intanto lo sfioravano. Racimolò le ultime briciole di incoscienza prima di lanciarsi anche lui nel vuoto, sperando che Jack gli avesse lasciato un po’ di fortuna da usare. Non erano ancora oltre il confine, ma doveva ammettere che da quella prospettiva, mentre saltava, la libertà pareva più vicina. Mancava poco, ancora di meno, mentre atterrava sulle tegole malmesse, un paio di metri più sotto. Bastava solo sorpassare la linea là in fondo, e nessuno avrebbe più potuto toccarli se non incorrendo in infiniti ghirigori burocratici. In fondo, almeno lui e il piccolo William erano ufficialmente in regola. Avrebbero potuto fare ricorso, in caso di guai seri. Sempre che fossero sopravvissuti.
   Jack correva con William aggrappato a un fianco, come una scimmietta. Se non fosse stata una situazione di estremo pericolo, Will avrebbe riso. Ma non aveva tempo. Il pirata saltava un tetto dietro l’altro, sembrava in forma per quanto glielo stessero permettendo le gambe. Will si sforzò di stargli dietro, sperando che sapesse che cosa stava facendo. Perché lui non ne aveva la più pallida idea.
   Infine, come per miracolo, trovarono una scala. Subito Jack scese a rotta di collo, e anche Will. Erano in un vicolo. Le guardie ormai erano rimaste indietro. Corsero fino all’altra parte, per poi scoprirsi in una sorta di piazzetta. Il posto di blocco era rimasto dietro le loro spalle.
- Ah-ah!- Jack ballonzolò con William attaccato a sé per qualche passo – Vi abbiamo battuti, fregati, imbrogliati! E ora veniteci a prendere, se ne avete il coraggio!-
   Will, troppo stanco anche solo per gioire di quell’impresa andata a buon fine, usò le sue ultime forze per trascinare via compare e figlio.
 
   Si ritirarono a un tavolo sghembo della prima osteria che trovarono sulla loro strada, affollatissima e con un sentore di piscio e tabacco ovunque naso potesse spingersi. Will aveva preso in braccio il piccolo, ma ora era veramente esausto e a fatica riusciva a sorreggerlo. Si sedettero, così ebbe la scusa buona per sistemare William accanto a sè, pur circondandolo affettuosamente con un braccio; Jack era di fronte a loro, sempre con quel sorriso stampato sulla faccia, lo stesso da quando erano scesi da quote elevate per tornare a viaggiare rasoterra. Will si domandò se per caso non gli fosse venuta una paralisi alla mandibola. Ma non aveva tempo di preoccuparsene più di tanto.
   Sentendo il piccolo ancora impaurito, lo prese e se lo mise sulle ginocchia, in modo che potesse, però, anche vedere lo zio Jack. Quella vista lo confortava, e lui non aveva nessuna intenzione di togliergliela: non dopo tutto quello che Jack aveva fatto per loro durante quelle ore. Non dopo che vedeva come si occupava di lui, anche adesso, che stava cercando di farlo ridere.
   Nonostante l’apparente tranquillità, Jack cominciava a essere sulle spine, benché non volesse darlo a vedere, soprattutto per William. Anzi, si sforzava in tutti i modi di distrarlo: gli faceva scherzi e boccacce, pur senza dimenticare che si trovavano in un luogo pubblico, quindi scoperto. I suoi occhi non perdevano mai le uniche vie d’uscita, la porta e la cucina.
   Will lo richiamò con un gesto. L’altro alzò gli occhi e rispose con un cenno di assenso.
   Non era d’uopo perdere il loro tempo così, e quello non era certo il luogo migliore dove poter posare le loro stremate membra.
   Fecero per alzarsi, di nuovo, in cerca di un posto un po’ meno gremito, magari, quando d’un tratto la porta dell’osteria si spalancò e un energumeno entrò con tutta la forza di cui non ci sarebbe stato bisogno:
- Signori!- tuonò, cincischiando con il suo cinturone, cui stavano appese due spade – Ho un annuncio da fare!-
   Il suo tono di voce era stato talmente potente da zittire parte del baccano che c’era in quella sala. Molte teste si voltarono a guardarlo, Jack compreso. Will notò che il pirata aguzzava la vista, come a voler carpire qualche particolare che gli era sfuggito, come se cercasse di riconoscerlo, invece che di conoscerlo. Gli parve strano.
   Chi era quell’uomo?
- QUESTA E’ UNA RAPINA!- gridò il nuovo ospite, e subito alle sue spalle comparvero altri robusti individui, armati fino ai denti.
   Will credette di svenire.
   Jack alzò gli occhi al soffitto:
- Mannaggia!- sospirò, preparandosi a dar battaglia. Di nuovo.
