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Autore: Nykyo    06/03/2016    1 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VII. Uno spettro machiavellico

 

Stiles era chino sul computer, intento a leggere, e Laura lo osservava in silenzio. Canterellava a bocca chiusa, senza cercare di intavolare una discussione. Lui e Laura non si erano detti mezza parola da quando erano risaliti in camera dopo cena, circa mezz’ora prima. Non era un silenzio ostile.

Per il momento, a distanza di un paio di giorni da quando l’avevano stipulata, la loro tregua reggeva. Laura si era attenuta al suo piano di mostrarsi ammansita e collaborativa, aveva risposto ai quesiti di Stiles – mai troppo personali, doveva concederglielo; si vedeva che moriva dalla voglia di chiederle anche cose private e che ancora non osava farlo – aveva smesso di fargli qualunque tipo di dispetto, cercava di dargli più spazio che poteva.

In verità anche Stiles si stava impegnando. Stava studiando il materiale che Lydia aveva lasciato durante la sua ultima visita; leggendo e rileggendo ogni singola riga fino a mandarla praticamente a memoria. Avendo un’idea più precisa di cosa cercare, si era messo in testa di trovare ulteriori riferimenti alla loro situazione, sempre che ce ne fossero di reperibili online. Anche lui stava facendo del suo meglio per essere paziente e Laura sapeva che si stava sforzando per non darle mai noia, per lasciarla il più libera possibile e per non stordirla di chiacchiere, per quando dovesse costargli ogni briciolo di forza di volontà che possedeva e, tranne rari momenti, non ci riuscisse mai sul serio.

Da quando avevano deciso che potevano rivolgersi la parola Stiles, malgrado tentasse di moderarsi, si era dimostrato a dir poco loquace. Laura non aveva chiesto spiegazioni, non ne aveva bisogno, non necessitava di una conferma o di una laurea in medicina per capire che Stiles soffriva di sindrome da iperattività alla massima potenza. Curiosamente non lo aveva mai notato prima. Incazzata e tesa solo a forzarlo perché le desse retta, non aveva fatto caso a un sacco di cose che riguardavano Stiles. L’iperattività era solo una delle tante. Una di quelle a cui non poteva fare a meno di pensare quando, come in quel momento, lo vedeva tutto concentrato e relativamente tranquillo, a parte il battere ritmico delle dita sulla scrivania e la maniera in cui stava facendo dondolare la sedia di lato; in continuazione.

Nel vederlo così Laura si ritrovava a ripensare a tutte le volte in cui Stiles era stato fin troppo quieto, appallottolato in un angolo a guardarla troneggiare sul suo letto, fissandola da dietro le ciglia per poi sviare lo sguardo se si accorgeva che lei lo stava osservando di rimando. O, al contrario, a tutte le occasioni in cui, invece, Stiles era andato avanti e indietro per la stanza senza un attimo di sosta, al punto che lei si era convinta che prima o poi avrebbe consumato il pavimento come in uno di quei vecchi fumetti con Zio Paperone.

Prima della tregua Stiles era stato zitto più spesso, certo, ma era anche vero che tanto lei non l’aveva mai voluto ascoltare. Non che adesso ci tenesse a farlo, soltanto stava prendendo atto del fatto che lui doveva essere rimasto davvero intimidito dai suoi modi per cucirsi la bocca così spesso, nella prima settimana in cui avevano dovuto convivere.

Beh, per come la vedeva Laura non era un suo problema. Stiles avrebbe dovuto pensarci, prima di mettersi a pasticciare con erbe e polveri ed evocarla senza permesso. Lei non poteva lasciarsi condizionare, doveva preoccuparsi solo di liberarsi e del bene del proprio fratello.

