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Autore: Northeast    05/03/2016    2 recensioni
Alec ha diciotto anni, e ha appena detto alla sua famiglia di essere gay ma non l'hanno presa esattamente come si aspettava. Questo l'ha reso un po' debole, un po' stupido e un po' rotto.
Magnus Bane suona la chitarra da quando aveva sei anni, ed è appena entrato a far parte di una band di ragazzini. Ha sempre un sorriso sulle labbra ed un'esuberanza non comune. Sembra perfetto, sembra che niente possa scalfirlo, ma è davvero così?
Malec!AU
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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HELLO, IT'S ME. No, non sono Adele *sigh* Anyway eccomi qua, finalmente (o forse no) Ovviamente al solo pensiero di pubblicare questa storia ho l'ansia. La dovrò pur smettere con questa cosa dell'ansia pre-capitolo, dh! Comunque, eccoci! Questa storia è, forse, più impegnativa della mia OS, per i temi che tratterò ma spero che lo stile di scrittura non risulti comunque troppo pesante. E che i personaggi non siano esageratamente OOC, ma questo, forse, potrete dirmelo tra qualche capitolo. Questo capitolo più che un capitolo è un prologo, ma era troppo lungo per definirlo tale. 
Vi chiedo solo una cosa, se trovate degli errori (di sintassi o grammaticali) fatemelo sapere e io provvederò a correggerli, forse. 
Non dimenticatemi di farmi sapere cosa ne pensate con una recensione. 
Un bacio, 
Nordest







Come as you are.
                                                                               CAPITOLO I – who are you?
 
 
 
 
 
Da: Izzy
(16:45)
Per favore Alec, esci fuori

(17:10)
Alec, ti prego, non riesco a vederti così.

(17:30)
Alec, sono dietro la porta della tua camera. Per favore, parlami.

(17:45)
Alec, io ti voglio bene comunque e non mi muoverò da qui.

 
              Alec era seduto per terra, poggiato con la schiena contro il legno scuro della porta di camera sua, le ginocchia portate al petto e il capo abbandonato su di esse. Nel silenzio tombale in cui era sprofondata la loro casa, riusciva a sentire il rumore dei tasti dell’Iphone di Izzy, che si era appartata dietro la sua porta, riusciva quasi a sentirla respirare.
Aveva letto i messaggi in cui gli chiedeva di parlarle, in cui gli diceva di volergli bene. E Alec non ne dubitava, nemmeno un po’. Ma era stanco, triste e deluso.
Come aveva potuto illudersi che tutto quello fosse giusto? Che fosse una buona idea?
Aveva deciso di imparare ad accettarsi, ma aveva distrutto l’equilibrio della sua famiglia per ragioni prettamente egoistiche.
Aveva parlato con Izzy così tanto di quello, lei gli aveva detto che tutti lo avrebbero accettato, che non era un problema, che non lo cambiava, che non lo definiva. Cazzate.
Izzy non lo capiva. Non capiva come si era sentito quando aveva pronunciato “vedete,  a me piacciono i ragazzi nel modo in cui dovrebbero piacermi le ragazze”* e aveva visto suo padre alzarsi dal divano, passarsi una mano tra i capelli ed andare in cucina, aveva visto gli occhi di sua madre scurirsi prima di abbassare la testa e aveva visto gli occhi dorati di Jace riempirsi di sorpresa, prima che si passasse una mano tra i capelli biondi. Aveva visto quello che aveva fatto alla calma e alla stabilità della propria famiglia, che erano andate in fumo per colpa sua.
Adesso riusciva a vedere chiaramente come sarebbe stato il ringraziamento, come sarebbero state le feste di Natale e tutte le cene e i pranzi in famiglia. Poteva figurarsi perfettamente il silenzio che li schiacciava, e l’imbarazzo che serpeggiava tra loro. E questo faceva male perché i Lightwood non erano mai stati lontani. Ognuno aveva le proprie preoccupazioni e i propri segreti, ma quando stavano insieme riuscivano a dimenticarlo, chiudendosi in una bolla di idilliaca tranquillità.
E non sarebbero stati mai più gli stressi, perché lui si era permesso di essere egoista.
Sentì il suo cellulare vibrare ancora, ancora e ancora. Ma non gli diede peso. Si alzò dal pavimento freddo e si spostò sul letto dalla trapunta grigia, infilò nelle orecchie le cuffiette del suo ipod e fece partire una musica alla quale neanche riusciva a prestare attenzione, ma che gli risultava estremamente familiare.
Gli era sempre piaciuto il silenzio, lo trovava rilassante ed era per questo che non usava quasi mai il suo iPod, non lo trovava necessario.
Eppure, il silenzio in cui aveva sempre sguazzato in quel momento gli sembrava assordante.



