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Autore: Ai_1978    05/03/2016    3 recensioni
Con uno scatto, per la prima volta, si portò sul marciapiede, oltre il cancello. Si voltò a guardare il muro. Dall’esterno appariva ancora più maestoso, imponente e… limitante.
Basta!
Era ora di vivere.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL MURO

Viveva rinchiuso in quel giardino. Era un luogo curato, con le aiuole sempre in ordine, gli alberi potati e l’erba tagliata che emanava quel profumo buonissimo.
Ogni giorno aveva acqua fresca e cibo.
Il suo posto preferito per fare i bisognini.
Anche qualche carezza.
Gli umani giocavano con lui, gli tiravano la palla di gomma gialla, l’osso di pelle.
Si divertiva.
Ma aveva un rimpianto: il suo mondo era limitato. Tutto scorreva liscio e tranquillo, ma terribilmente monotono.
Un alto muro circondava il giardino della casa e lui riusciva a vedere un piccolo stralcio dell’ambiente esterno solo attraverso le sbarre del cancello.
Ogni tanto abbaiava a qualche estraneo che si fermava a curiosare all’interno un po’ troppo a lungo. Ma non aveva un’idea precisa di cosa ci fosse realmente fuori dal suo piccolo regno…
Perché c’era il muro: solido, in pietra, incombente. Ovviamente era una protezione, ma innegabilmente era anche una barriera.
Gli anni trascorrevano nella loro pacata monotonia. Stessa vita ogni giorno, stessi umani, stessi piccoli animaletti con cui divertirsi: lucertole, passeri, arvicole, qualche merlo…
Raramente poteva vedere un suo simile e il più delle volte li scorgeva da lontano, che passavano in strada, legati ad un guinzaglio e trattenuti da un umano. 
Correva verso il cancello in cerca di un contatto, che durava solo pochi metri… perché poi c’era di nuovo il muro che gli toglieva la visione.
Un giorno però qualcosa accadde.
L’umano maschio uscì come al solito al mattino con quello strano oggetto metallico e rumoroso, che produceva fumo maleodorante e la fotocellula del cancello si inceppò. I battenti non si chiusero completamente ma si fermarono distanti uno dall’altro, lasciando aperto uno spiraglio sufficientemente largo affinché lui potesse passarci.
… Se avesse voluto.
Ma perché? Lui ci stava tanto bene nel suo tranquillo giardino curato!
Voltò le spalle al cancello, per andare a sdraiarsi come di consueto sotto il portico di casa, sullo zerbino.
Ma d’un tratto… un odore. Simile al suo, ma infinitamente migliore.
L’istinto lo spinse a guardare verso il cancello.
Una femmina della sua specie sostava lì, scodinzolante.
Il cane, timidamente, si avvicinò. Era titubante: raramente aveva a che fare con cani che non appartenevano ad amici dei suoi umani.
Questa femmina sembrava diversa: non portava il collare, era magra e probabilmente denutrita. Sicuramente infestata da parassiti di ogni sorta.
Eppure lo attraeva.
Quando furono abbastanza vicini i due animali si scambiarono i convenevoli del caso, annusandosi reciprocamente il posteriore.
Era un odore intenso quello della femmina, stranamente gradevole ed irresistibile.
Improvvisamente si sentì lambire il muso da una lingua rosata e morbida. La cagna lo stava salutando.
Quindi lei si votò e fece per allontanarsi.
Lui rimase interdetto, lì sul cancello. Non sapeva che fare: non aveva mai dovuto decidere. O meglio: non aveva mai potuto.
Il cancello era sempre stato chiuso.
Ma ora non lo era. Fuori da lì, oltre quel muro che lo aveva imprigionato per tutta la vita, c’era un mondo
nuovo, diverso, terrorizzante.
Eppure la cagna era lì, a pochi metri e lo fissava, incuriosita.
Lui moriva dalla voglia di seguirla.
Chissà quanti luoghi conosceva,  quante avventure aveva vissuto!
Lei lo fissò, un’ultima vota e poi, decisa, si allontanò. Si portò sul bordo del marciapiede, attese qualche secondo, quindi, correndo, attraversò la strada.
Una volta dall’altro lato si fermò nuovamente a fissarlo.
Abbaiò un paio di volte, come per esortalo.
Lui titubò. Non aveva mai superato il muro in vita sua.
Era terrorizzato dall’ignoto.
Ma… era incuriosito. Moriva dalla voglia di sapere cosa ci fosse “oltre”.
Ma sì! Certo!
Il destino gli aveva mandato un’amica, forse una compagna. E lui non poteva rifiutare.
L’avrebbe seguita.
Con uno scatto, per la prima volta, si portò sul marciapiede, oltre il cancello. Si voltò a guardare il muro. Dall’esterno appariva ancora più maestoso, imponente e… limitante.
Basta!
Era ora di vivere.
Senza pensarci si diresse gioioso verso la femmina che lo attendeva dall’altro lato della strada.
 
Un rumore stridulo, uno schianto.
Dolore acuto alla gabbia toracica, qualche rantolo poi… il buio.
 
Il cane giaceva morto nel mezzo della via, in una pozza di sangue.
Era uscito dal recinto, aveva affrontato il mondo.
Ma non era preparato ai pericoli che lo attendevano.
Perché il muro lo aveva sì sempre tenuto segregato, ma anche protetto. Gli aveva impedito di conoscere ed imparare a vivere. Perché tutto, all’interno del muro, era programmato, prevedibile e servito su un piatto d’argento.
Purtroppo però, il mondo non è un giardino tranquillo.
E per uscire, oltre il muro, bisogna essere pronti.
   
 
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