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Autore: lawlietismine    07/03/2016    2 recensioni
C'era una volta– Tutte le belle storie iniziano con un “c'era una volta”, tutte quelle fantastiche, quelle da raccontare ai bambini prima che si addormentino, quelle storie che fanno sognare e che si allontanano fin troppo dalla realtà, creando illusioni che portano solamente delusioni, ma comunque, naturalmente, anche questa storia ha il suo “c'era una volta”.
Dal capitolo 2:
Per poco non gli sfuggì un grido esterrefatto, quando – addormentato ai suoi piedi – non trovò quel lupo dal manto nero e gli occhi verdi, ma un uomo, a vista poco più grande di lui, nudo, il corpo forte e atletico illuminato alle spalle dal camino acceso, il respiro calmo e i muscoli rilassati.
Stiles – fra tutte le cose che avrebbe potuto fare – si riscoprì a pensare che era bellissimo.
#werewolves are known #au
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stiles era seduto al tavolo del bar con Scott, un bicchiere rinfrescante di succo all'albicocca fra le mani e un'invitante e già da lui addentata brioche al cioccolato nel piatto, entrambi i ragazzi fissavano – chi con sguardo perso e innamorato, chi distrattamente – la ragazza che, genuinamente sorridente ed educata, faceva il suo lavoro al bancone.
“Che angelo” mormorò Scott, sorridendo irrimediabilmente alla figura femminile che ogni tanto guardava nella loro direzione con le labbra dolcemente piegate in su, e l'altro alzò gli occhi al cielo esasperato nel sentire l'ennesima esalazione da folle innamorato proveniente dal suo migliore amico: la sua testa, invece, era completamente altrove e la sua attenzione era del tutto concentrata su un'altra persona che, dannazione, lui avrebbe voluto raggiungere all'istante.
“Non è perfetta?” fu la milionesima domanda retorica.
“Sì, perfetta” soffiò lui in risposta, giusto per dargli corda, affondando poi i denti nella sua colazione in modo da distrarsi.
Allison era perfetta, sì, perfetta per Scott. Stiles lo aveva appurato durante tutta la settimana in cui era stato, volente o nolente, trascinato ripetutamente lì per sostenerlo psicologicamente, visto che, a quanto pareva, nel tempo in cui lui era sparito dalla circolazione – proprio, appunto, fino a una settimana prima – per vagare nei dintorni di una casa sperduta e abbandonata insieme a un licantropo sconosciuto, Scott era riuscito davvero a farsi notare e a conoscere l'altra. L'aveva presentata al suo migliore amico e, vista la psicologia incomprensibile del ragazzo, ora che almeno ci parlava, si sentiva in diritto e in dovere di andare il più possibile nel bar per improvvisare conversazioni e approfittare delle sue pause.
Insomma, Scott stava un po' imponendo ingenuamente la sua presenza a quella povera donna santa che doveva sopportarlo in un modo o nell'altro, anche se non ne sembrava per niente dispiaciuta.
A Stiles piaceva, era simpatica, gentile, divertente ed era sinceramene contento per l'altro, anche se avrebbe fatto volentieri a meno di questi appostamenti strategici.
Piaceva perfino a Lydia.
“Allora, ragazzi, che programmi avete per oggi?” entrambi alzarono lo sguardo e incrociarono il suo, Allison si era fatta dare il cambio e si era seduta al posto libero al loro tavolo, un sorriso smagliante rivolto ai due nuovi amici mentre si portava una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio: Scott ammirò ogni suo gesto come se avesse davanti un'opera d'arte unica, l'altro invece scrollò le spalle un po' assente, sorseggiando il suo succo.
“Pensavamo di fare un giro, magari di andare al cinema” rispose, prima di iniziare a spilluzzicare ciò che rimaneva della sua brioche.
“Ti unisci a noi?” domandò speranzoso Scott, sinceramene desideroso di spendere del tempo insieme a lei, che – con suo sommo piacere – annuì entusiasta: Stiles li osservò di sottecchi, leggendo fra le righe e ripassandosi mentalmente il manuale del perfetto migliore amico, così alla fine fece una faccia improvvisamente sorpresa, con tanto di falsa smorfia e “penso che dovrete andare senza di me” se ne uscì con la sua grande capacità recitativa da perfetto bugiardo “mi ero dimenticato di dirti che devo andare in un posto, amico”.
“Ma come, me lo avevi promesso...” si lamentò Scott con la sua ottima espressione da cagnolino abbandonato dal padrone, profondamente dispiaciuto per quella novità inaspettata, poi, però, sotto lo sguardo insistente dell'altro parve ragionarci su e lo sguardo da cucciolo pian piano si allargò, improvvisamente consapevole di quella farsa messa su proprio per il bene suo e della sua vita amorosa, farsa che – lui non lo sapeva – era però anche una mezza e un po' egoista verità.
Una parte di lui lo faceva per la futura e promettente coppia, per contribuire ad accelerare le cose, ma un'altra parte, quella più importante, lo faceva solamente per placare l'incessante impazienza che lo animava ogni volta che non era dove invece voleva essere, e soprattutto con chi voleva essere.

