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Autore: Nykyo    08/03/2016    2 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IX. La furia di un’amica

 

«Cosa è successo? Cosa gli hai fatto?» Lydia non aveva dubbi sul fatto che lo stato pietoso in cui era ridotto Stiles fosse colpa di Laura.

Aveva sperato che le cose tra di loro stessero iniziando a girare per il verso giusto. Se l’era augurato per il bene di entrambi. Per quello di Stiles, prima di tutto, e per quello di Laura più di quanto quest’ultima immaginasse. Ciononostante Lydia doveva ammettere di non essere sorpresa. Aveva troppa esperienza di prima mano su quanto complicato potesse essere interagire con gli Hale, vivi o morti che fossero. Inoltre il motivo per cui era corsa da Stiles – e ringraziava il cielo di aver trovato le chiavi di scorta là dove tempo addietro Stiles le aveva confessato di tenerle – era che, nel bel mezzo di una doccia che avrebbe dovuto essere lunga e rilassante, si era sentita invadere da una sensazione di malessere fortissima. Ci aveva messo un attimo a capire che quell’impressione di disagio si sarebbe potuta definire “di provenienza fantasmatica”. Lydia si era messa in ascolto e non aveva avvertito nulla, finché lo scroscio dell’acqua non le era parso cambiare di tono, modulandosi come una specie di canto. Le era bastato giocare un paio di volte con la manopola che regolava il flusso per cogliere un nome inframmezzato ai gorgoglii più abituali. Quel nome, ovviamente, era stato Laura.

Lydia aveva chiuso l’acqua, giurato a se stessa che finalmente si sarebbe decisa a utilizzare solo la vasca, perché era incredibile il numero di cose orribili o anche solo inquietanti che le capitavano sotto il getto della doccia, e poi si era vestita in fretta e furia, scapicollandosi fuori casa con i capelli ancora quasi tutti bagnati.

Non che a Laura Hale potesse succedere qualcosa di male, visto che era già morta da tempo. Il problema era che se lei emanava disperazione al punto che Lydia riusciva a sentirla da casa, Stiles poteva essere in pericolo. Ecco quello che Lydia si era detta, e purtroppo aveva avuto ragione.

Non era affatto felice e non era disposta a credere che Laura fosse innocente, soltanto perché al momento pareva sinceramente affranta. I suoi trascorsi con Peter le avevano insegnato che avere accanto il fantasma di un Hale, a voler essere eufemistici, portava solo rogne e, di sicuro, non era un toccasana per la salute mentale di nessuno.

In ogni caso, Stiles era più importante delle spiegazioni, quindi Lydia gli si inginocchiò accanto, prendendolo saldamente per le braccia e parlandogli in tono più deciso che rassicurante. «Stiles, sono qui. È finita. Mi vedi? Respira.»

Erano secoli che Stiles non aveva un attacco di panico e Lydia, pur avendo assistito ad almeno un paio di crisi, non ne ricordava uno così brutto dai tempi in cui era stata testimone involontaria per la prima volta. Provò una fitta d’ansia al pensiero che potesse essere accaduto qualcosa allo Sceriffo e si tranquillizzò unicamente al pensiero che, se così fosse stato, lei in quanto Banshee avrebbe dovuto saperlo. Laura Hale era comunque nei guai, se quello che stava succedendo era colpa sua. Oh, era in guai grossi come un palazzo!

Lydia si voltò a fissarla una volta sola. La vide angosciata e turbata da fare spavento. Non riuscì a provare compassione come le era successo tutte le altre volte in cui si erano confrontate. Anzi, si convinse ancora di più che la situazione fosse degenerata a causa sua.

«Sparisci!» le sibilò contro, in un sussurro che, però, non dubitava sarebbe stato udito. «So che non ti puoi allontanare più di tanto, ma non voglio vederti finché non ti chiamo o non vengo a cercarti. Via. Ora!»

Si era aspettata qualche protesta, invece Laura obbedì all’istante e si dileguò attraverso un muro, fuori dalla visuale, per quel che i suoi limiti come Tramite le consentivano.

Lydia aveva un milione di domande da porle. Beh, avrebbero dovuto aspettare. Prima doveva occuparsi di Stiles, e siccome escludeva di baciarlo di nuovo e avrebbe preferito non dovergli dare uno schiaffo, doveva riuscire a farsi ascoltare.

Armata di tutta la pazienza che possedeva, fece scorrere le mani lungo le sue braccia come in una carezza, fino a che non riuscì a fargliele distendere e non poté prenderlo per mano. Scartò l’idea di porgli domande, perché era evidente che lui stava provando a parlare ma riusciva a tirar fuori solo sillabe spezzate e singhiozzi, che avrebbero ferito le orecchie di chiunque li avesse ascoltati.

«Stiles? Stiles ci sono, ok? Laura è andata via per ora. Ci sono qui io. Guardami. Stiles, guarda me, su… guardami.»

Stiles sbatté le palpebre e mugolò qualcosa di incomprensibile. Forse il suo nome. Sembrava che finalmente la stesse vedendo sul serio.

Lydia aveva voglia di andare da Laura e prenderla a ceffoni, o almeno strillarle contro fino a seppellirla sotto una valanga di insulti, invece fece un cenno di assenso perché Stiles vedesse che era calma e pronta ad aiutarlo. Lui rabbrividì e lei si sforzò di sorridergli incoraggiante. «Avanti. Respira. Con me, Stiles, su… va bene, sono qui.»

Dopo un lungo istante gli appoggiò la fronte sulla fronte, certa che gli avrebbe fatto bene sentirla tanto vicina, e poi intrecciò le dita con le sue. «Forza, Stiles, l’abbiamo già fatto insieme, no? Lo sai che possiamo. Respira con me…»

Per la prima volta lui le rispose. «No… non… non ci riesco…»

Ansimava ancora più forte e le stava stringendo le mani con troppa foga. Lydia ignorò il dolore – comunque sopportabilissimo – e tornò ad annuire.

Si sentiva furente, ma sapeva che, anche se non era Stiles l’oggetto della sua collera, non era il caso di mostrarlo.

«Sono qui» ripeté con un tono di sicurezza granitica. «Lo facciamo insieme, Stiles, sei con me. Non ho fretta, ok? Lo so che puoi farcela, non vado da nessuna parte. Resto con te per tutto il tempo che serve.»

Le parve che ci volesse un’eternità prima che il respiro di Stiles tornasse all’incirca nella norma e quando successe lui l’abbracciò d’impeto, con così tanta veemenza che quasi rotolarono sul pavimento.

