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Autore: Nykyo    09/03/2016    2 recensioni
«Voglio aiutare il branco» rifletté Stiles a voce alta, massaggiandosi con ferocia le tempie, per niente conscio di quanta forza ci stava mettendo. «Voglio fare la mia parte. Voglio che il branco resti unito. Voglio un Tramite perché ho bisogno di essere un buon Emissario. Posso essere un buon Emissario, ho solo bisogno di un consigliere meno criptico di quello stronzo di Deaton e di capire come usare il mio potenziale e… voglio un Tramite. Lo voglio, mi serve perché non posso continuare a essere un peso per tutti. Voglio un Tramite e lo avrò, alla faccia di Deaton e anche di Derek!»
Racconto di Nykyo e illustrazioni di Boll11
Partecipa alla seconda edizione del Teen Wolf Big Bang Italia.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Laura Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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X. Un branco riunito

 

«Mi dispiace.»

Stiles aveva perso il conto di quante volte si era già scusato da quando erano arrivati al Loft. Per quanto faticasse a sostenere lo sguardo di Derek, si era ripromesso di tenere duro e lo stava facendo. Era giusto che Derek potesse leggergli negli occhi sino a che punto si sentiva mortificato.

Il fatto che Derek l’avesse ascoltato raccontare dell’evocazione e di ciò che era successo in seguito senza andare su tutte le furie lo stava rassicurando, ma non lo faceva sentire meno in colpa. Se la reazione di Derek fosse stata un’esplosione di collera, gli sarebbe parso di poter fare ammenda standosene lì a lasciarsi insultare. Così che poteva fare di concreto a parte essere sincero, una volta tanto? In più solo perché Derek non stava tentando di sbranarlo non significava che alla fine l’avrebbe perdonato.

Stiles odiava vederlo sconvolto in una maniera tanto visibile e silenziosa. In tutto il tempo in cui si era dipanato il suo racconto – intervallato da deviazioni anche più numerose del solito, causa nervosismo – Derek non aveva quasi aperto bocca. Non che di norma fosse loquace, ciononostante Stiles si era aspettato almeno qualche domanda posta in tono bellicoso, o un paio di righi d’avvertimento, magari una certa incredulità. Era anche vero che Derek era un Licantropo. Aveva dalla sua il super-fiuto e di certo poteva annusare la sua sincerità. Quella e anche l’ansia di cui Stiles, in quel preciso momento, sapeva di essere così impregnato che probabilmente la emanava a ondate come un puzzo sgradevole. Doveva avere addosso l’odore del rimorso e quello della disperazione, insomma. Lo stesso valeva per l’udito di Derek. Stiles aveva praticamente il cuore in gola. I suoi battiti dovevano risuonare come una grancassa. Sperava che almeno valesse la pena di essere così scoperto e vulnerabile.

Sentiva Scott, Lydia e perfino Liam muoversi e bisbigliare al di là delle sue spalle. Si erano schierati come un fronte solido e coeso, intestardendosi a rimanere lì mentre lui e Derek parlavano. Beh, mentre lui parlava e Derek lo fissava con gli occhi sempre più lucidi, aprendogli un buco nello stomaco che si sarebbe richiuso solo ed esclusivamente in caso di completo perdono. O forse neanche così. Stiles sapeva che si sarebbe comunque detestato in eterno per avergli dovuto dire che Laura era nella stanza e che però nessuno oltre lui e Lydia poteva vederla, sentirla o toccarla.

Derek gli aveva creduto subito. Forse appunto per via dei sensi, o magari anche perché persino uno zuccone diffidente come Derek era capace di essere – tranne che quando c’erano di mezzo l’amore e le psicopatiche assassine – capiva che nessuno di loro aveva motivo di mentirgli su una cosa del genere. Che senso avrebbe avuto? Quale impeto di follia sadica e senza logica avrebbe mai potuto spingere il branco a riversarsi a ranghi compatti al loft per propinargli una bugia così dolorosa e inutile?

Derek gli credeva e a tratti Stiles l’aveva visto guardarsi intorno con un’espressione che dubitava di poter mai più scordare.

Dio, era veramente uno schifo! La prima volta che Derek aveva cercato invano di scorgere sua sorella a lui era venuta voglia di alzarsi e fuggire via, a seppellirsi dentro un pozzo o nel buco più profondo che gli riuscisse di trovare. Era inutile che si scusasse, aveva voluto fare di testa sua ed ecco il risultato.

