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Autore: Simo6060    06/03/2016    1 recensioni
Mackenzie Hill è una Figlia Delle Stelle e ha dei straordinari poteri. Si diceva che l’unione della luce di una stella e quella del sole fosse così potente da generare una creatura in grado di avere poteri collegati al cielo, alla terra, ai pianeti e all’universo. Scappando dal signore delle ombre, Amlach, Mackenzie si trasferisce dall'Alaska in Tennessee. Sua nonna le fa avere una collana con il potere di renderla irrintracciabile dal nemico che come ciondolo ha una pietra d'ambra.
Lei è solitaria e introversa, si sfoga disegnando paesaggi e luoghi esistenti nei suoi sogni. Degli occhi ambrati si insinuano nei suoi sogni e quando essi si convertono in realtà tutto cambia. Il suo modo di pensare, di agire e di amare.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sembrava che il professore non si fosse accorto della lampada a neon scoppiata alcuni secondi prima. Mi stava guardando, come se stesse analizzando un quadro famoso e stesse cercando qualche difetto.
-“Professor Scott, ha visto? Per poco le scintille non mi bruciavano!”- squittì una bionda che sedeva davanti a me.
Lui sbatté una volte le palpebre e distolse lo sguardo per posarlo su alcuni fogli sulla cattedra.
-“Non esagerare Charlotte, non è successo chissà cosa. Può capitare”- lo disse come se cercasse di calmare anche gli altri che sembravano troppo sorpresi.
-“Forse è meglio andare in infermeria. Mi accompagna lei?”- gli rivolse uno sguardo a dir poco provocante.
Lui finse di non farci caso.
-“Stavo dicendo...la signorina Mackenzie Hill è la vostra nuova compagna. Da dove vieni?”- sentii tutto il peso di quello sguardo e mi sentii avvampare. Non mi piaceva stare al centro dell’attenzione.
-“Vengo dall’Alaska”-
Vidi la bionda di nome Charlotte guardarmi in cagnesco, come se le avessi rubato la scena. Patetico.
-“Come mai ti sei trasferita qui? Il freddo aveva cominciato a gelarti il sedere?”- rise della sua stessa battuta accompagnato dalle risate di tutti gli altri. Nel frattempo stava scrivendo alla lavagna. Aveva una risata profonda e calda, quasi come se quel calore ti stesse cullando.
-“Qualcosa del genere”- sorrisi, ma ricordai che il mio sedere non era messo poi così bene. Faceva ancora male.
Il professor Scott cambiò discorso e si concentrò sulla classificazione di alcune stelle importanti nella galassia. Ovviamente io le conoscevo tutte.
-“Qualcuno conosce la stella Sirio? E quella Luthien?”-
Alzai la testa di scatto, sentendomi chiamare. Luthien, il mio nome era una stella?
-“Tu le conosci, Mackenzie?”- mi puntò quei suoi occhi ambrati che sembravano luccicare quanto la pietra d’ambra che tenevo ancora in mano.
-“Ehm...non proprio, cioè sì. Sirio è la stella più luminosa dopo il sole ma...Luthien non la conosco”- dissi, tossendo subito dopo.
-“Nessuno conosce la leggenda? Va be’ non fa niente, qualche giorno ve la racconterò”- e per un secondo, solo per un secondo, mi guardò intensamente.
E se sapesse qualcosa? Impossibile, nessun umano sapeva della nostra esistenza e chi ne veniva a sapere...moriva.
Dopo la lezione, il professore mi disse di passare da lui dopo l’intervallo per consegnarmi il programma di scienze con tutti gli argomenti che avevano fatto fino a quel momento.
Uscii dalla classe e il biondino di prima mi spuntò davanti. Merda.
-“Mackenzie”- ed ecco di nuovo quel sorrisetto.
-“Noah..”- risposi con un misto di noia e irritazione.