Stiles non piangeva spesso in pubblico, anche se era successo che lo facesse davanti a lei in più di un’occasione. Ogni volta Stiles si sentiva un po’ meno degno di considerazione e di stima. Lydia lo sapeva e trovava che fosse una cosa stupida, perché invece in quegli attimi di vulnerabilità il suo attaccamento si faceva solamente più feroce. Una notte, dopo una brutta emergenza, lei e Stiles ne avevano parlato. «Sul serio, quando piango sono un disastro, una vergogna, l’antitesi della virilità» aveva concluso lui, tirando su con il naso. «Frigno come un bambino. Se fossi una donna sarei una di quelle a cui cola tutto il rimmel. Sembrerei Meg Ryan in quella commedia a Parigi che ti piace tanto».

Era vero, in effetti. Stiles, quando si lasciava andare, piangeva in singulti incontrollati e spesso rumorosi, e si asciugava occhi e naso in una maniera poco elegante che lo faceva sembrare un mocciosetto dell’asilo. Il che non toglieva che fosse coraggioso e che non si arrendesse mai. Nemmeno in quei momenti smetteva di lottare contro se stesso. Era disarmante e non aveva proprio nulla di cui vergognarsi.

Lydia gli voleva bene da così tanto tempo, ormai, che si era scordata che c’era stata un’epoca in cui non erano stati amici. Non era certa che Stiles tenesse a lei tanto quanto teneva a Scott, ma per quel che la riguardava lui era il suo migliore amico, era insostituibile e chiunque si permettesse di ridurlo in quello stato l’avrebbe pagata cara.

Così, mentre lui si calmava, lei macinava idee di vendetta. Non che volesse infliggere a Laura del male fisico – anche se si chiedeva se avrebbe potuto, visto che era in grado di toccarla – però di sicuro non gliel’avrebbe fatta passare liscia, quale che fosse il motivo per cui Stiles aveva avuto quell’attacco da record.

Lydia avrebbe potuto chiedergli spiegazioni, ma si astenne. Aveva paura che fargli domande l’avrebbe rimandato nel panico. Stava a Stiles parlargliene, non appena se la fosse sentita. Lei si limitò ad abbracciarlo di rimando finché non fu lui a svincolarsi.

Si guardarono negli occhi e Stiles accartocciò le labbra in una smorfia, passandosi una mano tra i capelli e, chiaramente, ricacciando indietro le lacrime.

«Grazie» disse e si diede un piccolo pugno su una coscia. Appariva tanto grato quanto imbarazzato. Non cambiava proprio mai, non c’era verso. Zuccone insicuro.

Lydia gli sorrise con più convinzione di prima e fece spallucce, come a dire che non c’era nulla di cui ringraziarla.

Per una manciata di secondi rimasero in silenzio, poi Stiles smise di torturare la stoffa dei jeans e lasciò andare le ciocche di capelli che aveva continuato compulsivamente a sospingere indietro, senza alcun risultato.

«Va meglio?» chiese Lydia mentre lui soffiava fuori un sospiro lunghissimo. «Te la senti di dirmi cosa è successo?»

Stiles si morse un labbro, tanto da farlo sbiancare. «Sì… no… no, non ancora… scusa…»

Lydia gli prese di nuovo una mano, questa volta stringendola con entrambe le sue e obbligandolo con dolcezza ad aprirla. Gli accarezzò il polso con un dito e inspirò a fondo. «Va bene» disse. «È ok, Stiles. Vuoi che resti qui o te la senti di lasciarmi andare di là a parlare con Laura? Se non vuoi resto, può aspettare, non vado da nessuna parte finché non stai bene.»

Stiles tentò di offrirle un sorriso tirato. «Sto bene, ora.»

Lydia non gli credeva, anche se il peggio era sicuramente passato. Fu sul punto di obbiettare e all’ultimo secondo si trattenne.

Se Stiles diceva che poteva andare, doveva fidarsi di lui. In fondo non sarebbe stata che nella stanza accanto. Non voleva che una cosa del genere accadesse mai più e per potersene accertare doveva prima scoprire cosa era successo. Stiles non se la sentiva ancora di parlarne, quindi toccava a Laura. Inoltre Laura meritava davvero una bella lezione.

«Vuoi che chiami Scott e gli dica di venire?» Conosceva già la risposta e sapeva che sarebbe stata negativa, anche se, per quel che la riguardava, le sarebbe stata più tranquilla con Scott nei paraggi.

«Ok» disse in risposta al diniego di Stiles. Gli fece un’ultima carezza lungo un braccio e gli dedicò un ulteriore sorriso di incoraggiamento. «Sarò di là, se ti serve qualcosa devi solo chiamarmi.» Poi si alzò e si preparò mentalmente per una resa dei conti.

 

 

 

Raramente Laura aveva visto qualcuno così furibondo.

Non era abituata a starsene in un angolo a capo chino. Neppure da ragazzina aveva mai ricevuto quel tipo di sfuriata. Suo padre era sempre stato incline a lasciare che fosse la moglie a impartire un certo tipo di disciplina, forse perché lei era stata anche l’Alpha del branco, e Talia aveva sempre adottato un metodo basato più su un certo tipo di dialogo che sullo strillare addosso ai figli.

Lydia, invece, quasi a voler tenere fede alla sua natura di Banshee, le aveva gridato in faccia eccome.

Il suo tono era stato furente e minaccioso fin dal principio, ma gli strilli erano iniziati non appena Laura aveva tirato fuori la parola possessione ed erano aumentati quando aveva spiegato a grandi linee cosa era successo con Derek. Lydia si era placata giusto per il tempo necessario a lasciare che lei finisse di parlare e poi aveva ricominciato a strigliarla a dovere.

L’aveva investita con una litania di «Sei impazzita?» e «Cosa ti è saltato in mente?», condita di ammonizioni a non azzardarsi mai più a sfiorare Stiles nemmeno con un dito. Poi in apparenza si era calmata del tutto.

Quel cambiamento era stato più inquietante delle urla. Laura aveva intuito subito che era il prodromo di un discorso che non le sarebbe piaciuto affatto e che l’avrebbe fatta sentire ancora più in colpa e ancora più uno schifo.

In silenzio, aveva ascoltato mentre Lydia le raccontava di un campo di detenzione che era diventato un manicomio e di una Kitsune che era stata accecata dal desiderio di vendetta e aveva evocato un demone raccapricciante. Poi Lydia aveva riabbassato la voce e le aveva detto cosa era successo quando quello stesso demone si era liberato e aveva posseduto Stiles, usandolo per seminare il caos. Le aveva spiegato come il branco si era coalizzato per sconfiggerlo, Derek compreso, e come alla fine, nonostante il demone fosse stato imprigionato di nuovo, due di loro non ce l’avevano fatta.