Doveva essersi addormentato fissando il soffitto bianco, perché quella mattina si svegliò con i vestiti che indossava il giorno precedente e le cuffiette ancora nelle orecchie, solo che la musica aveva smesso di rimbombare. Doveva essersi scaricato, poco importava.
Alec si stiracchiò e per un attimo parve dimenticare quello che lo aveva portato ad addormentarsi vestito, ma poi la consapevolezza si fece strada nella sua testa e parve investirlo, prenderlo in pieno come una palla da bowling con i birilli.
(Strike.)

Alec si alzò dal letto e si diresse stancamente verso il bagno, spogliandosi e facendosi una doccia veloce. Dopodiché si vestì con dei jeans scuri e una felpa nera. Proprio come il suo umore – non che di solito vestisse in altri colori, ma quel giorno li trovò particolarmente adatti.
Prese un profondo respiro prima di aprire la porta, ma mentre stava abbassando la maniglia vide un pezzetto di carta proprio davanti i suoi piedi.
Si chinò per prenderlo e riconobbe la scrittura tondeggiante di sua sorella.
 
           Jace si è unito al club “stiamo seduti davanti la porta di un idiota                                                                   finché non apre”
                                                                     PS: Ti vogliamo bene.

 
                              Alec sorrise e ripiegò il foglio mettendolo nella tasca posteriore dei Jeans, pensando che alla fine non sarebbe stato completamente solo durante quella guerra.
Aprì la porta, quasi timoroso di vedere Jace ed Izzy accasciati davanti ad essa, ma non fu così. E fu contento che quei due avessero preso la saggia decisione di mettersi a letto.
Scese le scale velocemente, ritrovandosi nel salotto ben arredato di casa sua. Fissò il divanetto bianco per qualche secondo, ricordando la scena del giorno prima. Ma poi si avviò verso la porta di casa e, senza fermarsi in cucina per la colazione o per salutare, uscì.

La scuola distava solo 10 minuti in moto e quando arrivò sia il parcheggio che il cortile erano semivuoti.
Si sedette sulle scale, aspettando l’arrivo di Jace, Izzy, Clary e Simon.
Dopo pochi minuti gli studenti cominciarono a riversarsi nel cortile e Alec non potette fare a meno di sentirsi osservato da ogni singolo ragazzo, come se loro sapessero.
Quando arrivarono i suoi due fratelli con Clary e Simon non potette fare a meno di sentirsi leggermente sollevato.
Izzy vedendolo ad aspettarli si aprì in un sorriso luminoso e si avvicinò con passo veloce.
“Buongiorno” gli disse depositandogli un bacio sulla guancia e guardandolo come in una tacita domanda.
Stai bene?
Alec alzò le spalle e le sorrise.
Non esattamente ma me la caverò.
Quando gli altri li raggiunsero li salutò e si ritrovò intrappolato nell’abbraccio di Jace. Beh, quello era strano ma per lui significava molto. Significava che, almeno per Jace, non cambiava nulla.
Quando si staccarono Simon, che aveva stringeva il cellulare nella mano destra e lo guardava, disse “Beh, ragazzi a quanto pare stasera potrò farvi conoscere il nostro nuovo chitarrista. Verrà alla festa di Raphael.”
Alec storse il naso, si era completamente dimenticato della festa ma tanto non ci sarebbe andato comunque.