-“Ti conservo un posto accanto a me in mensa?”-
-“No, una mia...amica mi ha chiesto la stessa cosa e ho accettato già”-
-“Chi sarebbe?”- alzò un sopracciglio, scettico.
-“Non so se la conosci...si chiama Alice.”- mi accorsi di non sapere il suo cognome.
-“Alice Johnson, la rossa?”-
-“Immagino di sì.”-
-“La conosco, ci parlo spesso, vuol dire che staremo tutti insieme”- si entusiasmò.
Prima che potesse dire altro ero già entrata in mensa. Era molto più grande rispetto a quella della mia scuola in Alaska e anche molto più affollata. Speravo solo che il cibo non fosse così orribile come in tutte le mense del mondo. Tanto era grande che mi sentivo di essere nel film “High School Musical”, stavo cercando di trattenermi nel cantare la canzone.
Cercai Alice con lo sguardo e la vidi seduta accanto un ragazzo moro e altri tra cui la ragazza bionda dell’ora di astronomia. La chiamai quando ero già più vicina a quel tavolo.
-“Mack ce l’hai fatta!”- mi sorrise.
Mi sedetti accanto a lei anche se mi sentivo molto a disagio.
-“Questo coglione qui è Alexander Lewis”- disse scherzando e m’indicò quel ragazzo moro che avevo visto poco prima.
-“Incantato”- fece lui, prendendomi la mano e baciandola. Mi scappò una risatina e mi presentai.
-“State insieme per caso?”- domandai, come se fossi un parente ficcanaso.
-“Assolutamente no”- rise Alice, mentre notai che Alex divenne di un rosso pomodoro.
-“Siamo migliori amici da sempre, a lei piace quell’impiastro di Noah Russel”- sbuffò, abbassando la voce.
-“Sta zitto. Non è che mi piace, è solo dannatamente sexy ma ovviamente non guarda mica me”- arrossì.
Era un bel ragazzo ma secondo me nulla di speciale.
-“Sai che prima mi ha detto che voi due parlate spesso?”-
-“Non è proprio così, ma se lo dice lui”- aveva due occhi a cuoricino simili a quelli dei personaggi manga.
Sicuramente me l’avrà detto per attaccare bottone con me, ma non gliel’avrei detto ad Alice.
-“Tu invece avrai sicuramente un ragazzo”- parlò Alex.
Alice gli diede una gomitata e a me venne da ridere.
-“Non ho il ragazzo, cosa te lo fa pensare?”- entrambi mi guardarono come se avessi parlato in una strana lingua demoniaca.
-“Non voglio fare la parte di quello morto di figa ma...sei una bellissima ragazza”- arrossì il ragazzo.
Lo ringraziai, sentendomi ancora più a disagio, non ero abituata a queste “attenzioni”. La nostra conversazione fu interrotta da un gridolino di Charlotte che diceva:
-“Sì! E’ vero, voleva portarmi in infermeria ma sicuramente voleva fare altro. Gliel’ho letto negli occhi. Fidatevi ragazze, lui mi vuole”-
Alex ed Alice alzarono gli occhi al cielo, come se avessero già vissuto questo momento.
-“Parla del professor Scott?”- arricciai le labbra, stranita.
-“Diciamo che la tro... cioè Charlotte ha una fissa per quel figo del prof. Ha ragione eh, per carità, me lo farei anch’io ah ah, però è esagerata. Quello mica sta cagando lei”- parlò Alice, sottovoce.
Risi di gusto. Non era così male avere qualcuno con cui parlare, inoltre Alice era come me eppure mi faceva sentire normale.
Al suono della campanella che segnava la fine dell’intervallo, mi dileguai dai due ragazzi dicendogli che dovevo andare proprio dal professore di scienze e astronomia. L’unico problema era cercare di non ritardare alla lezione di matematica. Andai nella classe del professore e aprii piano la porta, ma la classe era vuota, sicuramente non vi era lezione in quell’ora.
