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Autore: sissi149    08/03/2016    5 recensioni
Nel Principato di Yomiuri Land, a prima vista, tutto scorre tranquillamente, senza grossi problemi. In realtà il Principe Legittimo è partito da più di un anno per un viaggio senza meta, seguendo uno strano individuo che un giorno si era presentato al castello. Il compito di governare è affidato al fratello e al fedele Sovrintendente, ma il primo è da qualche tempo colpito da misteriosi malori.
Nella foresta, invece, si sta formando un gruppo agguerrito di Ribelli, deciso a porre fine ad alcune crudeli decisioni dell'ultimo periodo prese dalla casa reale.
Tra gli schieramenti trovano posto anche la serva del Signore del Caos e la devota alla Dea dell'Armonia. In più, un tradimento è dietro l'angolo...
[I personaggi sono più di quelli indicati nello specchietto, dove il massimo è 5]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Koshi Kanda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Poemi di Yomiuri Land'
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Mamoru Izawa si riteneva un buon soldato e un discreto Vice Capitano: era alto, robusto, forte, intelligente e coraggioso, ma come tutti aveva delle debolezze. La sua erano le belle donne.

Da quando era arrivato alla Cittadella, era sempre stato un affezionato cliente del Sakura, nonostante il Capitano Wakabayashi non ritenesse onorevole per un soldato frequentare quel genere di locali, ma finché ciò avveniva al di fuori dei turni di servizio non poteva opporsi. Ultimamente Mamoru vi si recava con maggiore assiduità, per tentare di dimenticare almeno per qualche istante i problemi della Caserma e ciò che la Guardia stava diventando sotto la guida del nuovo sovrano. Anche se non aveva partecipato alla missione del giorno precedente, i nuovi elementi del Gruppo Speciale, non avevano lesinato nel vantarsi delle proprie gesta, facendogli venire il voltastomaco e attirandosi sempre più l'antipatia di coloro che erano diventati soldati perché credevano nella missione.

Almeno di notte il Vice Capitano voleva essere sereno e il modo migliore che conosceva era quello di cogliere i fiori del noto locale, nella parte media della Cittadella. Il suo preferito in assoluto si chiamava Natsumi: una donna dai lunghi capelli biondi e ondulati, il volto angelico e due occhi di un blu profondo, per non parlare delle curve, tutte al loro posto.

Quella sera era riuscito ad averla per sé: in una stanza al secondo piano, le loro risate e i loro sospiri si rincorrevano, mentre i loro corpi si strusciavano tra le lenzuola.

Mamoru rotolò sulla schiena:

“Natsumi, sei fantastica.”

“Tutto quello che il mio signore desidera.”

La prostituta gli sorrise e, facendo perno su un gomito, cominciò a giocherellare con i suoi capelli corvini, attorcigliandoseli intorno alle dita.

“Adulatrice!” Sbuffò l'uomo, ben consapevole di quale reale valore potessero avere le parole della ragazza. Tuttavia affondò una mano nella chioma color oro, constatandone la morbidezza.

“E tu sei un gran ruffiano, ma è per questo che sei il mio cliente preferito. - Ridacchiò – Anche se nell'ultimo periodo è arrivato qualcuno che potrebbe batterti.”

Punto sul vivo, con uno scatto Izawa ribaltò le posizioni, trovandosi sopra Natsumi e guardandola maliziosamente negli occhi:

“Dici sul serio? Vedremo se dopo stanotte la penserai ancora così.”

Cominciò a baciarla ardentemente sulla bocca, sul viso, sul collo, sulla fronte, su ogni centimetro di pelle che trovava libero e la prostituta lo assecondava accarezzandolo lievemente sulle braccia, provocandogli dei piccoli brividi.

Improvvisamente Mamoru sentì della confusione provenire dalla strada e si fermò in ascolto: riconobbe la voce di Rika Ozawa, meglio nota come Milady, la proprietaria del bordello.

“Mi dispiace, ma per stasera le ragazze sono già tutte impegnate. Forse più tardi le troverete libere: se volete aspettare potete rifocillarvi a piano terra, abbiamo dell'ottimo stufato.”

“Non hai capito, donna! Io voglio subito una ragazza!”

Anche la voce dell'uomo sembrava famigliare, spiacevolmente famigliare: il Vice Capitano si alzò e si avvicinò alla finestra, sporgendosi quel poco che bastava per avere una buona visuale.

“Non è possibile.” Replicò Rika, appoggiando le mani sui fianchi.

“Mamoru, che succede?” Chiese Natsumi, sollevandosi.