Non si era girato nemmeno una volta verso gli altri, per cercare appoggio e approvazione, e immaginava che i fruscii che sentiva dipendessero dal fatto che, pur senza cedere terreno, i suoi amici stessero risentendo quanto lui del nervosismo generale. Strascicare i piedi era il meno, in una situazione come quella.

Stiles di suo si sentiva addirittura più agitato del solito. Avrebbe dovuto smetterla di tormentarsi le nocche con le unghie e di dondolare sul posto avanti e indietro. Oltre il danno la beffa; a Derek non mancava altro che di dover sopportare la sua iperattività. Poteva essere fastidiosa per un Lupo Mannaro e Derek non ne aveva mai fatto mistero. Una volta tanto Stiles avrebbe voluto evitargli se non altro quel disturbo. Invece si stava martoriando le dita e più ci pensava più le sue unghie affondavano nella pelle. Ottima mossa cercare di scorticarsi a sangue. Che splendido modo per mostrare quanto era patetico.

A pensarci avrebbe preferito essere solo con Derek, senza ulteriori spettatori della sua pochezza. D’altro canto aveva un bisogno quasi fisico di sapere che il branco era lì per lui tanto quanto era lì per Derek.

Se solo Derek si fosse deciso a dire qualcosa, a mandarlo al diavolo, a dirgli di sparire per sempre, a colpirlo, se preferiva. Qualunque cosa sarebbe stata meglio della sensazione di catastrofe incombente e della sicurezza di esserne la causa scatenante.

Pur di riempire il silenzio o di trattenersi dal voltarsi verso Laura, che stava fluttuando da qualche parte, anche lei fuori dalla sua visuale, Stiles aprì bocca e fece per scusarsi di nuovo. Derek lo interruppe schiarendosi la gola e scelse proprio quel momento per parlare.

«Lei è… » Gli ci volle uno sforzo evidente prima di poter continuare. «Laura riesce a sentirmi? Se le parlo può sentirmi anche senza… senza essere dentro di te? È qui nella stanza? Non riesco a percepire neppure il suo odore.»

Stiles annuì. «Sì, sì, certo. Laura può sentirti. È… lo so che così è orribile, Derek, mi dispiace. Non è giusto, vorrei che fosse diverso…»

Gli parve che Lydia avesse appena sospirato.

Oltre a Stiles, anche lei e Scott si erano scusati e avevano chiesto perdono per aver tenuto Derek all’oscuro di tutto. Stiles aveva cercato di discolpare almeno loro, spiegando che l’idea di mantenere il segreto era stata sua.

Derek strinse gli occhi in due sottili fessure e poi li chiuse completamente. «Era lei? Ho parlato con mia sorella l’altra sera, non con te, giusto? Tutto quel discorso su Cora… era Laura quella? È a Laura che ho detto di Kate?»

Stiles fece un lento cenno con il capo. «Sì.» Quella semplice sillaba gli seccò la lingua e gli ci volle qualche istante per riprendersi. «Anche questo è uno schifo, lo capisco. Non è come avresti voluto dirglielo. Se avessi potuto fare qualcosa…»

Derek inspirò e serrò la mascella. «Non potevi» rispose appena riuscì a sbloccarla di nuovo. «Hai detto che eri posseduto e che non avevi nessun controllo.»

Stiles provò uno strano miscuglio di sollievo e di rabbia sorda all’idea di come Derek doveva sentirsi, anche se non sembrava intenzionato a condannarlo.

«No» ammise in un tono amarissimo, perché in un certo senso se ne faceva una colpa. «Nessun controllo, nemmeno un po’. Potevo solo ascoltare.»

Era stato del tutto impotente, ecco la verità. Non lo sopportava. Laura non era la Nogitsune, non l’avrebbe mai spinto a fare del male fisico a qualcuno, eppure era comunque stata in grado di usarlo come un’arma contro una persona che amava e lui non aveva avuto neppure una misera chance di opporre resistenza. Gli bastava il ricordo per cadere di testa in un abisso di pensieri orribili, paranoie e sensi di colpa.

Stiles cercò di non lasciarsi prendere in quel vortice d’ansia e strinse i denti. Capì subito che non sarebbe servito a nulla. L’incertezza, il rimorso e la sensazione di aver ferito Derek erano troppo forti e il panico era in agguato giusto dietro l’angolo, pronto a ingoiarlo.

«Stiles. Smettila!» Fu il tocco più ancora delle parole a riscuoterlo.

Stiles guardò incredulo le proprie mani e le scoprì aperte e tremanti, i polsi chiusi nella morsa ferrea ma gentile delle dita di Derek.

«È inutile.» Ora Derek lo stava guardando di nuovo dritto negli occhi. «Non me ne faccio nulla di lasciare che ti strappi via le nocche.»