I suoi occhi erano diventati lucidi, specialmente nel parlarle della morte della sua migliore amica, ma, pur con le labbra che tremavano, Lydia era stata netta nell’accusarla. «Ti rendi conto, ora, di quanto è grave quello che hai fatto?»

La domanda, ovviamente, era stata retorica.

Laura aveva deglutito a vuoto e le erano mancate le parole per rispondere. Lei e Lydia erano rimaste in silenzio e si stavano ancora fissando.

A parte tutto il resto, Laura iniziava a comprendere quante cose aveva creduto di sapere e invece ignorava del tutto. E chissà quanto si era sbagliata su ciò che aveva dato per scontato di conoscere eccome. Il pensiero di una Argent che moriva per difendere il branco, suo fratello compreso, tanto per cominciare, la lasciava sbalordita. Gli Argent erano… sembrava impossibile…

Laura, nonostante lo stupore, ci credeva. Lydia non aveva alcun motivo di mentirle e bastava vedere quanto era turbata per capire che diceva sul serio.

Non c’era da meravigliarsi che Stiles avesse avuto una crisi di panico. Laura non riusciva a capacitarsi di quanto era stata stupida e dell’entità del casino che, senza volerlo, aveva combinato. Sì, Lydia aveva ragione da vendere a essere incazzata a morte con lei. Per Stiles ritrovarsi in balia della Nogitsune doveva essere stato orribile e traumatizzante e vivere un’esperienza similare gli doveva essere parso intollerabile, come l’avverarsi del suo incubo peggiore.

Laura era stata in collera con lui, fin dal giorno dell’evocazione, e non l’aveva di certo preso in simpatia. Insomma, Stiles pareva avere il vizio di disseppellirla sia fisicamente che metaforicamente. Inoltre l’aveva trascinata in una situazione a dir poco scomoda. Laura era costretta a stargli appiccicata tutto il giorno. Per di più, Stiles le aveva impedito di vedere Derek e, di conseguenza, lei l’aveva maltrattato senza grossi rimorsi. Gli aveva mentito, l’aveva usato, dicendosi «Chi la fa l’aspetti» e ricordando a se stessa che non aveva alcun obbligo di chiedere il permesso prima di possederlo, visto che lui non le aveva mica domandato l’autorizzazione quando l’aveva evocata.

Le era sempre sembrato di essere dalla parte della ragione e che Stiles fosse interamente da quella del torto, quindi si era messa pochi scrupoli, ma mai, nemmeno per un secondo, aveva desiderato di infliggere a Stiles una tortura tanto pesante.

Lei per prima si portava dentro parecchie cicatrici e, se qualcuno l’avesse costretta a rivivere alcuni dei traumi del passato, l’avrebbe detestato con tutta l’anima. Anche Stiles richiamandola dall’aldilà aveva riaperto vecchie ferite, ok, ma on era la stessa cosa.

Laura aveva agito nella convinzione di doversi occupare del futuro di Derek e che il fine giustificasse i mezzi; ora vedeva come stavano in effetti le cose e non poteva raccontare a se stessa che scioccare Stiles in una maniera così profonda fosse scusabile. Il gioco non sarebbe valso la candela nemmeno se fosse davvero servito per aiutare Derek, Laura stava cominciando a realizzarlo.

Probabilmente avrebbe fatto meglio a non ribattere e a lasciare che Lydia si sfogasse ancora, se ne aveva bisogno. Il buon senso le diceva di tacere. D’altro canto fino a quel momento le era sembrato di comportarsi secondo logica e nel modo più giusto e il risultato era che Derek era andato via con il cuore in pezzi e Stiles era rimasto traumatizzato da quello che avrebbe dovuto essere un gesto poco corretto, ma privo di chissà quali conseguenze.

Adesso a Laura toccava fare i conti con ciò che Derek le aveva rivelato e con il dubbio che quel branco che le era parso sconclusionato ed estraneo al fratello fosse del tutto diverso da come le era sembrato. Doveva cercare di capire come stavano veramente le cose o rischiava di commettere altri errori madornali.

«Non mi ha detto nulla» esordì di slancio, accorgendosi all’istante di aver sbagliato attacco. Era la verità, però, e quindi tanto valeva concludere con la massima sincerità. «Quando è successo la prima volta poteva dirmelo…»

Fu sul punto di aggiungere che in quel frangente Stiles non aveva avuto una crisi di panico, oppure lei si sarebbe ben guardata dall’infliggergli una simile tortura. La frase rimase solo un pensiero perché, mentre la formulava mentalmente, Laura si accorse che non poteva essere certa di ciò che stava per dire. La notte della prima visita di Derek, per quel che ne sapeva, Stiles poteva essere andato nel panico eccome. Magari era lei a non essersene accorta. Non trovandolo nella stanza quando si era ripresa dallo shock aveva dato per scontato che lui stesse bene, che al massimo fosse un po’ imbarazzato. Si era chiusa in bagno e non aveva idea di cosa avesse fatto Stiles nel frattempo. Però era vero che lui nei giorni successivi non aveva mai neppure accennato all’accaduto. L’aveva guardata con una strana luce negli occhi? Con apprensione? Laura non era in grado dare una risposta perché, oltretutto, gli scambi effettivi tra lei e Stiles erano stati pochi. Si erano evitati a vicenda, insomma, anche se, a quanto pareva, per motivi diversi. Questo per quanto riguardava il primo giorno, se non altro. Dopodiché Laura aveva promesso di comportarsi bene e Stiles doveva averle creduto. Dio! Ma sul serio? Si era fidato di lei malgrado tutto? Era stupido o cosa? Come si faceva a essere così ingenui? Eppure Stiles non le era sembrato per nulla un tipo fiducioso. Le aveva dato retta perché lei era la sorella di Derek? Ed era vero quello che Derek aveva implicato riguardo a quanto Stiles teneva a Cora?

Laura non lo sapeva. C’erano troppe cose che aveva dato per scontate e se ripensava ai motivi per cui l’aveva fatto non si sentiva meno in colpa. Solo non capiva. Stiles iniziava a sembrarle un puzzle indecifrabile, anche ora che ci teneva a venirne a capo.

Lydia intanto aveva tutta l’aria di essere sul punto di sputare fuoco come un drago delle favole. Le scagliò addosso un’occhiata rovente e un improperio semi-irripetibile e poi si produsse in un cenno di diniego particolarmente energico.

