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Autore: Egomet    27/03/2009    6 recensioni
Lui era solo un ragazzo tranquillo che aspirava ad uscire con la sua bellissima quanto irraggiungibile collega. Lei era solo una ragazza complicata che aveva voglia di divertirsi. Ma insieme a questo, una pancia grande e gonfia, e soprattutto ciò che conteneva, erano il suo problema. Lui cerca di aiutarla, ma non ha fatto i conti con il suo carattere impossibile. Davide prova a capirla, ma Francesca gli nasconde un segreto. -Ascolta, Davide… sicuramente tu mi hai già visto, ma non ti ricordi di me. Sai, io sono incinta- Davide inarcò le sopracciglia scuotendo la testa. “Ma cosa voleva quella da lui?”. -Beh, tanti auguri, mi fa piacere…- stava già per chiudere la conversazione. Lei intuendo ciò che voleva fare si affrettò a vuotare il sacco. -Sono incinta di te-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera, piuttosto calda per essere in aprile, la tv dava un programma, una specie di reality show, e la bionda stava sdraiata sul lungo divano nero guardando più o meno interessata lo schermo.
D’improvviso storse il naso, voltandosi su un fianco e mugugnando qualcosa. Aveva avuto un’improvvisa fitta alla pancia.
Era sola in casa, perché Davide aveva il turno al bar, ed erano due ora che passava il tempo guardando la televisione.
Si lasciò andare sui sedili, prendendo a giocare con un orecchino; cosa che presto la stancò.
Andò in cucina, cercando qualcosa che soddisfacesse la sua fame. Davide le aveva espressamente detto di non toccare nulla che fosse nel frigo. Ma quei cioccolatini fondenti che aveva appena trovato non erano nel frigo, si disse. Teoricamente non faceva nulla di male.
Era sera ormai quando l’ultimo cioccolatino sparì giù per l’esofago della ragazza, che tornò a sdraiarsi con aria annoiata sul divano.
D’un tratto sentì suonare il campanello.
Perplessa, si alzò dalla sua rilassata postazione; non poteva essere lui perché si era portato le chiavi.
Aspettò per vedere se avessero suonato ancora. Così accadde, e un nuovo suono secco e penetrante invase l’aria apatica dell’appartamento.
Si alzò lentamente in piedi, e accigliata andò verso la porta. Sentì dall’altra parte il respiro e la presenza di una persona, e guardando nello spioncino riconobbe la sagoma di una donna.
Oh la miseria. Sobbalzò e rimase lì dietro, in attesa che se ne andasse. Continuava di tanto in tanto a osservarne i movimenti finché la donna fuori dalla porta non estrasse dalla borsa un cellulare e fece un numero.
La tasca di Davide vibrò facendolo trasalire. Dopo aver servito ai ragazzi davanti al bancone quello che avevano ordinato, si appartò nel retro ed estrasse il vecchio cellulare.
Leggendo il numero imprecò fra i denti.
Poi incerto, rispose.
-Perché non apri la porta?-
-Non sono a casa, ma’-
-Sicuro?-
-Certo, sto al bar-
-Ah giusto! Che testa, cominciavo a preoccuparmi! Tanto da qualche parte qui dovrei avere le chiavi. Allora non ti dispiace se ti faccio trovare la cena pronta?-
-No, no… ci vediamo fra poco-
Chiuse la conversazione. Poi fu un lampo, un’intuizione. Ma non aveva molto tempo.
Fece velocissimo il suo numero e pregò che rispondesse in fretta.
Francesca sentì il rumore delle cose che sbattevano nella borsa della donna, probabilmente alla ricerca delle chiavi. Si preoccupò: chi era, e soprattutto che voleva?
Dannazione, proprio quando lui non era in casa!
La suoneria iniziò a squillare e spaventata che potesse sentirsi anche fuori dalla porta, afferrò subito il telefono e schiacciò tasti a caso, pur di farlo smettere. Nel frattempo un rumore metallico dall’altra parte e una mano che si appoggiava alla porta.
Chiunque fosse quella, stava per entrare.
Non si accorse che aveva risposto alla chiamata finché non le arrivò una voce stizzita e profonda dall’altro capo.
Subito indietreggiò verso il salotto, rispondendo.
-Qualunque cosa tu stia facendo, nasconditi, ti prego-
La bionda non fece domande, ma si limitò a dire
-Guarda che qui fuori c’è una donna!-
La porta, mentre diceva questo, si aprì con uno scatto.