 
Erano le otto e venti di sera, quando Alec si decise ad uscire dalla sua camera. Vi si era chiuso appena tornato da scuola e non aveva fatto altro che stare sul letto e fissare il soffitto. Quella situazione gli stava scomoda, si sentiva quasi come un estraneo in casa sua. Per questo decise di scendere di sotto, per provare a se stesso di non esserlo. Così si diresse in cucina per prendere un bicchiere d’acqua e magari mettere qualcosa sotto i denti.
In cucina c’erano solo Jace ed Izzy, che mangiavano delle lasagne scaldate. Non potette fare a meno di notare che Jace indossava una vecchia tuta e Izzy aveva gli stessi vestiti di quella mattina e a quella scena inarcò un sopracciglio.
“Andate vestiti così alla festa?”
Izzy e Jace sobbalzarono leggermente, non dovevano averlo sentito arrivare.
“Alec – mormorò Izzy come se fosse sopresa di vederlo lì – uhm noi… noi non andremo alla festa, ecco.”
“Esatto amico – disse Jace alzandosi e poggiandogli una mano sulla spalla – stasera serata film.”
“No, no. Non me la contate giusta” disse dopo essere riuscito a scollarsi la mano di Jace dalle spalle.
Il suoi fratelli si guardarono per un attimo e poi Izzy mormorò “non volevamo lasciarti da solo con mamma e papà.”
Alec spalancò gli occhi, sorpreso da tale premura e poi sorrise.
“Davvero, ragazzi, non preoccupatevi, andate.”
“No, non esiste.” Si oppose il biondo.
“Ragazzi…”
“Vieni con noi” fece Izzy entusiasta.
Alec scosse la testa.
“Andiamo fratello – si intromise il biondo – vieni con noi. Altrimenti non esiste che ci muoviamo di qui.”


 
 
Magnus Bane sorrise, guardando i corpi di quei ragazzini che si strusciavano gli uni sugli altri senza remore e quasi senza pudore. La puzza di alcol e sudore si faceva sempre più persistente e pungente, ma lui adorava le feste e, una volta che ti ci abituavi, la tipica puzza da festa – alcol, pelle, sudore e sesso - non era così male. Sorrise soddisfatto portando alle labbra il bicchiere di plastica rossa che  conteneva chissà quale intruglio.
“Allora? Come ti sembra la festa?” Ragnor, che era seduto accanto a lui, urlò nel suo orecchio per sovrastare la musica.
Magnus gli sorrise e alzò il pollice: approvava. Decisamente. Insomma la casa in cui si stava tenendo la festa, era decisamente grande. E la musica che stavano facendo suonare era okay e, inoltre c’erano gli alcolici e svariati ragazzi e ragazze piuttosto carini.
“Dov’è il tuo ragazzo?” chiese Magnus nell’orecchio di Ragnor.
“Non lo so. E ti ho già detto che non è il mio ragazzo!” rispose dandogli un leggero pugno sulla spalla.
“E allora cosa siete?”
“Noi… uhm – Ragnor si grattò una guancia a disagio – ci stiamo frequentando, suppongo.”
Magnus alzò gli occhi al cielo. Poi sentì il cellulare nella sua tasca vibrare.

Da: Simon Lewis
(21:10)
Magnus, sei già alla festa?

