STUPID
ME
Caro
diario,
mi
sento un po’ridicolo sinceramente.
Se
qualcuno trovasse questo coso mi prenderebbe in giro a vita: io, che
sono
sempre un bambino freddo e apatico, ho un diario segreto.
Uffa,
tanto lo so già che appena avrò finito di
scrivere, straccerò il foglio.
Lo
faccio sempre.
Lo
ridurrò in tanti piccoli pezzettini, in modo che anche se
Mello dovesse andare
a rovistare nei cestini della spazzatura non lo troverebbe.
A
cosa devi tale onore?
Perché
ti scrivo?
Perché
Mello mi ha picchiato ancora.
E
lo ha fatto soltanto perché ho provato ad essere gentile con
lui.
Ma
ho sbagliato così tanto?
Eppure
mi sembrava la cosa giusta da fare:
come
al solito i voti dell’ultimo test
erano stato affissi all’ingresso, su una parete tanto alta
che per vederli mi
ero arrampicato su una sedia.
Sinceramente
del mio voto non mi importava
tanto, il mio sguardo si è subito posato in fondo alla
lista, dove il nome di
Mello, scritto in Times New Roman ed identico agli altri mi sembrava un
po’più
grande e luminoso.
Gesù
bambino, ti prego fai che abbia preso un po’, solo un pochino
in più di me.
Accontentalo, così magari diventiamo amici.
Nove
e mezzo.
È
andato bene e forse io ho sbagliato
qualcosa.
Fisso
afflitto il 10 - - scritto a penna
rossa da Roger: ancora no.
Faccio
per scendere dalla sedia, quando le
urla disperate di Mello mi costringono a fermarmi.
Mi
dispiace, ho vinto ancora io.
Eppure
vorrei davvero perdere, perdere per
vincere il premio più ambito.
La
tua amicizia.
Come
sempre Matt ti ha abbracciato,
dicendoti che per lui sei stato il più bravo e che ti vuole
tanto bene.
Come
sempre lo hai scacciato di malo modo,
prendendo a pugni la parete, prima di convincerti che sono solo un piccolo bastardo.
Chissà,
magari hai ragione.
Come
sempre, esattamente come sempre, ti
sei avvicinato ancora ad occhi lucidi, facendomi quasi cadere dalla
sedia e
tirandomi i capelli.
Forse
se ti avessi ignorato come sempre
sarebbe stato meglio.
Invece
no.
Io,
testardo ci ho sperato fino in fondo: “Mi dispiace”.
Un
sussurro, sbiadito dal suono di tante
voci tutte intorno.
“Non
provare a dire che ti faccio pena”.
Un
ultimo pugno, come ringraziamento per
tanta gentilezza.
Poi
te ne sei andato, lasciandomi solo a
fissare le tue spalle.
E
questo mi riporta qui: ancora una volta i miei patetici tentativi di
fare
amicizia sono andati a vuoto.
Quindi
non posso fare altro che piangere come un bambino e scrivere su un
pezzetto di
carta la mia sofferenza, come una ragazzina innamorata che è
stata appena
scaricata.
Ma
io non sono una ragazzina innamorata e neppure un bambino.
Cioè
magari si, ma dipende dai punti di vista.
Dopotutto
per te sono soltanto una peste sbiadita.
Ed è il tuo parere che conta per me.
Ok. Scrivere queste cose mi fa sentire davvero patetica. Non scherzo. Ma...ancora una volta, non è Near qui a parlare. Magari la storia sarà anche la sua, ma quello che pensa è tutto mio. Inizio a sospettare che quando i creatori hanno fatto Near pensavano a me...
Comunque, se vi facesse piacere lasciare un commentino a questa schifezza, mi farebbe davvero piacere.
Un bacione a tutti,
la vostra Ele