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Autore: Wasp Brail    08/03/2016    1 recensioni
La storia parla di James e Lily al tempo della prima guerra magica, dopo aver finito la scuola. Sono due persone stanche, oppresse dalla malvagità di tutto quello che hanno vissuto.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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<< Lils >>
Mi spinge da parte, buttandomi di lato, in modo prepotente, conquistatore. Non gli avevo neanche detto che poteva stare li. Pensandoci bene, non gli avevo neanche detto che poteva entrare ma ero troppo stanca e troppo vuota per poter anche solo pensare di affrontare una discussione, oggi. Non ce la potevo fare. L’unica cosa che al momento mi veniva da pensare era che cavolo ci faceva lui a casa mia, nel mio salotto, sdraiato sul mio divano.. aspetta sono scarpe quelle?
Sento l’urlo di rimprovero che mi si inceppa in gola, pronto a uscire, ma rimane li, fiacco, mentre muore in un rantolo. Deve avermi udito perche sposta la testa verso di me, mi guarda fisso con quegli occhi nocciola che io proprio non sopporto, che detesto.
Perché oggi?
Lo fisso anch’io, mentre rimango impalata davanti alla porta di casa, diventata un territorio ostile.
<< che vuoi? >> lo guardo in cagnesco, pronta alla discussione, perché so che è venuto per quello. Il mio corpo si lamenta per lo sforzo, non ho la forza, davvero non ce l’ho.
Ti prego vattene James, vattene, che oggi non ce la faccio a sopportare anche te. Vattene via.
Mi guarda, mentre inarca un sopracciglio, alzandosi dal divano. Non si avvicina, non si muove, sta li, fermo, impalato. Un chiodo.
<< ci ho pensato >> disse, in modo indecifrabile, mentre continua a scrutarmi con quei dannatissimi occhi, che io odio, giuro li odio, perché troppo nocciola, troppo profondi, troppo sinceri, perfino per me. << ci ho pensato seriamente sta volta >>
Sento la rabbia che mi sale, che parte dallo stomaco per espandersi, per invadere ogni fibra. Lo odio, cazzo se lo odio. Era l’ennesima volta che facevamo quella discussione. L’ennesima.
<< sono stanca, non mi va di parlare. Vattene. >> vedo che effetto fanno le mie parole: gli fanno male, si offende, non mi interessa. Deve stare male, deve soffrire così magari se ne va. Non è una strategia vincente, lo so, non è nemmeno intelligente, so anche questo, ma non provo nient’altro che vuoto e stanchezza. La guerra è una brutta cosa, soprattutto se la vivi. Non mi va di pensare a cose troppe profonde, non mi va di pensare a niente oggi. Non mi va di affrontare quel discorso, non lo reggerei.
<< ti dico questo e me ne vado. >>
Lo guardo, in attesa. Circospetta. Mi avvicino a lui, dritta, aspettando l’ennesimo colpo di quella giornata che non sembra voler finire. Ho diciannove anni, dovrei uscire con le amiche, divertirmi, ubriacarmi, sentire le storie buffe che racconta Rosmerta di quella volta (o innumerevoli volte) che è andata a letto con Sirius, andare in accademia, trovare un lavoro. Fare cose così, normali. Eppure.
<< dimmi e poi vai. >>
Mi guarda, un ultimo sguardo, questa volta dritto, intenso. Si avvicina, mi sovrasta. Sarà più alto di me di almeno dieci centimetri ma posso ugualmente sentire il suo odore. È troppo vicino. I nostri nasi si sfiorano. La solita scarica elettrica mi trapassa, sfinendomi.
<< non si può fare, non lo possiamo fare. >>
Un pugno invisibile mi squarcia lo stomaco, potente, veloce, insaziabile. Mi piego, mi affloscio al pavimento, mentre le lacrime sgorgano lente. Le sue braccia, rapide, mi sollevano per non farmi cadere. Sento una rabbia e una frustrazione che non avevo mai provato. Mi scosto, combatto le sue braccia forti.
Gli sto puntando la bacchetta al petto. Mi guarda e un turbinio di emozioni mi sconvolge lo stomaco, ma io cerco di mantenere quella rabbia cieca li dove sta, il mio solo punto di forza, unica fonte di energia.
