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Autore: Kisshou    27/03/2009    3 recensioni
Quinta classificata al contest "Uchihacest" indetto da Ainsel
Quella sera stessa, i due fratelli Uchiha stavano seduti a tavola assieme, a mangiare quel poco che la vicina di buon cuore gli riciclava. Erano ridotti così, in un appartamento microscopico. Una candela illuminava la tavola, per risparmiare la luce.
- Itachi…?- Chiamò timidamente Sasuke, mentre si portava alla bocca un cucchiaio di minestra gelida. Il ragazzo di fronte a lui alzò lo sguardo dal piatto.
Uno sguardo identico al suo, solo più sottile e malinconico.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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- Nick Autore : Sasori_Danna
- Titolo : Carillon
- Personaggi/Paring: Itachi\Sasuke
- Genere : Malinconico, Drammatico
- Rating : Giallo
- Avvertimenti . One-shot, AU (Alternative Universe)

 

 

Carillon

 

 

 

 

Una scatola chiusa...

Questa era la sua vita.

Una scatola chiusa e vuota, abbandonata.

Una scatola banale.

A sua insaputa, si sarebbe potuta aprire.

Avrebbe potuto cantare e danzare,

in dolci note di cristallo.

Avrebbe potuto intuirlo, ma non lo fece.

Per lui, rimase sempre e soltanto una scatola vuota.

 

 

 

 

Il trillo della campanella riecheggiò per i corridoi vuoti, attraverso le pareti tappezzate con tanti disegni di colori sgargianti.

Le porte delle aule erano leggermente aperte, giusto per lasciare che uno spiraglio d’aria fresca trapelasse all’interno di esse.

Gli alunni giocavano sparsi nel pavimento, mentre la maestra li teneva d’occhio con fare paziente. La donna stava seduta in una piccola sedia, i lunghi capelli biondi che le cingevano il busto e lo sguardo più che mai attento della maestra d’asilo.

- Maestra, maestra!- La voce stridula di una bambina la fece sobbalzare, riscuotendola dai suoi pensieri.

- Si, tesoro?- Chiese paziente la donna, chinandosi fino a trovarsi faccia a faccia con lei, e i suoi grandi occhi verdi si specchiarono nei suoi, castani.

- Sasuke mi ha dato una spinta!- Strillò la bimba, singhiozzando e tirando su col naso.

La maestra si alzò in piedi, prendendo per mano la piccola.

Sasuke, come al solito, non giocava con gli altri bambini. Non disegnava impiastricciandosi le mani del colore forte dei pennarelli, né si sdraiava nel pavimento a giocare.

Stava solo, in una angolino. Di tanto in tanto giocava con una macchinina. La maestra sapeva che non era un bambino comune. Non l’aveva mai visto piangere, né invocare il nome della mamma.

Lo avvicinò.

- Sasuke, perché hai dato una spinta a Sakura?- Chiese la donna, paziente ma con una nota di rimprovero nella voce.

Il bimbo alzò lo sguardo, fulminandole entrambe con il suo sguardo oscuro.

- Mi infastidiva…- Borbottò.

La donna sospirò: - Avanti, Sasuke. Chiedi scusa a Sakura.-

L’Uchiha abbassò lo sguardo. In casi del genere, non esistevano alternative.

- Scusa, Sakura.- Un sussurro appena udibile, ma la maestra preferì accontentarsi.

- Ok. Su, Sakura. Torna a giocare.-

La bambina dai capelli rosa annuì, asciugandosi le lacrime con la manica, e scomparve nella folla di ragazzini urlanti.

La maestra si sedette accanto a Sasuke.

- Chi viene a prenderti, oggi?- Domandò dolcemente.

-  Mio fratello.- Rispose il bambino, gelido.

La maestra si alzò, allontanandosi. Conosceva suo fratello. Conosceva Itachi. E sapeva che razza di tipo era. Aveva dei precedenti per spaccio, inoltre si dicevano cose inimmaginabili sul suo conto. Che era un ladro, un delinquente.

Ma era la sola persona che Sasuke avesse al mondo. Itachi, il bullo, il ladro, il drogato, il delinquente.

Come poteva lui occuparsi di un bambino?

Ma la maestra era consapevole del legame profondo che univa Sasuke a suo fratello. Erano una famiglia, o il penoso ricordo di ciò che una volta, tanto tempo prima, era stata una famiglia. Due genitori scomparsi, portati via dal vento.

Era accaduto due anni prima, in una situazione oltremodo tragica.

