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Autore: Follow The Sun    06/03/2016    1 recensioni
Sono sopraffatta... Il corpo ridotto al limite, la mente vuota e le mie emozioni sparse al vento. Allunga una mano dietro di sé, toglie l'umido lenzuolo dal fondo del letto e me lo avvolge intorno al corpo. 
La stoffa fredda ed estranea mi fa rabbrividire.
Lui mi circonda con le braccia, tenendomi stretta, cullandomi possessivamente avanti ed indietro.
«Perdonami» mormora vicino al mio orecchio, la voce sciolta e desolata.
Mi bacia i capelli, un bacio, e un altro.
«Scusa, davvero»
Gli affondo la faccia nel collo e continuo a piangere, uno sfogo liberatorio.
Uso un angolo del lenzuolo per asciugarmi la punta del naso e a poco a poco mi rendo conto che quella visione non è poi tanto male.
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Questo è il remake della storia "she's a good girl", quella vecchia è stata cancellata, dati gli scarsi progressi.
Spero che questa versione sia meglio di quella vecchia :)
Se vi va fatemi sapere come vi sembra.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"She's a good girl." 
Capitolo 20.
 
Anche quella settimana successiva alla notizia del matrimonio di Lucas passò in fretta. Solo Michael, Calum e Luke sapevano della mia partenza, e probabilmente lo avrei detto anche a Jake, Ethan, Iris ed Allison.
A causa della mia partenza, a scuola mi diedero da studiare molte più pagine degli altri, e di conseguenza avrei dovuto fare le verifiche e gli esami prima di tutti gli altri.
Non era bello, certo, ma almeno me lo sarei tolta dalla mente e avrei potuto fare una "vacanza" in santa pace.
 
Chiusi il libro di Storia, sospirando. Era da più di due ore che studiavo e avevo assolutamente bisogno di una pausa da tutto.
Chiamai Michael per sapere come stava, e anche per lamentarmi di quanto gli esami fossero difficili e insopportabili.
 
-Mike!- dissi quando rispose al telefono.
-Emma? Non posso parlare ora, sono al… cioè, non posso adesso, magari più tardi. Ti richiamo verso le nove, ti va bene?- chiese, munito di fretta e con una dose di ansia.
-Mike, ma dove sei? In un fast food? Non volevi dimagrire, forse?- lo presi un po' in giro, anche se mi dispiaceva non poter parlare molto con lui.
-Spiritosa, come sempre. Devo andare. Fai come se ti avessi abbracciato, okay? Ciao ciao- terminò così la chiamata. 
-Ciao ciao- risposi, anche se la telefonata era già finita da una manciata di secondi.
 
Aspettai le otto di sera, e subito dopo che ebbi finito di cenare andai da Calum per provare: quel fine settimana avevamo uno spettacolo e dovevamo esercitarci.
Non mi aspettavo, però, di trovare anche Ashton lì.
-Ciao- salutai in generale.
Luke se ne stava in un angolino da solo, con le braccia incrociate sopra la tracolla della chitarra.
Calum stava parlando con Ashton di non so cosa, mentre Michael doveva essere in cucina o in qualche altra misteriosa parte della casa.
-Ciao Emma, è un piacere rivederti- a quelle parole il mio corpo tremò. 
Mi girai velocemente, sperando di aver sentito male, ma era tutto quanto vero.
June, la ragazza ufficiale di Luke, era tranquillamente seduta sul divano, a gambe incrociate, e mi osservava, pacata.
-Oh, ciao June. È un piacere anche per me- dissi solamente.
Vedere quella ragazza mi provocava sia pensieri negativi sia pensieri positivi, anche se in minoranza. Positivi perché, beh, June era una delle ragazze più dolci e gentili della terra e non si poteva affermare il contrario; negativi perché dietro alla rappacificazione di Luke e June c'eravamo io ed i miei sentimenti da illusa.
Non mi capitava spesso di vedere June, anzi, l'avrò vista giusto un paio di volte con Luke, prima di tornare a casa, nel cortile, oppure si univa a noi mentre passeggiavamo nei corridoi prima di entrare in classe; era una brava persona in fondo.
 