Come qualunque persona al mondo, salvo rare eccezioni, anche Stiles doveva avere fragilità e lati positivi. Laura non ne dubitava, semplicemente non era interessata a conoscerli. Cosa sarebbe mai venuto fuori di buono nel preoccuparsene? L’avrebbe avvicinata a Derek? No. L’avrebbe aiutata sul serio a liberarsi dal legame con Stiles? Nemmeno. Ergo era inutile e Laura non ci voleva pensare. Non poteva pensarci.

Ragionava, semmai, sulla questione della possessione. Ci aveva pensato di continuo, sin dalla notte in cui le era riuscito di usarla su Stiles senza sapere cosa stava facendo. Con Stiles non ne aveva mai parlato. Si era aspettata che fosse lui a intavolare il discorso, e di dover fare la finta tonta e liquidarlo con l’affermazione che non aveva idea di cosa esattamente fosse successo e di come fosse stato possibile. Invece Stiles non ne aveva fatto parola.

Sviscerare la faccenda con Stiles sarebbe stato pericoloso. Dato che lui non intendeva lasciarle incontrare Derek, di sicuro non si sarebbe offerto volontario per farsi possedere una seconda volta e consentirle un incontro con il fratello. Quindi Laura doveva arrangiarsi e la sua idea era stata fin da subito quella di prendere, per così dire, in prestito il corpo di Stiles, che Stiles lo volesse o meno. Tanto era evidente che la possessione non era particolarmente dolorosa, né sembrava pericolosa in altri modi per chi faceva da ospite. Forse in tempi lunghi avrebbe anche potuto diventarlo, chissà, nei racconti gotici era spesso così, ma Laura non aveva interesse a possedere Stiles per periodi prolungati o molto spesso. A lei bastava poter parlare con Derek una volta sola.

Aveva un piano, ormai, sapeva cosa fare. E non poteva lasciarsi intralciare da cose terra terra come il fare conoscenza con Stiles, preoccuparsi per lui o altre scemenze simili. Le stava benissimo che Stiles non avesse mai sollevato l’argomento, visto che altrimenti avrebbe potuto insospettirsi.

Stiles l’aveva evocata come Tramite, ma alla fine sarebbe toccato a lui il ruolo che l’etimologia assegnava come significato a quel vocabolo. Sarebbe diventato il mezzo di contatto tra lei e Derek, il veicolo attraverso cui Laura contava di raggiungere il fratello, di toccarlo di nuovo, di dirgli ciò che le stava a cuore. Dopodiché Laura non l’avrebbe mai più nemmeno sfiorato, non le interessava andarsene a zonzo nel corpo di un ragazzino imbranato e iperattivo tanto per il gusto di avere di nuovo dei sensi, per quanto limitati e meramente umani. Certo alcune percezioni le mancavano, ma nulla le stava a cuore quanto Derek e Cora, ora che la sapeva viva. Tutto il resto erano stronzate e, una volta convinto Derek che quello attorno a cui si ostinava a orbitare non era il suo branco e che Beacon Hills era una trappola sempre pronta a scattare, come una gigantesca tagliola da cui fuggire il più presto possibile, Laura avrebbe accantonato per sempre la propria inattesa capacità di possedere Stiles – difficile che funzionasse anche con altri che non avevano a che fare con l’evocazione – e si sarebbe finalmente concentrata soltanto su come svincolarsi e tornarsene nel suo vecchio limbo.

Nel frattempo, si era ritrovata ad affrontare due problemi distinti: capire come sfruttare al meglio la possessione e trovare Derek. Sul secondo non aveva neppure provato a ingegnarsi, fino a quando non aveva risolto il primo.

Laura si era messa subito al lavoro, e a questo punto si sentiva pronta. Ovviamente non si era azzardata a far nulla mentre Stiles era sveglio. Laura non aveva facile accesso al suo computer, visto che, a meno di essere appunto dentro il corpo di Stiles, non poteva digitare, usare il mouse o fare qualunque altra cosa che coinvolgesse il tocco. Di conseguenza si era dovuta arrangiare.