<< vattene >> è un ringhio << vattene James, perché se no ti uccido. Vattene perché per oggi ho visto troppo, ho sentito troppo, ho vissuto troppo, per una vita intera. E tu al momento sei solo un insulso scarafaggio che cerca di darmi il colpo di grazia. >> sono furente. La rabbia viva, una furia cieca, un odio violento.
Ora mi punta anche lui la bacchetta contro. È furioso anche lui. È uno specchio delle mie emozioni. Ha il viso stanco, tirato, con poche ore di sonno e i suoi occhi dietro gli occhiali sporchi hanno visto tutta la malvagità di questo mondo infame.
<< sai che è giusto cosi. >> digrigna i denti, carico. Siamo carichi, noi due, di emozioni negative. Troppo negative. Siamo Lily e James, siamo due cariche elettriche che si attraggono, che si vogliono, che stanno sempre ad un passo da, per poi allontanarsi di scatto, improvvisamente irraggiungibili. Ci cercavamo, ci respingevamo, una danza infinita di gesti impacciati, di sguardi segreti, di parole non dette, di scelte incompiute.
Due poli uguali si oppongono e due poli opposti si attraggono.
E noi che cariche siamo James?
 
‘Ci sono amori che non resistono alle belle giornate, figurati se li sottoponi ad un inverno perenne.’
 
<< cambi idea ogni settimana. Oggi non sono disposta ad ascoltare le tue cazzate >> la bacchetta è sempre li, alta, decisa. Pronta. Pronta a combattere contro di lui. Pronta a scagliare gli stessi incantesimi che fino a due ore fa a scagliato contro dei mangiamorte e contro.. Severus. Sento una fitta di dolore che mi squarcia il costato, ma io la ignoro, combattiva, bruciando le ultime energie.
<< cazzate? >> l’ho fatto incazzare sul serio. Non mi interessa. Non mi interessa di nulla. Per me può anche morire. Per me, lo posso anche uccidere io. Non mi interessa.
<< si cazzate. Cazzate, perché ti comporti come un ubriaco, barcolli, indeciso, una volta è si, l’altra dopo è no, quella ancora dopo ti metti con Sirius. Sono stanca delle tue indecisioni, stanca dei tuoi tentennamenti, stanca di te, >> ripresi fiato, agitata. Il bunker dove contenevo le mie emozioni si crepa, incrinato, fiacco sotto il peso delle cose vissute << non mi interessa. Non mi interessa quello che dici, che fai, con chi dici che vuoi stare. Non mi interessa se vuoi stare con me o con un’altra. Non mi interessi. >> spinsi tutte le emozioni su quell’ultima sillaba, con il bunker schiacciato, pressato, sotto tutto quello che provavo. Le mie parole cadono, si arricciano, si arrampicano sulla sua persona, fanno breccia. La sua bacchetta trema, leggermente, per pochi secondi e vedo una smorfia, veloce, che gli increspa il viso. Gli bruciano le parole che gli dico, e sono soddisfatta: soddisfatta che lui prova dolore, per me.
<< non mi interessi >> un’altra coltellata sfreccia dalla mia bocca dritta verso il suo cuore. Vedo la sua bacchetta tremare, frenetica. Mi colpirà, è a un passo dal farlo. E una parte di me lo vuole. Finiscimi.
<< Piantala >> mi ringhia contro, feroce. Ha un ghigno cattivo addosso, adesso. Un brivido di paura mi percorre la schiena. Tremo. << sei patetica. Fingi di essere così decisa, cosi sicura. Sei una finzione, una bella bugia, scopabile il giusto, quanto basta. Ma poi niente. Sei tutto fumo e niente arrosto Evans. Sei un bluff. Non voglio stare con te, cerca di capirlo. >> quelle parole mi uccidono. Il bunker crollava, stava crollando. Sentivo il peso di tutto. La mia persona schiacciata da lui, era sempre stato lui: la causa dei miei problemi e delle mie felicità. Un misto di orgoglio e rabbia stanca si dimenò nel mio stomaco: non gliela volevo dare vinta. Il mio bunker poteva e doveva resistere. Oggi non sarei crollata. Non sarei mai crollata, mai più.