-Hey, Em, senti un po'- mi richiamò Calum. Sorrisi a June, la quale non smetteva di fissarmi con quei suoi grandi occhi malefici e mi girai.
Camminai velocemente in direzione di Calum, ripetendomi di non fare caso ad Ashton che continuava insistentemente a lanciarmi occhiate furtive.
-Anche Ash è stato invitato al matrimonio. Potreste andarci insieme!- un piatto, in cucina, si ruppe; e forse iniziò anche a piovere.
Calum spalancò gli occhi all'improvviso.
-I piatti nuovi di mia madre! Mike, che cazzo hai fatto?!- corse in cucina, sbraitando, rosso in viso, e successivamente partirono le urla adirate di Cal.
 
-Beh- iniziò Ashton.
Lo guardai con la coda dell'occhio, facendo finta di guardare June, che tra l'altro stava ancora guardando me. 
Mi sentivo osservata.
-Sono qui anche per parlare- aggiunse.
Annuii lentamente, in imbarazzo. Non capivo di cosa avremmo dovuto parlare, dopotutto aveva messo le cose in chiaro, abbandonandoci.
Sentii Ronnie, il cagnolino di Calum, abbaiare in cucina, mentre il proprietario urlava al cane di tacere e all'altro cucciolo di stare attento alla sua roba.
-Volevo solo sperare che tu non provassi rancore nei miei confronti e che potessimo trascorrere dei bei momenti insieme in America- un altro piatto rotto.
-Michael! NO!- un urlo disperato.
Luke, in tutto ciò, non si mosse di un millimetro; certo, sghignazzava di tanto in tanto, ma sicuramente voleva fare la figura del duro davanti alla sua ragazza.
-Certamente- risposi con un tono così naturale che anche io mi stupii di me stessa.
Davvero i miei complimenti.
-Bene, allora… Tra una settimana eh- questa volta si sentii il rumore di un bicchiere frantumarsi a terra.
-Cosa stai facendo? ME LO VUOI SPIEGARE?- urlò Calum, esasperato, con la scopa in una mano e la paletta nell'altra.
-NO!- finalmente sentii la voce di Michael.
Feci cenno ad Ashton di aspettarmi lì e corsi subito in cucina per assicurarmi che il bruno non uccidesse il mio migliore amico per eccellenza.
Arrivata nella stanza, abbracciai Mike da dietro, circondando il suo corpo con le mie braccia, sussurrandogli cosa andasse storto, ma la mia azione fece cadere a terra l'intera collezione di piatti in ceramica della signora Hood. Ero a dir poco disperata, anche se Calum, forse, lo era molto più di me.
-Emma, ti prego, va via- mormorò Cal, tremante. Lo accontentai, in fondo sapevo che non avrebbe mai fatto male a una mosca; probabilmente sarebbe scoppiato a piangere da un momento all'altro dalla disperazione.
 
-Cosa dirò a mia madre?!-.
Appunto.
 
June, Ashton e Luke corsero in cucina a consolare Calum, mentre Michael, anche lui in lacrime, trascinava il suo corpo verso il divano; non sembrava in forma, per niente.
-Mike, che succede? Vuoi dirmelo?- chiesi dolcemente. Sapevo che in momenti come quello Michael doveva essere preso con calma e cura, senza forzarlo a parlare e aspettando che si sentisse pronto a farlo.
-Gli gnomi lavoreranno tutto l'inverno per la regina, ma il principe dei folletti è più ricco e bello, e se la porterà via con se. Così, gli gnomi rimarranno senza una regina, tristi e sconsolati. E invece il folletto potrà avere dei figli con lei, potranno sposarsi, cavalcare un unicorno di sapone e vivere per sempre felici e contenti…- disse, piangendo.
Potei intuire dalle sue parole che aveva appena letto un'altra di quelle storie della buonanotte per bambine. Erano diventate un'ossessione per lui, le leggeva sempre, senza farsi scoprire. Ma io controllavo spesso la cronologia del suo telefono, e lo sapevo.
-Allora ascoltami. Gli gnomi potranno sempre riprendersi la loro regina, se saranno abbastanza forti, okay?- dissi, sapendo che ciò che stavo dicendo non aveva un filo logico.
Michael smise di piangere e si alzò in piedi all'improvviso.
-GIUSTO! Hai ragione!- esclamò, e salì al piano superiore saltellando dalla gioia.
Mi guardai intorno, confusa, stranita, non avendo la più pallida idea sul da farsi.
Proprio in quel momento arrivò Calum dalla cucina, con dei cocci di ceramica in mano.
-Mi taglierò le vene con questi cocci-.
-NO, non lo farai. Ora andiamo fuori a buttare tutto questo nella spazzatura e magari dopo iniziamo le prove. Spero- lo incitò Luke, spingendolo per la schiena fino alla porta d'entrata.
 