«È solo che…» esordì Stiles e poi gli mancò la voce. Le mille cose che avrebbe voluto dire gli si agitavano dentro come biglie d’acciaio impazzite in un flipper difettoso e per la prima volta in vita sua lui non sapeva come farle uscire.

Anziché lasciarlo andare, Derek gli fece voltare i palmi all’ingiù ed esaminò il dorso.

«Idiota» grugnì, sbuffando alla vista di un graffio più profondo che non sanguinava giusto per miracolo. «Credi che stare a guardare mentre ti dai all’autolesionismo mi farebbe stare meglio?»

«Forse.» Stiles lo disse sentendosi stupido, però lo pensava davvero. «Immagino che mi odi.» Le sillabe che prima gli si erano bloccate in gola ora uscivano, esitanti ma inarrestabili. «Lo capirei. È solo che non voglio. Mi fa impazzire. Non voglio che mi odi, Derek.»

Ancora una volta la consapevolezza che quelle confessioni avevano un pubblico più vasto del solo Derek si fece pressante. A Stiles non importava. Laura e il branco… era imbarazzante, certo, ma non importava.

«Non voglio che mi odi, se sono stato zitto non è per non prendermi le mie responsabilità, Derek. Sono un coglione, ma non fino a questo punto. Volevo solo evitare… evitarti questo.» Dovette deglutire a vuoto e fingere di non notare quanto gli stava tremando la voce. «Se fossi al tuo posto darei di matto, mi verrebbe voglia di… non lo so, non volevo… se mia madre fosse qui e non potessi nemmeno vederla credo che non vorrei saperlo. Non è una giustificazione, è…»

Derek gli strinse i polsi ancora più forte. Scott disse qualcosa, forse in sua difesa, Stiles non ne aveva idea; avvertiva il suono preoccupato della voce e le parole invece scivolavano via come lacrime, anche se era abbastanza certo di non stare piangendo.

«Stiles.» Derek lo scosse. «Smettila. Ho capito.»

Stiles si liberò con uno strattone e mosse il capo in un gesto di diniego.

Scott gli appoggiò una mano su una spalla nello stesso istante in cui Derek faceva lo stesso con l’altra. Stiles si voltò e, oltre il viso preoccupato dei suoi amici, vide Laura fluttuare con un’espressione infelice. Si scambiarono un lungo sguardo e Stiles capi che, comunque fossero andate le cose con Derek, l’avrebbe perdonata sul serio. L’aveva già fatto.

La mano che alla fine scivolò giù dalla sua spalla fu quella di Scott, che si ritrasse con un cenno d’intesa. Un «Sono qui» silenzioso e confortante.

Stiles si costrinse a cercare nuovamente lo sguardo di Derek e quando lo trovò si accorse che in quel momento non era in grado di leggerlo.

«Quello che ho detto a Laura quando credevo di parlare con te… il motivo per cui sono tornato a Beacon Hills…» Derek stava parlando con lentezza, era evidente che stava scegliendo le parole con attenzione, anche se non gli risultava facile trovarle. «Non sono tornato solo per Scott, sono tornato anche per te. Quindi smettila. Ormai Laura è qui. È… da un lato… vorrei solo riuscire a vederla. Ho bisogno di parlare con lei.»

Stiles annuì, aggrappandosi al desiderio espresso da Derek come un naufrago avrebbe fatto con il salvagente lanciato da una scialuppa. Il resto di ciò che Derek aveva appena detto avrebbe dovuto farlo stare meglio e in un certo senso era davvero così. Il problema era che Stiles non aveva le forze per pensare alle possibili implicazioni. La sua mente e il suo cuore riuscivano a gestire a malapena l’idea che Derek aveva cercato di fargli capire che lo perdonava. Qualunque altra cosa avrebbe dovuto aspettare o gli sarebbe esploso il cervello. Doveva mantenere i piedi per terra e preoccuparsi delle cose concrete.

«Puoi parlarle» rispose, gesticolando in direzione di Laura, anche se sapeva che indicarla era del tutto inutile. «Intendo anche senza che io debba fare da tramite. Vorrei che ci fosse un modo per fartela vedere e toccare davvero, Derek, lo giuro, mi spiace da morire che non sia possibile, ma se non altro puoi parlarle. Io e Laura siamo già d’accordo. Ne abbiamo discusso ed è facile, basterà che usi me come l’altra sera, però questa volta con il mio permesso…»

Derek lo zittì a voce alta e quasi con violenza. «Scordatelo!» ringhiò. «Levatelo dalla testa. Dopo quello che ti è successo con la Nogitsune te lo puoi proprio scordare.»