-Ca**o e sta entrando!- sussurrò con veemenza.
-Nasconditi, se ti fai trovare ti ammazzo!-
Francesca chiuse il cellulare e subito, cercando di non far pesare il suo passo sul pavimento liscio, saltò il divanetto e si precipitò nella stanza da letto.
La donna entrata avanzò nell’ingresso e dal rumore frusciante che sentì, la ragazza pensò che avesse delle buste di plastica con sé.
Si mise dietro la porta della stanza, in ascolto, finché il rumore di passi che si avvicinavano non la fecero sobbalzare.
L’avrebbe  trovata sicuramente in quella posizione. Rotolò velocemente sul letto, scostando le coperte fino a gettarsi dall’altra parte del letto. E proprio in quel momento, la donna entrò nella stanza. La prima cosa che fece vedendo il letto che la ragazza aveva appena disfatto, fu di congiungere le mani e farle oscillare, esasperata.
-Mio figlio non ha proprio il senso dell’ordine- sospirò, e incominciò a stendere le pieghe che aveva fatto con le mani esperte.
Francesca, nascosta dall’altra parte, si rannicchiò e intanto elaborò nuovamente quella frase in mente.
“Mio figlio”. Non appena comprese il senso di quella parole, ebbe una tremenda e incontrollabile voglia di ridere.
Quella era sua madre.
Si morse il labbro per non farsi sfuggire un risolino.
Aspettò paziente che la donna finisse di sistemare il copriletto, poi quando uscì dalla stanza, probabilmente diretta in cucina, si alzò.
Sbirciò dalla porta, e constatando che non c’era nessuno in salotto, piano piano arrivò al portone e altrettanto cauta lo aprì.
Quando poi fu fuori, nelle scale, si premurò di non farlo sbattere.
 
Si sedette a terra, giocando col telefono, finché dei passi affrettati che risuonavano nell’ingresso e provenivano dalle scale del palazzo la informarono dell’arrivo di Davide.
Preparandosi le battute, si alzò e si mostrò sorridente quando lo vide comparire dall’ultima rampa, senza fiato.
Lui si appoggiò sulle ginocchia, riprendendo fiato.
La bionda, con un sorrisetto, gli si avvicinò.
-Hai fatto presto- commentò.
-Ti ha visto?-
-No. Che tragedia per la mammina scoprire che il caro figliolo ha le ragazzine in casa-
Dopodiché non si trattenne e si mise a ridere, gettando la testa bionda un po’ all’indietro.
-E io che pensavo fosse chissà chi!- rise, indicandolo con un dito divertita –Pensavo fosse la tua ex, o la tua amante, e… e invece è tua madre!-
Davide si strinse corrucciato nelle spalle.
-Beh e allora?- fece.
Lei sorrise, un sorriso che non gli aveva mai visto addosso, e si avvicinò al suo viso.
Con due dita gli pizzicò la guancia, scherzosa.
-Cocco di mamma!- disse, tirandogliela.
Il ragazzo si allontanò, respingendola.
-Ascolta, ci sta preparando la cena. Promettimi una cosa- disse, facendosi serio.
-Dimmi pure-
Si affiancarono davanti al nero portone.
-Prometti che ti comporterai bene e da persona educata. Capito?-
Lei alzò un sopracciglio.
-Vuoi fare bella figura?-
-Guarda che non scherzo. Niente parolacce e niente musi da bambina-
-Io non faccio nessun muso da bambina- ribatté alzando un po’ la voce.
-Prometti?-
-Uff, sì, prometto! Che sarà mai….?-
-Sarà mia madre, e io le voglio bene. Tu alla tua non gliene vuoi?-
Francesca perse di colpo tutta la strafottenza e l’aria compiaciuta che aveva prima, rabbuiandosi.
-Sì, certo- mormorò, distogliendo lo sguardo.
Davide se ne accorse, ma preferì non insistere. Avendo ormai imparato che la ragazzina era peggio di una fiammella in una tanica di benzina, estremamente litigiosa e pronta subito ad infiammarsi, non era saggio farla infervorare quando subito dopo avrebbe dovuto presentarla a sua madre.
Trasse un gran respiro e infilò la chiave nella toppa.
La porta si aprì, e prima che cambiasse idea, lui afferrò il polso della bionda e se la tirò dietro.