<< perché sei ancora qui allora? >> stavolta ghignavo io, cattiva << vieni ogni settimana a dirmi che non mi ami, ogni giorno a ricordami che non possiamo stare insieme. Io, al contrario tuo, sono fidanzata Potter: esco con un altro. – mento, una smorfia sofferente nel suo volto. Sorrisi, felice e continuai, imperterrita - Non mi metto a rincorrere gli ex, io. Non sono così ridicola, cosi patetica. Capisco quando le storie finiscono, me ne faccio una ragione. Tu non sei importante per me. Tu per me non conti nulla. Non mi interessi. >> sta volta urlai, nell’ultima parola. Ci misi tutto, tutto quello che sentivo, tutto lo strazio che mi uccideva le membra. Ci misi tutto, ci misi me. Il mio bunker era crollato da qualche parte, sepolto sotto le macerie. E crollai anch’io, mentre le lacrime scendevano, ruggenti, sul mio viso. Crollai, distrutta da quel mondo che non concepivo, a cui non volevo appartenere. Crollai, distrutta dal sentimento che provavo per lui, troppo per un cuore solo. Mi si scagliò addosso, disarmandomi. Ero sola, senza bacchetta, davanti a lui. Mi avrebbe colpito, ne ero assolutamente certa. Vedevo solo la sua bacchetta puntata contro il mio petto.
E invece si getto addosso a me, prendendomi con un bacio furioso, animalesco. Mi baciava come se ne andasse della sua stessa vita. Cademmo atterra, sbattei la schiena, ma non ci feci caso. Cercavo la sua lingua come un drogato cerca l’eroina, mentre gli strappavo i vestiti di dosso. Eravamo due animali braccati in un periodo di caccia e avevamo paura della morte. E James per me era la vita, rappresentava la vita. Era tutto ciò che non mi volevo perdere, tutto ciò che volevo scoprire. Tutto ciò che quel mondo ingiusto voleva portarmi via. Affondai le mani in quei capelli corvini, mentre lo mordevo, lo leccavo, lo facevo mio. Sentivo il sapore della sua pelle sulle mie labbra, il suo odore che mi stordiva. Non mi interessava più niente, non volevo nient’altro che lui, solo lui, per l’eternità. Le sue mani fameliche si spostavano voraci su ogni centimetro del mio corpo, che ad ogni tocco sembrava andare in autocombustione. Mi aggrappai a lui, conscia che io volevo sopravvivere, non volevo affogare. E volevo farlo con lui. Mi strappò la camicia, con i bottoni che volarono da tutte le parti. Mi strappò il reggiseno, rompendo anche quello. Gemetti, appagata, mentre mollò la mia bocca per concentrarsi su altro. E poi tornò su da me, passando per l’incavo del collo, baciando tutto cio che trovava, lasciando strisce di fuoco dietro di se, cercando le labbra, di nuovo, ancora, per sempre. Avrebbe potuto non finire mai, non sarebbe finita mai, e il nostro problema era proprio li: che io avevo bisogno di lui quanto lui di me, una necessità impellente senza la quale non sopravvivi. Ma era saggio in un momento in cui dilagava l’odio e la caccia all’uomo mostrare tutto questo amore? Mi alzò di scatto per buttarmi su quel divano malconcio, mentre toglieva la gonna senza pietà. Mi voleva. Sentivo il suo desiderio, il suo respiro nervoso, quella voglia inumana di fonderci in qualcosa di unico, indivisibile. Di dare sfogo ad una passione che ci stava consumando l’anima. Si fermò un attimo, ansante, come un pugile dopo il suo primo round. Le sue mani bloccarono le mie, sopra la testa. I nasi che si sfioravano, le bocche ad un soffio l’una dall’altra.
Per un’istante ci guardammo, immobili.
<< ti odio, io ti odio. Mi mandi fuori di testa >>
Sbuffai, inchiodandolo con gli occhi. << e allora vattene. >> dissi io, come una sfida.
Mi lasciò le mani, ma solo per prendermi il viso e baciarmi dolcemente.
<< io ti amo, stupida Lily Evans. Ti amo più di tutto, più della mia vita. >>
Lo guardai, piena di dolcezza << James Potter >> mormorai, mentre lui si avvicinava ancora di più, poggiando il suo petto nudo sul mio << tu sei la mia vita. >>
 
E crollammo, insieme, in un paradiso fatto di cariche opposte, di rovine vecchie e di bocche ardenti
   
 
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