Adesso era lui quello a cui tremava la voce e Stiles rimase a guardarlo impietrito. Avrebbe dovuto aspettarsi quella reazione e invece era stupito e, per quanto fosse da egoisti, si sentì allargare il petto. Sul serio Derek era disposto a rinunciare a un’opportunità di parlare con Laura pur di evitargli di rivivere un’esperienza traumatica? Davvero? Malgrado tutto quello che gli aveva appena confessato?

Stiles aveva dato per scontato che la priorità di Derek sarebbe stata Laura e non riusciva a capacitarsi. Faticava a credere che non fosse così e si convinse esclusivamente nel sentire Derek abbaiare contro Scott che si meravigliava di lui.

«Di tutti voi» stava strepitando. «Cosa vi salta in mente di lasciare che Stiles e mia sorella progettino una simile stronzata?»

Prima che Scott, Lydia o perfino Laura stessa potessero ribattere – Laura stava già protestando, in effetti, anche se il fratello non poteva sentirla – Stiles allargò le braccia, come se temesse che Derek si sarebbe scagliato contro il branco, e poi disse: «No. Derek ascolta…»

«Cosa?» Ora sì che Derek sembrava furioso. «Cosa devo ascoltare? Te l’ho già detto: che tu abbia voglia di farti del male perché ti senti in colpa non mi fa stare meglio e non cambia il fatto che Laura e morta e non potrò mai riabbracciarla sul serio. Quindi smettila. Non mi interessa cosa tu e Laura avete deciso, non ve lo lascio fare.»

Stiles pensò che doveva essere impazzito definitivamente, perché malgrado i sensi di colpa aveva voglia di afferrare Derek per le braccia e baciarlo con ferocia. E se aveva nutrito qualche dubbio sul piano di lasciare che Laura lo possedesse di nuovo quel dubbio era svanito nel nulla. L’ansia al pensiero di cedere il controllo del suo corpo c’era ancora, solo che era seppellita sotto uno strato crescente di determinazione.

«È diverso dalla Nogitsune» rimarcò, sia a Derek che a se stesso. «È diverso anche dall’altra sera. Io e tua sorella questa volta siamo d’accordo, ci ho pensato un sacco, ok? Non sto cercando di punirmi o chissà che, davvero. Non me ne accorgerò nemmeno perché succederà mentre dormo. Quando dormo non sento nulla, prenderò un sonnifero. Abbiamo studiato tutto nel dettaglio. Starò bene, dormirò e basta e tu e Laura potrete parlare senza che nessuno vi ascolti. È giusto così, Derek. Laura ha bisogno di parlarti e io di sapere che in tutto questo casino che ho fatto ne ho combinata almeno una giusta, per favore.»

Derek gli scoccò una lunga occhiata. Dava l’idea di non essere per nulla convinto.

 

 

Scott si sedette sul bordo di uno dei cuscini del divano e prese fiato, sfregando i palmi delle mani sulla stoffa dei jeans, sovrappensiero. Era stanco, ma se non altro un po’ sollevato.

Ce n’era voluto per convincere Derek a lasciare che Stiles si stendesse sul suo letto e mandasse giù un paio di compresse di sonnifero. Dopo averlo fatto capitolare Stiles si era allontanato per sdraiarsi, accompagnato da Lydia e scortato da Liam, che al momento presidiava i piedi del letto standosene in piedi a braccia conserte come una sentinella alla sua prima consegna. Lydia si era seduta accanto a Stiles e lo stava tenendo per mano. Di dove si trovasse Laura, invece, Scott non aveva la minima idea. Forse era lì accanto a lui e a Derek, che si erano ritirati dall’altro lato del loft, o più probabilmente stava aspettando vicino al letto, in attesa che Stiles si addormentasse.

Prima che il sonnifero facesse effetto Scott aveva a disposizione un po’ di tempo e aveva tutta l’intenzione di sfruttarlo.

Si era già scusato a profusione con Derek per aver partecipato alla congiura del silenzio riguardo alla presenza di Laura e sapeva che era inutile insistere. Stiles che era umano poteva nutrire ancora dei dubbi, lui no. Ormai conosceva bene Derek e forse non li avrebbe avuti nemmeno in mancanza di sensi da Licantropo. A ogni modo poteva percepire, anche solo grazie al fiuto, che per quanto Derek fosse ancora molto turbato li aveva già perdonati tutti. A tratti, mentre Stiles poco prima era stato intento a spiegargli la situazione, Scott aveva annusato anche un profondo sollievo. Con Derek però era sempre meglio ribadire un certo tipo di concetti.