“Shh.” Le fece segno di fare silenzio e tornò a concentrarsi su quanto avveniva.

“Allora sarai direttamente tu a soddisfarmi!”

Così dicendo Louis Napleon si avventò sulla donna, tentando di ottenere un bacio a forza. Milady si dimenò, cercando di liberarsi dalla presa dell'uomo e gridando con voce fiera:

“Levami le mani di dosso, animale! - riuscì a liberare una mano e a tirargli uno schiaffò al volto, con tutta la potenza che fu in grado usare – Vattene! Le mie ragazze non sono per gente come te!”

Fu come gettare olio sul fuoco. Napoleon scattò furioso, immobilizzandola e cominciando a strapparle il vestito, partendo dalle maniche e scoprendole una spalla.

Mamoru aveva visto fin troppo: frettolosamente cercò pantaloni, camicia e spada, sparsi per la stanza, per poi fiondarsi verso la porta, lasciando la prostituta che era con lui a bocca aperta.

In strada lo straniero aveva quasi completato la sua opera di svestimento: solo un misero brandello di sottoveste copriva ancora Rika, la quale non aveva smesso per un istante di tentare di opporre resistenza, gridando e scalciando, ma l'uomo era troppo forte e robusto per lei, e nessuno sembrava intenzionato a venire in suo soccorso, finché una voce risuonò nell'oscurità:

“Lasciala stare, o dovrai vedertela con me!”

Stupito per l'interruzione, Louis mollò la presa e si voltò in direzione del nuovo venuto: si trattava di un uomo di una certa età, piuttosto distinto, quasi di sicuro un nobile della parte alta della città.

“E tu chi saresti, bell'imbusto?” Domandò sprezzante.

“Impara a portare rispetto, ragazzo, soprattutto alle donne.”

L'uomo indicò Milady, che nel frattempo si era portata vicino all'uscio e osservava raggomitolata a terra.

“Non hai risposto alla mia domanda, vecchio! E poi non ho bisogno che nessuno mi dica quello che devo fare.” Si passò una mano nel ciuffo biondo.

“Sono Lord Fujisawa e sta pur sicuro che domani il Capitano della Guardia riceverà un esposto da parte mia.”

Il soldato sputò ai piedi del nobile, con sommo disprezzo.

“Io me ne frego dei tuoi esposti e del Capitano. Ora lasciami riprendere quello che hai interrotto.”

Così dicendo si voltò e si preparò ad avventarsi nuovamente su Rika.

“Allora non ci siamo capiti. – il Lord aveva sfoderato la spada – Lascia stare quella donna!”

Napoleon si voltò di scatto, afferrando la sua arma e incrociandola con Fujisawa in duello: entrambi sapevano combattere bene, ma il nobile era svantaggiato dalla mancanza di allenamento e dall'età.

Milady aveva gli occhi sbarrati per il terrore e quando sentì dei passi dietro di sé sussultò. Fortunatamente si trattava di Mamoru, arrivato trafelato e mezzo svestito.

“Milady, state bene?”

“Non sono ferita, se è questo che intendete.”

Il Vice Capitano l'aiutò ad alzarsi, poi si tolse la camicia e gliela mise sulle spalle, facendola rientrare nella sala del Sakura: aveva lanciato un rapido sguardo al combattimento e per il momento il Lord se la cavava bene. Avrebbe lasciato al sicuro la donna e poi l'avrebbe raggiunto.

Tornò in strada e si trovò davanti uno spettacolo molto diverso da quello che si era aspettato: Napoleon era stato raggiunto da Soda e in due avevano atterrato senza problemi Lord Fujisawa ed ora lo stavano prendendo a calci come fosse un sacco di patate.

“Questo è per esserti messo in mezzo, vecchio!” Imprecò Louis.

“Siete... solo... due... pezzenti... attaccare... un... uomo... alle... spalle...” Fu tutto ciò che il nobile riuscì a dire, prima di perdere i sensi. I due Sicari risero sprezzanti e continuarono la loro opera.

Mamoru non ci vide più dalla rabbia, avrebbe voluto fracassare la testa a entrambi, ma si costrinse a mantenere un minimo di lucidità: era sempre il Vice Capitano della Guardia.

“Fermatevi! - Urlò – Lasciate stare quell'uomo!”

Makoto si fermò ad osservarlo, con un sopracciglio inarcato, per poi scoppiare a ridere:

“Ma chi abbiamo qui? Il prode Izawa! Vuoi immischiarti anche tu in affari che non ti riguardano?”