-Ciao ma’- esordì.
A Francesca scappò un sorrisetto, ma fu demolito dall’occhiata truce del ragazzo.
La donna spuntò fuori dalla cucina con un bel sorriso.
-Appena in tempo, è quasi pronto!- disse, poi i suoi occhi andarono a posarsi interrogativi sulla ragazzina che stava alle spalle del figlio.
-Lei è una mia amica, e stasera ho pensato che poteva mangiare qui. I suoi sono fuori casa-
La madre del ragazzo rimediò subito alla sorpresa, rivolgendole un sorriso gentile.
-Certo, come no! Meno male che avevo comprato più pasta, allora!-
Poi tornò in cucina.
Lui sospirò, infilandosi le mani in tasca e sedendosi sul divano. Lei si avvicinò, incerta e gli rivolse uno sguardo.
Davide la guardò compiaciuto, e con il capo le indicò la cucina.
-Vai- le sussurrò.
Gli occhi celesti della bionda si strinsero e scosse il capo.
-Muoviti, dai- ripeté indifferente al suo disagio.
-Come preferite la pasta? Corta o lunga?-
La ragazzina scosse più forte il capo e lui fu costretto ad alzarsi e darle una spintarella.
Una volte comparsa sulla soglia, non poteva tirarsi indietro.
Il ragazzo tornò a sedersi soddisfatto. In un modo o nell’altro, doveva pur prendersi una rivincita.
Francesca sentì su di sé lo sguardo attento della donna, e impacciata balbettò
-è la stessa cosa, per me va bene tutto-
Sospirò e fu costretta a sedersi ad uno sgabello, simile a quelli che c’erano nel bar dove lavorava Davide, sotto gli occhi verde-nocciola della donna.
Non aveva idea di cosa dire e non sopportava quel silenzio che regnava, rotto dal rumore delle pentole e del vapore.
D’un tratto la signora aprì un barattolo di vetro contenente del sugo, e il profumo di questo si irradiò inevitabilmente nelle narici della ragazza.
Si dirizzò a sedere composta, osservando il sugo colare nella pentola.
-Cos’è che fa un odore così buono?- domandò senza accorgersene.
-è il sugo di peperoni con insieme melanzane tagliate a quadretti e prezzemolo- spiegò la donna, finendo di versarlo tutto.
-Sembra buonissimo- commentò, ispirando ancora una volta quel buonissimo odore che proveniva dal barattolo.
-Ti ringrazio- la donna accese il fuoco –l’ho fatto io-
Stupita e incuriosita sinceramente, la bionda si sporse per osservare tutte le fasi di cottura di quel pranzo fantastico, coordinato dalle esperte mani della donna. Chissà quante volte l’aveva fatto.
Aveva sempre desiderato imparare a cucinare qualcosa. Ma purtroppo, chi poteva farle da insegnante? Damiano?
Anche se ne avesse avuto la voglia non ci sarebbe stato certo il tempo, e poi lei non avrebbe mai accettato di farsi aiutare da chi si spacciava per suo padre.
Con la sua amica avevano solo provato a fare una torta, e fra risate e dosi sbagliate quello che ne era uscito fuori non era proprio meritevole di un premio alla cucina.
-Mi passi la pasta per favore?- domandò gentile la signora, indicando le buste posate sul tavolo.
La ragazzina scivolò giù dallo sgabello e andò a cercare fra le buste. Prese in mano le scatole contenenti gli spaghetti e li porse alla signora. La sua attenzione fu poi catturata da un busta lucida e piccola poggiata sul tavolo.
Sbirciò senza farsi notare il titolo e senza volerlo, come se ne fosse attirata da una calamita, lo sfilò via dalla busta.
Sbalordita, guardò il libro, lo girò e ne lesse la citazione sul retro.
Era un libro di medicina, più precisamente trattava un unico e ampio argomento.
La gravidanza.
La donna si accorse che lo stava fissando interessata e disse
-Quel libro me l’ha chiesto una mia amica-
Francesca sobbalzò e divenne tutta rossa d’un colpo. Allontanò la mano dal libro come se avesse preso la scossa.
-Che poi, chissà a che gli servirà mai…- proseguì lei.
La bionda tossicchiò un poco, per schiarirsi la gola.
-Puoi leggerlo, se vuoi-
Aveva colto nel segno.