Innanzitutto ci aveva riflettuto su per ore. Non aveva bisogno di dormire, non le costava niente riempire il suo costante stato di veglia con elucubrazioni utili piuttosto che trascorrerlo a sentirsi uno schifo perché era morta, incorporea e bloccata accanto a qualcuno che non avrebbe mai dovuto richiamarla dall’aldilà.

Fin dal primo momento in cui ci aveva pensato era giunta a una conclusione: doveva fare delle prove e non poteva che farle mentre Stiles dormiva. Se si fosse svegliato si sarebbe inventata una scusa, avrebbe detto, per esempio, che stava cercando di lasciare la stanza perché lui russava – non russava sul serio, ok, ma lui non poteva saperlo, giusto? E accidenti se in compenso si agitava nel letto – e che nello scegliere la via più breve si era trovata incastrata senza volerlo. O una cosa del genere. Invece non ce n’era stato bisogno. Laura aveva tentato già dalla notte successiva all’improvvisata di Derek e aveva scoperto che funzionava.

Tanto per cominciare, riusciva a prendere il controllo senza troppi problemi. All’inizio le ci era voluto un po’ e siccome non c’era mica un manuale di istruzioni da sfogliare per togliersi d’impiccio, le erano state necessarie un paio di prove andate a vuoto. Poi, più per istinto che per intenzione, aveva capito il meccanismo. Ci voleva concentrazione nell’istante in cui si infilava dentro il corpo di Stiles, e soprattutto era necessaria una volontà ferrea, altrimenti si finiva con il passargli solo attraverso come in tutte le altre occasioni. Compreso ciò, era come infilare una mano in un guanto. Per Laura non risultava neppure vagamente sgradevole come lo era sempre stato oltrepassare una qualunque superficie solida, animata o inanimata che fosse. Doveva essere un dono tipico del legame tra Emissario e Tramite. Laura si era fatta quell’idea, sebbene non potesse comprovarla sperimentando su qualcuno che non fosse Stiles, anche perché non aveva molta scelta. Le uniche altre persone che le capitavano a tiro erano Scott, quel cucciolo che si tirava spesso dietro, il padre di Stiles e Lydia, che comunque non si era più fatta viva dopo l’ultima visita.

Stiles escluso, il solo tra tutti che lei avrebbe potuto raggiungere da addormentato era lo Sceriffo Stilinski. Stiles non l’avrebbe presa bene, e lei non se ne faceva un bel nulla. Scott McCall avrebbe potuto essere di maggiore utilità, perché era l’Alpha. Laura era pronta a scommettere che usare le sue corde vocali per ululare come il capobranco che lei stessa un tempo era stata avrebbe attirato Derek in un tempo molto breve. Il che le avrebbe risolto anche l’altro problema, se solo fosse stato fattibile. Non lo era, perché Scott le capitava a tiro esclusivamente da sveglio e in presenza di altre persone. E poi qualcosa diceva a Laura che, se ci avesse provato, avrebbe fatto un buco nell’acqua. Non ne aveva la certezza assoluta, ma se lo sentiva nelle viscere. Stiles l’aveva involontariamente scelta come Tramite ed era il solo con cui lei avesse una specie di canale di comunicazione soprannaturale sempre aperto. Beh, se non si considerava Lydia, ma Lydia era una Banshee. Le Banshee erano immuni a un sacco di cose, la possessione compresa, molto probabilmente. Laura non riusciva neppure ad attraversarla, Lydia la vedeva e toccava come se fosse stata ancora viva. Un tentativo di possedere Lydia, oltre che senza scopo, sarebbe finito in uno scontro che le avrebbe mandate entrambe a gambe per aria, c’era da scommetterci.