“Ti ricordo che sono un tuo superiore!”

“Io prendo ordini solo dal Reggente, saputello!”

Si scambiarono un'occhiata di sfida e di puro odio, mentre Mamoru ribatteva:

“Non penso che Kanda approvi che i suoi uomini picchino uno dei più influenti membri della nobiltà.”

“Hey – intervenne Napoleon – è stato lui ad aggredire noi!”

“Balle! Ho visto tutta la scena, so come è andata. Il Capitano e il Sovrintendente saranno informati.”

Mamoru sorrise compiaciuto, convinto di aver incastrato i due.

“Coraggio, vai pure a lamentarti da chi è più grande di te. - lo canzonò Soda – E comunque sia questo qua ora viene con noi in prigione.”

Makoto sollevò il corpo privo di sensi del Lord e se lo caricò in spalla, seguito da Napoleon che salutò sprezzante il loro interlocutore:

“Ci vediamo in Caserma, Vice Capitano.” Sottolineò ironicamente il titolo di Izawa, come a dimostrare quanto poco contasse per loro: i due Sicari avevano un solo padrone e a lui soltanto avrebbero obbedito.

Mamoru era talmente furioso da avviarsi verso la Caserma, dimenticandosi di recuperare il resto del suo abbigliamento, procedendo per i vicoli a piedi nudi, indossando solo i pantaloni.

 

 

 

 

Era prima mattina e Kanda si aggirava nervoso per la Sala del Trono: poteva scommettere tutto quello che aveva che presto Wakabayashi sarebbe venuto a fargli rapporto su quanto avvenuto quella notte, sicuramente quell'Izawa l'aveva informato dei fatti al Sakura. Era mai possibile che Makoto non riuscisse a divertirsi senza scatenare una rissa? Non che la cosa gli dispiacesse, anzi, e ora che aveva il potere assoluto poteva porre rimedio alle bravate del Sicario molto più facilmente, ma queste lo distoglievano dal suo obiettivo principale.

Un servitore annunciò l'arrivo del Capitano e il Reggente si preparò alla battaglia: già da come lo vide entrare fu sicuro che Wakabayashi non avrebbe ceduto troppo facilmente in quest'occasione.

“Capitano.” Lo salutò.

“Reggente.” Genzo si inchinò, rispettando le formalità e aspettando il permesso per rialzarsi.

“Immagino vogliate parlare degli incresciosi fatti si stanotte.”

“Vedo che siete già stato informato.” Ribatté il Capitano, avvicinandosi e scrutandolo, per capire quale fosse la presa di posizione del Reggente e quali effettivamente fossero le informazioni in suo possesso: Soda e Napoleon avrebbero sicuramente raccontato una versione a loro favorevole.

“Purtroppo è una cosa disdicevole, su cui non posso assolutamente soprassedere, la punizione sarà esemplare.”

Genzo restò per un istante stupito: forse il suo giudizio su Kanda era stato affrettato?

“Non si è mai sentito che un nobile attaccasse due uomini, per di più due membri della Guardia Reale, senza motivo. È una cosa gravissima, per questo ho deciso che Lord Fujisawa sia giustiziato al tramonto.”

Wakabayashi restò senza fiato, come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco: nemmeno nei suoi presentimenti più terribili si sarebbe mai immaginato che il Reggente volesse risolvere la situazione con un'esecuzione.

“Veramente le mie informazioni sono diverse. - riuscì infine a dire – Il mio Vice era presente e mi ha detto che il Lord è intervenuto per difendere una donna aggredita da Napoleon.”

Kanda, che si era aspettato una simile obiezione, era pronto a ribattere. Lentamente si avvicinò al trono intarsiato e si sedette.

“Ditemi: voi vi fidereste di più di due soldati leali, che mi hanno più volte dimostrato fedeltà, o di un uomo che frequenta bordelli e di una prostituta. Io non avrei dubbi in proposito.”

Genzo arretrò di un passo: non riteneva onorevole per un uomo ottenere 'l'amore' di una donna col denaro, il suo stesso codice morale gli impediva di difendere a spada tratta l'operato di Mamoru.

“Sono d'accordo con voi sul fatto che Izawa potrebbe procurarsi altri passatempi, tuttavia è sempre stato un servitore fedele della famiglia Reale, con uno stato di servizio ineccepibile. Io mi fido di lui.”

“E io mi fido di Soda e Napoleon – Kanda iniziava a scaldarsi e a muoversi inquieto, come se il sedile del trono scottasse – È la parola di due uomini contro uno, mi pare che la maggioranza vinca.”