La ragazzina abbassò lo sguardo imbarazzata, balbettando
-No, è che…… mi sembrava che ce l’avesse anche mia madre quel libro-
-Non mi stupirebbe. Ma avevo intenzione di lasciarlo qui-
Lei alzò gli occhi azzurri sulla donna che la guardava come se avesse perfettamente intuito il suo pensiero.
-Puoi prendertelo, tanto a me non serve più- concluse.
-Davvero?- domandò incredula la bionda.
-Davvero. Alla mia amica ne darò un altro, anzi è meglio comprarglielo nuovo. Avrebbe dovuto essere un regalo, ma con questa crisi è meglio risparmiare su tutto. In ogni caso, puoi prenderlo se ti va-
Francesca fece scivolare le mani attorno alla copertina rossa del libro, studiandolo.
-Grazie-
Davide era comparso sulla soglia, incredulo dopo aver ascoltato quello scambio di battute.
Due ore dopo la signora oltrepassò il portone salutando il figlio e la ragazza bionda. In quelle due ore Francesca aveva imparato che Davide quando era piccolo voleva fare il poliziotto, che la sua sorellina aveva la stessa età di lei, che non bisognava esagerare con il prezzemolo e che era un vero peccato che lui lavorasse in un bar dopo cinque anni di studio.
Era stata infilata a forza nei pettegolezzi di famiglia per poi scoprire che un loro lontano parente abitava in Australia, che l’appartamento posseduto dal ragazzo era stato lasciato in eredità dallo zio, e che per scegliere l’arredamento si erano fatti aiutare dalla sorella.
-Tua sorella ha davvero molto buon gusto- commentò lei, andando verso la camera da letto.
Lui non rispose, ma la seguì; arrivato davanti alla porta si arrestò e la chiuse, dato che probabilmente si stava cambiando.
Gli venne in mente una cosa.
-Ti è piaciuta mia madre?-
-Sì, tantissimo- rispose lei, la voce soffocata dalla porta che era chiusa.
-E la tua, quando me la fai conoscere?-
Non ottenne nessuna risposta; chiedendo il permesso, e ottenendolo, entrò nella stanza con già il pigiama addosso.
La ragazza si sedette sul bordo del letto a fianco delle tende, senza dargli lo sguardo.
Davide si infilò sotto le coperte.
-Allora?-
-Allora che?-
-Me la farai conoscere tua madre?- incalzò.
Francesca non voleva guardarlo negli occhi perché era certa che se lo avesse fatto si sarebbe in qualche modo tradita. Ed era l’ultima cosa che voleva.
-Non fare domande cretine- disse, girandosi sotto le coperte dalla sua parte.
Incrociò il suo sguardo perplesso.
-Tua madre non sa nemmeno chi è il padre del suo nipotino?- provò a sorridere.
Ma fu un errore, un grossissimo errore.
La bionda inarcò entrambe le sopracciglia e sibilò
-Tu non devi provare ad entrare nella mia vita. Non sono affari che ti riguardano-
Detto questo si voltò dall’altra parte, scontrosa. Serrò le palpebre, determinata a prendere sonno.
Un’ultima cosa le rimase sulla lingua e non tardò a gettarla fuori.
-E poi non sarebbe felice del padre. Uno sfigato che si fa preparare la cena dalla madre- sogghignò perfida, certa di avergli fatto male.
Così fu, perché il ragazzo si rabbuiò; anche lui si girò dall’altra parte, imbronciato e chiuse gli occhi.
-Stro**a- disse al nulla, quando ormai lei si era addormentata.
 
Francesca seguiva senza interesse l’interrogazione noiosa del suo compagno di classe, ignara di quello che stava avvenendo alle sue spalle.
Arianna era alta, coi capelli scuri e abbastanza grossa, come corporatura, ed in quel momento aveva in mano un foglietto.
La sua penna, a righe verdi e bianche, scorreva sulla carta con una scrittura rotonda e pulita.
Appena ebbe finito, attenta a non farsi vedere, lanciò la carta sul banco che aveva davanti.
La bionda, con la testa rintronata e posata inerte sulle braccia, sdraiata sul banco come se con la forza dell’immaginazione quello si potesse trasformare in un letto, non colse subito che era destinata a lei.
In realtà vide la cartuccia che era piovuta sul suo banco, ma non si diede pena di aprirla.
La ragazza del banco dietro, notandolo, le diede una pizzicata al fianco che la fece star dritta.