Mi accorsi che il prof. Scott era impegnato ad appendere una mappa multimediale delle costellazioni e non si era nemmeno accorto della mia presenza. Gli occhi mi caddero sull’orlo della camicia che era leggermente alzata e mostrava una parte di pelle dato che lui era disteso verso l’alto. Scossi la testa e mi concentrai.
-“Profe...”- non finii la frase che mi guardò e si sentì un rumore sordo. La mappa era caduta addosso a lui, precisamente su un fianco.
-“Cazzo”- imprecò, trattenendo un gemito di dolore.
Oh cazzo. Mi avvicinai, cercando di dire qualcosa.
-“Mi dispiace tanto...ehm cosa posso fare?”- pronunciai, dispiaciuta.
-“Non è colpa tua, non preoccuparti. Dovevo stare più attento”- disse con voce rotta, dirigendosi verso la porta.
-“Ma...dove sta andando?”-
-“A prendere del ghiaccio, quel coso mi ha fatto davvero male”-
Subito mi precipitai vicino la porta, forse con troppa velocità. Dovevo stare attenta a non essere veloce.
-“La colpa è mia, vado io a prenderle del ghiaccio...”- mi sembrava il minimo, mi sentivo molto in imbarazzo.
Durante il mio primo giorno di scuola avevo fulminato una lampada e quasi ammazzato un professore. Splendido. Sarei anche arrivata molto in ritardo alla lezione. Ritornai in classe con il ghiaccio e glielo porsi al professore.
-“Grazie, Mackenzie. Dentro la mia cartella c’è il programma di scienze, puoi prendertelo da sola.”-
Presi alcuni fogli e cercai quello giusto. In uno c’era scritto “Mason Scott, nato in Tennesee, anni 26, laurea in astronomia...” subito lo riposai e trovai il programma. Mi girai verso il professore e per poco non mi cadde il foglio di mano. Aveva i pantaloni abbassati fino all’inguine e s’intravedeva l’elastico delle mutande che erano di colore bianco e i muscoli delle cosiddette maniglie dell’amore.
Premeva la busta del ghiaccio sulla ferita insanguinata e mi guardò da sotto le ciglia. Avrei voluto sprofondare quindi mi dileguai.
-“Aspetta”- mi chiamò.
Mi girai lentamente e mi riavvicinai. Aveva alzato i pantaloni, grazie Gesù.
-“Che bella collana-disse, prendendo la pietra d’ambra e facendomi venire un brivido-brilla molto”-
Guardai anch’io il ciondolo e solo in quel momento mi accorsi di quanto brillava ed emanava calore come in prima ora.
Si, uguale ai suoi occhi
-“Già, fantastico”- balbettai, come una stupida.
Lui mi sorrise.
-“Ora me ne vado, mi dispiace ancora professore...”- e detto quello, me ne andai di corsa a lezione di matematica giurando a me stessa di mantenere le distanze da quel tipo.
Quando entrai in classe tutti mi puntarono gli occhi addosso e la professoressa di matematica mi riservò uno sguardo assassino. Era una donna anch’ella giovane con dei capelli corti e ricci di colore biondo e diciamo abbastanza carina.
-“Come mai tutto questo tempo a recuperare il programma della lezione?”- mi accusò.
Che cavolo potevo dirle? Di certo non la verità, non che fosse successo qualcosa di scandaloso ma non mi sembrava il caso.
-“Ehm, sono passata anche in segreteria in nome del professore a recuperare qualche foglio...mi scusi”-
Mi sedetti velocemente in un banco accanto ad Alice e, con la testa china verso il basso, presi un quaderno e cominciai a disegnare. Non m’importava di quello che stava dicendo. Alice mi guardò un po’ preoccupata, magari pensava che fosse successo qualcosa di “anormale”. Scossi la testa, come per dirle che non c’era niente di cui preoccuparsi. Neanche mi accorsi che stavo disegnando una grande mano con il mio ciondolo che brillava come il sole.