“Si potrebbe metterli tutti e tre a confronto.”

Il Reggente agitò una mano, con fare scocciato.

“Sarebbe una perdita di tempo. La mia decisione è già stata presa e un messo si è già recato dalla famiglia di Lord Fujisawa a comunicarla: ormai è irrevocabile.”

Genzo si rese conto di non avere molte speranze, tentò di giocare l'ultimo argomento che aveva a disposizione:

“Decidere della morte di un uomo è una grossa responsabilità, che andrebbe presa con più calma. Siete il Sovrano, potete disporre di tutto il tempo che riterrete opportuno.”

“Dite bene: io sono il Sovrano e se dico che ho riflettuto a sufficienza così è.”

“Ma potreste pentirvene domani!” Con foga si avvicinò ai gradini alla base del trono.

“Basta! - Kanda si alzò in piedi, furente – Non un'altra parola Wakabayashi o sarò costretto a pensare che vi riteniate migliore di me nel mio ruolo e questo sarebbe tradimento!”

Il Capitano dovette trattenersi dal ribattere: per la piega che aveva preso la situazione una parola in più avrebbe potuto fare in modo che quella sera venisse giustiziato pure lui. Con somma riluttanza si inchinò e proferì le sue scuse:

“Perdonatemi, non so cosa mi sia preso.”

Il Reggente sospirò.

“Per questa volta chiuderò un occhio, ma sappiate che vi terrò sotto controllo Wakabayashi. Ora andate.”

Rimasto solo si risedette scompostamente, portandosi le mani alle tempie e massaggiandosele, ma la tranquillità durò poco: Matsuyama chiedeva udienza. Kanda imprecò sottovoce: sembrava che nessuno fosse intenzionato ad avvallare la sua decisione, Kumi stessa gli aveva detto che la riteneva una mossa azzardata, ma a lui piaceva rischiare, era stato fin troppo prudente fino ad ora.

Il Sacerdote venne introdotto alla sua presenza dallo stesso servitore che aveva accompagnato il Capitano.

"Mio signore. - Hikaru si inchinò - Che la pace della Dea sia con voi."

Il Reggente si alzò infastidito:

"Risparmiatemi i convenevoli Matsuyama, so perché siete qui. Non ho intenzione di mutare avviso: Lord Fujisawa sarà condannato a morte."

"Non è mia presunzione avere il potere di farvi cambiare idea. - rispose il Sacerdote. Aveva incontrato Wakabayashi mentre saliva alla Fortezza ed era conscio che se nemmeno il Capitano della Guardia Reale aveva avuto successo, lui non aveva speranze. - Ho solo una piccola grazia da chiedervi."

Kanda si fermò stupito, non si era aspettato che Matsuyama non si opponesse alla condanna a morte dello zio.

"Parlate." Lo invitò curioso.

"Vorrei solo poter avere la possibilità di parlare un'ultima volta con mio zio, prima che la sua sentenza venga eseguita. - deglutì, pensando anche a Yoshiko e a quanto stesse soffrendo in quel momento - Per capire perché ha compiuto ciò di cui è accusato." Si inchinò sempre più profondamente, fino quasi a toccare le ricche lastre decorate del pavimento.

A Hikaru gli istanti di silenzio che seguirono sembrarono eterni.

"Sapete che non è possibile: per legge i condannati a morte sono rinchiusi in isolamento. È troppo pericoloso fargli incontrare qualcuno."

"Lo so, ma vi supplico. Sono un uomo di fede, non un uomo d'azione, non potrei mai aiutare un prigioniero a fuggire."

"Nemmeno se questo è un vostro parente?"

Il Sacerdote dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non cadere nella trappola tesagli dall'uomo dinnanzi a lui.

"Ve lo chiedo come favore personale."

"E sarete accontentato. - Lady Sugimoto apparve da una porta nascosta dietro al trono, che consentiva l'accesso a una piccola stanza segreta: uno dei tanti rifugi che la Fortezza possedeva come sua difesa – Koshi non può negare a voi questo favore. Credo di sapere quanto un uomo devoto e pio come voi abbia bisogno di capire come una persona così vicina a sé abbia potuto commettere un simile crimine."

La donna si avvicinò al Reggente, cingendolo per la vita, mentre questo la guardava dubbioso, senza parole per la seconda volta nel giro di poco. Alla fine cedette al suo sguardo penetrante:

“E sia. - si sciolse da Kumi e si spostò al tavolo, scrivendo un permesso speciale e completandolo con la sua firma e il suo sigillo – Consegnatelo a Jito quando arriverete alle segrete, darò ordine che vi accompagnino.”