Scott si schiarì la voce per attirare la sua attenzione. Derek si voltò di scatto a fissarlo, distogliendo lo sguardo dal gruppetto degli altri per la prima volta da che Stiles aveva mandato giù le sue pillole.

Scott decise che era meglio prendere la via più diretta.

«Stiles dice che tua sorella era convinta che non ci importasse nulla di te» esordì, senza tanti giri di parole. «Posso capire perché fosse tanto prevenuta, ma si sbaglia di grosso.»

«Lo so» rispose Derek asciutto. Il suo odore non lo aiutava a sembrare persuasivo.

«Davvero?» chiese Scott con un mezzo sorriso scettico. «A volte non sembri per niente convinto. E dopo questa faccenda direi che è meglio chiarire la cosa una volta per tutte.»

«È un discorso ufficiale da Alpha?» Derek lo domandò tornando a guardare in direzione del letto.

Scott scosse il capo. Sentiva Lydia mormorare in un tono estremamente materno. Non stava cercando di cogliere il significato delle parole, non ne aveva bisogno, di certo erano rassicurazioni perché Stiles potesse addormentarsi più tranquillo, perché si sentisse protetto e al sicuro, con tutti loro intorno. Gli venne in mente che, in effetti, quella era anche una riunione di branco. Ok, mancavano all’appello alcuni membri, compreso Jordan che era stato lasciato ai margini della vicenda fin dal principio – troppo vicino allo Sceriffo e troppo leale per poter rischiare – e che comunque era incastrato in uno dei soliti turni. Ciononostante il branco inteso come gruppo era tutto lì, senza ombra di dubbio. Eppure, no, Scott non stava parlando come Alpha, o almeno non solo.

«No» dichiarò in tutta sincerità, «ti sto parlando prima di tutto da amico. Non so nemmeno se posso considerarmi il tuo Alpha, tecnicamente, e non ho mai capito se per te lo sono o no. Di due cose sono sicuro: siamo parte dello stesso branco e siamo amici. È così, qualunque cosa tua sorella abbia pensato fino a ora.»

Derek si massaggiò il collo con una mano. Stirò i muscoli e per un istante smise di tenere d’occhio Stiles.

Rimase zitto, la linea massiccia delle spalle appena più rilassata. Odorava ancora di preoccupazione, venata di malinconia e di diverse altre emozioni troppo ingarbugliate perché il naso di Scott riuscisse a dipanare la matassa e distinguerle l’una dall’altra.

Per quasi un minuto il silenzio fu rotto solo dalla voce di Lydia che continuava a sussurrare stringendo la mano di Stiles. Scott ripensò con invidia al modo semplice e franco in cui l’amica, prima di prendere a braccetto Stiles e accompagnarlo a sdraiarsi, si era fermata davanti a Derek.

«Credo che sia ora di dirti che ti voglio bene, Derek» aveva sentenziato, tenendo il mento ben sollevato. «Perciò la prossima settimana anziché inventare una stupida scusa per vedere con i miei occhi che sei ancora tutto intero passerò a prenderti per un caffè. Il giorno puoi sceglierlo tu, il posto no, ne ho uno preferito. Non azzardarti a ribattere.»

E poi si era portata via uno Stiles dagli occhi spalancati, incedendo come una regina. Era uno dei doni di Lydia, del resto: faceva sempre tutto con classe innata e il coraggio non le veniva mai a mancare, specie se c’erano di mezzo i sentimenti.

Scott decise che non poteva essere da meno né del suo coraggio né di quello che stava dimostrando Stiles. Coraggio e un attaccamento a Derek che Scott sperava venisse apprezzato sino in fondo.

«È stato un errore da parte nostra non dirti niente» ammise in tono schietto. «Era il modo sbagliato di proteggerti, ok, ma non voglio che pensi che Laura ha ragione. Nessuno di noi lo vuole. Hai sentito Lydia e guarda fino a che punto Stiles era mortificato. Sei uno di noi, Derek. Anche Liam ti considera un punto di riferimento perché per me lo sei da un mucchio di tempo e penso di poter parlare anche per Kira, perché conosco la mia ragazza e so che se fosse qui ti direbbe più o meno le stesse cose… beh, magari non così chiare e tonde, Kira è… lo sai com’è Kira, a questo punto anche tu la conosci bene. Diciamo che più che esprimerlo a voce lo mostrerebbe con i fatti… scommetto che le piacerebbe aiutare Lydia a trascinarti nella loro caffetteria preferita… o una cosa così, insomma.»