   Non si poteva mai star tranquilli, maledizione! Il pirata fece cenno a Will di mettersi sotto il tavolo, al sicuro. L’altro eseguì l’ordine senza fiatare, tanto non avrebbe potuto uscirne vivo di lì, senza Jack. Il piccolo si strinse forte a lui, piagnucolando:
- Che cosa succede?-
   Una domanda a cui Will non sapeva o non poteva dare risposta:
- Tra poco sarà tutto finito...- lo rassicurò, avvertendo come quell’affermazione risultava lugubre in simili circostanze.
   A volte, giurò a se stesso, avrebbe voluto morire e lasciare quella terra in balia di chi più la volesse, a suon di colpi di rivoltella piuttosto che con contratti commerciali. Lui era un essere troppo piccolo per poter sostenere il peso di quelle responsabilità. Si sarebbe accontentato di vivere nell’ombra; invece, gli sembrava di muoversi nel deserto, senza mai incontrare né acqua né riparo.
   Stranamente, Jack non li aveva raggiunti nel loro improvvisato nascondiglio. Se ne stava ritto in piedi contro al tavolo, senza muovere un muscolo, mentre intorno si scatenava l’inferno. Gente che veniva malmenata, spostata a forza, allineata contro un muro. Qualche sparo riecheggiò tra le pareti, qualcuno cadde a terra, sangue venne versato; lamenti, dove Will non poteva allungare la vista. Ma non ci teneva particolarmente. Teneva la faccia di William premuta contro i vestiti, e se avesse potuto avrebbe fatto lo stesso con quelli di qualcun altro.
   Nel parapiglia generale, si udì la voce di Jack:
- Compare!- esclamò, allargando le braccia in direzione dell’uomo che aveva dato il truffaldino annuncio – Sei tu!-
   Will si sporse un po’. Vide il pirata che si avvicinava con passo solerte al rapinatore, senza per questo mostrarsi in alcun modo preoccupato. Eppure l’altro lo stava guardando con malocchio, apparentemente piuttosto innervosito da tutta quella confidenza.
   Will si rifiutò di assistere alla scena. Stavano per essere ammazzati come bestie, che diavolo poteva essere venuto in mente a Jack?! L’ultimo, strenuo tentativo di uscirne a testa alta?
   Se continuava così, da quell’osteria ne sarebbero usciti senza.
   Eppure, il miracolo era in agguato, ancora una volta. Will non poteva crederci, non finchè non ebbe visto che i due, dopo un’iniziale diffidenza, si erano messi a ridere di gusto:
- Vecchio filibustiere, da quanto tempo non ci becchiamo in giro!- rilanciò l’energumeno, gettandosi su Jack.
   Will ebbe un tremito, ma non accadde ciò che pensava: i due uomini si stavano abbracciando. Lì, nella confusione generale, mentre altre persone venivano ferite, derubate, zittite anche nella peggiore delle maniere, tutt’intorno. Era semplicemente basito.
   I due ci misero qualche lungo secondo prima di finire i convenevoli. Jack si staccò e con la solita sicumera fece due chiacchiere, incurante di tutto:
- Vero...- accondiscese, allargando lo sguardo sull’osteria malridotta – Il mondo è piccolo, oltre che tondo!-
- Come te la passi, compare?-
- Assolutamente bene! Ho appena passato la frontiera; ovviamente, ci sono stati alcuni problemucci, ma sempre abilmente aggirati dal sottoscritto: o forse, dovrei dire “raggirati”!- e giù un altro scroscio di risate.
   Will sentiva di non starci capendo più nulla. Non che fosse mai stato necessario, per uscirne vivo, ma si sentiva fastidiosamente in braccio al caso.
   Si ristabilì solo quando udì chiamare il suo nome:
- William! William, vieni qui...- urlava Jack, al di sopra di tutto.
   Subito il bambino ricominciò a muoversi. Si divincolò dalla stretta di Will e uscì da sotto il tavolo, diretto verso il pirata. Come un riflesso incondizionato, anche Willsi tirò fuori da quel posticino angusto, spazzolandosi i vestiti e avvicinandosi agli altri due uomini e mezzo, in punta di piedi.
   Tutto era così irreale da far pensare a un sogno.
   Ma Jack che coccolava il piccolo non era un sogno: l’aveva preso in braccio e lo mostrava orgogliosamente all’altro avanzo di galera.
- Mio nipote!- lo presentò, con un sorriso assurdo.
   Poi si voltò verso Will, ora accanto a loro:
- Suo padre.- concluse, senza tante cerimonie.
   L’energumeno scoppiò in un’altra fragorosa risata:
- Avete l’aria stanca. Sicuramente è stata una giornata lunga e tutto questo rumore non giova certo alla salute del piccolo. Andate in malora!- e giù ancora a ridere, mentre indicava loro la porta – Ai miei amici non riservo trattamenti di “sfavore”!-
   Jack lo ringraziò e subito si avviò, seguito da Will. Era stato un gioco da ragazzi, la sua fortuna era immensa e persino malleabile! “Un modo diverso di essere popolari”, si congratulò con se stesso.