Con un gesto lo congedò. Hikaru afferrò la pergamena e si inchinò nuovamente.

“Miei signori, grazie di tutto.” Si voltò e uscì dalla sala, rimettendosi il cappuccio.

Quando fu sicuro di essere rimasti soli, Kanda sbottò:

“Si può sapere perché hai voluto che gli concedessi il permesso, per Gamo?”

Lady Sugimoto lo raggiunse e, sollevandosi sulle punte, gli depositò un bacio sulla nuca.

“È molto semplice: non eri tenuto dalla tua carica a esaudirlo, ma in questo modo il Sacerdote ora è in debito con te, se mai avrai bisogno tu di un favore da lui, non potrà negartelo.”

Continuò a baciarlo, spostandosi nell'incavo del collo. L'uomo si voltò e l'afferrò per la vita.

“Kumi Sugimoto, sei la degna seguace del Signore del Caos.”

“Avevi qualche dubbio?” Sorrise maliziosa

“Ora, se i disturbatori hanno finito di accorrere, direi che potremmo ritirarci nella mia stanza. Ho bisogno di una distrazione: gestire Wakabayashi diventa ogni giorno più difficile.”

 

 

 

 

Hikaru fu condotto nei sotterranei della Fortezza, dove erano situate le segrete in cui alloggiavano i prigionieri per breve tempo, in attesa che venisse stabilito il loro destino: il trasferimento alla prigione Hirado oppure la condanna alla pena capitale. Per questo motivo erano spesso deserte, solitamente dopo una notte si procedeva al trasferimento, mentre le condanne a morte, sotto il regno degli Ozora, erano assai scarse.

I corridoi erano bui e non troppo larghi, con la pietra della muratura lasciata a vista e non livellata, né sulle pareti né sul pavimento, per rendere difficoltoso qualsiasi tentativo di fuga, obbligando chiunque li percorresse alla massima cautela.

“Altolà!” La voce di Jito, custode delle segrete e giustiziere reale, tuonò possente. “L'accesso alle celle è vietato a chiunque non sia il Reggente.”

Matsuyama avanzò, porgendo la pergamena col sigillo.

“Il nostro signore mi ha concesso di far visita al prigioniero.”

Il custode, riconoscendolo, diede solo una distratta occhiata al permesso.

“Sacerdote Matsuyama, prego, da questa parte. - lo condusse alla seconda cella alla sua sinistra, ma prima di farlo entrare ebbe una piccola esitazione – Mi dispiace per vostro zio, ritengo che la sua condanna sia troppo pesante e ingiusta. Io non vorrei dover...”

Con un gesto della mano Hikaru lo interruppe:

“Voi eseguite gli ordini e compite il vostro dovere.” Dire quella frase gli costò uno sforzo sovrumano, tuttavia sapeva che il carceriere era l'ultimo responsabile di quello che era successo, in fondo era solo il braccio al servizio di Kanda.

Jito annuì.

“Ecco, avete tutto il tempo che volete. Quando avrete terminato, battete sulla porta e vi aprirò.”

Così dicendo, richiuse la pesante porta di legno di quercia alle spalle di Matsuyama. Questo, spostò la torcia, cercando con lo sguardo il parente e tentando al contempo di abituarsi all'oscurità ancora più profonda.

La cella era il posto più umido che il Sacerdote avesse mai visitato, forse perché era costruita proprio sopra una falda acquifera, mentre le piccole feritoie scavate nel legno dell'ingresso offrivano un ricambio d'aria appena sufficiente: era chiaro quanto quegli ambienti non fossero progettati per un lungo soggiorno.

Lord Fujisawa era rintanato in un angolo, avvolto in una coperta sporca. Quando sentì entrare qualcuno alzò il volto, stupito, rivelando un grosso livido sulla guancia destra e un taglio sotto l'occhio sinistro: Soda e Napoleon non si erano trattenuti.

“Hikaru, cosa ci fai qui?”

“Zio! Come stai?”

L'uomo fece una smorfia:

“Come vuoi che stia? Sarai anche un grande oratore durante i tuoi discorsi nei riti, ma a volte ti perdi in un nulla.”

Il Sacerdote arrossì leggermente, togliendosi il cappuccio.

“Sono riuscito a ottenere un permesso per vederti, di più non sono riuscito a fare. Nemmeno il Capitano Wakabayashi ha potuto convincere il Reggente a rivedere la sua posizione.”