 

 

Gli Uchiha stavano recandosi a prendere Sasuke a scuola. Ma erano di ritorno dalla questura: Itachi aveva rotto un polso a un compagno di scuola.

Fugaku guardò velocemente l’orologio. Erano in ritardo.

- Ecco. Sei contento, bastardo?- Chiese, guardando Itachi nel sedile posteriore. – Adesso arriveremo in ritardo a prendere tuo fratello, e sai che parte mi farà,  quella dannata maestra?-

Mikoto scosse stancamente la testa. Un grosso camion stava di fronte a loro.

Il cellulare di Mikoto trillò. La donna lo prese e rispose, scostando i lunghi e lucidi capelli neri.

- Pronto?-

- Mamma… sono Sasuke.- Fece una vocetta triste al ricevitore.

- Tesoro, stiamo arrivando, noi…-

- Vi siete dimenticati di me.- La interruppe quella voce abbattuta.

- No, Sasuke, no… -

Dall’altro capo del ricevitore arrivarono singhiozzi a stento trattenuti. Fugaku se ne accorse, visto che anche Mikoto stava iniziando a piangere.

Ingranò la marcia  e fece per sorpassare il camion. Proprio in quel momento un’auto si parò davanti alla sua.

Lontano, Sasuke teneva la cornetta del telefono della scuola premuta contro l’orecchio.

Sentì uno strillo acuto, poi un rumore sordo. La linea cadde e Sasuke rimase là, in piedi.

Faceva freddo. Terribilmente freddo.

 

 

 

Sasuke uscì lentamente da scuola, trascinando la cartella dietro di sé, tenendo lo sguardo rivolto verso l’asfalto infreddolito dall’Inverno.

Sakura sfrecciò accanto a lui, tra le braccia dei suoi genitori, ridendo e afferrando la mano di entrambi. Era così … semplice. Una scenetta che si ripeteva ogni giorno.

E ogni giorno Sasuke sedeva sulla scala di marmo, solo. Suo fratello si era scordato di lui.

Di nuovo.

 

 

 

 

 

 

Quella sera stessa, i due fratelli Uchiha stavano seduti a tavola assieme, a mangiare quel poco che la vicina di buon cuore gli riciclava. Erano ridotti così, in un appartamento microscopico. Una candela illuminava la tavola, per risparmiare la luce.

- Itachi…?- Chiamò timidamente Sasuke, mentre si portava alla bocca un cucchiaio di minestra gelida.

Il ragazzo di fronte a lui alzò lo sguardo dal piatto. Uno sguardo identico al suo, solo più sottile e malinconico.

 

Non sarei dovuto sopravvivere ….

Perché io? Perché non la mamma?

Cosa posso offrire io a Sasuke?

 

 

 

- Che c’è, Sasuke? Mangia…- Stava per aggiungere: “prima che si raffreddi”, come faceva sempre Mikoto. Lei poteva farlo…

- Perché ti sei scordato di me, oggi, a scuola?- Domandò con la sua voce cristallina.

Itachi lo guardò fisso: - Ero impegnato.-

- Ma sono il tuo fratellino!-

- Ero impegnato lo stesso.-

- Ma…-

- La vuoi piantare? Sono arrivato, no?-

- Non mi vuoi bene!-

- Sasuke…-

- Non è giusto!-

- NO!- Sbottò Itachi, sbattendo un pugno sul tavolo che fece tremare le stoviglie.

- No… non lo è.-

Gli occhi di Sasuke si riempirono all’istante di lacrime.

- Itachi…- piagnucolò.

L’Uchiha maggiore abbassò lo sguardo stanco.

Si alzò dalla sedia, raggiungendo il fratello. I loro occhi cozzarono. Nero su nero.

 

Poi, Sasuke gli gettò le braccia al collo e affondò la testolina nera sul suo petto.

Itachi lo strinse, lo avvicinò di più a sé .

C’era un buco nel soffitto. L’acqua gocciolava scandendo i secondi.

Itachi teneva stretto il fratellino. In mano stringeva forte un biglietto:

 

Domani alle 11:00 al solito posto. Porta i contanti per la roba che ti abbiamo procurato, altrimenti taglieremo le budella a quel moccioso di tuo fratello.

 

 

- Domani tarderò un po’, Sasuke.- Gli sussurrò Itachi.

Il bambino alzò lo sguardo accusatorio verso il fratello: - Come sempre… tu ti scordi di me.-

Un dolore forte colpì il petto di Itachi.