«Non ricordarmi che è la seconda volta che gli fai del male. Non cominciare.... Se non puoi dire qualcosa di sensato abbi la decenza di stare zitta, ma non pensare di scusarti dando la colpa a lui…» Strinse i denti, prese fiato e a fatica riuscì a ricomporsi senza ricominciare a urlare. «Non so perché Stiles non l’abbia detto a me.» Il tono era più calmo, ma vibrava di indignazione. «Anzi, lo so, lasciamo perdere. Ma dirlo a te? Doveva parlarne con te? Credi che sia una cosa di cui è facile discutere? “Oh, Laura, a proposito, potresti non possedermi mai più? Scusa se te lo chiedo ma l’ultima volta che sono stato sotto possessione c’è scappato il morto”… doveva dirti così? A te? Mentre facevi di tutto per infastidirlo in ogni modo? Non farmi ridere dicendomi che l’avresti ascoltato. Sul serio, non ci provare nemmeno.»

«Non sto…» iniziò a indignarsi Laura, solo per sgonfiarsi all’istante.

Lydia emise uno sbuffo estremamente comunicativo e sdegnato. «Stiles non ha mai parlato apertamente di quello che gli è successo nemmeno con noi. Tranne un paio di volte con tuo fratello, se proprio lo vuoi sapere.»

Laura doveva aver spalancato gli occhi in un’espressione incredula, perché Lydia annuì prima di continuare. «Tuo fratello, sì! Non che poi Derek sia venuto a spifferarmi cosa si sono detti o anche solo a riferirmelo, e Stiles non ha mai fatto altro che accenni, ma ho motivo di pensare che Derek sia il solo con cui ha parlato della Nogitsune. Ti sembra così strano, dopo quello che hanno passato? Oh certo, ti pare normale che Stiles dovesse confidarsi con te, che non solo non l’hai mai voluto ascoltare e sei partita prevenuta nei confronti suo e di tutto il branco, ma l’hai riempito di palle, l’hai sfruttato e l’hai utilizzato come un’arma per fare del male a una persona a cui tiene… una persona a cui tu dici di tenere più che a chiunque altro. Ma è colpa di Stiles che non te ne ha parlato. Voi Hale a volte siete impossibili!»

«Io…» iniziò Laura e, per la seconda volta in meno di un minuto, si accorse che non sapeva come continuare. L’idea di Derek che faceva da confidente a chicchessia le pareva assurda, considerato il suo carattere, o almeno il carattere che lei ricordava. Suo fratello era cambiato così tanto?

Per quanto Laura non si raccapezzasse, doveva ammettere che il discorso di Lydia, a conti fatti, non era privo di logica. Derek aveva subito un sacco di torti dalla vita e sopportato un mucchio di dolore. Se quello che le aveva detto riguardo a Kate Argent e all’incendio era vero, Derek aveva convissuto non solo con il lutto ma anche con il rimorso fin da quando era appena un ragazzino. E se Stiles era stato preda di un demone così come Lydia le aveva raccontato, allora era vero che lui e Derek si assomigliavano e che potevano comprendersi più di quanto Laura avesse immaginato.

Lydia sembrò apprezzare il suo silenzio, leggendoci contrizione, quindi quando parlò di nuovo il suo tono risuonò leggermente addolcito. «Ci sono un sacco di cose che non hai voluto vedere, che non sai e che è ora che tu realizzi.»

Suo malgrado Laura dovette annuire e al diavolo l’orgoglio.

«Non voglio pensare che avresti fatto quello che hai fatto, se avessi saputo cosa era successo a Stiles.» Nell’affermarlo Lydia le mise una mano su una spalla; Laura si sentì sprofondare e non poté fare a meno di pensare che il contatto umano vero e proprio le mancava terribilmente e che, a furia di essere uno stupido fantasma incorporeo, si era scordata cosa fossero calore e compassione. Lydia parve notare il suo turbamento e non spostò la mano, anzi, strinse di più con la punta delle dita.

«Stiles è il mio migliore amico, ne ha passate troppe e, per quanto posso, non lascerò che tu o chiunque altro gli facciate del male. È chiaro? Bene. Spero che finalmente tu sia davvero disposta ad ascoltare e a guardarti intorno.»

Laura annuì e finalmente riuscì a tirar fuori le parole. «Se l’avessi saputo non l’avrei mai fatto. Potete pensare quello che volete di me e immagino che avreste ragione, però non sono un mostro. Volevo solo proteggere mio fratello.»

A Lydia scappò una risatina tra l’amaro e l’ironico. «È buffo» disse, «perché se non fosse per Stiles non avresti nessun fratello da proteggere. Sapessi quante volte gli ha salvato la vita. O quante volte Derek l’ha salvata a lui, se è per questo. Se credi di aver sbagliato solo nel possedere Stiles sei stupida, cosa che mi meraviglierebbe moltissimo. Stiles tiene a Derek, e viceversa. Qualunque sia la tua idea di cosa è bene per Derek, complimenti, sei riuscita a ferirlo tanto quanto hai ferito Stiles, ci puoi scommettere.»

«Stiles parla di Derek come se avesse paura di lui, non come di un amico. Se ha salvato la vita di Derek gliene sarò per sempre grata, ma non è quello che fanno gli alleati? So che avete avuto momenti in cui vi siete dovuti coalizzare…»

«Coalizzare?» Lydia fece una smorfia. «Non hai idea… ho perso il conto di quante ne abbiamo passate insieme, come amici, come branco. Coalizzare... cosa pensi che siamo, un gruppo di strambe creature alleate per convenienza? Che ci copriamo le spalle a vicenda solo quando serve e per il resto non abbiamo rapporti? L’hai sentito anche tu tuo fratello che diceva a Stiles che ogni settimana faccio in modo di controllare come sta. Credi che lo faccia con tutti quelli che conosco solo perché sono una Banshee? Non ti è venuto il dubbio che potrei voler bene a Derek? Che Scott, Stiles e gli altri tengono a lui e che si preoccupano per lui?»

«Non avete nemmeno voluto dirgli che sono qui!» sbottò Laura, per quanto sentisse che Lydia non si stava infervorando tanto senza un motivo e che quel motivo non era solamente il bene di Stiles.

Lydia inspirò a fondo. «Tu perché non gliel’hai detto? Perché ti sei finta Stiles anziché dirgli chi eri?» Non le diede tempo di rispondere. Del resto l’espressione che Laura sapeva di aver dipinta sul viso diceva già tutto. «Per non dargli un dolore inutile, giusto? E allora perché credi che Stiles, invece, abbia una motivazione diversa? Se l’avesse non lo appoggeremo.»