A: Simon Lewis
(21:11)



Magnus alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare, guardandosi intorno, cercando Simon o qualcun altro dei ragazzi della band. Insomma, quei ragazzi non erano poi così male e voleva intrattenere una conversazione con qualcuno che conoscesse, a parte Ragnor. Insomma Ragnor lì non conosceva nessuno e lui voleva fare nuove amicizie, quindi quale occasione migliore che approfittarsi di…
“Simon!” urlò, dopo averlo individuato. Se ne stava vicino alla porta che dava sulla terrazza con un gruppo di ragazzi.
 Accanto a lui c’era una ragazza i cui capelli rossi sembravano spiccare su tutto il resto, e accanto a lei un ragazzo dai capelli biondissimi che le cingeva la vita con una mano. Fidanzati o qualcosa del genere, dedusse Magnus. Di spalle, invece c’erano un ragazzo e una ragazza: la ragazza aveva il corpo sinuoso fasciato in un tubino nero, ai piedi aveva dei tacchi vertiginosi e i capelli scuri raccolti una coda alta. Il ragazzo, invece, aveva le spalle ampie, coperte da una giacca di pelle, ed era alto. I capelli scuri sembravano leggermente disordinati (forse volutamente) e le gambe snelle erano fasciate da un paio di jeans scuri.
Si diede mentalmente dello stupido, per aver urlato in nome di Simon, con una stanza affollata che li divideva e con Animal di Martin Garrix che si diffondeva in tutto lo spazio.
Così prese ad avvicinarsi, il che fu un’impresa ardua considerato che veniva sballottato di qua e di la da corpi ondeggianti. Un paio di volte temette anche che qualcuno gli rovesciasse addosso… qualsiasi cosa avessero nel bicchere.

Quando finalmente arrivò da Simon “Magnus!” disse quello sorridendogli apertamente “finalmente ti ho trovato!”
Magnus pensò che non è che Simon si fosse applicato tanto per trovarlo, a meno che stare impalato accanto ad una rampa di scale, equivalesse a cercare. Ma questo lo tenne per sé.
“Ragazzi, questo è Magnus!” disse al suo gruppo di amici, mentre gli poggiava una mano sulla spalla “il nostro nuovo chitarrista. Magnus, loro sono Clary – e la ragazzina rossa gli fece ciao con la mano – Jace – questo gli fece solo un cenno con il mento – e Izzy – la ragazza gli sorrise civettuola – poi ci sarebbe anche Alec, ma è andato a prendere da bere.” In effetti, Magnus si rese conto dell’assenza del ragazzo con la giacca di pelle.
“Lui è il nostro nuovo chitarrista, è fantastico!” continuò Simon.
“Beh, immagino che avremo modo di sentirlo con le nostre orecchie alle prove” disse la ragazza con i capelli scuri – Izzy?- guardando Magnus e poi guardando intensamente Simon.
Simon cominciò a balbettare “s-sì, ovviamente tu…cioè voi, s-siete invitati.”
“Allora, Magnus, quanti anni hai?” chiese la ragazza con i capelli rossi
Magnus stava per rispondere quando una voce profonda lo interruppe.
“Che cavolo! Camminare fino a qua è stata un’impresa e mi hanno anche rovesciato qualcosa addosso – disse guardandosi la camicia grigia che aveva una chiazza scura sopra – poi mi chiedete come mai non venga mai alle feste.”
Poi alzò gli occhi, spostandoli su Magnus.
 Gli occhi del ragazzo erano, wow! Erano di un blu intenso e sembravano così freddi, ma allo stesso tempo aveva la sensazione nascondessero qualcosa. Magnus sentì i capelli sul collo rizzarsi.
Chi diavolo sei?
Si schiarì la voce e “penso che noi non ci siamo presentati” gli disse.
Il ragazzo lo guardo intensamente e “A-Alec” disse porgendogli la mano.**

*questa è una semi-cit da Glee, o almeno mi sono ispirata un po' alla scena in cui Santana Lopez confessa alla nonna di essere lesbica aww
**Per l'ultima parte di questo capitolo ho preso un po' (un po'?!) spunto dalla serie Tv. (Che sono cuccioli, Harry e Matt aww)
 
  
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