“E cosa ti aspettavi? Guarda fino a che punto è caduto in basso questo Regno! - La voce del prigioniero era carica di amarezza – Nella Guardia Reale vengono assunti uomini volgari senza alcun rispetto per le donne o altro, e la loro parola vale molto più di quella di chi ha servito per anni fedelmente la Famiglia Reale.”

Lord Fujisawa aveva lavorato per anni come contabile alla Fortezza, guadagnandosi la stima del vecchio Principe, finché non aveva deciso ritirarsi per dedicarsi alla sua famiglia. Impotente aveva assistito alla dipartita degli anziani sovrani, all'ascesa al trono del Principe Tsubasa, alla scelta di Kanda come suo uomo di fiducia e tutti i fatti dell'ultimo anno. La corte si riempiva sempre più persone malevole, ma i Principi, per diversi motivi, parevano non accorgersene: uno era partito per le terre oltre confine e l'altro era stato troppo occupato, secondo i pettegolezzi delle cameriere, da una misteriosa malattia, quella che poi l'aveva ucciso.

“Zio, mi dispiace, ma forse non avresti dovuto esporti a tal punto...”

“E lasciare che quel Napoleon mettesse le mani addosso a una donna? Giammai! Pensa se ci fosse stata Yoshiko al suo posto!”

Un brivido corse lungo tutta la schiena di Hikaru: non avrebbe potuto sopportare che qualcuno facesse del male a sua cugina, perfino lui in quel caso sarebbe venuto meno ai suoi voti di non violenza.

“A proposito di mia figlia, come sta?”

“La verità? Distrutta. Da quando abbiamo ricevuto la notizia non ha smesso di piangere. Per questo zio, tu devi salvarti!”

“E come?”

“Sostituisciti a me, indossa le mie vesti ed esci al mio posto, così...”

“No!”

Il Lord balzò in piedi deciso, sfruttando tutta l'energia che gli rimaneva dopo il pestaggio e la nottata di prigionia senza cibo.

“Non potrei mai permettere che mio nipote si sacrifichi al mio posto. Poi, una volta fuori non potrei fare altro che nascondermi, vivere braccato. In questo modo Yoshiko perderebbe le due persone più importanti per lei.”

Il Sacerdote abbassò il capo, non aveva pensato bene a tutti i dettagli, aveva agito d'impulso, spinto dalla volontà di salvare il parente, senza riflettere sulle conseguenze. Lo zio gli si avvicinò e lo guardò dritto negli occhi:

“Hikaru, devi promettermi una cosa molto importante: prenditi cura di Yoshiko, assicurati che abbia tutto ciò di cui necessita e che possa tornare a essere felice un giorno.”

“È naturale che lo farò, è la mia famiglia!”

“Non di sangue.”

Matsuyama restò sorpreso, sgranò gli occhi e scosse il capo:

“Non capisco...”

Lord Fujisawa sospirò, cercando le parole adatte per spiegare la situazione al nipote:

“Yoshiko non è figlia mia e di tua zia, noi l'abbiamo trovata abbandonata e l'abbiamo cresciuta come se fosse nostra. Lei per ora non sa nulla: Kyoko ed io eravamo d'accordo di rivelarle tutto quando avesse compiuto vent'anni.”

Yoshiko ne aveva diciannove, presto sarebbe venuta a conoscenza di tutto, ma sarebbe dovuto essere Hikaru a spiegarle. Questo era rimasto di sasso, immobile, muto, così il prigioniero poté continuare:

“Vai a casa mia, attento a non farti seguire dai soldati, anche se credo l'abbiano già messa a soqquadro. Sotto la cenere del camino è nascosta l'apertura di un piccolo vano segreto. All'interno c'è una scatola, in cui è custodita una mia lettera per Yoshiko: l'ho scritta dopo la morte di tua zia, per essere sicuro di poterle dire la verità nel caso fossi morto anch'io. Quando verrà il momento gliela farai leggere.”

L'uomo si accasciò a terra, esausto.

“Hikaru, ti prego, promettimi che farai tutto questo.”

Il cervello di Matsuyama lavorava febbrilmente, nonostante lo shock della notizia: Yoshiko non era sua parente e questo cambiava decisamente il loro rapporto. Con lei era sempre stato molto complice, adducendo come motivazione il fatto che fosse il loro legame di sangue a renderli così uniti, eppure adesso sapeva che non ne avevano. Aveva paura che quella notizia avrebbe potuto cambiare i loro rapporti, fargli perdere la loro confidenza: con un'estranea avrebbe dovuto mostrarsi molto più distaccato, certi atteggiamenti tra loro gli erano permessi in quanto cugini. Avrebbe dovuto trattarla come una qualsiasi altra ragazza, ma allo stesso tempo, dovendo mantenere il segreto ancora per un po', non doveva darlo troppo a vedere.