Laura era confusa. Si sentiva bellicosa, eppure doveva ammettere che Lydia probabilmente aveva ragione. Sarebbe rimasta a rimuginare tra sé e sé in silenzio e senza esprimere i suoi dubbi, se non fosse stata tanto testarda. Sapeva di esserlo. Non poteva farne a meno, non quando c’era Derek di mezzo. Dopo l’incendio, la sua ostinazione era stata cruciale quanto il suo amore nel rimettere in piedi il fratello.

«Stiles non ha fatto che ripetere che se Derek lo sapesse gli squarcerebbe la gola con i denti. Cosa avrei dovuto dedurne? Che voleva salvarlo dal crepacuore o che aveva semplicemente paura di lui?»

«Avresti potuto chiedere.» Lydia sollevò ancora di più il mento. «O almeno non dare nulla per scontato, anche se capisco che esserti ritrovata in questa situazione ti abbia resa poco incline al dialogo. A volte dubito che voi Hale sappiate cos’è il dialogo, in effetti. Tutti a parte tuo zio e, fidati, sappiamo entrambe dove possono portare le chiacchiere di uno come lui. Per il resto siete malfidati e prevenuti dal primo all’ultimo, anche se alla fine di norma si riesce a farvi ragionare… non guardami così, ok? Te lo sta dicendo una che vi conosce bene. Lo sai che, per esempio, io ho perdonato Derek anche dopo che Derek ha rischiato di uccidermi perché s’era messo in testa che fossi un Kanima e, nel dubbio, anziché indagare ha preferito ricorrere alle vie di fatto? Mi ha mandato contro i suoi Beta come un boss della mala… non so cosa gli fosse preso, essere un Alpha non faceva proprio per lui…»

Laura doveva aver spalancato gli occhi perché Lydia storse le labbra in un moto sarcastico.

«Ti sembro un Kanima? Ringrazia Dio che non lo sono. Ho perdonato Derek e gli voglio bene, anche se non è facile da avvicinare e per evitare che si imbarazzi mi tocca inventarmi un sacco di scuse ridicole pur di verificare che stia bene, perché è vero, sai? Lo faccio sul serio. Una volta ho previsto la sua morte e da allora… lo so che è una stupidaggine, se fosse in pericolo di vita lo saprei senza nemmeno volerlo, ma è più forte di me, Allison e Aidan erano appena morti, lui ci è andato vicino… sì, preferisco raccontargli che ho bisogno di un libro in prestito e verificare di persona. Il resto del branco si comporta più o meno nello stesso modo. Vogliamo bene a Derek. È uno di noi. Per Scott è un punto di riferimento, quasi un fratello maggiore e Scott te l’avrebbe spiegato, se tu ti fossi presa la briga di ascoltarlo. Se avessi chiesto a lui o a me, o a chiunque altro di noi, Derek ora non sarebbe da qualche parte a deprimersi pensando che non lo consideriamo importante.»

Per Laura quello era un punto particolarmente dolente. Temeva che Lydia non si stesse sbagliando e l’idea bastò a toglierle ogni voglia di ribattere.

Lydia dovette notare quanto era abbattuta e rinnovò il tocco sulla sua spalla.

«Mi dispiace» disse in tono serissimo, «per tutto quello che tu e Derek avete dovuto passare. Immagino quanto possa essere stato difficile e capisco quanto sia difficile ora… essere un fantasma, non poterlo nemmeno abbracciare, non sapere come proteggerlo. Posso capire, anche se alcune cose non le ho vissute sulla mia pelle, ma anche tu devi cercare di comprendere, Laura. Credi sul serio che a Stiles dispiaccia meno che a me? Gli hai mai chiesto che fine ha fatto sua madre o quanto ha sofferto nel perderla? L’hai mai guardato dritto negli occhi da quando sei qui? No, giusto? Provaci. Hai perso i tuoi sensi da lupa, ma è evidente quanto Stiles si sente in colpa per averti intrappolata senza volerlo. È Stiles, accidenti! Se c’è di mezzo qualcuno che ama prova rimorsi per un mucchio di cose, che siano o meno responsabilità sua. Sei la sorella di Derek e Cora, vuoi che non si detesti per la volta in cui lui e Scott ti hanno dissotterrata? Conoscendolo ora come ora deve sentirsi uno schifo anche per quello che hai detto a Derek. All’inizio non andavano molto d’accordo, è vero. Con il tempo però si sono avvicinati sempre di più, perché si assomigliano più di quanto immagini. Stiles starà ammattendo al pensiero che Derek sia convinto che non gliene frega niente di lui.»

Laura sbuffò. Davvero aveva nutrito così tanti pregiudizi, e senza nemmeno accorgersene?

«Se avessi saputo della Nogitsune non avrei mai fatto quello che ho fatto» ripeté, prima di tutto a se stessa. «Non volevo ferire Derek o fare del male a Stiles… non… fargli rivivere una cosa così orribile. Immagino che ora sia spaventato da me, ma ti giuro…»

«Spaventato da te?» La domanda suonò amara e ironica. «Non ci arrivi ancora? Dopo quello che è successo in passato e quello che hai fatto poco fa secondo te Stiles ha avuto una crisi di panico perché gli fai paura? Certo che era terrorizzato. Da se stesso. Dall’idea che potrebbe essere di nuovo usato per fare del male a quelli che ama. E non so dargli torto. Tu l’hai davvero usato per ferire Derek. Non l’avrai ucciso, ma per Stiles non è meno grave. Ho capito le tue motivazioni, Laura, non voglio neppure ipotizzare che tu non fossi in buona fede, eppure, anche a prescindere dalla possessione, non potevi fare una cosa peggiore. Ti consideravo intelligente, anche se testarda, ma se veramente non ci arrivi… se non hai ancora capito fino a che punto Stiles tiene a tuo fratello, forse sei stupida. Magari Stiles non ne parla, nemmeno con noi, però lo hanno capito tutti, tranne te e Derek, che Stiles farebbe qualunque cosa per lui. E il solo motivo per cui Derek non se ne accorge è che è convinto di non meritarselo… ecco, ti si sta accendendo qualche lampadina nel cervello? Hai capito cosa hai combinato, fino a che punto hai mandato tutto al diavolo? Ti prego dimmi che non te lo devo spiegare con un bel disegnino o con un grafico…»

Laura arrossì. Era insensato farlo e quasi sicuramente non le stava accadendo davvero, perché era morta, non possedeva più né un corpo né vasi sanguigni e non poteva ritrovarsi con le gote in fiamme. Ciononostante la sensazione era proprio quella. L’allusione a una possibile cotta di Stiles per suo fratello, ricambiata per altro, le sembrava qualcosa di assurdo. Allo stesso tempo, se ripensava all’espressione che aveva visto sul viso di Derek nemmeno un’ora prima, a quanto si era mostrato preoccupato per Stiles, anche mentre Stiles lo trattava in maniera brusca e odiosa, o al fatto stesso che avesse cercato Stiles e non Scott…

Davvero si era sbagliata fino a quel punto? Derek restava a Beacon Hills non solo perché era realmente affezionato al branco, ma anche perché aveva un debole per Stiles? Se così era l’avrebbe detestata se avesse saputo cosa gli aveva fatto.