- Sasuke… guardami negli occhi.- Fece, prendendo il viso del fratellino tra le mani. – Io  ci sarò sempre. Non mi scorderò di te. Né domani né mai.-

Sasuke rimase sulle sue ginocchia, giocherellando con le ciocche di quel lunghi capelli corvini.

- Ti voglio tanto bene, Itachi.- Mormorò alla fine il bimbo.

Itachi si limitò ad annuire, facendolo scendere dalle sue ginocchia.

Sasuke gli voltò le spalle e scomparve, inghiottito da tenebre troppo profonde perché la luce danzante della candela potesse riacchiapparlo.

 

 

Itachi si diresse lentamente verso la cassaforte. I suoi passi erano leggeri e superficiali, come se avesse potuto tranquillamente volare, se solo lo avesse desiderato.

La sua mano pallida digitò il codice, e la cassaforte si aprì scricchiolando.

Il ragazzo impugnò saldamente una piccola scatolina argentea. Dentro c’erano soldi. Tanti soldi.

Itachi aveva rubato, aveva ferito, aveva insultato. Ma non l’aveva fatto per se stesso. Il suo grande errore era stato iniziare a drogarsi, iniziare e non riuscire più a smettere.

Si era rivolto alla gente sbagliata per procurarsi altra droga. Adesso doveva pagarla.

Non era un eroe. Era solo un delinquente, un avanzo di galera. Questo era Itachi Uchiha.

Aprì dolcemente il carillon. Era stato di sua madre, un tempo. Adesso, non era di nessuno, solo del tempo. Del tempo e della polvere, che lo deturpavano.

Una figura sottile emerse, come per magia, dal ripiano decorato con sottile stoffa rossa. La figurina impolverata prese a girare su se stessa, mentre la musica dolce riempì le orecchie di Itachi. Quella musica, quella ninnananna che sua madre gli cantava sempre.

Prese il sacchetto scuro infondo ad esso, mentre la musica gli inebriava i sensi.

Lo strinse a se. Sarebbe stata la sua salvezza o la sua rovina. In entrambi i casi, poteva salvare la sua vita o quella di Sasuke. Non entrambe. No, non sarebbe stato possibile vivere così ancora un giorno.

Itachi prese la sua decisione, poi chiuse lentamente il carillon.

E tutto fu silenzio.

 

 

 

 

 

Per Sasuke non c’era niente di più stupido dei suoi compagni di classe.

Si sentiva in imbarazzo a stare con gente del genere, che oziava rumorosamente tutto il giorno.

Tuttavia, quella mattina riuscì perfino a sorridere a Sakura. Quella mattina era di buonumore.

Itachi ci sarebbe stato, sarebbe andato a prenderlo.

Itachi…

La campanella  trillò. Mai a Sasuke quel suono era parso così dolce.

Scattò in piedi, senza ascoltare i richiami della maestra.

Avrebbe trovato Itachi… Itachi ci sarebbe stato, sarebbe andato a prenderlo.

Ne era certo.

Uscì, ignorando gli abbracci che i suoi compagni si scambiavano con i genitori. Finalmente anche lui avrebbe potuto... avrebbe potuto…

Invece no . Itachi non c’era.

Sasuke tremò dalla rabbia. Adesso lo sapeva.

Si era dimenticato di nuovo di lui. Adesso ne era certo.

Era solo

 

 

La maestra gli pose una mano sulla spalla, accompagnandolo di nuovo dentro la scuola. Fuori, pioveva a catinelle. Tante piccole gocce di pioggia scintillanti, lacrime dolci che cadevano sul mondo.

- Sasuke, stamani tuo fratello ha lasciato una busta con un biglietto per te.-

Disse la maestra, stringendo un pezzo di carta umido tra le candide dita affusolate.

Sasuke rimase in piedi, singhiozzando sommessamente. 

- Non voglio sentirlo.-

La donna lo fissò a lungo. Lei sapeva. E il colpo di pistola le riecheggiava ancora nelle orecchie. Itachi era un delinquente, ma aveva un cuore.

- Te lo leggo lo stesso. Ascolta:

 

 

 

Sasuke, in questo momento mi starai odiando, e avrai tutta la mia comprensione. So che mi odi, e mio malgrado lo accetto.

La vita per noi, in questi ultimi due anni, è stata tremenda. Io ti ho rovinato, io ti ho fatto soffrire. D'altronde, sono un drogato, giusto? Perciò vivo nelle illusioni della vita.

Non sarei mai riuscito a dirti queste parole in faccia, e mi dispiace.