 


Quasi due settimane prima, quando si era appisolato dopo essere rimasto chiuso in quella camera per qualche ora, Stiles si era risvegliato lentamente, uscendo con suo grande dispiacere da un profondo sonno privo di sogni e incredibilmente rigenerante. Aveva mugugnato qualcosa fra sé e sé, stiracchiando le gambe come un felino, prima di rendersi conto di essere completamente poggiato e avvinghiato a qualcosa che poco gli ricordava il cuscino di un letto.
Aveva sbadigliato sonoramente, strusciandosi una mano – quella libera e un po' intrappolata sotto di sé – sul volto, poi aveva finalmente aperto gli occhi e si era ritrovato – ora completamente sveglio, senza più traccia di sonnolenza – a guardare sorpreso il lupo che stava incredibilmente fra le sue braccia, addormentato come se gli avesse tenuto compagnia per tutto il tempo.
Stiles lo aveva osservato rapito e non avrebbe saputo dire neanche per quanto, beandosi della vicinanza e divorando insaziabilmente ogni dettaglio che riusciva a notare, prima che quello si svegliasse e si allontanasse irrimediabilmente, mentre con la mano che ancora era avvolta attorno a lui iniziava una lenta e delicata carezza continua. Aveva lanciato una veloce occhiata alla porta, ora aperta e segnata con graffi evidenti della forza con cui l'altro aveva tentato di aprirla in precedenza, e si era chiesto cosa avesse spinto Derek a unirsi a lui dopo averlo trovato addormentato, cosa avesse pensato nel vederlo lì, e cosa avesse pensato tutto il tempo prima che gli fosse dato di nuovo il permesso di entrare in contatto dalla forza che dominava in quella casa.
Se ne era rimasto in silenzio, beandosi del respiro calmo del lupo, poi si era buttato di nuovo giù, aveva stretto un po' di più la presa e si era lasciato cullare proprio da quel respiro fino a quando non si era riaddormentato.

La seconda volta in cui si era risvegliato, la scena era cambiata: si era ritrovato sul divano di casa sua, solo.

 


Stiles in quella settimana e mezzo trascorsa da quando era successo, era tornato laggiù molte volte, tutte in modo inaspettato. Come al solito aveva passato il suo tempo a pensare a quella casa, a pensare a Derek e a tutto il resto, poi – cosa non più poi così sorprendente – si era risvegliato lì, oppure aveva semplicemente vagato per la riserva in attesa di vedere apparire qualcosa.
Lo aveva ritrovato lì ogni volta, occupato ad aspettarlo in piedi dietro il vetro della finestra o nella biblioteca, e non avevano parlato di quel particolare episodio neanche per sbaglio, ma in effetti avevano comunicato più a sguardi che a parole ogni volta, come se soprattutto in quel modo potessero trasmettersi ogni cosa.
Le volte in cui avevano intrapreso una conversazione – magari mentre Stiles se ne stava arrampicato a gambe incrociate sulla poltrona davanti al camino acceso, quel vecchio e importante libro sui lupi tra le mani e il labbro inferiore tra i denti, e l'altro invece in terra con la schiena poggiata al bracciolo, piegando ogni tanto la testa all'indietro per controllarlo con lo sguardo dal basso verso l'alto e accertarsi visivamente che fosse sempre lì – il più piccolo gli aveva chiesto qualche chiarimento su informazioni che aveva trovato scritte, oppure spiegazioni per alcuni dubbi improvvisi, curiosità sui licantropi e su di lui in particolare. Perlopiù Derek aveva ascoltato silenziosamente i suoi monologhi senza fine, i suoi racconti su Scott –e perché no, anche su Allison, qualche aneddoto su Erica e alcune lamentele su Jackson, che poi lo avevano di conseguenza portato a parlare di Lydia, gli aveva detto un po' di cose su suo padre – non richieste proprio come tutto il resto – e perfino su Melissa, ma l'altro non si era lamentato neanche una volta.