Ah, merda! Aveva rovinato proprio tutto? Anche la possibilità che Derek fosse felice accanto alla persona di cui era innamorato? Lydia si sbagliava nel definirla intelligente, era sul serio una stupida di proporzioni astronomiche e non aveva la minima idea di come farsi perdonare e rimettere le cose apposto, sapeva solo che doveva riuscire a farlo. Doveva assolutamente riuscirci o non si sarebbe mai perdonata per aver ferito Derek e – ormai iniziava a comprenderlo – nemmeno per la sofferenza a cui aveva sottoposto Stiles.

Per quanti conti in sospeso potessero restare tra loro, c’erano cose che Stiles non meritava e che lei non aveva avuto alcun diritto di fargli subire.

Lydia aveva ragione. Laura gli doveva ben più che delle stupide scuse.

 

 

 

Stiles non era sordo, aveva sentito Lydia strillare. Era possibile che l’avessero sentita fino in Messico.

Stiles si era sforzato di non ascoltare, immaginando fin troppo bene di cosa lei e Laura avrebbero discusso. Siccome non potevano allontanarsi più di tanto, si erano chiuse in bagno. La parete che lo separava dalla camera da letto non era abbastanza spessa da consentire loro una vera privacy. Non mentre Lydia alzava la voce fin quasi al suo effettivo “livello Banshee”.

Stiles non aveva avuto alcuna voglia di ascoltarla raccontare della Nogitsune, quindi aveva deciso di distrarsi il più possibile. Si era premuto le mani sulle orecchie, concentrandosi sul battito del proprio cuore e si era detto: «Sto bene. È tutto ok, non devo impazzire, era solo Laura, Laura non è un demone, Laura è solo Laura, non è un mostro, non è un nemico, è la sorella di Derek».

Derek, già. Derek che ora doveva essere convinto che lui lo considerasse alla stregua di un’arma da usare in battaglia e poi mettere da parte senza problemi. Derek che aveva avuto uno sguardo terribilmente ferito all’idea che Stiles non avesse capito niente, malgrado a volte negli ultimi tempi avessero parlato del passato e si fossero avvicinati tantissimo. No, forse mettersi a pensare a Derek non era stata la trovata del secolo.

Il cuore di Stiles aveva ripreso a correre troppo in fretta e gli era venuta voglia di piangere e di pestare i pugni come un bambino. Aveva preso fiato, ingoiando il dispiacere e le lacrime e cercando di non cedere di nuovo al panico. Avere un’altra crisi era l’ultima cosa che desiderava.

Era stato mentre, con lentezza, riusciva a calmarsi, che si era accorto che Lydia non stava più gridando. Ora la sua voce era un mormorio indistinto e Stiles si scoprì allarmato. Sapeva quanto Lydia poteva essere spaventosa se era veramente incazzata. A volte la sua era una collera dirompente, altre volte era una furia all’apparenza gelida e controllata. Laura, a quanto pareva, era riuscita a scatenare entrambi i tipi di ira funesta.

Da un lato Stiles non poteva fare a meno di esserne felice. Si sentiva vendicato e, soprattutto, si sentiva amato. Lydia reagiva così per affetto nei suoi confronti, riconfermandogli quanto gli voleva bene. L’affetto era una cosa di cui, in quel momento, Stiles sentiva di avere particolarmente bisogno. Dall’altro lato, però, malgrado tutto era in pensiero per Laura. Forse lei non si meritava nessuna premura e Stiles sapeva essere parecchio rancoroso, ma in quello specifico caso, nonostante tutto, continuava a pensare che lei avesse delle attenuanti. Perciò si alzò in piedi, si diede una sommaria spolverata ai jeans, strinse i denti per cancellare ogni traccia di ansia residua e di lacrime in agguato e raggiunse la porta del bagno. Magari si sbagliava e Laura non aveva bisogno di essere salvata, in ogni caso era meglio verificare di persona la situazione.

Qualunque cosa Lydia avesse detto fino a quel momento c’erano argomenti di cui lui e Laura dovevano per forza discutere senza intermediari, che lo volessero o meno.

Stiles bussò per annunciarsi e poi entrò senza attendere una risposta.

Non si era aspettato che Lydia e Laura se le stessero dando di santa ragione, anche se magari avrebbero potuto, dato che riuscivano a toccarsi. Fu comunque sollevato di non trovarle pronte a tirarsi i capelli o a saltarsi alla gola da un momento all’altro. Lydia aveva un’aria bellicosa e severa, certo, però sembrava anche molto più tranquilla di quando aveva intimato a Laura di sparire e starle alla larga. Laura dal canto suo pareva davvero abbattuta.

Stiles si era immaginato di doverla affrontare di petto, mentre lei si mostrava come sempre spavalda, anche se Lydia doveva avergliene dette di tutti i colori. Sarebbe stato da Laura difendere strenuamente le proprie posizioni, invece al suo ingresso lei parve rimpicciolire.

Era pentimento, quello? Possibile che la stessa Laura che non si era fatta scrupolo a usarlo per dire certe cattiverie a Derek ora si sentisse tanto in colpa da non riuscire quasi a sostenere il suo sguardo? Era spiazzante. Stiles si era preparato ad affrontare una lotta. Era stato pronto a prendersi le proprie responsabilità, ma anche determinato a smetterla di trattare Laura con i guanti di velluto qualunque cosa facesse.

Lui e Laura dovevano trovare una soluzione, andare avanti così non era più sostenibile. Stiles aveva varcato la soglia del bagno deciso a tutto pur di far cessare l’orribile guerriglia che li aveva condotti fino a quel punto. E se per ottenere quel risultato sarebbe stato costretto a tirare fuori ogni singolo brutto ricordo che lo torturava e a mostrarle le proprie cicatrici, ok, ne sarebbe valsa la pena. Non si sarebbe mai più fatto mettere i piedi in testa.