«Devo aspettarmi un tripudio di tovagliette di pizzo, porcellana decorata e pasticcini con la glassa rosa?» Malgrado l’ironia il turbamento di fondo era evidente e Derek non si stava sforzando più di tanto di nasconderlo.

Scott si strinse nelle spalle con un mezzo sorriso. «Uhm, circa, sì» dovette confessare, «ma fanno una cioccolata extra-fondente che è una vera bomba e comunque ora che Lydia s’è messa in testa che ce la devi accompagnare non hai scampo, ti conviene arrenderti e approfittarne.»

Derek sollevò un sopracciglio con aria scettica.

Scott avrebbe potuto crederlo apatico o distratto, invece era convinto che Derek lo stesse ascoltando con attenzione, per quanto non riuscisse a staccare lo sguardo da Stiles. Doveva risultargli difficilissimo seguire il suo discorso mentre si arrovellava al pensiero di quello a cui Stiles stava per sottoporsi e intanto contava i secondi che lo separavano dall’instante in cui avrebbe potuto parlare con Laura.

A maggior ragione, pur ripromettendosi di tornare sull’argomento in un’occasione meno complicata, Scott riteneva giusto che Derek si sentisse spalleggiato da lui e dal branco proprio come lo era stato Stiles. Derek aveva bisogno di loro e, oltretutto, l’ultima cosa che Scott desiderava era che Derek pensasse che dovendo scegliere Stiles sarebbe stato preferito a lui anche quando era nel torto. Un tempo sarebbe stato vero, ormai… Stiles era Stiles, ma il tipo di affetto che Scott provava per Derek, per quanto fosse diverso, non era meno intenso. Ed era appunto quello che stava cercando di dirgli.

«Cioccolata a parte» esordì, allungando anche lui una breve occhiata verso il letto, ai piedi del quale Liam era ancora tutto impettito, «la prima volta che mi hai parlato del morso hai detto che eravamo diventati fratelli, me lo ricordo come se fosse successo ieri, m’è rimasto in testa al punto che è la prima cosa che ho detto a Liam per provare a stabilire un contatto, e lascia che ti dica che è stato un disastro. All’inizio, se non altro. Anche tra me e te è stato un disastro all’inizio. Lo so che l’hai detto senza crederci, io ci credevo anche meno di te…. Ah, sto iniziando a blaterare peggio di Stiles. Ok… »

Finalmente Derek lo stava guardando dritto negli occhi. «Stai per farmi una dichiarazione d’amore?» celiò. Era sempre sarcastico quando voleva mascherare l’emotività o stemperare la tensione. Era una delle tante cose che aveva in comune con Stiles.

Scott annuì con un largo sorriso divertito. «Sì, in un certo senso» confermò. «Quello che intendo è che all’inizio non ci credevo, che Laura non ci crede tutt’ora, probabilmente, ma per me non sei solo un amico o parte del branco, per me sei famiglia. Sei mio fratello, come lo è Stiles, solo in una maniera un po’ diversa. Lui è… se fossimo gemelli non potremmo essere più uniti. Tu… prima del morso non lo volevo un fratello maggiore, ma ora ce l’ho e non potevo trovarne uno migliore, Derek. Forse il morso non è stato un dono, ma conoscerti sì. Questo voglio che sia chiaro, qualunque cosa pensi Laura e anche se so che lei ha il tuo stesso sangue e io invece no. Qualunque cosa lei pensi o dica, per me sei un fratello. Ecco, non ho altro da aggiungere, se vuoi andare da Stiles ora fai pure, credo che il sonnifero stia per fare effetto.»

Derek si alzò, proprio come lui si era aspettato e, sempre come si era aspettato, anziché rispondergli a parole gli fece un cenno con il capo e, prima di dirigersi verso il letto, gli appoggiò una mano sulla spalla e strinse il tanto necessario a fargli capire tutto ciò che c’era da capire.

Scott lo lasciò andare, si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi. Era stanco, sì, eppure si sentiva molto meglio. L’idea che Stiles si lasciasse possedere non gli piaceva affatto ed era dispiaciuto al pensiero che Derek fosse costretto a confrontarsi con la sorella senza poterla vedere e senza poter sentire la sua vera voce. Malgrado questo, però, si sentiva fiducioso. Ora che il branco era riunito, senza più segreti, sarebbe andato tutto bene.

 

 

«Stiles, se mi senti, grazie.»

