Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: angelo_nero    05/03/2016    2 recensioni
[Storia presente anche su Wattpad sul mio profilo]
Kuro Fujiwara, lunghi capelli neri e occhi cremisi , vive assieme al fratellino Andrew in un Istituto nascosto agli occhi del mondo. I due fratelli, infatti, non sono altro che due figli illeggittimi del Re degli inferi: Lucifero. Abbandonati nel mondo degli umani in tenera età convivono con demoni, angeli e piccole creature dotate di poteri sotto la stretta sorveglianza del Concilio, un organo superiore che regola Questo e Quel mondo. Le cose di complicano quando al fianco di Kuro fa la sua comparsa una ragazza dai capelli azzurri e gli occhi smeraldo di nome Nikita Ōta, un' Esorcista alle prime armi che cercherà in ogni modo di prendersi la sua testa. Cosa succede se, in un caos di morti-viventi ed esseri di altri mondi, scoppia una guerra nel Regno dei dannati? Kuro ed Andrew si ritroveranno faccia a faccia con il padre tanto odiato e Nikita farà loro da spalla, in attesa di un momento migliore per adempiere ai suoi doveri di Esorcista. La Verità sulla nascita dei due fratelli sta per essere svelata...
Genere: Avventura, Comico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 


Immersa nella più completa oscurità, l’aggeggio infernale di nome sveglia iniziò a trillare destando l’occupante della stanza dal proprio sonno ristoratore. La ragazza, coperta fin sopra la testa dal piumone invernale, si voltò dalla parte opposta, ignorando il fastidioso suono continuo dell’oggetto alla sua sinistra. Tirò un sospiro di sollievo quando esso smise di far rumore, concedendo alle sue orecchie la quiete di cui aveva bisogno per tornare tra le braccia di Morfeo.
Non si rese conto di essersi addormentata di nuovo, fin quando la sveglia ricominciò a suonare. Spinse il braccio fuori dalle calde coperte e diede una manata sull’oggetto, spegnendo la suoneria che continuava a disturbare il suo sonno. Alzò la testa dal cuscino con ancora gli occhi semichiusi, tendando di riacquistare le facoltà mentali perdute nel brusco risveglio, cercando di mettere a fuoco i numeri lampeggianti sul display dell’orologio digitale posato sul comodino. Assottigliò ancor di più gli occhi confusa dall’orario che vi lesse sopra.
-Deve essere rotta.- borbottò tra sé.
Infilò una mano sotto il cuscino e tirò fuori lo smartphone, passò il dito sullo schermo inserendo poi la password di quattro cifre richiesta. La luce intensa proveniente dal telefono le ferì gli occhi, costringendola a chiuderli di scatto e riaprirli lentamente solo dopo aver abbassato la luminosità. Chiuse la marea di notifiche che apparvero e si concentrò sui numeri bianchi scritti in alto: essi segnavano lo stesso identico orario della sveglia.
Con un verso di arresa, lasciò ricadere la testa sul cuscino immagazzinando pian piano l’idea di doversi alzare e preparate.
Qualcosa si mosse alle sue spalle, attirando l’attenzione della ragazza che puntò lo sguardo assonnato sul bozzo che si attorcigliava su se stesso. Tirò via le coperte rivelando un bambino di sette anni castano che dormiva beato raggomitolato su se stesso, tra le piccole braccia teneva stretto un coniglietto di pezza. La ragazza alzò gli occhi al cielo prima di andare a scuotere il bambino.
-Andrew. Andrew alzati, non puoi dormire qui.-
Andrew mugugnò qualcosa prima di aprire gli occhietti, rivelando due iridi di un particolare color cremisi. Si mise seduto, stringendo il peluche con una mano e strofinandosi un occhio con l’altra.
-Sorellona, che ore sono?- chiese
La ragazza passò una mano tra i capelli scompigliati del bambino in una specie di carezza.
-Sono le sei e due.- rispose alzandosi portandosi dietro il telefono. Si mise a scorrere le notifiche, cercandone qualcuna di importante.
Andrew sbadigliò mentre scendeva dal letto barcollante.
-Perché ci stiamo alzando? È presto.- si lamentò seguendo la sorella.
-Perché oggi è il primo giorno di scuola, purtroppo.- rispose distrattamente uscendo dalla stanza con il bambino alle calcagna.
Tra le tante notifiche prive di importanza, trovò un messaggio che attirò la sua attenzione e lo aprì:

“Ohayo liceale. Buon primo giorno di scuola, cerca di non distruggere niente ;)
Yuri.”