Solo che Laura aveva un’espressione che, se non era proprio disarmante, ci andava decisamente vicina.

«Scusa» disse, tutto d’un fiato e senza dargli tempo di aprire bocca.

Stiles sbatté le palpebre e scosse il capo. Gli pareva di essere finito di botto in una realtà parallela.

«Scusa?» chiese, dandosi del cretino giusto un secondo dopo.

Prima che Laura potesse rispondere Lydia sorrise e annunciò che levava le tende.

«Finalmente mi sembrate in condizioni di avere una vera discussione. Me ne vado a casa, a finire la doccia che ho dovuto interrompere perché le mie tubature sussurravano “Laura Hale”, “Disagio profondo” e “Aiuto” senza un attimo di sosta. Mi merito un vero sciampo e un bel po’ di schiuma profumata. E voi avete un sacco di cose su cui chiarirvi.»

Era verissimo e Stiles non fu l’unico ad annuire.

«Bene» disse Lydia, scoccando un’occhiata a entrambi. «Tu!» aggiunse poi indirizzando un cenno eloquente a Laura. «Immagino che ci siamo capite, e non amo minacciare le persone, specie le sorelle di un amico, ma…»

«Lydia!» Stiles odiò il tono acuto che aveva appena usato. Lydia invece distese le labbra in un sorriso ancora più largo e gli scoccò un bacio sulla guancia che lo colse alla sprovvista. Lydia ne approfittò per attirarlo in un abbraccio. «Guardati» gli soffiò in un orecchio. «Sei la persona più coraggiosa che conosco, Stiles Stilinski, sono fiera di te.» E poi se ne andò, e Stiles non ebbe nemmeno il tempo di controllarsi per non arrossire.

Lui e Laura erano rimasti soli.

Laura sembrava più che mai a disagio. «Scusa» ripeté, con evidente sforzo e con altrettanto evidente contrizione. «Non avevo idea… non… non che questo mi giustifichi…»

Stiles sospirò e andò a sedersi sul bordo della vasca da bagno. Che luogo ridicolo in cui intavolare una discussione seria. Beh, una stanza valeva l’altra, alla fin fine, a patto di riuscire a spiegarsi e di sapere da dove cominciare.

«Ti giustifica il fatto che ti ho intrappolata qui con me» esordì, dopo aver raggranellato ogni singola briciola di calma che gli riusciva di trovare in se stesso e non era molta, visto quello che gli era appena successo. «Non del tutto, anche perché non volevo ed è stato un incidente, ma in parte sì. E credo che… so che non volevi fare del male a Derek, volevi proteggerlo. Questo lo so.»

Stiles fece una pausa per lasciare che i concetti sedimentassero nella mente di Laura e sperò che finalmente lei fosse davvero interessata ad ascoltare.

«Ti chiedo scusa anche io, ok?» proseguì visto che lei non rispondeva. «L’ho già fatto dopo averti evocato, ma va bene, ti chiedo scusa di nuovo, e… quello che è successo… »

«Se lo avessi saputo non avrei mai fatto una cosa del genere» lo interruppe Laura, accorata e con la voce che tradiva fin troppe emozioni. «Non sono un mostro anche se sono stata una stronza fin dal principio. Ero così frustrata e preoccupata per Derek e furiosa… avrei dovuto ascoltarti, fare domande… di solito non sono così ottusa, ma il solo pensiero di mio fratello…»

Stiles la capiva più di quanto lei potesse immaginare, era per quello che non poteva fare altro che perdonarla. Si sentiva ancora tremare le gambe al solo ripensare all’istante in cui l’aveva sentita scivolare dentro di lui e prendere il controllo ed era arrabbiato con lei, l’aveva odiata per tutto il tempo in cui l’aveva posseduto, eppure la comprendeva. Avrebbe dovuto mostrarsi più duro e non ci riusciva.

«Lo so» ripeté. All’improvviso si sentiva assolutamente esausto. Non intendeva mollare e quindi strinse i denti. «Non andrò di nuovo in pezzi come poco fa e non urlerò come ha fatto Lydia e non penso che la colpa sia soltanto tua. Ok? È solo che non possiamo andare avanti come se non fosse successo niente e non intendo più starmene in un angolo e limitarmi a subire perché sono in torto anche io. Derek… ci ha messo secoli a capire quanto io, Scott e gli altri teniamo a lui, a convincersi che poteva avere di nuovo un branco e che non doveva negarselo per via di Kate e dell’incendio. È partito con Cora ed è tornato per noi. È tornato per Scott e… per me, credo, per riportarmi indietro quando mi sono perso in quella specie di incubo giapponese…» Ogni parola gli costava una fatica enorme. «Non mi interessa se vuoi farmi la guerra o se mi consideri un idiota, Laura, mi sta bene, in parte me lo merito. Derek no, però. Lo so che non volevi fargli del male, ma gliene hai fatto ed è come se fossi stato io a ferirlo e non lo sopporto. Mi fa incazzare e se ci penso divento matto.»

Dovette prendere fiato e si chiese se si stava esponendo troppo. Che domanda stupida: certo che sì. In ogni caso era ciò che provava, che lo esprimesse o no ad alta voce. Starsene zitto non avrebbe avuto senso. Come se tacendo potesse evitare di sentirsi mancare il respiro. Tutte le volte che gli tornava in mente il modo in cui Derek l’aveva guardato prima di andarsene avvertiva una fitta sorda dentro il petto. Era patetico.

Laura era angosciata quanto lui. Sembrava sull’orlo di una crisi di nervi.

«Quando mi hai raccontato di Derek non mi hai detto di Kate. Perché? Credevo di conoscere Derek così bene e adesso… quante cose non so ancora? Ho cercato in tutti i modi di stargli accanto quando ero viva. Se me lo avesse detto… cosa pensava che avrei fatto? Che l’avrei cacciato? Sono stata proprio un disastro come sorella e come Alpha, eh? Se ha pensato che non l’avrei perdonato devo essere stata anche peggio di quel che credevo.»

A Stiles venne voglia di toccarla e non poteva. Dio, Laura assomigliava così tanto al fratello. In quel momento più che mai. Nonostante tutto gli era impossibile odiarla o smettere di mettersi nei suoi panni. Non sapeva se era più forte l’impulso di abbracciarla o quello di prenderla a schiaffi.