Finalmente rispose allo zio:

“Io te lo giuro, chiamo la Dea a testimone: Yoshiko sarà al sicuro con me e quando compirà vent'anni saprà la verità.”

“Ora posso morire in pace.”

I due uomini si abbracciarono, commossi entrambi, consapevoli che non si sarebbero più rivisti come mortali, un giorno forse nella casa eterna di Machiko si sarebbero rincontrati.

Prima di andarsene il Sacerdote impose sulla fronte di Lord Fujisawa la benedizione della Dea: per quanto avesse aggredito un membro della Guardia Reale, il suo gesto era stato compiuto per difendere una donna e sarebbe stato sicuramente perdonato dalla divinità.

 

 

 

 

 

Genzo se ne stava pensieroso nel suo studio, alla scrivania rotonda, con le mani intrecciate e il mento appoggiato sopra.

Davanti a sé aveva una pergamena in cui aveva tracciato con la sua calligrafia decisa e leggermente spigolosa le sue dimissioni: dopo il trattamento ricevuto da Kanda nell'ultima visita a palazzo, aveva perso completamente l'interesse per il suo lavoro, ormai gli sembrava di subire un'umiliazione continua da parte del Reggente. Poco gli importava se il suo posto fosse stato dato a quel cafone di Soda, che qualunque cosa facesse aveva sempre e comunque l'approvazione di Kanda, quasi fosse stato lui il Capitano!

Gli dispiaceva solo lasciare i ragazzi fedeli, che come lui appartenevano alla Guardia per senso d'onore e non per la passione per le carneficine. Anche sua sorella lo appoggiava: con poche e semplici parole gli aveva detto che se dimettersi era quello che veramente voleva, avrebbe dovuto farlo senza esitazioni. Ma era veramente ciò che desiderava?

Qualcuno bussò alla porta, facendolo scattare spazientito:

“Che c'è?”

Yuzo Morisaki fece capolino lentamente, parlando sommessamente:

“Chiedo scusa signore, ma il Cavaliere Mikami desidera parlarvi.”

“Va bene, fallo entrare.”

Wakabayashi si alzò, per accogliere il suo vecchio maestro e predecessore: Cavaliere era il titolo che spettava ai Capitani dopo aver lasciato con onore il loro posto nella Guardia. Anche se ormai era una tradizione, quando un Capitano si dimetteva, Genzo si rese amaramente conto che non sarebbe stato il suo caso.

“Genzo! Ragazzo mio!”

“Cavaliere, Accomodatevi. Gradite qualcosa da bere?”

“Mi piacerebbe un po' del caro e vecchio Shutetsu.”

“Morisaki.” Con un gesto il Capitano diede l'ordine al giovane.

I due uomini si sedettero, uno di fronte all'altro, separati dalla scrivania e dai mucchi di rapporti pronti per essere letti da Genzo.

“Cavaliere, a cosa devo l'onore della vostra visita?”

Mikami rispose diretto, senza giri di parole, come quando addestrava i futuri soldati.

“Volevo vedere come te la stai cavando: passare da un sovrano all'altro non è mai facile.”

Wakabayashi sospirò, pensando però che l'uomo potesse essere l'unico in grado di dargli un consiglio.

“Effettivamente ci sono delle difficoltà con il Reggente: i Principi mi lasciavano molta libertà di agire e rispettavano le loro competenze in rapporto alle mie, ma Kanda no.”

Il suo interlocutore sorrise comprensivo:

“Ogni uomo che sale al governo ha una personalità diversa, un buon Capitano deve capire questo per instaurare un buon clima di collaborazione.”

“Con l'attuale sovrano è impossibile!” Genzo incrociò le braccia la petto, allontanandosi anche dalla superficie del tavolo, come a rifiutare di trattare su quel punto.

Il Cavaliere scosse la testa, quasi ridacchiando, ricordando come il suo pupillo fosse sempre stato cocciuto e in certi casi poco diplomatico.

Yuzo entrò nuovamente e silenziosamente depositò due calici fumanti di liquore, per poi lasciarli soli.

Nell'afferrare la sua bevanda, Mikami gettò un occhio sulla pergamena con le dimissioni di Genzo.