(“Ultimamente sono sempre distratto” Stiles si stava mordicchiando distrattamente il pollice con un'aria estremamente pensierosa “l'altra sera durante il turno di lavoro con Erica ho rovesciato un'intera bottiglia di Coca Cola in terra”

Derek aveva alzato lo sguardo dalla sua operazione coi denti al povero pollice per guardarlo dritto negli occhi, senza dire una parola, e l'altro – ricambiando – aveva poi annuito animatamente come per sottolineare ogni singola cosa che stava dicendo e confermarne l'assurdità.

“Quando ho provato a pulire, ci sono scivolato sopra e per sbaglio mi sono portato dietro anche Erica”
Il licantropo l'aveva osservato con una impercettibile nota di divertimento.
“Sono sorpreso che non mi abbia squarciato la gola, visto l'occhiata che mi ha lanciato! In effetti sempre per sbaglio poco prima per poco non le avevo incendiato i capelli, quindi devo ammettere che ne avrebbe avuto tutto il diritto” aveva ammesso poi Stiles, facendo corrucciare l'altro: gli aveva detto una delle volte prima che anche la ragazza era un licantropo e Derek gli aveva chiesto di rimando se, visto che ci stava così insieme, quella fosse capace di controllarsi, soprattutto con la luna piena, ma Stiles aveva scrollato le spalle e “si lamenta sempre della mia iperattività ma sono ancora vivo, quindi suppongo di sì” aveva risposto ironicamente, convincendolo ben poco.

“Ieri invece mi sono dovuto far ripetere venti volte da Lydia il programma per il pomeriggio, perché non riuscivo a seguirla...” si era fermato un attimo e aveva fatto una smorfia “...ho più paura di lei che di Erica, sinceramente, e la botta che mi ha dato per il nervoso era proprio piazzata nel punto giusto” si era lamentato, massaggiandosi la parte colpita del braccio.

Derek lo aveva ammutolito spostandosi dalla sua postazione in fondo al materasso del letto nella camera, fino a raggiungerlo e stenderglisi silenziosamente accanto, vicino: Stiles non se lo era fatto ripetere due volte e l'attimo dopo era già accoccolato contro di lui.


La volta dopo erano entrambi seduti in terra davanti al fuoco del camino, fianco a fianco, due tazze di cioccolata calda fra le mani e un sorriso a fior di labbra.)

Che fossero nella biblioteca, oppure sul letto di quella vecchia camera, lui lo aveva ascoltato senza mai interromperlo, osservandolo quando possibile e lasciandolo sfogare quando le chiacchiere diventavano un po' animate, perché Stiles si lasciava travolgere dal momento e dalle emozioni.
Ma era diventata quasi una parte della sua routine, la parte migliore, era diventato tutto normale e atteso.

 