 
Finite le lezioni, mi recai nella macchina di Alice per farmi accompagnare a casa ma non ero sola, c’era anche Alexander.
-“Novità?”- chiese lui.
Scossi la testa, no...proprio nessuna.
-“Tu piuttosto devi dirci qualcosa?”- insinuò Alice.
Non sapevo di cosa stesse parlando ma la cosa mi incuriosiva.
-“Finiscila, è solo un’amica”- sbuffò lui.
-“Ma dai! Quella ti stava spogliando con gli occhi. E poi, se non ti metterai con qualcuno finirò con il pensare che sei gay!”-
Mi venne da ridere, era così cieca da non accorgersi che Alex era proprio cotto di lei. Lo conosceva da una vita e non l’aveva mai capito, io lo conoscevo da un giorno e si vedeva da un chilometro!
-“Pensala come ti pare”-
-“Non ti offendere, che sei cretino. Comunque ti consiglio di provarci, Marina sembra una ragazza alla mano”- gli fece l’occhiolino dallo specchietto retrovisore.
-“Non m’interessa, grazie.”-
Forse non avrei dovuto nemmeno pensarlo, ma mi venne un’idea folle. E’ alquanto cattivo sfruttare i miei poteri e mettermi in affari che non mi riguardavano ma era più forte di me.
Gli misi una mano sulla spalla e gli dissi:
-“Alex, anch’io penso che dovresti provarci con questa Marina”-
Con un semplice contatto e con una piccola concentrazione, sarei riuscita a condizionare il suo pensiero.
-“Sai che dico? Hai ragione, stasera la invito ad uscire”-
Alice si accigliò.
-“Certo, se te lo dice Mackenzie ha ragione”-
Risi sotto i baffi, non potevo dirle cosa avevo fatto.
Tornata a casa, dovetti subirmi una nonna molto curiosa e indagatrice riguardo il mio primo giorno di scuola.
-“Immagino sia andato come a qualsiasi umano”-
Sarebbe stato davvero così semplice? Vivere la mia vita anormale come se fosse normale?
-“Hai conosciuto qualcuno?”- sorrise nonna Rose.
-“Qualcuno”- alzai gli occhi al cielo.
Decisi di concludere quella conversazione e m’isolai in mansarda. Presi il computer e immediatamente cercai “Leggenda della stella Luthien”, ottenendo però, nessun risultato. Che caspita era? Come avrei fatto ad informarmi senza destare sospetti? Avevo escluso l’idea di chiedere direttamente al professor Scott perché avevo una brutta sensazione.
-“Nonna”- urlai dal piano di sopra.
-“Conosci una certa leggenda della stella Luthien?”- avrei dovuto tentare.
Non sentendo alcuna risposta decisi di scendere di sotto. La chiamai ma non rispose e fu allora che cominciai a preoccuparmi finché non la vidi in piedi davanti al lavandino con lo sguardo vuoto e fisso verso un punto indefinito, gli occhi da azzurri erano neri come il buio. Stava avendo una visione. Non sapendo che fare, mi avvicinai a lei e le presi la mano, in quel momento sbatté le palpebre e i suoi occhi ritornarono normali e li puntò verso di me.
-“Cos’hai visto, nonna?”- le chiesi, preoccupata.
-“Tu...non, non era chiara la visione. Il buio voleva inghiottirti ma il sole ti teneva in vita, ti stava salvando.”-
A me sembrava piuttosto chiara.
-“Non togliere mai l’ambra, promettimelo”- mi guardò la nonna.
-“Perché è così importante?”-
Silenzio. Probabilmente non lo sapeva nemmeno lei.