Laura non era certa che Stiles fosse in grado di cogliere le parole di Derek, innanzitutto perché era ormai praticamente addormentato e in secondo luogo perché Derek le aveva pronunciate a voce bassissima. Erano state poco più che un soffio. Lei stessa le aveva sentite solo perché in quel momento era vicinissima al fratello, pronta a cogliere l’attimo per entrare nel corpo di Stiles. Così finalmente avrebbe potuto discutere con Derek, chiarire tutti i malintesi e, soprattutto, dirgli ciò che provava per lui. Perciò, non appena fu chiaro che Stiles era crollato, Laura scambiò uno sguardo d’intesa con Lydia, chiedendole un implicito permesso, anche se aveva già quello di Stiles, e poi si chinò su di lui, allungando una mano verso il centro del suo petto. Un secondo dopo si fermò, con le dita che tremavano come se fossero state ancora corporee.

Una buona parte della sua agitazione era dovuta all’emozione, naturalmente. Non solo avrebbe parlato di nuovo con Derek, ma questa volta non avrebbe avuto bisogno di mentirgli e di ferirlo per dimostrargli quanto lo amava. Eppure non stava esitando solo per quello.

Laura osservò Stiles, immobile, lui che di solito si agitava perfino nel sonno, e le venne quasi voglia di rinunciare. Certo Stiles si era offerto volontario, l’avevano deciso insieme, dopo averne discusso per ore e ore, parlando non solo di quell’escamotage per farle incontrare Derek ma anche di un milione di altre cose. Era quello il problema, in effetti. Le altre volte in cui Laura lo aveva posseduto non contavano più. Era successo quando a malapena si rivolgevano la parola. Laura aveva agito senza conoscere Stiles, anzi, addirittura impuntandosi nel non voler sapere niente su di lui. Adesso, anche se era trascorso un lasso di tempo risibile da quando si erano messi d’accordo, lei e Stiles avevano stabilito un vero contatto. Ora, anche grazie a Lydia e a Scott, Laura possedeva davvero il quadro completo della situazione. E stava scoprendo che, passata la collera e messa da parte ogni diffidenza, Stiles le piaceva. Restava un tipo assurdo, esagitato e tendenzialmente idiota in almeno un centinaio di modi diversi, però era coraggioso e aveva dimostrato forza d’animo, gentilezza e un attaccamento feroce a Derek. Il fatto stesso che fosse lì, disposto a darle fiducia e a lasciarle usare il proprio corpo, malgrado i traumi del passato, ne era la dimostrazione lampante.

La devozione nei confronti di suo fratello, il desiderio di proteggerlo a qualunque costo, erano cose che Laura non poteva che apprezzare. Inoltre Stiles, a modo suo, le stava dando una bella lezioncina di vita. Laura odiava ammettere di averne bisogno, ma lo aveva eccome.

Stiles… no, non solo Stiles, tutto il branco, anziché reagire al suo comportamento con il rancore l’aveva aiutata a capire, sia con il dialogo che con i fatti.

Laura non era cieca, e nemmeno sorda, anche se il suo udito si era ridotto a standard umani. Era consapevole di quanto il branco fosse unito. L’aveva sempre saputo, probabilmente, solo che al principio non aveva voluto vedere.

Lydia era sempre stata al fianco di Stiles, sin dal primo giorno. L’aveva spalleggiato, aiutato con le ricerche, confortato, difeso a spada tratta. Anche in quell’istante lo stava tenendo per mano.

Scott non aveva mancato nemmeno per un giorno di passare da Stiles per controllare la situazione, ed era stato molto chiaro nel dire che l’idea che lei lo possedesse di nuovo non gli andava a genio e che se fosse stato per lui non sarebbe successo, però era stato altrettanto chiaro nell’affermare che si fidava della scelta di Stiles e che l’avrebbe sostenuto.

Stiles aveva degli ottimi amici e con tutto quello che, come Laura aveva avuto modo di scoprire, avevano passato insieme, non c’era da stupirsene.

Ciò che invece non si era aspettata era il legame profondo che il branco aveva con suo fratello. Anche dopo che Stiles e gli altri le avevano fatto un quadro realistico della situazione ed erano riusciti a convincerla a cambiare idea, Laura aveva faticato a immaginare Derek come un membro effettivo del branco. Poi aveva visto con i suoi occhi fino a che punto si era sbagliata.

La solidarietà, l’affetto, l’appoggio incondizionato che Scott e Lydia avevano mostrato verso Stiles lo avevano riservato anche a Derek. Era vero che Lydia si preoccupava per lui.  E c’era sincerità assoluta nelle parole che Laura aveva sentito uscire dalla bocca di Scott quando, qualche minuto prima, approfittando della propria invisibilità e del fatto che Lydia non si opponeva, era sgattaiolata vicino al divano.