Perciò fu inattesa la sensazione corrosiva di ansia che provò quando sentì il sonno abbandonarlo e capì ancora una volta di non essere nel suo letto, fu inattesa la stretta allo stomaco che gli provocò una forte nausea e fu totalmente inattesa la paura che lo travolse ancora prima di aprire gli occhi, perché, quando lo fece, si sentì morire.
La prima cosa che notò, fu che era buio. Totalmente buio, tanto che gli sembrò per un attimo di essere diventato cieco.
La seconda fu che l'aria era estremamente pesante, stava respirando a fatica e ogni respiro gli graffiava la gola, provocandogli fitte alla testa.
Stiles non vedeva niente, non sentiva niente, ma era sicuramente rinchiuso.
Si trovava in uno spazio stretto e umido e qualcosa si stava muovendo intorno a lui.
Tastò alla cieca per quanto gli fosse possibile muoversi e per quanto il dolore sparso nel corpo glielo permettesse, e per poco non gridò quando qualcosa di bagnato e denso gli colò sulla guancia, qualcosa di vivo gli accarezzò il collo, l'unico rumore in quel posto lo produceva lui e, dannazione, si trovava sotto terra mentre il suo ultimo ricordo era sua padre che lo salutava prima di andare a lavoro.
Stiles tentò di mantenere la calma e di respirare al meglio, ma la tachicardia gli provocava un fastidiosissimo e continuo pulsare incessante nelle orecchie e ormai stava annaspando nel panico.
Più si muoveva, più la terra sopra di lui crollava e finiva di sotterrarlo, più si agitava più quella sostanza gli colava addosso e più faceva rumore, più gli sembrava che degli animali, dei serpenti, lo stessero avvolgendo fino a strozzarlo.
Era stato seppellito vivo e non aveva la più pallida idea di come fosse successo, di dove fosse, né tanto meno da quanto tempo.
“AIUTO!”
Stiles iniziò a dibattersi come un animale in trappola, senza più riuscire a respirare, il buio lo stava divorando fuori, ma il panico lo stava inghiottendo dentro, scavando nella sua mente per riportare alla luce ogni sua più piccola paura, e disgregando, sgretolando e consumando ogni piccola parte razionale che incontrava, travolgendolo per farlo sprofondare nel terrore.
“Papà! Scott!”
Stava gridando senza neanche rendersene conto, ogni barlume di lucidità ormai perso, e a ogni emissione di suono, qualcosa dentro di lui bruciava dolorosamente.
Graffiava nello sgomento la terra sopra di lui, chiamava inutilmente nomi di persone che non lo avrebbero mai sentito, e le lacrime gli incidevano la pelle come acido, infrangendosi nel terreno sporco che lo circondava e opprimeva.
Alcune parti del suo corpo sembravano incendiate, forse trafitte da resti inanimati, forse lacerate da esseri animati, altre invece non le sentiva affatto, come se una parte di lui fosse paralizzata, mentre un'altra fosse invece totalmente sommersa e inghiottita dall'orrore che lo stava uccidendo.
Si sentiva come in una di quelle trappole in cui più ti muovi, più si chiudono e strozzano, solo che lui non poteva farne a meno e a ogni movimento, a ogni urlo disperato, il panico si mischiava al dolore fisico come se qualcuno lo stesse tirando da più parti, cercando di strappare ogni singola parte del suo corpo.
“DEREK!” il suo urlo lo logorò quasi fino a farlo sanguinare, il bisogno, l'angoscia e la disperazione lo stavano scuotendo e non riusciva a fare altro che chiamare e chiamare ancora quel nome, per quanto male facesse, i pugni che colpivano alla cieca, materiali affilati che gli incidevano la pelle della schiena.

Quando l'ennesimo grido lo stava per lasciare, ormai quasi ridotto a un mormorio roco, Stiles riaprì gli occhi bagnati dalle lacrime e l'ennesimo colpo alla terra andò a vuoto, tagliando l'aria fresca che all'improvviso fu come uno schiaffo per lui.

Si trovava fuori, adesso, quasi del tutto nudo e tremante dalla testa ai piedi in modo incontrollato, lo sguardo strabuzzato rivolto alle sue mani sporche di terra e di sangue – forse non totalmente suo – senza realmente vederle e i singhiozzi lo scuotevano animatamente. Davanti a lui, se ne accorse vagamente quando colse con la coda dell'occhio un movimento e reagì come un animale terrorizzato, Derek, appena arrivato a corsa, lo fissava sconvolto come mai prima d'ora.
Le sue labbra si mossero qualche volta, ma Stiles non riuscì a sentire niente se non un inarrestabile stridio nella testa.
Il suo sguardo si spostò lentamente dal licantropo alle proprie mani sporche, e poi di nuovo sull'altro con ancora più realizzazione, ancora più consapevolezza delle condizioni in cui era, e voleva dire qualcosa, la bocca tremolante era schiusa, ma non ce la faceva, voleva muoversi, in qualsiasi direzione, ma il suo corpo era paralizzato, voleva pensare a qualsiasi cosa, ma la sua mente era vuota.

Derek parlava e lui non sentiva, e sobbalzò intimorito senza poterci fare niente quando l'altro lo raggiunse e gli posò piano una mano sulla schiena, osservandolo pieno di preoccupazione e agonia. A quella reazione alzò le mani come a fargli intendere che non voleva fargli niente, poi tornò a toccarlo e stavolta Stiles non si oppose, sembrò disposto a lasciarsi guidare ovunque l'altro lo stesse portando, fino a quando non si portò istintivamente le mani insanguinate e terrose fra i capelli e “è un incubo” gracchiò stridulo e senza voce, mosso dai fremiti, gemiti e singhiozzi, una tale vena di speranza nel tono, quasi stesse implorando che fosse così, che fece esitare l'altro.
“Stil-”
“È solo un incubo. È un incubo!” ripeté quello deciso, stringendosi le ciocche viscose fra le dita quasi fino a strapparle, tappandosi forzatamente le orecchie, e “Svegliati, Stiles, SVEGLIATI” tuonò, quasi a rimproverarsi da solo, chinandosi su se stesso come a volersi fare sempre più piccolo, a volersi nascondere.