Sul volto affiorò un piccolo sorriso mentre digitava velocemente una risposta.

“Ohayo Yuri. Non credo tu possa darmi consigli sul non distruggere niente.
K.”

Infilò il telefono nella tasca posteriore dei pantaloni percorrendo il corridoio della zona notte a passo svelto, dietro di lei Andrew la seguiva nonostante non riuscisse a stare al passo. La conversazione con Yuri l’aveva messa di buon umore, nonostante l’alzataccia si prospettava una buona giornata.
Il cellulare vibrò costringendola a tirarlo fuori e sbloccarlo, di nuovo un messaggio di Yuri.

“Hai ragione, Kuro-chan, sono l’ultima persona che può giudicarti. Ora vado che il mio amore mi aspetta, ci vediamo in classe.”

Scosse la testa mettendo via lo smartphone. Yuri era un suo amico d’infanzia, un tipo particolare che aveva un modo tutto suo di fare, omossessuale e casinista all’inverosimile ma era l’unica persona con cui si sentisse a proprio agio.
Aprì la terza porta sulla destra e la richiuse alla spalle, ignorando le proteste del fratellino che la pregava di entrare con lei.
-Vai a vestirti Andrew. E lasciami in pace.-
Il piccolo mise il broncio e si sedette davanti la porta con gambe e braccia incrociate, aveva tutta l’intenzione di rimanere lì davanti finchè la sorella non sarebbe uscita. Si mise a giochicchiare con il peluche che si era portato dietro, ingannando il tempo dell’attesa animando il pupazzo con un piccolo guizzo delle iridi.
-Balla.- ordinò con fermezza.
L’orso di peluche battè le palpebre e, dopo essersi alzato in piedi sciogliendosi dall’abbraccio del bambino, iniziò ad ondeggiare improvvisando una danza sulle note di una musica inesistente.
Andrew sorrise guardando il piccolo siparietto e battè le mani dando il ritmo ai movimenti privi di senso del giocattolo.
-Andrew?-
La voce di un adulto riempì il silenzio del corridoio, interrotto solo dal suono attutito dello scorrere dell’acqua dietro la porta, costringendo il bambino a spostare la propria attenzione sul nuovo arrivato. Prima che l’uomo potesse avvicinarsi tanto da comprendere il motivo di tanto divertimento, Andrew fece tornare il peluche inanimato, puntando le iridi rosse in quelle plastificate del giocattolo, togliendogli quel filo di vita che gli aveva donato. Rimase a fissarlo senza alcun apparente motivo,
-Cosa stai facendo qui? Sei ancora in pigiama.-
Il bambino alzò lo sguardo sul giovane uomo che sostava davanti a sé, gli sorrise con calore mostrando la dentatura bianca che mostrava un paio di buchi qua e là. Indicò la porta alle sue spalle.
-Oneechan si sta facendo la doccia. Non ha voluto farmi entrare.- disse senza staccare gli occhi dai suoi.
Il ragazzo spostò lo sguardo sulla porta chiusa e sospirò.
-Non credo le farà molto piacere ritrovarti qui, una volta che avrà finito.- gli disse abbassandosi alla sua altezza.
Il sorriso di Andrew si spense, lasciando il posto a un piccolo broncio e il braccio ricadde al suo fianco mentre puntava gli occhi sul giocattolo tra le sue braccia.
-Che ne dici se ti vai a vestire? Così appena Kuro ha finito scendete a far colazione insieme.-
Il bambino alzò la testa scontrandosi con il sorriso luminoso dell’educatore. Annuì con vigore mentre un piccolo sorriso tornava a farsi spazio sul suo volto. Si alzò da terra e corse nella propria stanza.
Il giovane lo guardò correre via tutto contento e, prima di girare i tacchi, lanciò un ultimo sguardo alla porta chiusa.