Scott aveva parlato di famiglia e Laura anziché avere voglia di dissentire si era data dell’idiota e aveva avvertito un nodo in gola.

Per tutto il tempo in cui, anni addietro, era stata un fantasma, prima che Stiles e Scott la riesumassero spedendola senza saperlo nell’oblio, il suo cruccio maggiore era stato che Derek fosse ormai solo. Si era torturata con il pensiero che Derek aveva appena perso quel poco di famiglia e di branco che gli era rimasto. Risvegliandosi come Tramite e dopo aver scoperto che Cora era sopravvissuta le era venuto spontaneo dirsi che era ingiusto: alla fin fine c’era ancora qualcuno in vita, con il sangue degli Hale nelle vene, e Derek passava il suo tempo con estranei. Ora Laura aveva compreso e provava un sollievo immenso e retroattivo: Derek dopo la sua morte aveva perso una sorella, ma aveva acquistato un fratello che era anche un ottimo Alpha. Era parte di un branco tanto fuori dal comune quanto unito e aveva molti più amici di quanti ne avesse avuti nei loro anni a New York dopo l’incendio.

Cercando di allontanare Derek da Scott e dagli altri, Laura aveva rischiato di fargli perdere tutto ancora una volta. Se fosse successo non se lo sarebbe mai perdonata.

Lei e Stiles erano partiti con il piede sbagliato, ma grazie all’evocazione Laura aveva avuto modo di rivedere Derek e di sapere che avrebbe sempre avuto chi gli stava accanto e vegliava su di lui.

Doveva molto a Stiles ed era quello il motivo per cui si stava prendendo qualche istante per chiedersi se proseguire o meno con la possessione. Stiles lo stava facendo per Derek e anche per lei. Quella era la cosa più sorprendente di tutte: Stiles, Scott e Lydia avevano dimostrato non solo di tenere a Derek ma anche di volerla aiutare. Avevano avuto tutti un occhio di riguardo nei suoi confronti anche se lei non aveva dato loro alcun motivo per prenderla a ben volere. Erano stati fin troppo comprensivi e gentili, ora lo vedeva. L’avevano fatto perché era la sorella di Derek e Cora. E perché avevano più cuore e coscienza di quanto lei non avesse voluto credere.

A Laura sarebbe piaciuto che esistesse un modo diverso per arrivare a Derek, così da risparmiare a Stiles quel trattamento che gli era tanto sgradito. Stiles dormiva e non avrebbe sentito nulla, però a Laura dispiaceva comunque fargli subire di nuovo quell’esperienza. Ora che sapeva della Nogitsune le pareva una violazione orribile e le costava fatica andare avanti, perfino avendone il permesso.

«Credo che Stiles preferisca lasciarti usare di nuovo il suo corpo per dire finalmente le cose giuste a Derek piuttosto che vederti rinunciare, anche se lo faresti per rispetto. Ma quando si sveglierà gli dirò che eri indecisa, è giusto che lo sappia. Gli farà piacere e scommetto che tu ti dimenticheresti di raccontarglielo.»

Le parole di Lydia la colsero di sprovvista e la riscossero. Laura guardò prima lei e poi Derek, che si era voltato verso l’amica. Lydia stava sorridendo e Derek pareva incapace di decidere se era più preoccupato o più impaziente.

Laura annuì. Lydia aveva ragione: oltre a tutto il resto, doveva per forza accettare l’offerta di Stiles e usare la sua voce per convincere Derek, una volta per tutte, che non avrebbe potuto trovare un branco migliore. Lo doveva a Stiles e ormai perfino a se stessa, perché se c’era una cosa che gli ultimi avvenimenti non avevano di sicuro cambiato era il suo affetto per il fratello. E quell’affetto ora le diceva che Derek aveva davvero trovato una famiglia e sarebbe stato un peccato se l’avesse persa a causa delle idee sbagliate che lei aveva cercato di inculcargli.

«Ok» disse Laura, prima di tutto a se stessa. «Facciamolo.»

Allungò di nuovo una mano e chiuse gli occhi. Il corpo di Stiles la accolse all’istante e senza la minima difficoltà. Lui dormiva profondamente e di conseguenza Laura ebbe subito un controllo pieno e assoluto. Ciononostante si limitò ad aprire gli occhi e per il momento non si mosse.

Lydia le lasciò la mano e si allontanò, facendo cenno a Liam di seguirla. Entrambi raggiunsero Scott dall’altro lato della stanza, per concedere a lei e a Derek la giusta privacy.

«Laura?» chiese Derek esitante.

Lei annuì e sorrise. «Sono io.»

 

   
 
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