 
Il giorno dopo a scuola cercai il più possibile di comportarmi normalmente perché quella mattina mi sentivo strana. Per la prima volta non avevo sognato il ragazzo dagli occhi ambrati/alias il professor Scott dato che ero stata sveglia tutta la notte. Non capivo come poteva essere possibile sognare quasi sempre qualcuno che non si conosce e subito dopo ti si compare davanti come nulla fosse. In teoria non dovevo sorprendermi vivendo in un mondo anormale pieno di stranezze, ma proprio questo non mi andava giù. Avrei potuto chiedere a mia nonna ma mi vergognavo...non avevo mai raccontato a nessuno di questi sogni.
Ero così distratta da inciampare e cadere a terra, sperando che nessuno mi stesse guardando.
-“Hai bisogno di aiuto?”-
Alzai il viso verso l’alto e notai Noah Russel insieme ad altri due ragazzi, uno molto alto e l’altro dai capelli rossi, che mi guardavano con un accenno di superiorità. Fantastico.
-“Non ho bisogno di una fata madrina, puoi licenziarti”- dissi, alzandomi.
Sentii un coro di “ohh” da parte dei suoi amici, in effetti, l’avevo spiazzato.
-“Beh, vedimi più come una guardia del corpo”-
-“Come se ne avessi bisogno”-
-“Noah rifiutato da una ragazza, stai perdendo colpi”- disse il ragazzo più alto.
-“Stronzate”- ringhiò lui.
-“Oh no, ha proprio ragione”- e dicendo così raggiunsi Alice in fondo al corridoio.
-“A quanto pare Noah ti ha già presa di mira...”- sospirò la rossa.
-“Non preoccuparti, prima o poi si stancherà. Con me non attacca”- le feci l’occhiolino, rassicurandola.
-“Novità dall’Alaska?”- mi domandò, un po’ sottovoce.
All’improvviso mi tornò in mente il viso di Philip, il mio addestratore, pensando che forse non l’avrei più visto. Aveva gli occhi e i capelli neri come la pece e veniva chiamato Araton, Combattente. Era il più forte e abile figlio delle stelle e tutto ciò che sapevo fare, lo dovevo a lui.
-“Mackenzie?”- mi riportò alla realtà.
-“Scusa, stavo pensando. Non ho nessuna novità purtroppo.”-
-“Beh, volendo io potrei tornare nel passato e vedere cosa è successo dal momento in cui te ne sei andata ma...mia madre potrebbe uccidermi. E’ pericoloso.”-
-“Non ti chiederei mai una cosa del genere...”-
-“Speravo proprio che mi chiedessi di infrangere le regole di mia madre e andare lo stesso”-
Per un attimo ci stavo pensando seriamente.
-“Non istigarmi...Alice, è davvero pericoloso e non farei nulla che mettesse in pericolo le persone che mi stanno attorno. Non se ne parla”-
-“Di cosa non se ne parla?”- s’intromise Noah, piazzandosi davanti a noi due, di nuovo.
Sbirciai Alice per vedere se stesse ancora respirando ma sembrava calmissima, forse anche noncurante.
-“Ancora? Ci manchi solo tu”- alzai gli occhi al cielo.
-“Già ti manco? Meglio no?”-
-“Se non ti dispiace vorremmo andarcene”-
-“Che antipatica. E’ sempre così antipatica, Alice?”-
La poveretta fu colta un po’ alla sprovvista ma non si fece notare.
-“E’ antipatica con i coglioni quindi non aspettarti che cambi atteggiamento con te”-
Detto questo mi tirò da un braccio e proseguimmo verso la nostra strada. “Grazie” le sussurrai, anche se sapevo che gli fosse costato un po’.
Camminando verso l’aula di inglese, vedemmo Alex con una ragazza probabilmente più piccola di noi dai capelli castano chiaro, lunghi fino alle spalle.
-“Sarebbe lei Marina?”- chiesi ad Alice.
Lei annuii e mi sembrava un po’ troppo attenta a quell’immagine di loro.