L’acqua bollente era una mano santa per sciogliere il torpore del sonno, regalando nuovo vigore ai muscoli indolenziti dall’allenamento del giorno prima. Alzò il viso e il getto d’acqua si abbattè sui morbidi lineamenti, accarezzandoli, scorrendo poi sui lunghi capelli scuri, sul collo fino e giù, fino a raccogliersi ai suoi piedi nel piatto della doccia. Si passò entrambe le mani nei capelli, districando i nodi formatosi durante il sonno e sospirò in pace, prendendosi un attimo per riflettere a quanto sarebbe successo di lì a poche ore: un nuovo giorno di scuola. Avrebbe passato un altro anno seduta dietro un banco traballante ad ascoltare lezioni noiose, di cui non poteva fregarle di meno, per sette lunghissime ore, per nove noiosissimi mesi. In compenso, se fosse sopravvissuta senza dare di matto o distruggere qualcosa, quello sarebbe stato l’ultimo. Una Macra consolazione ma meglio di niente.
Abbassò il viso, riaprendo gli occhi per puntarli sui piedi nudi bagnati, chiedendosi se il personale scolastico rammentava quanto successo l’anno prima. Le era stato detto che nessuno, tranne particolari eccezioni, avrebbe ricordato nulla di tutto ciò e che l’edificio non avrebbe riportato alcun danno che potesse ricordarlo o materiale per testimoniare che quel fatto fosse veramente accaduto. Probabilmente ciò che il Concilio aveva promesso era stato eseguito, senza lasciare traccia. Come sempre, ovviamente.
“Quei vecchi sanno il fatto loro” pensò prendendo lo shampoo dallo scaffale metallico interno alla doccia. “Riescono sempre a salvarmi il culo. In un modo o nell’altro.”
Non era di certo la prima volta che si metteva nei casini e il Concilio Superiore doveva rimediare, non prima di averle affibbiato una bella punizione da scontare per i restanti cinquecento anni. L’ultima volta l’avevano obbligata a seguire passo passo la crescita di un umano, impedendogli di mettersi nei guai o provocare l’ira di qualche demone dell’Altro Mondo. Forse era stato il compito più spossante che quei vecchi le avevano addossato: il bambino era un terremoto, toccava tutto, scavalcava recisioni ad alta tensione, attraversava a piedi le super strade, si divertiva a punzecchiare i piccoli Yokai, provocando l’ira delle madri e di tutto il clan.
Gemette di dolore non fisico al ricordo di tutte le volte in cui si era ritrovata ad inventarle tutte per non far morire il moccioso. Era stata una piaga! Per fortuna che la vita umana durava solo nove decadi, e il periodo nel quale era dovuta rimanere al fianco del ragazzo era quello fino all’adolescenza, quindi in un paio di decenni se l’era cavata. Ne era uscita con un esaurimento nervoso ma aveva capito la lezione: non dar da mangiare a un Tengu se non lo si vuole veder scagliato a destra e a manca come impazzito, e soprattutto non ridere della situazione.
Chiuse il rubinetto della doccia e uscì ripensando che, quella volta, sembrava essere stati più magnanimi. Cosa poteva mai essere ripulire gli Archivi in confronto a subire l’ira di uno Yokai-volpe? Certo, doveva farlo per i restanti duecento anni ma la cosa non la turbava.
Una volta pronta, aprì la porta del bagno di scatto come a voler far cadere chi vi era appoggiato. Assottigliò lo sguardo quando non avvertì la voce del fratello lamentarsi di essere stata troppo irruenta, chiedendosi se fosse stato il suo cervello annebbiato dal sono a farle credere che fosse lì davanti seduto. Alzò le spalle indifferente: meglio così, aveva più tempo per finire di prepararsi senza i piagnistei del bambino.
Scese le scale a due a due, guadagnandosi l’occhiataccia di Mei-Rin, la governante, che portava i panni puliti al piano di sopra. La ignorò concentrandosi sull’odore di dolci caldi proveniente dalla cucina. Arrivata sulla soglia però, dovette schivare una fetta di pane e marmellata, lanciata nella sua direzione, una ciotola di riso e un paio di bacchette, che si conficcarono nel muro alle sue spalle. Quando finalmente riuscì ad entrare senza rischiare la vita lanciò uno sguardo all’interno, senza scomporsi più di tanto alla vista della lotta di cibo che si era venuta a creare. Alzò gli occhi al cielo evitando un bicchiere di plastica e si avvicinò a grandi passi al tavolo centrale, dove un gruppo di ragazzi dai dodici ai diciotto anni si stavano azzuffando. Ne divise un paio, prendendosi dalla maglietta e scagliandoli in due direzioni opposte, prima di dedicarsi a un ragazzino biondo che sembrava voler pugnalare il compagno con le bacchette, tenute in mano come se fossero un’arma. Gli lanciò una lunga occhiata di rimprovero dopo avergliele sfilate dalle mani. Il ragazzino borbottò qualcosa e si mise seduto composto, finendo la colazione.
La ragazza lanciò uno sguardo alla stanza in pessimo stato chiedendosi se quella storia fosse continuata fin quando non avrebbero alzato i tacchi e fossero andati fuori da quella casa.
-Oh kami! Che diavolo è successo qui?- esclamò una giovane donna dai lunghi capelli di un assurdo colore blu.  La donna si addentrò evitando con cura di calpestare i residui di cibo sparsi per l’intera stanza e si fermò davanti al tavolo, poggiò le mani su di esso e guardò in cagnesco tutti quelli seduti, i quali abbassarono lo sguardo sul proprio piatto. –Allora? Nessuno m risponde?- incalzò.
-Ha cominciato lui!- urlò un ragazzino sui tredici anni indicando l’amico davanti a sé.
-Non è vero! Sei tu che hai cominciato!- protestò l’altro alzandosi in piedi.
-Tu mi hai insultato! Cosa dovevo fare rimanere fermo a guardare!?- ribattè il primo alzandosi di rimando.
I due si guardarono in cagnesco continuando a sputarsi insulti a vicenda, qualcosa che coinvolgeva mamme in atteggiamenti poco consoni, affermazioni poco adatte a ragazzi così piccoli e soprannomi degradanti vari,
La giovane donna cominciò a spazientirsi e chiese più volte ai due di smetterla, senza che essi gli dessero la minima importanza, prima di muovere di scatto la mano, disegnando una linea invisibile tra i due litiganti. Lo spazio attorno ai due ragazzi si illuminò per un attimo di verde prima che il tavolo, sul quale erano appoggiati, si spaccasse perfettamente a metà. Un urlo sorpreso ferì l’udito dei presenti.
-Il prossimo vi taglierà via un braccio se non la smettete di litigare e filate a scuola.- minacciò la donna disegnando tante piccole linee verdi nel vuoto.
I due deglutirono e filarono via, spaventati dalla possibilità di rimanere mutilati.
-Sempre molto docile, vero Maia?-
Maia alzò lo sguardo sulla ragazza al proprio fianco, scoprendo il suo volto piegato in un ghigno divertito.
-Lo sai meglio di me, Kuro, che se non faccio così non ottengo la loro attenzione.- rispose massaggiandosi la base del naso con due dita.
Kuro non rispose. Si sedette accanto a un bambino con gli occhi verdi, molto più piccolo di lei, e iniziò a mangiare ignorando l’ennesima lite scattata per colpa dell’ultima porzione di miso.