“E queste cosa sarebbero?” Tuonò sbattendo un pugno sulla superficie di rovere.

“Esattamente quello che sono. - Rispose di rimando Wakabayashi, alzando la voce – Non intendo farmi umiliare un istante in più dal Reggente.”

“Devo ricordarti che gli hai giurato fedeltà? - l'uomo si era alzato e guardava il suo ex-allievo con disprezzo – Genzo Wakabayashi, sei forse un bambino che al primo sgarbo si ritira in un angolo a frignare?”

Il Capitano si sentì punto sul vivo, colpito nell'orgoglio, ancora peggio di quando era costretto a sottostare ai dispotici comandi di Kanda. Si alzò di scatto per ribattere all'accusa:

“Tu non sai come il Sovrano si comporta: non ha la minima fiducia nei miei giudizi e costringe la Guardia a eseguire ordini orribili. Sai che ha condannato a morte Lord Fujisawa? Il Lord è forse l'uomo più onorevole della Cittadella, non merita un simile trattamento.”

“Non è tuo compito giudicare il tuo signore: un Capitano esegue gli ordini che gli vengono impartiti, per quanto gli possano sembrare sbagliati, il Sovrano potrebbe avere in mente un piano più grande, una visione d'insieme che non è tenuto a comunicare. Per quanto riguarda la fiducia, devi guadagnartela sul campo! Se hai questa considerazione di lui, non stento a credere che Kanda non si fidi di te.”

Genzo ricadde sulla sedia, sconfitto. Aveva ancora della forza per replicare, ma sapeva che il vecchio maestro avrebbe facilmente smontato ogni suo argomento.

“Il mio compito è vegliare sul Sovrano e proteggere la popolazione.”

“Vale lo stesso anche per il Reggente. Comunque, se vuoi ritirarti la scelta è tua, sappi però che mi hai molto deluso. O forse sono io a essere stato deludente, mi sembra di non averti insegnato nulla. Buona giornata.”

Così dicendo voltò le spalle e se ne andò, sparendo nel corridoio.

Genzo ascoltò il rumore dei suoi passi sul marmo farsi sempre più attutito, finché non sparì del tutto. Si prese la testa tra le mani: ma che stava facendo? Si stava davvero comportando come un bambino? O forse quello era proprio lo scopo di Kanda, umiliarlo a tal punto da fargli decidere di andarsene di sua spontanea volontà, senza un motivo apparente se non i loro dissidi, coprendosi così di disonore. Se quello era il suo gioco, non gliel'avrebbe data vinta e, soprattutto, non poteva permettere che quella feccia degli ultimi arrivati si comportasse come più gli pareva in qualsiasi momento, erano pur sempre membri della Guardia, sotto la sua autorità e vincolati al regolamento interno.

Afferrò la pergamena e la strappò in pezzi più piccoli possibile, gettandoli sul pavimento: Genzo Wakabayashi era e sarebbe rimasto Capitano della Guardia Reale, fedele ai suoi giuramenti.


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Ed ecco che Kanda ed i suoi uomini continuano a comportarsi come gli pare e piace.
Ora assistiamo anche ad un colpo di scena per quanto riguarda Hikaru e Yoshiko. Ciò mi ha portato anche a riflettere sul fatto che, siccome ho cambiato le età dei vari personaggi in funzione della trama, forse è meglio che vi fornisca uno schema riassuntivo sulle età, per i pg principli ;)

Più o meno la base è pensata per far avere ai nostri eroi attorno ai 24/26 anni, con qualche variazione:
Tsubasa 26
Jun 25
Kojiro 25
Yayoi 24
Genzo 29 (è in un ruolo di comando importante, raggiunto tramite addestramento e valore dimostrato sul campo, deve essere    più maturo degli altr)
Mamoru 25 (è uno dei Vice Capitani più giovani che la Guardia abbia avuto. Spesso quando i Capitani sono stati eletti molto giovani hanno avuto dei Vice più anziani di loro che fungevano anche da consiglieri)
Hikaru 28 (discorso simile a Genzo, è la guida spirituale della Cittadella, non può avere 20 anni)
Yoshiko 19 (lei ho dovuto ringiovanirla molto)
Kanda 31
Kumi la sua età non è conosciuta, le Streghe Nere, grazie alla loro magia oscura, sono in grado di celare la loro vera età.
Gli altri Ribelli tutti intorno ai 23/25 anni.


Ps: chiedo scusa se non ho ancora risposto alle recensioni al capitolo precedente, lo farò appena possibile. ;)
 
  
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