-“Gelosa?”-
-“Cosa?? Non potrei mai, siamo mig..”-
-“Si certo, migliori amici”-
Si vedeva quanto Marina fosse cotta di lui dal modo in cui lo guardava mentre Alex non la guardava per niente nel modo in cui guardava Alice. Il ragazzo ci vide quindi si affrettò a salutare la ragazza, la quale gli stampò un bacio sull'angolo della bocca, sorprendendo tutti e tre.
-“Quindi state insieme?”- disse subito Alice.
-“No, assolutamente. Siamo solo andati al cinema a vedere Star Wars, più friendzone di così. Ma quel mezzo bacio non me l’aspettavo.”-
-“A quanto pare non l’ha capito il concetto di friendzone”-
-“Va be’ ma qual è il problema? Avete insistito tanto perché ci uscissi-“
-“Nessun problema, ne siamo felici!”- commentai io.
-“Quanti anni ha esattamente che non ricordo”- aggiunse Alice.
-“Sedici, anche se non li dimostra affatto con quel fisico...”-
-“Allora non è che ti dispiace molto”-
Sembrava proprio gelosa la ragazza.
-“Forse no”-
Entrammo finalmente in classe e ascoltammo la lezione di letteratura inglese che sembrava alquanto interessante anche se io pensavo tutto il tempo a ciò che non riuscivo a spiegare. Perché il ciondolo d’ambra si illumina in quel modo solo in certi momenti? Perché nella mia vita ho sempre sognato il professor Scott senza mai conoscerlo? Qual è la leggenda Luthien e che ne sanno gli umani?
Avrei dovuto fare delle ricerche, per conto mio. Era necessario.
Così finite le lezioni, andai in biblioteca per vedere se qualche libro d’astronomia ne parlava.
Quella sì che era una biblioteca! Due piani solamente composti da scaffali e librerie, divanetti e macchinette del caffè per potersi rilassare e leggere un buon libro. Avrei potuto trasferirmi lì se avessi potuto, c’era tutto quello che desideravo tranne i blocchi da disegno ma quelli li avrei potuti portare io. Nel bancone dove ci sarebbe dovuta essere la bibliotecaria c’era un cartello con scritto “Lezioni terminate. Ricordate: SHHHH!!!
Metteva i brividi anche se non c’era.
Andai nel settore “Materie Scolastiche” e cercai “Astronomia” trovando l’argomento dopo pochi minuti. C’erano tre librerie intere soltanto sull’astronomia...a quanto pare sarei dovuta rimanere lì per molto tempo senza minimamente sapere come tornare a casa.
Cominciai la mia ricerca partendo dalla prima libreria, però, forse dopo un’ora controllando titolo per titolo, non trovai nulla. Quindi, già stanca, continuai con la seconda libreria. Negli ultimi scaffali lessi di sfuggita “leggende” e, per non usare la magia prima che qualcuno mi vedesse, mi allungai più che potei ma proprio non ci arrivavo. Cercai una sedia per salirci sopra e finalmente per arrivarci, sperando di non cadere con il culo a terra e farmi ancora più male. Una volta salita mi allungai ancora di più per raggiungere il libro che effettivamente si chiamava “Leggende astronomiche” e stavo per prenderlo. D’improvviso, però, la collana cominciò a illuminarsi ed emettere un forte calore, e mi presi così tanto dal panico che, come avevo predetto, persi l’equilibrio sulla sedia e caddi a terra sbattendo la testa, ahia.
-“Merda, merda, merda, merda”- faceva un male cane il punto in cui avevo sbattuto.
-“Stai bene?”-
Sentii una voce, spaventandomi, e il cuore cominciò a battermi velocemente. Strinsi forte gli occhi sia per il dolore sia per la vergogna.
-“Che stavi facendo, Mackenzie?”- si avvicinò un ragazzo, no, non un ragazzo...in realtà era il professor Scott.
  
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