«Devo spiegarti perché non era giusto che te lo dicessi io?» le chiese. «Forse non dovrei preoccuparmene, ma mi dispiace che tu l’abbia scoperto in questo modo. Mi spiace per te e per Derek… cazzo, Laura! È uno schifo. Sì, la vita è un vero schifo e a quanto pare la morte non è molto meglio. Se ce l’hai con me, con il branco, con l’universo ti capisco, ma non… non lo so qual è la cosa giusta da fare, va bene? Basta che non andiamo avanti così perché al momento Derek mi odia e tu non hai idea di quante notti in bianco ha passato ripensando all’incendio e al fatto che avrebbe dovuto raccontarti la verità e a come te ne eri andata senza che lui potesse proteggerti e dirti addio. Le cose che gli hai detto… non posso essere io quello che gli ha rinfacciato di fregarsene di Cora e della sua famiglia. Non posso. Non lo sopporto.»

Laura sembrava sul punto di piangere, ammesso che i fantasmi potessero farlo. Di sicuro potevano tirare su con il naso perché lei lo fece, rumorosamente. Poi strinse i pugni e deglutì come se stesse mandando giù un gomitolo di filo spinato.

«È come ha detto Lydia, allora.» Non suonò come una domanda. «Derek si è aperto con te fino a questo punto… sono davvero una stupida.»

Stiles non disse niente. Faticava a trovare le parole adatte per risponderle.

«Bene» Laura lo fissò dritto negli occhi. «Sono stupida ma non sono un mostro, e non c’è nessuno al mondo che amo quanto amo Derek, perciò dimmi cosa devo fare per rimediare. Con lui e con te. Qualunque cosa sia, sono disposta a farla.»

Per assurdo che fosse Stiles la vide così determinata che si sentì sollevato. «Non ne ho idea» ammise. «Non ancora. Ci penseremo insieme.» Per la prima volta sentiva di potersi fidare di lei e pregò che non fosse una mera illusione.

«Dio!» sbottò Laura sollevando gli occhi al cielo. «Quanto vorrei avere ancora un corpo. Sarebbe tanto più semplice. O per lo meno potrei prendere a pugni i muri.» La sua frustrazione era evidente e a Stiles dispiacque di nuovo di non poterla toccare. Se avesse potuto avrebbe finito con il confortarla. Gli succedeva sempre così con gli Hale, certe volte aveva voglia di ucciderli, certe altre di stringerli e c’erano occasioni in cui avrebbe volentieri fatto le due cose in rapida successione.

«Troveremo un modo» disse, cercando di convincere prima di tutto se stesso.

Laura fece il gesto di mordersi un labbro e sbuffò troppo sonoramente. «Basta.» Il suo fu un mezzo ringhio. «Per quel che mi riguarda ho già combinato abbastanza cazzate. Deve esserci un modo per rimediare e non ci riuscirò mai finché non saprò come stanno davvero le cose. Mi hai raccontato di Derek, ma non di te o del branco. È colpa mia, avrei dovuto chiedertelo. Te lo chiedo adesso. Per favore. Ti prego. Ho bisogno che tu mi racconti tutto quello che è successo dopo che tu e Scott mi avete disseppellita. Non solo a Derek, anche a te e a Lydia e a tutti gli altri. Se non te la senti posso capirlo, ma ne ho davvero bisogno, Stiles. Per favore.»

Stiles la guardò e per un istante gli sembrò di avere avanti Cora. Ammansita eppure caparbia, Laura sembrava più giovane. Era la prima volta che lo chiamava per nome senza sarcasmo o senza il contorno di un qualche epiteto poco piacevole. E aveva ragione: Stiles non aveva nessuna voglia di rinvangare il passato. Il che non toglieva che l’avrebbe fatto, perché era necessario. Lui e Laura erano partiti con il piede sbagliato e le cose erano degenerate, ora dovevano impegnarsi per rimetterle a posto. Per Derek.

«Ok» accettò. «Ti avviso che ho la tendenza a divagare, a parlare troppo, ad aprire parentesi, a perdermi nei discorsi, quindi forse è meglio che tu sia pronta a interrompermi e ad aiutarmi se mi incasino. Mi incasino sempre quando sono nervoso. Proverò a non perdermi, ma se parto per la tangente fermami e fammi pure domande.»

«Grazie.»  Fu la laconica risposta di Laura.

Per un momento rimasero in silenzio, incerti su come muoversi e in attesa che l’altro facesse il primo passo.

Fu Laura a parlare, un secondo prima che Stiles si facesse prendere dall’impazienza e le rovesciasse addosso una fiumana di parole e di ricordi.

«Grazie» ribadì. «Ti prometto che non te ne pentirai. Lo giuro. Farò davvero qualunque cosa pur di rimediare. Se potessi parlare con Derek gli spiegherei tutto e lo pregherei di restare nel branco. Ho capito che è la cosa giusta per lui. Questa volta sono sincera.»

Solo a quel punto Stiles si accorse di aver stretto troppo forte il bordo della vasca. Doveva essercisi aggrappato per tutto il tempo. Aveva le dita indolenzite. Le aprì e le mosse fino a che quella sensazione spiacevole non fu svanita.

Il panico stava iniziando a recedere sul serio e fu meno doloroso dire ciò che pensava. «Forse dovremmo dire la verità a Derek. Raccontargli che sei qui, che sono stato un idiota e ti ho evocata senza volerlo. Dubito che ne sarà felice e che avrà voglia di perdonarmi… beh, non ha importanza. Forse è giusto che sappia che sei qui. È un suo diritto e prima ero convinto che avrebbe solo sofferto, adesso… voglio che Derek sappia che non ti importa nulla di Kate, che gli vorrai sempre bene, che non hai smesso di volergliene nemmeno per un secondo, neanche dopo la morte. È un cretino, tuo fratello, fargli capire che merita di essere felice è talmente difficile…»

Laura rise, una di quelle risate amare, soffocate dal pianto. «È sempre stato un cretino, sì, su questo vedo che siamo d’accordo.»

«Già» rimarcò Stiles. «Quindi bisogna avere pazienza con lui, giusto? Non bisogna mai smettere di tentare.»

«No» confermò Laura con un mezzo sorriso fragile, ma anche con lo sguardo di una vera combattente. «Mai smettere. Quindi ti ascolto, Stiles. Raccontami, per favore e poi giuro che farò tutto quello che vuoi, qualunque cosa ti sembrerà giusto fare.»

Stiles annuì, si mordicchiò l’interno delle guance e poi inspirò a fondo e incominciò a parlare.

Laura aveva ragione, sì. Con Derek non bisognava mai arrendersi. Per Derek valeva la pena di lottare sino all’ultimo e Stiles non aveva intenzione di gettare la spugna.

 

   
 
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