Prima che il licantropo potesse muoversi, il rumore di una pistola che veniva caricata raggiunse entrambi: Stiles guardò passivamente mentre Derek lo spingeva rapidamente dietro di sé, ringhiando in modo intimidatorio a qualunque fosse la minaccia, gli artigli in mostra e probabilmente – visto che gli dava le spalle, non poteva saperlo con certezza – anche il solito scintillio rossastro degli occhi.
Se non fosse stato nel bel mezzo di un principio di attacco di panico, Stiles avrebbe fatto qualcosa, avrebbe guardato avanti a sé e sarebbe intervenuto, perché suo padre era proprio lì e gli sarebbe bastato dirgli che no, non doveva puntare l'arma contro Derek, che era l'ultima cosa che voleva, e avrebbe detto proprio a Derek di non attaccare, di non fargli del male nel tentativo di proteggerlo, ma il pianto isterico lo stava opprimendo e tutto gli sembrava solo un assurdo, orrendo incubo da cui voleva solamente risvegliarsi. Voleva chiudere gli occhi e riscoprirsi al sicuro sotto le coperte del suo letto.
Cancellare dalla sua mente quello che aveva appena vissuto, tutto quello che stava provando.
“Allontanati da lui” avvertì secco lo sceriffo, la pistola davanti a sé e la mira rivolta dritta al petto dell'uomo che aveva di fronte. Dietro di lui si fece strada un altro tipo in divisa, anche lui armato.
Derek ricambiò con un latrato basso e inumano rivolto a entrambi, la sua figura possente posizionata in modo da coprire il ragazzo che non aveva intenzione di lasciare nelle loro mani, perché ora come ora, visto il suo stato, doveva solo portarlo via e occuparsi di lui.
“Ho detto” quasi ringhiò lo sceriffo, marcando ogni parola rabbioso e visibilmente pronto a sparare “allontanati subito da mio figlio” e l'attimo dopo Derek aveva già assunto nuovamente la sua forma umana, lo sguardo combattuto e sconcertato fisso in quello dell'uomo, del padre di Stiles.

Dopo Stiles sentì solamente un'esplosione assordante.  

 


 



 



(piccola parentesi: avevo pubblicato il capitolo ieri, ma - cercando di modificare una cosa dal telefono - per sbaglio l'ho eliminato. Quindi nada, le note qui sotto le ho scritte ieri e visto che nel documento word avevo anche quelle, le lascio ^^")
Angolo della pazza: 
Dico soltanto che oggi non dovrei essere qui.
Io dovrei lasciar perdere il pc, prendere il libro di filosofia e quello di italiano e studiare, studiare, STUDIARE! Perché domani mi interrogano. Ah-a. 
Quindi stamani dovevo solamente svegliarmi presto e dedicarmi al buon vecchio D'Annunzio, e poi anche a Darwin, ma... Ieri ho passato la serata con take away cinese, nutella e X-Men - Giorni di un futuro passato in 3D dalla mia migliore amica *fa ciao con la manina* quindi alla fine mi sono alzata quasi alle 9 e poi sono rimasta nel letto fino alle 10.30 a pensare al sogno su Loki che ho fatto stanotte, troppo stanca per trovare la forza di alzarmi. (Eheh)
Inoltre non volevo aggiornare oggi perché non ho ancora iniziato a scrivere il prossimo capitolo, che sarà probabilmente per me davvero impegnativo. E conterrà tanti flashback (soprattutto riguardanti le due settimane nominate in questo capitolo, quelle in cui Stiles è andato da Derek), perché io amo i flashback. 
Però... Era già pronto e... Niente, eccomi qui. Ripeto: non ho affatto le idee chiare.  
Cooomunque. Questo capitolo è un pochino (poco poco eh) più lungo degli altri e anche più pesante(?) beh, povero Stiles. ç.ç 
La situazione mi è sfuggita di mano. 
Cercherò di scrivere già da domani e magari di aggiornare lunedì 14! Ci proverò, lo giuro. 
Vabbé, non commento e mi dileguo, corro a studiare ç.ç 
Grazie mille a dida kinney e a OrangeJuice per avermi lasciato un pensiero e grazie mille anche al numero crescente delle persone che mettono la storia fra le preferite/seguite/ricordate.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^ fatemi sapere cosa ne pensate. 
Alla prossima, 
Lawlietismine 

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Amori
 
 
  
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