Laura si era detta che tutti gli altri non importavano. La chiave dei suoi problemi era Stiles. E quando Stiles dormiva lei riusciva a portare a termine una possessione pressoché perfetta. La cosa migliore era che Stiles non solo non se ne accorgeva, ma neppure se ne ricordava l’indomani mattina. Non si era mai svegliato, nemmeno una volta, anche se alle prime prove c’era andato vicino. Alla fine, per fortuna, il sonno l’aveva avuta vinta. Stiles si era arrotolato dentro le lenzuola in maniera fastidiosissima per Laura, che poi aveva dovuto districarsi al suo posto, ma non aveva sospettato niente. Venir fuori da un groviglio di cotone annodato non era una tragedia e le aveva dimostrato che, quando prendeva il controllo, poteva utilizzare a pieno ogni funzione motoria del corpo di Stiles. Poteva perfino imprecare con la sua voce maledicendolo per quanto era maldestro. Lui non ne soffriva e lei si ritrovava con dei veri sensi a disposizione; la sinergia perfetta. Ok, magari non era quella che aveva inteso Lydia e che Stiles avrebbe voluto, ma per Laura era ottimale.

Ogni prova filava liscia come l’olio, a patto di non pensare troppo a cosa stava facendo una volta iniziato, e di non ripetersi troppo spesso che quel corpo non era il suo. I vari esperimenti delle ultime notti le avevano dimostrato che la determinazione era fondamentale, mentre lo sforzo di concentrazione serviva solo al principio, dopo poteva essere deleterio.

Laura era stata una lupa, una vera lupa, oltre che un Licantropo, quindi era abituata ad ascoltare i propri istinti e a seguirli, se le parevano convenienti. Sapeva come fare anche senza aver colto con esattezza tutti i dettagli del meccanismo che le consentiva di possedere Stiles.

Durante i vari tentativi aveva verificato di poter camminare e muoversi in modo naturale, che ci vedeva bene, ma non al buio – limiti umani – che non si sentiva debole, stordita o impacciata. Anzi, con Stiles sprofondato nel mondo dei sogni le diventava perfino più semplice comportarsi come se le braccia che sollevava le appartenessero davvero. Idem per tutte le altre membra.

Laura era addirittura riuscita a sedersi per un poco al computer e fare due o tre ricerche lei stessa. Aveva anche sbirciato dentro il cellulare di Stiles, sperando di trovare il numero di Derek per chiamarlo. Sarebbe stato perfetto dargli un appuntamento fingendosi Stiles. Peccato che la rubrica del cellulare si fosse dimostrata un caos completo. O Stiles era così sveglio da aver cancellato – anche dal computer – ogni possibile riferimento a Derek, a patto che ci fosse mai stato, oppure il numero desiderato era sperduto in mezzo a tutti gli altri. Non c’era modo di capire quale fosse, perché Stiles era uno di quelli che avevano la mania di dare nomi assurdi ai propri contatti. Su chi potesse essere “Fratello” Laura aveva pochi dubbi, ma certi nominativi erano sul serio ridicoli. Il solo nome proprio presente in elenco era Miguel e, francamente, Laura non era interessata a fare due chiacchiere con qualche altro ragazzotto scemo di origine messicana. Non che avesse nulla contro il Messico e i messicani, ma agli idioti del branco McCall era allergica e se quello era un amico di Stiles…

Stando così le cose, Laura aveva risolto il problema numero uno, ma le restava il numero due e non era un inghippo da poco. Laura non aveva la minima idea di come rintracciare Derek. Ora come ora, il suo rovello maggiore era proprio quello. Ci stava pensando anche in quel preciso istante, quando il suono del campanello la distrasse dai suoi pensieri.

Lo Sceriffo si affacciò per salutare il figlio e annunciò che sarebbe andato lui ad aprire, perché tanto stava uscendo; Stiles non distolse neppure lo sguardo dal computer. Probabilmente stava pensando la stessa cosa che pensava Laura: doveva essere arrivato Scott. O magari Lydia era passata a controllare come se la stavano cavando e se tra loro regnava la pace promessa.

Chiunque fosse, per Laura era poco rilevante rispetto ai rovelli a cui era immediatamente tornata. Non fece caso a niente, nemmeno alle voci sommesse che provenivano dal piano di sotto. Tanto erano troppo distanti e senza il suo udito da lupa le era impossibile distinguerle e capire a chi appartenessero.