-Che c’è?- bisbigliò assonnata.
L’altra indicò la carta.
Francesca tornò alla sua posizione pigra e prese fra le mani la carta, dispiegandola sul banco.
Lesse le parole che erano impresse sul biglietto.
“è vero che aspetti un bambino?”.
Non appena l’ebbe letto, si accigliò preoccupata e l’ansia iniziò a farsi sentire.
Cosa ne sapeva lei di quello? Chi gliel’aveva detto?
Subito lo sguardo le andò verso la sua compagna, Paola, che stava scarabocchiando sul diario; era l’unica alla quale avesse confidato quel suo segreto intimo e personale.
Socchiuse gli occhi, come quando era arrabbiata, ma preferì esserne sicura.
Scrisse la risposta.
“Non dire cavolate” e rimandò indietro il biglietto.
In attesa di una risposta che le rivelasse chi era la traditrice, spostò lo sguardo a destra. La fila di banchi era occupata da quattro ragazzi che annoiati giocavano ai cellulari o guardavano filmati compromettenti di nascosto dai professori, e due ragazze che chiacchieravano sottovoce.
D’un tratto una di loro ricambiò il suo sguardo e le fece un gran sorriso. Il che non era un buon auspicio, no, per niente.
Il bigliettino tornò alla bionda con la risposta di Arianna.
“Guarda che non c’è niente di cui vergognarsi”.
La storia era ormai chiara; se lei si azzardava a fare queste considerazioni, non era semplicemente un pettegolezzo detto per parlare male, ma era qualcosa che avevano potuto confermare. Ma brave, sparlate di me, eh?, pensò, infiammandosi.
“Ma chi ti ha detto una sciocchezza simile?”.
Lo rimandò, facendolo passare sotto il banco, alla bruna.
Era preoccupata della risposta; l’unica che poteva confermare che aspettasse un bimbo era solo ed esclusivamente Paola, ma Francesca non voleva credere che dopo tutti quegli anni di amicizia lei avrebbe potuto diffamarla così.
La risposta non si fece attendere.
“Elena giura che ti ha visto con un ragazzo più grande, che vivi a casa sua, e che ci stai perché aspetti un bambino!”. La bionda impallidì, anzi, si fece rossa di rabbia.
Come giustamente aveva pensato, non poteva esser stata Paola. No, era lei, la stupida pettegola.
Si voltò a destra a guardare la ragazza che prima le aveva fatto un gran sorriso; quando i loro sguardi si incrociarono nuovamente lei rifece lo stesso sorriso finto che le aveva rivolto l’altra prima.
Gliel’avrebbe fatta pagare, oh sì.
In quel momento, a metà della sesta ora, il cellulare le vibrò. Lo estrasse e nascondendolo sotto il banco lesse il messaggio che le era arrivato.
“Non posso tornare a casa a pranzo. Ti ho lasciato la copia delle chiavi sotto lo zerbino, e anche se non ci vai prendile lo stesso”.
Bene, grazie sfigato, si disse in mente.
“Ok” digitò, e lo infilò nuovamente in tasca.
Stette a riflettere mentre la professoressa spiegava qualcosa di non definito, ma certamente con delle proprietà soporifere incredibili.
Certa che non avrebbe passato guai, si sporse a destra.
-Ele?- la chiamò.
La ragazza si voltò, sorpresa.
-Che?-
-Ti va di venire a mangiare a casa mia dopo?-
L’altra fece una faccia incredula, ma annuì convinta.
-Magari ci trovo quel figo di tuo padre- sorrise.
-No, lui non c’è. Non c’è nessuno-
Ritornò alla sua posizione appena in tempo per non venire sgridata, e congiunse le mani.
Sul volto le scappò un ghigno cattivo, e soddisfatta si morse il labbro.
Un’ora dopo, le due ragazze, zaino in spalla e aria affamata, salirono le scale del palazzo. Francesca sperò tanto che il ragazzo non avesse deciso all’ultimo momento di tornare, perché anche se era sua intenzione farle un piacere, l’avrebbe solo intralciata.
Arrivate all’ultimo piano, dove c’erano solo due appartamenti, la bionda si chinò a terra, scostando lo zerbino, e trovò il mazzo di chiavi di riserva.
Lo prese, facendolo tintinnare, e nel frattempo inviò un messaggio.
“Ho trovato le chiavi”.