Prese in pieno una pozzanghera, imprecando in modo poco femminile. Alzò lo sguardo al cielo gonfio di nuvole nere, pronte a scagliare un temporale con i fiocchi addosso a lei. Le fissò in cagnesco quasi a sfidarle a farlo e tornò sui proprio passi, lanciando lo zaino da una parte.
Aprì con un calcio la porta della propria camera, sedendosi poi sul bordo del letto per togliersi le convers fradice. Le lanciò in angolo e si allungò per afferrare gli anfibi, messi da parte in attesa di essere riposti in una scatola con l’arrivo della bella stagione. Infilò il piede destro dentro lo stivale e imprecò quando si rese conto che la cerniera laterale era priva di cursore. Sfilò la scarpa e la gettò via con rabbia: la giornata iniziava male.
-Kuro-chan?- la richiamò una voce dolce.
Kuro non accennò a sollevare lo sguardo, preferendo fissare in cagnesco il pavimento.
Mei-Rin battè le palpebre in attesa di un segno da parte della ragazza che non arrivò. Indicò il fondo del corridoio. –Ti ho lasciato le scarpe della divisa davanti la porta. Se non ti sbrighi perderai l’autobus.-
Si lasciò cadere all’indietro sul letto: se prima non aveva voglia di andare, in quel momento si sentiva peggio.
Chissà come riuscì ad alzarsi da quel letto, infilarsi le scarpe e raggiungere la fermata appena in tempo. L’autobus era semi-vuoto per sua fortuna. Scelse uno degli ultimi posti vicino al finestrino, gettò lo zaino pieno di scritte sul sedile davanti a sé ed infilò le cuffie nelle orecchie, pregando che il viaggio fino a scuola durasse il più possibile.



 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: angelo_nero