[…]
 
Feci un ultimo passo e mi girai verso Michael, il quale doveva cambiare strada per tornare a casa.
-Beh, allora, ci vediamo domani- dissi.
-Certo. Ci vediamo…- salutò con la mano e lo imitai sventolando la mia davanti a me.
-Ah, Emma- mi girai, ancora, chiedendomi mentalmente cosa avesse ancora da dirmi. -Ricorda: gli gnomi non si arrenderanno mai! Giusto?- chiese con gli occhi che brillavano dalla gioia e dalla, credo,  emozione.
-Ehm, certo, suppongo di sì- sorrisi, imbarazzata.
Michael sorrise di rimando e se ne andò per la sua strada fischiettando. 
Davvero non capivo cosa gli passasse per la testa, e tanto meno capivo cosa stava succedendo ai miei amici in quel periodo.
 
Il giorno dopo, a scuola, non successe nulla di particolare. Le solite cose, le solite chiacchierate nei corridoi, i soliti momenti di sempre.
Eppure, più ci pensavo, più mi rendevo conto  di quanto fosse stupida l'idea di partire per un mese intero per l'America -non che avessi altra scelta, in realtà- e abbandonare i miei amici per tutto quel lasso di tempo.
Forse non era proprio il fatto di lasciare i miei amici senza di me a preoccuparmi, ma il fatto di potermi sentire sola, che poi magari quando sarei tornata, non mi avrebbero più accettata come la stessa Emma di prima.
Scacciai i miei pensieri, scendendo dall'autobus e camminando velocemente in direzione di casa mia. Né Michael, né Calum avevano fatto la strada con me: tutti e due erano rimasti a scuola per studiare. A essere sincera mi sarebbe piaciuto restare con loro, ma avevo troppe cose da sistemare.
Appena rientrai in casa mia, notai mia madre impegnata nel parlare al telefono, così le mandai un saluto con la mano e andai in camera mia per riporre i libri sulla scrivania e preparare i compiti da fare per la settimana successiva. L'ultima settimana prima del viaggio.
 
-Mi ha chiamato Lucas- disse mia madre sorridendomi. Non aveva la solita aria stanca, le due settimane di vacanza che stava trascorrendo le stavano facendo bene.
Sospirai, avendo paura di ciò che avrei potuto sentire. 
-Ah, sì? Che cosa ha detto?- domandai, con il libro di chimica in mano e il cuore dentro al petto che batteva a mille.
-Ha detto che se nessuno dovesse accompagnarti, condividerai la camera con il tuo amico Ashton, e che non vede l'ora di rivederti-.
Persi un battito. Riposi il libro sulla scrivania e mi voltai verso mia madre.
-Beh, manca sempre meno. Venerdì sera ho il volo e… sono molto agitata. Ho un po' paura, a dire la verità-.
Un po' paura? Forse avrei dovuto dire “molta paura”.
 
[ Venerdì; giorno della partenza ]
 
-Bene ragazzi, per oggi è tutto. Ricordatevi che settimana prossima ci sarà il test di matematica di ammissione al prossimo anno. Quindi preparatevi al meglio- annunciò a gran voce la professoressa, sistemando alcuni fogli all'interno della sua borsa.
 