Nel frattempo aprì la porta, spalancando alla vista dell’altra quel bell’appartamento.
Veronica avanzò a bocca aperta, guardandosi intorno beandosi dei bei colori esotici che aveva la casa.
-Bellissima! Ma sul serio vivi qua?-
La bionda chiuse forte il portone, e sentì la tasca vibrare.
Si tolse il giubbino, gettandolo sul divano e lo lesse.
“Se hai fame c’è l’insalata di riso”.
Stupita, si precipitò in cucina e vide davvero una ciotola grande ricoperta da una pellicola. Però… conveniva vivere con uno sfigato, si disse.
Veronica la seguì nella cucina, e insieme si mangiarono più che una bella metà di quella insalata. Francesca continuava a fissare l’altra, come se volesse coglierla in flagrante.
Parlarono del più e del meno, finché non si fecero le quattro ed Elena non si rese conto che era ora di andarsene. Mentre si abbottonava il giubbino, Francesca strinse gli occhi e si decise.
-Cosa andrai a raccontare ora?-
-Come scusa?- domandò l’altra, perplessa.
-Oltre al fatto che sono incinta, dirai che vivo in casa da sola e che pago l’affitto prostituendomi?-
Elena la fissò stranita, e tentò un sorriso per sdrammatizzare, ma non rispose. Come per Davide la notte scorsa, quello fu un errore anche per lei perché la bionda andò fuori dai gangheri.
-Perché hai detto ad Arianna che aspetto un bambino?-
-Io? Ma che dici?-
-Dico, dico! E che sarebbe questa storia che mi hai visto con un ragazzo più grande?-
Elena incrociò le braccia, inarcando un sopracciglio.
-Non so di che tu stia parlando e se è uno scherzo è di pessimo gusto-
Questo funse da demolitore per l’ultima briciola di calma che aveva la bionda. Subito le afferrò un polso e lo tirò in alto.
-Lo so che ti fai il mio ex, cosa credi?- disse rabbiosa.
-E allora? Che, è vietato?-
-No, non è vietato. Ma non mi va che tu vada a dire in giro ca**ate su di me, capito?-
L’altra cercò di divincolarsi ma la presa della bionda era troppo forte.
-E poi non sono manco bugie! Me l’ha detto Bruno che vi siete lasciati perché aspetti un bambino!-
D’un colpo lei le lasciò il polso. Ecco da dove proveniva tutto. Era stato quella sottospecie di animale a cominciare il giro.
Rifletté rapida, e poi sorrise cattiva.
-Se tu vai in giro a dire tutto questo, io dirò a Manuela che sei stata tu a farla lasciare col suo ragazzo-
-Manuela è la mia migliore amica, non ti crederà mai!-
-Ma io ho le prove, ho la foto tua e di Daniele che vi baciate. Ma ce l’hai di vizio, di farti i ragazzi delle altre?-
Stettero a squadrarsi per un po’, in silenzio, poi si sentì la serratura scattare.
Davide comparve sulla soglia e si fermò a metà strada, notando le due ragazze.
-Ciao- disse la bionda per rompere il silenzio.
Il ragazzo spostò interrogativo lo sguardo sull’altra, che fissatolo per un attimo lo superò.
-Sei proprio una pu**na- sibilò all’indirizzo della bionda, sibilo che venne ricambiato a voce molto più amplificata.
-Ti ho avvisato, io! Poi non piangere!- le gridò dietro.
Così dicendo chiuse la porta e vi si appoggiò.
Davide la guardò, agitando una mano come a dire ‘ma che fai?’.
-Scusa, mi spieghi?-
-No, fatti miei-
-Chi era quella?-
-Una mia amica-
-Non dirmi bugie, ho sentito come vi siete salutate- lui incrociò le braccia e si mise davanti a lei.
-D’accordo, è una str***a-
Siccome stava per aggiungere altro, Francesca lo scansò con una mano e andò verso il salotto.
-Oh, senti non ti impicciare!-
Il ragazzo la guardò andare via senza una spiegazione, poi scosse la testa, stufo.
-Tu sei tutta matta, io ci rinuncio- disse, facendosi sentire.




Grazie alle persone che leggono, che hanno inserito la storia nei preferiti e a tutti quelli che hanno recensito: Jiuliet, Devilgirl89, vero15star, FeFeRoNZa, OOgloOO. Grazie.
  
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