Mi dispiace perché mamma e papà sono morti per colpa mia, mi dispiace perché ti ho rovinato l’infanzia, mi dispiace per non essere stato davanti a quel cancello, oggi. Avrei tanto voluto correrti incontro e abbracciarti, sfilarti dolcemente la cartella dalle spalle e guidarti per mano fino a casa (se la nostra si può ancora definire una casa). Purtroppo non ho potuto farlo.

Sei ancora piccolo per confrontarti con la morte, anche se ci hai vissuto assieme per due anni. Te la posso spiegare io, se vuoi, Sasuke.

Non mi vedrai accanto a te. Non mi vedrai più, Sasuke. Sono andato da mamma e papà. Qui stiamo bene e ti proteggiamo.

Se non l’ho potuto fare laggiù, ci proverò da quassù, Sasuke, te lo prometto.  Non ti dirò di dimenticarmi, né di rinnegarmi. Ma ricordami, prendi tutti i miei errori e cerca di non imitarli.  

Un giorno crescerai, Sasuke. Troverai una bellissima donna, l’amerai. Starai vicino ai tuoi figli e insegnerai loro a sopravvivere, a cavarsela in questo mondo stupido.

Ma non voglio che tu finisca in collegio, Sasuke. Cerca l’indirizzo riportato nel retro del biglietto. È di Shisui Uchiha.

È un nostro cugino, in passato io e lui abbiamo avuto delle divergenze, ma sono certo che ti accoglierà.

Inoltre, ti lascio questa busta. Dentro ci sono dei soldi. Molti,a dire il vero. Tutto quello che avevamo.

Quei soldi non hanno salvato me. Ma salveranno te.

Addio, Sasuke. Spero che un giorno riuscirai a perdonarmi.

 

Ti voglio bene.

 

Itachi

 

 

 

 

 

 

La maestra si asciugò le lacrime con il dorso della mano.

Anche Sasuke piangeva. Aveva capito.

Suo fratello era andato a prenderlo. Suo fratello c’era stato quel giorno, come c’era stato sempre.

Come se Sasuke gli fosse corso incontro, e lui gli avesse sfilato la cartella dalle spalle, sorridendo.

Come se si fossero presi per mano e si fossero diretti insieme verso il sole morente, verso il futuro.

Verso casa.

 

 

 

 

 

Fine

 

Sasori’s Space: Non posso ancora credere di essere arrivata quinta… non ci speravo! Ringrazio tantissimo Ainsel per avere indetto questo splendido contest. Detto questo, dedico questa fict a Princess of Bang, che ancora non può credere che io abbia scritto una ItaSasu.

Spero che vi sia piaciuta. In ogni caso, commentate.

 Giudizio di Ainsel:

Originalità: 8
IC dei Personaggi: 8.5
Attinenza al Tema: 7:5
Correttezza grammaticale: 9
Totale: 33



Il primo impatto è davvero ottimo, la tua fiction è riuscita a colpirmi dall’inizio alla fine. E’ raro che io utilizzi questo aggettivo in una recensione, ma la considero realmente una storia commovente.
Tuttavia, leggendo con più spirito critico e meno trasporto iniziano ad uscire fuori alcune imprecisioni che è impossibile ignorare.
Innanzitutto è troppo inverosimile che gli assistenti sociali lascino vivere da soli un bambino dell’asilo ed il fratello di tredici anni, così come mi pare che Itachi sia troppo giovane per essere rimasto già invischiato in un mondo come quello della droga e della criminalità.
Ci tengo comunque a precisare che queste sono considerazioni che faccio solo perché, in quanto giudice, sono obbligata, ma se fossi una semplice lettrice mi lascerei trascinare dalla trama che sei riuscita a creare e le ignorerei volentieri.
I personaggi sono ben inquadrati e decisamente IC. L’unico su cui ho avuto qualche dubbio è Fugaku, ma, anche se non ce lo vedo proprio ad interpellare Itachi a quel modo, posso dire che è giustificato dalla circostanza.
Sull’attinenza al tema non ho potuto darti un voto molto alto perché, per quanto Itachi e Sasuke si vogliano bene, il loro rimanere solo un forte affetto fraterno. Giusto, considerando l’età di entrambi, ma comunque un poco fuori da quello che il concorso richiedeva.
La grammatica è praticamente perfetta, ed lo stile, soprattutto considerando la tua età, è davvero notevole.
Se continuerai in questo modo sono certa che diventerai una bravissima scrittrice, te lo dico in tutta sincerità.

 

 

 

 

 

 

 

  
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