Pft. Già fatti.
 
Avevo praticamente già fatto quasi tutti i test di ammissione all'anno successivo, dovevo solo aspettare i risultati, e mi sentivo abbastanza soddisfatta di me stessa. Tutti i miei compagni di corso mi chiedevano com'erano i test, ma forse non avevano colto in pieno il fatto che i loro sarebbero stati un po' diversi dai miei.
 
-Potete andare, su. Ah, aspetta Emma, tu resta. Dovrei parlarti- mi bloccai con ciò che stavo facendo e avanzai lentamente verso l'insegnante. Non sapevo se erano le mie guance ad andare a fuoco, o se erano i bidelli a giocare con la temperatura dei termosifoni. Già me li immaginavo piegati dal ridere mentre giravano in continuazione, a caso, le manopole della temperatura.
Arrivata alla cattedra, l'insegnante si tolse gli occhiali e mi guardò attentamente.
-Sono davvero ammirata dalla tua dedizione per la scuola e per lo studio. Tutti i professori ormai sanno del tuo viaggio, e che tornerai tra un mese. Hai studiato da sola tutto l'argomento di un mese, e ciò è assolutamente strabiliante. Complimenti, e buon viaggio- detto ciò, uscì dall'aula, lasciandomi con in testa mille domande e ancora l'immagine dei bidelli che si prendevano gioco di noi con la manopola del termosifone.
 
Non appena misi piede in casa mia, mia madre mi lanciò la valigia, urlandomi disperatamente che il volo sarebbe stato solo dopo sei ore. Cercai di tranquillizzarla, ma non ci fu verso.
Sotto i suoi occhi attenti e alle sue prediche dovetti farle vedere tutto ciò che avevo messo all'interno della valigia: due vestiti da cerimonia, mai messi in vita mia, pantaloncini, magliette di tutti i tipi e ovviamente l'intimo. 
 
-E se fa freddo?!-.
Alzai gli occhi al cielo, cercando di mantenere un tono calmo e pacato, e chiusi la valigia, lentamente.
-Non credo proprio. A Miami, in questo periodo, fa davvero caldo- spiegai, tranquillamente. Sicuramente una felpa o due l'avrei portate, ma non avrei mai esagerato con maglioni o cappotti.
-Portati qualcosa, non voglio che ti ammali- insisté. 
-Mamma…-.
-Fai come vuoi, però se poi ti ammali non venire a piangere da me-.
 
 
[…]
 
 
-Hai tutto? Copriti bene, mi raccomando. Ricordati di fare colazione e non fare figuracce. Va bene?- domandò mia madre senza mai staccare gli occhi da me e ogni mia parte del corpo, accertandosi che fosse tutto al proprio posto.
-Sì, mamma- annuii, annoiata. Stavo aspettando, nell'aeroporto, l'arrivo dei miei amici, poi, con Ashton, avrei dovuto prendere l'aereo. La mia agitazione saliva sempre di più, e non potei fare nulla per far smettere al mio corpo di tremare, ogni tanto.
-Eccoli là. Vedo già Allison e Iris- indicò un gruppetto di ragazzi entrare nell'edificio, e già sentivo che qualcosa non andava.
Mi alzai dalla panchina su cui ero seduta e corsi dai miei amici. Quelli, quando mi videro, mi abbracciarono contemporaneamente.
Ethan e Jake, vestiti con le stesse camicie a quadri, facevano commenti esistenziali sulla vita, Allison e Iris si guardavano facendo a gara a chi resisteva di più senza piangere, Calum ordinava in modo gentile a Ronnie di stare seduto, Jade e Luke si guardavano in modo furtivo di tanto in tanto, ridacchiando sotto i baffi, mentre Michael… Michael?
Michael si trovava dietro a tutti quanti, a piangere. Mi staccai dall'abbraccio ringraziando tutti e mi chiesi perché piangesse in modo così disperato, e lo abbracciai d'istinto.
-Emma, perdonami- disse, mentre la visione di una lacrima scendere lentamente attraverso una delle sue guance mi fece rattristare sempre di più.
In imbarazzo, le mie guance si colorarono leggermente, e lo strinsi di più a me.
-Volevo venirci io con te, in America- sussurrò, vicino al mio orecchio, ma abbastanza forte da far smettere agli altri miei amici di parlottare fra loro; ma ciò non mi fece distogliere l'attenzione da Michael.
-Mike, ci sentiremo tutti i giorni, devi stare tranquillo- accarezzai la sua schiena con le mie mani, cercando di tranquillizzarlo. Sentivo la sua schiena alzarsi e abbassarsi a causa del respiro irregolare, e mi sentii davvero male.
-Forse non lo sai, ma… mi sono trovato un piccolo lavoro part time- disse, questa volta con un tono di voce più alto.
Non capivo dove volesse arrivare, forse anche per l'agitazione, così rimasi zitta. 
-Volevo mettere da parte dei soldi per venire con te. Ma non ci sono riuscito-.
Appoggiò la faccia sulla mia spalla, e subito la sentii umida e calda. Subito capii tutto. 
Capii quanto il mio migliore amico fosse speciale e quanto fosse disposto a fare per me e per non abbandonarmi. L'unica domanda che frullava nella mia mente era: "Come ho fatto a non accorgermene?".
Ero stata una vera stupida. 
 