Fu Stiles a sollevare il capo per primo, come colto da un presentimento. Se non fosse stato umano, Laura avrebbe pensato che Stiles avesse usato l’olfatto. A ogni modo Stiles stava già fissando la porta una manciata di secondi prima che suo padre alzasse il tono per avvertirlo che c’era Derek che lo aspettava in soggiorno.

Lo Sceriffo chiuse la porta e uscì e il suono fu attutito dalla distanza, ma nella testa di Laura risuonò come uno sparo. «Derek!» Fece appena in tempo a pensarlo che ne sentì i passi su per le scale. Qualunque fosse il motivo per cui Derek era tornato da Stiles – in fondo aveva le sue buone ragioni per chiedere chiarimenti riguardo al loro ultimo incontro – non pareva intenzionato ad aspettare. Stava arrivando.

Laura non riusciva a crederci. Aveva di nuovo quella ridicola sensazione di batticuore tanto incongrua per un fantasma, ma si sentiva anche esaltata. Che colpo di fortuna fenomenale!

Non aveva più bisogno di andare a cercare il fratello, doveva solamente agire. E lo fece all’istante. Per un solo lungo secondo lei e Stiles si guardarono dritti negli occhi, entrambi pronti a scattare. Laura per raggiungere il fratello e Stiles presumibilmente per dirgli di andar via. Laura non stette a farsi troppe domande su ciò che Stiles voleva o non voleva. Derek era lì e lei non poteva perdere quell’occasione. Avrebbe preferito che Stiles fosse addormentato come durante gli esperimenti a cui l’aveva sottoposto di nascosto, ma non era il caso di andare per il sottile. Alla fin fine aveva la certezza quasi assoluta che non gli avrebbe procurato danni fisici o mentali e non era colpa sua se Stiles si ostinava a non voler dire la verità a Derek. Se gli avesse chiesto di farlo avrebbe ottenuto solo l’ennesimo rifiuto e Stiles se ne sarebbe stato lì a raccontare frottole a Derek proprio sotto il suo naso, senza neppure menzionarla.

Stiles era bravo a mentire, per capirlo bastava vedere come era riuscito a nascondere al padre che c’era un fantasma che girava per casa. Anche Laura intendeva imbrogliare Stiles e mentire a Derek, però le sembrava corretto perché intendeva farlo per amore. Le sue motivazioni e quelle di Stiles non si equivalevano affatto. Stiles voleva soltanto evitare che Derek lo sbranasse dopo aver scoperto che l’aveva evocata per errore, come un apprendista stregone imbranato con il famiglio sbagliato. Lei invece voleva quello che sempre le era stato a cuore più di tutto: che suo fratello fosse al sicuro e che potesse rifarsi sul serio una vita, anziché limitarsi a sopravvivere o trattenersi a Beacon Hills dove non gli restavano che cenere e ricordi orribili e dove sarebbe stato sempre in pericolo.

A volte il fine giustificava i mezzi. Quindi Laura non provò neppure un briciolo di esitazione. Si slanciò su Stiles proprio mentre lui scattava su dalla sedia come una molla storta.

Un attimo dopo la porta della stanza si aprì e Derek comparve sulla soglia, incorniciato dalla luce soffusa del corridoio.

Da dentro il corpo di Stiles Laura si voltò a fronteggiarlo e, anche se la cosa che più desiderava al mondo era correre ad abbracciarlo, lo fece con un grugno seccato.

«Di nuovo tu? Che cavolo vuoi ancora?» disse, e le parole avevano un suono amaro e strano, pronunciate con la voce di un altro, ma erano quelle giuste. Laura ci credeva fermamente. Amava Derek, e l’avrebbe protetto, perfino contro se stesso. A qualunque costo, anche se per riuscirci avrebbe prima dovuto ferirlo.

 

   
 
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