   Appena varcata la soglia, tuttavia, si sentì rincorso dalla voce del bandito:
- Ehi, Jack! Dove hai preso quella pistola tutta dorata?-
   Il pirata deglutì. Se n’era completamente dimenticato.
   In un secondo, si rese conto di essere nei guai. Alla cupidigia proverbiale dei fuorilegge non poteva certo sfuggire un interessante pezzo d’antiquariato come quello che spuntava dalla cintura dei suoi pantaloni.
   Sotto la tesa del cappello, iniziò a sudare. Se l’era guadagnata, quella nuova arma, ma temeva che non sarebbe andata a finire come aveva sperato.
   Si voltò lentamente, sapendo già che cosa si sarebbe sentito dire:
- Jack!- lo richiamò l’altro - Potresti farmi dono di quell’incredibile pezzo, in nome della nostra amicizia, non credi?-
   Esattamente come aveva previsto. Il pirata caricò velocemente il coraggio a molla. Si accostò a Will, che, turbato, passava lo sguardo dall’uno all’altro in cerca di una spiegazione, possibilmente pacifica:
- Al mio tre, ce ne andiamo.- gli ingiunse Jack.
   Subito si mise a contare. L’energumeno era ancora lì, dritto impalato, ma sicuramente aveva fiutato che difficilmente avrebbe messo le mani su quella pistola. Non con il consenso di Jack, almeno. Poco gli importava, lui era grande e grosso e aveva i suoi scagnozzi pronti a far fuoco. Infatti, fece loro segno.
   Proprio in quel momento scattò il fatidico tre, e Jack si fiondò fuori, con Will alle calcagna. Come aprì la porta, tuttavia, si ritrovò vis-a-vis con un paio di guardie, probabilmente accorse dietro avviso di qualche buon vicino, che aveva segnalato la rapina in osteria. Dalla sorpresa, il pirata scartò malamente di lato, e il piccolo William gli scivolò tra le mani, restando indietro.
   Will lo raccolse da terra appena in tempo. Il bambino ora piangeva a più non posso, con il viso affondato tra le mani, e gridava il nome di Jack. Il pirata sentì la disperazione nel suo cuore che cresceva, man mano che altre guardie si intromettevano tra lui e la sua strada, che le spade diventavano più affilate
(resisti William ti prego)
   Tornò indietro, e finalmente lo raggiunse.
   Ormai non c’era più fazione né religione, ma solo un grumo di senza gloria che si battevano per premi diversi. C’erano giubbe rosse e barbe malconce, c’erano sguardi e sputi e munizioni che venivano spese: alcune andavano a segno.
   Nonostante la presenza del bambino, qualcuno puntò una pistola dritta dritta alla fronte di Jack; stava per urlargli qualcosa, ma il pirata non si fece intimorire e gli aveva già sferrato un pugno. Un colpo perfetto. Un colpo alla carotide.
   Alle sue spalle, uno sparo. Jack non si preoccupò di chi avesse abbattuto, se fosse amico o nemico, in fondo non faceva molta differenza: non da morti. Doveva portare via William, perché era chiaro che non poteva funzionare neanche come scudo, contro quella furia cieca. A dire il vero, non era sua intenzione farsene scudo, anzi. Sarebbe stato lui lo scudo, il più grande e fortissimo scudo mai costruito fino ad allora, l’indistruttibile scudo contro il male. Gli venne da ridere. Non era mai stato un paladino della giustizia ma ora quel ruolo gli stava a pennello.
   Con Will dietro e William ben stretto tra le sue gambe, cercò un modo per uscire dalla calca. Una mano era costantemente occupata a tenere il bambino, ora per un braccio, ora per una spalla. C’erano uomini dappertutto. Ma dove si era cacciato William Turner, maledizione? Improvvisamente non era più con loro. Quando c’era bisogno di lui non c’era mai!
   Dovevano andarsene!
   Ah, rieccolo. Will piombò su di lui e il bambino, e li spinse via, verso porti più sicuri, mentre gli altri si massacravano anche a mani nude. Un altro sparo riecheggiò vistosamente nell’aria. Nel fumo e nella confusione, due pallottole li sfiorarono. Ogni tanto erano costretti a fermarsi, a cambiare direzione. Avevano perso completamente la bussola.
   Un urto contro qualcosa, ma non si poteva dire cosa. Poi un dolore, un dolore noto, nonostante tutto, alla gamba. Una bestemmia stretta tra i denti. L’agitazione che prendeva alla gola, più di prima.
   Corsero. Sì, corsero terribilmente, senza neanche guardare dove andavano. Nessun posto pareva abbastanza lontano. Jack non ricordava di aver mai macinato tutte quelle leghe a passo così sostenuto.
   Per la prima volta, dopo tanti anni, aveva il fiatone.
  
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