Lo guardai negli occhi, e mi abbandonai al pianto, imitandolo.
-Avresti potuto dirmelo! Ti avrei aiutato!- piansi, forse anche con una leggera nota di rabbia.
-Scusa, ormai ciò che è fatto, è fatto-.
Fu l'ultima cosa che riuscì a dire, proprio perché in quell'istante Ashton fece capolino con Dylan alle sue spalle, tutti e due radianti e con l'energia che sprizzava da tutti i pori.
 
-Pronta per il grande viaggio?- chiese Dylan, circondandomi le spalle con un braccio. Annuii, anche se un po' incerta, e spostai la mia attenzione sull'altro ragazzo alla mia destra. Ashton, sorridente, stava parlando con gli altri; si stavano salutando, e non capivo come effettivamente lui riuscisse a rimanere così calmo.
 
 
[…]
 
 
Guardai da lontano tutti i miei amici e proseguii attraverso il corridoio che mi avrebbe portato all'aereo. Avevo il battito a mille, e la testa pulsava, faceva male come non mai.
-Stai tranquilla, andrà tutto bene- soffiò Ashton, accarezzandomi la testa e incitandomi a proseguire.
 
Saliti sull'aereo, obbligai Ashton a farmi sedere dalla parte del finestrino: dovevo avere qualcosa di interessante da guardare, qualcosa a cui pensare. Non sapevo cosa effettivamente avrei fatto durante quelle ore di volo, probabilmente avrei guardato un film, avrei dormito, e magari avrei potuto anche avere una piacevole chiacchierata con Ash.
 
L'aereo decollò con venti minuti di ritardo, ma ciò non aveva importanza. L'unico pensiero che svolazzava nella mia mente  era cosa mi avrebbe provocato rivedere Lucas.
 
-Sai, Lucas mi ha detto che non vede l'ora di rivederci. Da come ne parla, sembra che Candice sia proprio una brava ragazza- disse, mentre si infilava nelle orecchie le cuffiette. Non diedi molto peso alle sue parole, o almeno, cercai di non farlo.
Ogni volta che Ashton apriva bocca per parlare di Lucas o qualsiasi cosa che c'entrasse con lui, alzavo mentalmente gli occhi al cielo. Non avrei mai resistito per tutto il viaggio con lui che parlava in continuazione. Prima o poi, però, si sarebbe addormentato, giusto?


Hey!
Anche questa volta lo spazio autrice non è un granché, lol.
Ho cercato di aggiornare il prima possibile, ed eccomi qui, con un capitolo che supera le 3.000 parole :).
Spero vi piaccia.
A presto,
-Follow The Sun

P.s.: ringrazio _Whatshername_Idiot_ per la pubblicità, invitando i miei lettori a passare anche da lei ;)
  
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